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Mafia, chiude il Best House. A Roma per i campi rom è l'inizio della fine

L’Associazione 21 luglio esprime profonda soddisfazione per la chiusura, nella Capitale, del Best House Rom, la struttura senza finestre, da due anni oggetto di numerose denunce dell’Associazione, dove negli ultimi mesi 135 persone, di cui oltre la metà minori, vivevano in condizioni drammatiche, al di sotto degli standard minimi di tutela dei diritti umani.
«A Roma è iniziato un processo irreversibile: non soltanto dal 2012 si è impedito la costruzione di nuovi “campi rom”, ma si inizia finalmente a mettere i sigilli su questi ghetti e luoghi di discriminazione istituzionale, che rappresentano un’anomalia italiana nel contesto europeo», afferma il presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla.
La chiusura del Best House Rom, situato in via Visso, nella periferia est della Capitale, è stata predisposta dal Comune di Roma in seguito a una “interdittiva antimafia” nei confronti della Cooperativa Inopera, l’ente gestore della struttura che nel 2014, come documentato dal rapporto dell’Associazione 21 luglio “Centri di raccolta S.p.a.”, è costata 2,8 milioni di euro, di cui quasi 2,6 milioni affidati senza bando pubblico alla stessa Cooperativa Inopera. Alle famiglie che vivevano nella struttura è stata offerta una sistemazione alternativa da loro giudicata adeguata, come hanno potuto constatare rappresentanti dell’Associazione 21 luglio che in questi giorni hanno seguito la vicenda sul posto.
Nato nel 2012, il Best House Rom si è consolidato tra dicembre 2013 e marzo 2014 in seguito al collocamento nella struttura di 137 persone provenienti dallo smantellamento del “villaggio attrezzato” della Cesarina e di altre 64 sgomberate da alcuni insediamenti informali.
L’Associazione 21 luglio, per prima, ha denunciato le condizioni di vita drammatiche all’interno del centro. Nel report “Senza Luce”, pubblicato a marzo 2014, l’Associazione ha puntato i riflettori sulle condizioni strutturali del Best House Rom, caratterizzato da stanze anguste, prive di finestre e punti di areazione naturale; sulla sua incompatibilità con i requisiti previsti dalla normativa regionale che regola il funzionamento di strutture di accoglienza; e sugli altissimi costi della sua gestione, a fronte di stanziamenti nulli per l’inclusione sociale degli uomini, delle donne e dei bambini rom residenti.
Alle numerose denunce dell’Associazione 21 luglio sul Best House Rom, sono seguite l’apertura di un’istruttoria sul centro da parte dell’Autorità Anticorruzione, dopo un esposto presentato dall’area legale dell’Associazione lo scorso febbraio, e varie visite ispettive con rappresentanti delle istituzioni locali, nazionali e internazionali: con il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi, con la Commissione Diritti Umani del Senato, con il presidente del Comitato Europeo dei Diritti Sociali Luis Quimena Quesada, con una delegazione della Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza (ECRI).
La chiusura del Best House Rom va così ad aggiungersi a due importanti battaglie che hanno visto, nei mesi scorsi, l’Associazione 21 luglio in prima linea contro la costruzione di due nuovi “campi per soli rom” nella Capitale: il nuovo “villaggio attrezzato” della Cesarina, che nelle intenzioni dell’allora Assessore alle Politiche Sociali Rita Cutini avrebbe dovuto sostituire quello raso al suolo a dicembre 2013, e il nuovo “villaggio attrezzato” La Barbuta, che sarebbe dovuto essere realizzato dalla multinazionale Leroy Merlin in base a un progetto su cui, come emerso dalle intercettazioni su Mafia Capitale, aveva messo gli occhi anche il cosiddetto “ras delle cooperative” Salvatore Buzzi.
Entrambi i progetti furono bloccati in seguito al lancio di due campagne di mail bombing e mobilitazione on line (“#DiscriminareCosta” e “Leroy Merlin, un campo rom è un ghetto: non costruirlo!”) sul sito dell’Associazione 21 luglio. Lo scorso maggio, per di più, era stato il Tribunale di Roma, con una sentenza storica, in seguito a un’azione legale promossa da Associazione 21 luglio e Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, a riconoscere per la prima volta in Italia e in Europa il carattere discriminatorio dei “campi rom”, con specifico riferimento al “villaggio attrezzato” La Barbuta.
«La chiusura del Best House Rom, sebbene non sia stata accompagnata dall’individuazione di soluzioni che favoriscano l’inclusione sociale delle comunità rom, rappresenta comunque un punto di svolta cruciale per Roma: nella Capitale non si costruiscono più nuovi “campi” e si è iniziato a mettere la parola fine ai ghetti esistenti – conclude il presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla -. Oggi è evidentemente cominciato un percorso dal quale non sarà più possibile tornare indietro: il sistema campi va definitivamente superato e l’inclusione sociale dei rom deve far parte dell’agenda politica della nuova Amministrazione che sarà guidata a governare la città».
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Danilo Giannese
Comunicazione e Ufficio Stampa
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L'Autorità Anticorruzione avvia istruttoria sul Best House Rom

