Odg Lombardia, procedimenti disciplinari per due giornalisti
L’Ordine dei Giornalisti della Lombardia ha aperto un doppio procedimento disciplinare nei confronti dei giornalisti Serena Coppetti e Salvatore Todaro, rispettivamente del quotidiano Il Giornale e della testata on line Milano Post, in seguito agli esposti presentati dall’Associazione 21 luglio e dall’Associazione Carta di Roma riguardo a una serie di articoli contenenti congetture discriminatorie su base etnica in grado di alimentare allarme sociale e pregiudizi nei confronti di rom e sinti.
Con l’apertura del procedimento, il Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia verificherà le eventuali violazioni, da parte dei due giornalisti, della Carta dei doveri del giornalista, che vieta la discriminazione per ragioni di razza, e del Codice deontologico sul trattamento dei dati personali che impone il rispetto della persona sotto il profilo razziale all’interno delle pubblicazioni.
A Serena Coppetti, giornalista de Il Giornale, si contestano in particolare tre articoli pubblicati tra il luglio e il novembre 2012.
In due articoli dal titolo “Non bastano le case riservate. Ai rom anche un lavoro sicuro” e “Dopo le agevolazioni per la casa anche un lavoro sicuro per i rom”, l’autrice, secondo Associazione 21 luglio e Associazione Carta di Roma, si discosta dall’obbligo deontologico di attenersi alla verità accertata dei fatti, pubblicando congetture discriminatorie perché fondate su base etnica.
«Pare ancora troppo poco garantire l’accesso privilegiato alle case Aler, il permesso di costruirsi la casa da soli e l’avviso di sgombero – scrive Serena Coppetti -. Perché non dare anche la possibilità ai rom di avere una corsia di accesso agevolato al lavoro? Per esempio affidando direttamente le commesse di Amsa e Comune, o incoraggiando la raccolta di materiali di recupero come il ferro e il rame nella quale sono piuttosto esperti?»
La diffusione di questi articoli – sostengono le due associazioni promotrici dell’esposto – trasmette un’immagine criminosa di un intero gruppo di persone, ne lede la dignità e contribuisce, attraverso l’uso di termini dispregiativi e generalizzazioni, ad alimentare l’allarme sociale basato su stereotipi e pregiudizi negativi.
L’apertura del procedimento disciplinare nei confronti di Salvatore Todaro, invece, è stata stabilita per verificare eventuali violazioni contenute in 14 articoli pubblicati sulla testata on line Milano Post, di cui Todaro, tra il giugno e il novembre 2012, era il direttore responsabile. Gli articoli in questione portano tutti la firma di Antonio Marino, che non risulta però iscritto all’Ordine dei Giornalisti.
Anche in questo caso gli articoli, che riportano titoli come “Sparatoria di Pieve Emanuele, l’ombra di rom e tratta di minori”, “Il rom diventa imprenditore, ma non si capisce cosa e come imprende”, “I rom tornano a invadere Viale Corsica e Forlanini. I cittadini hanno paura”, presentano un linguaggio improprio, che non rispetta quanto stabilito dalla Carta di Roma e che può suscitare allarmi ingiustificati.
In un articolo riguardante un fatto di cronaca nera, ad esempio, l’autore, senza prova alcuna, riporta l’appartenenza etnica dell’aggressore, «sarebbe stato un rom», rincarando la dose scrivendo che «la descrizione dell’aggressore condurrebbe in maniera abbastanza inequivocabile ad una persona di etnia rom» e, successivamente, «gli inquirenti, comunque, sembrano abbastanza sicuri del fatto che l’aggressione non volesse limitarsi al solo scippo della borsa ma sia stata data soprattutto dalla volontà di rapire la bambina, crimine sul quale i rom sono tristemente specialisti».
L’articolo, secondo Associazione 21 luglio e Associazione Carta di Roma, anziché limitarsi alla cronaca dei fatti, insiste sulla presunta appartenenza etnica dell’aggressore, arrivando persino ad attribuire numerosi rapimenti di bambini a una sorta di comportamento tipico di una minoranza, contribuendo così ad aumentare il pregiudizio nei confronti di rom e sinti.
Tutti gli articoli oggetto dell’esposto, infine, sono caratterizzati, quindi, dalla deliberata associazione di un reato non al singolo colpevole, ma al gruppo di appartenenza, dalla presenza di stereotipi e pregiudizi diffamatori, da accuse aleatorie e congetture discriminatorie su base etnica.