L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha avviato un’istruttoria nei confronti del Comune di Roma in merito ai ripetuti affidamenti diretti alla cooperativa sociale Inopera della gestione del centro di raccolta denominato “Best House Rom”.
L’intervento dell’Autorità guidata da Raffaele Cantone giunge come risposta a un esposto presentato alla stessa Autorità il 3 febbraio 2015 dall’Associazione 21 luglio, che ha denunciato sia le condizioni strutturali del centro sia la mancanza di trasparenza nelle modalità di affidamento diretto dal Comune alla cooperativa Inopera.
Il Best House Rom, situato in via Visso 12/14, nella periferia orientale della Capitale, è un capannone industriale classificato, secondo la visura dell’Agenzia del Territorio, nella categoria C/2, la stessa riservata ai locali utilizzati per il deposito delle merci. Non potrebbe, dunque, ospitare delle persone. Vi vivono, in condizioni precarie, alcune centinaia di rom all’interno di spazi angusti, in veri e propri «loculi» – come denunciato dal presidente della Commissione Diritti Umani del Senato Luigi Manconi lo scorso gennaio, in occasione di una visita alla struttura organizzata dall’Associazione 21 luglio – privi di finestre e punti luce per il passaggio dell’aria e della luce naturale.
La struttura è stata inaugurata a luglio 2012 quando, con determinazione dirigenziale n. 3233 del 9 luglio 2012, firmata dall’allora Direttore del Dipartimento Politiche Sociali del Comune di Roma Angelo Scozzafava, arrestato in seguito all’inchiesta su Mafia Capitale, il Comune ha affidato in maniera diretta alla cooperativa Inopera il servizio di accoglienza di circa 300 rom sgomberati dall’insediamento di via del Baiardo e di altri rom provenienti dal campo di Castel Romano.
La gestione del centro, nato con carattere temporaneo, è stata prolungata fino ad oggi mediante una serie di determinazioni dirigenziali che hanno confermato i ripetuti affidamenti diretti, di durata breve, alla stessa cooperativa Inopera. A dicembre 2013, nella struttura sono stati spostati anche i 137 rom provenienti dal “villaggio attrezzato” di via della Cesarina e altre persone vittime di sgomberi forzati.
Nel solo 2014, il Best House Rom è costato circa 2,8 milioni di euro, pari a una spesa di 650 euro al mese per ogni ospite, mentre per una singola famiglia, dalla nascita del centro, il Comune ha speso oltre 150 mila euro. Il 93% delle risorse, inoltre, è usato per la sola gestione della struttura mentre nulla è destinato all’inclusione sociale di uomini, donne e bambini.
Nell’avviare l’istruttoria, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha chiesto al Comune di Roma una giustificazione circa i reiterati affidamenti diretti di breve durata alla cooperativa Inopera nonché circa la mancanza di una opportuna pubblicazione a livello comunitario degli stessi affidamenti, contravvenendo così al principio di trasparenza.
L’Autorità ha quindi domandato al Comune di fornire informazioni dettagliate sui requisiti richiesti alla cooperativa Inopera per la gestione del servizio di accoglienza e sulle autorizzazioni in materia urbanistica, edilizia, di igiene, sicurezza e prevenzione incendi. Infine, ha richiesto un elenco delle verifiche della corretta esecuzione della prestazione da parte della cooperativa.
«L’apertura del fascicolo da parte dell’Autorità Anticorruzione rappresenta l’ennesima scure su un luogo, privo dei requisiti strutturali, dove si violano sistematicamente i diritti umani di uomini, donne e bambini», afferma l’Associazione 21 luglio che auspica l’immediata chiusura e superamento del Best House Rom.
A gennaio 2015 l’Assessore alle Politiche Sociali Francesca Danese aveva definito la struttura «un mostro», promettendone la chiusura entro due mesi. Qualche mese dopo, lo scorso maggio, lo stesso Assessore aveva pubblicamente annunciato che, con la fine della scuola, sarebbe stata individuata una soluzione alternativa per almeno cinque famiglie residenti nel centro di raccolta. A nulla di tutto ciò, ad oggi, è seguito un riscontro nella realtà.
Nel frattempo, il 29 maggio 2015, nell’Ordinanza di applicazione di misure cautelari, che aveva scandito l’inizio dell’azione denominata “Mafia Capitale 2”, la cooperativa Inopera emergeva nelle intercettazioni e nei dialoghi con altre realtà ora indagate nell’inchiesta.
«Il mostro è ancora lì e continua, imperterrito, a nutrirsi dei milioni di euro che vi confluiscono in maniera poco trasparente. Sulla pelle dei rom – afferma Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio -. Non riusciamo a capacitarci del perché, nonostante i proclami dell’Amministrazione, sul Best House Rom non sia ancora stata messa la parola fine. A fronte dell’immobilismo istituzionale non ci resta che confidare nella scure dell’Ufficio guidato da Raffaele Cantone e nell’assestamento del colpo decisivo a questa vergogna capitale».
 

CENTRI DI RACCOLTA S.P.A. I centri di assistenza abitativa per soli rom. I costi a Roma nel 2014 e i percorsi per il loro superamento (maggio 2015)

A un anno dalla pubblicazione del rapporto “Campi Nomadi s.p.a.”, che aveva svelato l’esistenza di un “sistema campi nomadi” nella Capitale, il nuovo rapporto dell’Associazione 21 luglio completa il quadro dimostrando l’esistenza di un “sistema dell’accoglienza per soli rom” che vale 8 milioni di euro e che produce segregazione e violazione dei diritti umani. Il rapporto analizza i costi dei “centri di raccolta rom” nella Capitale e propone sette punti programmatici per il superamento della politica dei “campi”.
Scarica il rapporto

Roma, il sistema dell'accoglienza per soli rom

Otto milioni di euro, una cifra superiore del 30% rispetto allo scorso anno. È quanto ha speso il Comune di Roma nel 2014 per segregare e violare i diritti umani di 242 famiglie rom nei cosiddetti “centri di raccolta rom”, per una spesa annua a famiglia di circa 33 mila euro.
A un anno dalla pubblicazione del rapporto Campi Nomadi s.p.a., che aveva denunciato l’esistenza a Roma di un “sistema campi nomadi” del valore di oltre 24 milioni di euro, l’Associazione 21 luglio ha presentato oggi in Campidoglio il report Centri di Raccolta s.p.a. che completa il quadro dimostrando la presenza di un “sistema dell’accoglienza per soli rom”, parallelo rispetto all’assistenza alloggiativa prevista per i non rom, che continua a muovere denaro dal pubblico al privato senza che nulla cambi per il benessere della città e dei suoi cittadini, rom e non.
Sono intervenuti alla conferenza stampa anche il Presidente della Commissione Diritti Umani del Senato Luigi Manconi, l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Francesca Danese, il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi e il professore associato di Sociologia presso l’Università Sciences Po di Parigi Tommaso Vitale.
Nella Capitale vi sono attualmente tre “centri di raccolta” propriamente detti: il Centro di via Salaria, il Best House Rom e il Centro di via Amarilli, campi nomadi di ultima generazione, spazi segregati e privi dei requisiti minimi stabiliti dalla normativa regionale (Legge Regionale 41/2003). Circa 900 persone, di cui la metà minori, vi vivono in situazioni spesso drammatiche, caratterizzate da spazi angusti, mancanza di privacy e condizioni igienico-sanitarie precarie, in uno stato di ricatto morale, abituati – e spesso definitivamente assuefatti – a un sistema perverso che li priva della dignità e di ogni opportunità di inclusione sociale, relegandoli ai margini della città. Ai tre centri si aggiungono quattro strutture (via san Cipirello, via Torre Morena, via Toraldo e l’ex Fiera di Roma) nelle quali risiedono circa 300 rom accolti dopo le proteste seguite agli sgomberi forzati dei loro insediamenti.
Per i sette centri l’Amministrazione di Roma Capitale ha speso nel 2014 8.053.544 euro, il 29,8% in più rispetto a quanto stanziato l’anno precedente per i centri di raccolta (6.202.869 euro). Della spesa totale impiegata nel 2014, il 90,6% è stato utilizzato per la sola gestione dei centri; il 4% per sicurezza e vigilanza; il 5,4% per la scolarizzazione, mentre nulla è stato destinato all’inclusione sociale dei rom.
Per la quasi totalità, i fondi sono stati assegnati a enti e cooperative tramite affidamento diretto e senza bando pubblico. Al solo Consorzio Casa della Solidarietà, operante nei centri di via Salaria, via Amarilli, via di Torre Morena e nella ex Fiera di Roma, è andato il 49,2% delle risorse comunali (poco meno di 4 milioni di euro), seguito da Cooperativa Inopera, attiva nel Best House Rom, che ha ricevuto più di 2,5 milioni di euro (pari al 32% del totale).
Tra i centri più esosi per le casse comunali primeggia il Best House Rom – «un mostro che deve essere chiuso», come lo ha definito l’assessore Danese lo scorso 26 gennaio – costato quasi 2,8 milioni di euro nel 2014, cifra più che doppia rispetto al 2013 (+122%), pari a circa 39 mila euro all’anno per una singola famiglia. Il centro, situato in via Visso 14, risulta privo di finestre e punti luce per il passaggio di aria e luce naturale, e presenta stanze in media di 12mq ciascuna, dove vivono mediamente cinque persone. Gli altri due grandi centri di raccolta rom – via Salaria e via Amarilli – sono costati invece rispettivamente circa 2 e 1,4 milioni di euro (-23% e -1% rispetto al 2013). Per mantenere una famiglia rom nel centro di via Salaria il Comune di Roma, dal 2009, da quando cioè la struttura è nata, ha speso 231.970 euro, mentre nel centro di via Amarilli il costo annuo a famiglia, nel 2014, ammonta a 69.723 euro, pari a più di 341 mila euro a famiglia dalla nascita del centro, nel 2010.
«La gestione economica dei centri di raccolta rom rappresenta la cartina di tornasole delle politiche sociali rivolte negli ultimi anni ai rom e ai sinti della Capitale: il centro è concepito per far restare le persone accolte il più a lungo possibile, nessuna risorsa è utilizzata per la fuoriuscita attraverso percorsi virtuosi di inclusione lavorativa e abitativa», afferma il presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla.
«Utilizzando la metafora del “Patto, si potrebbe dire che il sistema è garantito da una sorta di accordo implicito e consolidato nel tempo che potremmo chiamare “Patto dell’Invisibilità” e che si fonda su tre parole chiave: Assistenza, Invisibilità, Profitto – prosegue Stasolla -. Nel “patto” non scritto l’Amministrazione comunale garantirebbe un mero assistenzialismo all’interno delle strutture; la famiglia rom, in cambio di un alloggio sotto-standard, assicurerebbe all’Amministrazione una sorta di invisibilità che si traduce anzitutto nella mancata rivendicazione dei propri diritti; l’ente gestore sarebbe lautamente pagato per garantire l’osservanza del “patto”».
Secondo l’Associazione 21 luglio, Roma ha oggi più che mai il dovere e l’opportunità concreta di cambiare pagina rispetto alle politiche fallimentari e dispendiose che hanno caratterizzato l’operato delle varie Amministrazioni che si sono succedute negli ultimi anni, a partire da una rigorosa e non più rimandabile programmazione di una politica efficace di superamento dei campi rom. In quest’ottica, il rapporto Centri di raccolta s.p.a. si conclude con una lista di sette principi programmatici per costruire nuovi interventi in favore dei rom a Roma, a cura del prof. Tommaso Vitale.
SCARICA IL RAPPORTO

Rapporto "Centri di raccolta s.p.a.": presentazione in Campidoglio

A un anno dalla pubblicazione del rapporto “Campi Nomadi s.p.a.”, che ha svelato il fiume incontrollato di denaro pubblico che nel 2013 ha alimentato il cosiddetto “sistema campi” nella Capitale

l’Associazione 21 luglio presenta il nuovo rapporto


Centri di raccolta s.p.a.

I centri di assistenza abitativa per soli rom. I costi a Roma nel 2014 e i percorsi per il loro superamento

6 maggio 2015 – ore 12.30
sala del Carroccio
piazza del Campidoglio, Roma


Intervengono:

Carlo Stasolla – presidente Associazione 21 luglio
Luigi Manconi – presidente Commissione Diritti Umani del Senato
Francesca Danese – Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale
Riccardo Magi – consigliere Roma Capitale
Tommaso Vitale – professore associato di Sociologia, direttore Master “Governing the large metropolis”, Sciences Po, Centre d’Etudes Europennes, Parigi

Modera:

Luca Liverani – giornalista di Avvenire

INGRESSO LIBERO
Ai presenti sarà consegnata copia gratuita del rapporto

Per maggiori informazioni:
Danilo Giannese
Comunicazione e Ufficio Stampa
Associazione 21 luglio
Tel: 388 4867611 – 06 64815620
Email: stampa@21luglio.org

Rapporto "Centri di raccolta s.p.a.": presentazione in Campidoglio

A un anno dalla pubblicazione del rapporto “Campi Nomadi s.p.a.”, che ha svelato il fiume incontrollato di denaro pubblico che nel 2013 ha alimentato il cosiddetto “sistema campi” nella Capitale

l’Associazione 21 luglio presenta il nuovo rapporto


Centri di raccolta s.p.a.

I centri di assistenza abitativa per soli rom. I costi a Roma nel 2014 e i percorsi per il loro superamento

6 maggio 2015 – ore 12.30
sala del Carroccio
piazza del Campidoglio, Roma


Intervengono:

Carlo Stasolla – presidente Associazione 21 luglio
Luigi Manconi – presidente Commissione Diritti Umani del Senato
Francesca Danese – Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale
Riccardo Magi – consigliere Roma Capitale
Tommaso Vitale – professore associato di Sociologia, direttore Master “Governing the large metropolis”, Sciences Po, Centre d’Etudes Europennes, Parigi

Modera:

Luca Liverani – giornalista di Avvenire

INGRESSO LIBERO
Ai presenti sarà consegnata copia gratuita del rapporto

Per maggiori informazioni:
Danilo Giannese
Comunicazione e Ufficio Stampa
Associazione 21 luglio
Tel: 388 4867611 – 06 64815620
Email: stampa@21luglio.org

Best House Rom, a due mesi dall’impegno di Danese «Lo chiuderò in due mesi».

Il 26 gennaio scorso, l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Francesca Danese, in seguito a una visita al centro di raccolta rom “Best House Rom”, organizzata dall’Associazione 21 luglio e dalla Commissione Diritti Umani del Senato, dichiarò che avrebbe chiuso «questo mostro in due mesi».
A due mesi esatti di distanza dalle parole pronunciate pubblicamente davanti ai microfoni dei numerosi giornalisti presenti, l’Associazione 21 luglio auspica che l’Assessore tenga fede all’impegno assunto e provveda con urgenza e risposte adeguate alla chiusura di una struttura in cui, ancora oggi, 320 uomini, donne e bambini rom continuano a vivere in condizioni di vita precarie e in cui i loro diritti umani continuano a essere violati in maniera sistematica.
Il “Best House Rom”, situato in via Visso 12, nella periferia est della Capitale, è uno dei quattro centri di raccolta, riservati a soli rom, gestiti dal Comune di Roma. La struttura è stata inaugurata nel 2012 per accogliere le famiglie rom sgomberate dagli insediamenti informali, e nel dicembre 2013 è stato ampliatA per consentire l’ingresso dei 150 rom sgomberati dall’ex “villaggio attrezzato” di via della Cesarina. Il centro presenta spazi angusti e inadeguati, non ci sono finestre né punti luce per il passaggio dell’aria e della luce naturale all’interno di stanze dove vivono in media cinque persone. Il Comune di Roma ha speso nel 2014 per questa struttura quasi 3 milioni di euro.
«Nel centro di accoglienza “Best House Rom” – dichiararono in una nota alla stampa il 26 gennaio scorso il presidente della Commissione Diritti Umani Luigi Manconi e la senatrice Manuela Serra, subito dopo la visita alla struttura – è in atto una sistematica violazione dei diritti umani. Circa 300 rom, di cui più della metà minori, vivono in una condizione di segregazione abitativa e sociale. La struttura, priva di finestre e punti luce, va chiusa così come vanno superati i “campi rom” attraverso l’individuazione dei percorsi di inclusione sociale previsti dalla Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti in Italia».
L’Assessore Danese, in seguito alla visita al “Best House Rom”, alla quale prese parte anche il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi, non esitò a definire la struttura «un mostro».
«Questo mostro deve essere chiuso. Lo farò in due mesi, il tempo necessario per trovare una sistemazione dignitosa a queste famiglie», affermò l’Assessore.
«Un eventuale mantenimento della struttura al di là dei due mesi previsti, – ha scritto l’Associazione 21 luglio in una lettera inviata nei giorni scorsi all’Assessore Danese, alla quale non è seguita alcuna risposta – oltre ad abbassare il livello di credibilità nei confronti degli amministratori capitolini, potrebbe essere letto – agli occhi della comunità rom e dell’intera cittadinanza – come l’incapacità degli stessi, a fronte dei grandi interessi economici che si muovono attorno al sistema assistenziale che a Roma riguarda i rom, di fornire risposte».
Sul “Best House Rom”, anche il sindaco Ignazio Marino aveva assunto un impegno concreto. L’8 dicembre 2014, in risposta a uno sciopero della fame intrapreso dal consigliere comunale Riccardo Magi e dal presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla, Marino dichiarò: «Al più presto intendo visitare il centro per rendermi conto personalmente, come sindaco e come medico, della situazione. A voi voglio ribadire il mio impegno a trovare una soluzione alternativa per le donne, gli uomini e i bambini che oggi vivono in condizioni non dignitose. Ringrazio sinceramente per aver sollevato il caso emblematico della struttura Best House Rom e chiedo di sospendere lo sciopero della fame».
Anche a tale impegno, ad oggi, non è seguita alcuna azione concreta da parte del primo cittadino.
Foto: Roma Capitale News

Una risoluzione per superare i "campi rom" in Italia

La Commissione diritti umani del Senato ha approvato una risoluzione che impegna il Governo verso il superamento definitivo dei “campi nomadi” in Italia e per la concreta attuazione della Strategia nazionale d’Inclusione di Rom, Sinti e Camminanti. Per l’Associazione 21 luglio si tratta dell’inizio della fine dell’era “campi nomadi” e della dismissione di questi “non luoghi” dove i diritti umani di rom e sinti sono sospesi.
La risoluzione – si legge in una nota della Commissione – nasce dalle visite svolte dai membri della Commissione nei mesi scorsi in campi e villaggi attrezzati, soprattutto nella città di Roma.
Il 10 novembre 2014 e il 26 gennaio 2015, in particolare, l’Associazione 21 luglio ha accompagnato le delegazioni della Commissione in visita al “Best House Rom”, un centro di raccolta rom situato nella periferia est di Roma che – come afferma la nota della Commissione – «accoglie circa 300 persone in spazi inadeguati e lontani dall’assicurare condizioni di vita minimamente accettabili. D’altra parte – continua la nota – è quel centro che l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Francesca Danese si è impegnata a chiudere al più presto, offrendo alle famiglie una sistemazione dignitosa e l’avvio di un percorso condiviso».
Le recenti inchieste giudiziarie hanno evidenziato come la gestione dei “campi nomadi” a Roma – si legge nella risoluzione appena approvata – rientrasse all’interno di “un sistema corruttivo finalizzato all’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici che ha portato negli ultimi anni a un peggioramento delle condizioni di vita delle comunità Rom, alla loro segregazione e a uno spreco di risorse pubbliche: nel solo 2013 e nella sola Capitale sono stati impegnati oltre sedici milioni di euro, di cui circa il 60% rappresentato dai soli costi di gestione”.
Secondo l’Associazione 21 luglio, la risoluzione presentata dalla Commissione presieduta dal senatore Luigi Manconi rappresenta un ulteriore passo verso la chiusura definitiva dei “campi nomadi” presenti in Italia.
«Ci si avvia verso la dismissione di questi “non luoghi” dove il diritto è sospeso e dove per decenni sono state concentrate le comunità rom e sinte in emergenza abitativa», afferma l’Associazione.
«Attendiamo le scelte coraggiose da parte degli amministratori locali che dal 2012 ad oggi hanno già speso più di 13 milioni di euro per la realizzazione di nuovi insediamenti per soli rom a Roma, Milano, Carpi e Giugliano; che stanno portando a termine la costruzione di nuovi insediamenti a Latina, Lecce, Merano e Cosenza e che si stanno attivando a ristrutturazioni di “campi nomadi” ad Asti, Savona, Vicenza e Torino – prosegue l’Associazione 21 luglio -. -.  Dalla Capitale e dall’impegno assunto dall’assessore Danese per la chiusura del “Best House Rom” bisogna partire per dare un segnale forte e chiaro a tutto il Paese».
Una presa di posizione in linea con quanto dichiarato dallo stesso presidente della Commissione diritti umani Manconi: «La Commissione chiede oggi al Governo di adottare misure urgenti ed efficaci nell’ambito delle politiche generali di inclusione sociale per il miglioramento delle condizioni di vita di Rom, Sinti e Camminanti».

Una risoluzione per superare i "campi rom" in Italia

La Commissione diritti umani del Senato ha approvato una risoluzione che impegna il Governo verso il superamento definitivo dei “campi nomadi” in Italia e per la concreta attuazione della Strategia nazionale d’Inclusione di Rom, Sinti e Camminanti. Per l’Associazione 21 luglio si tratta dell’inizio della fine dell’era “campi nomadi” e della dismissione di questi “non luoghi” dove i diritti umani di rom e sinti sono sospesi.
La risoluzione – si legge in una nota della Commissione – nasce dalle visite svolte dai membri della Commissione nei mesi scorsi in campi e villaggi attrezzati, soprattutto nella città di Roma.
Il 10 novembre 2014 e il 26 gennaio 2015, in particolare, l’Associazione 21 luglio ha accompagnato le delegazioni della Commissione in visita al “Best House Rom”, un centro di raccolta rom situato nella periferia est di Roma che – come afferma la nota della Commissione – «accoglie circa 300 persone in spazi inadeguati e lontani dall’assicurare condizioni di vita minimamente accettabili. D’altra parte – continua la nota – è quel centro che l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Francesca Danese si è impegnata a chiudere al più presto, offrendo alle famiglie una sistemazione dignitosa e l’avvio di un percorso condiviso».
Le recenti inchieste giudiziarie hanno evidenziato come la gestione dei “campi nomadi” a Roma – si legge nella risoluzione appena approvata – rientrasse all’interno di “un sistema corruttivo finalizzato all’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici che ha portato negli ultimi anni a un peggioramento delle condizioni di vita delle comunità Rom, alla loro segregazione e a uno spreco di risorse pubbliche: nel solo 2013 e nella sola Capitale sono stati impegnati oltre sedici milioni di euro, di cui circa il 60% rappresentato dai soli costi di gestione”.
Secondo l’Associazione 21 luglio, la risoluzione presentata dalla Commissione presieduta dal senatore Luigi Manconi rappresenta un ulteriore passo verso la chiusura definitiva dei “campi nomadi” presenti in Italia.
«Ci si avvia verso la dismissione di questi “non luoghi” dove il diritto è sospeso e dove per decenni sono state concentrate le comunità rom e sinte in emergenza abitativa», afferma l’Associazione.
«Attendiamo le scelte coraggiose da parte degli amministratori locali che dal 2012 ad oggi hanno già speso più di 13 milioni di euro per la realizzazione di nuovi insediamenti per soli rom a Roma, Milano, Carpi e Giugliano; che stanno portando a termine la costruzione di nuovi insediamenti a Latina, Lecce, Merano e Cosenza e che si stanno attivando a ristrutturazioni di “campi nomadi” ad Asti, Savona, Vicenza e Torino – prosegue l’Associazione 21 luglio -. -.  Dalla Capitale e dall’impegno assunto dall’assessore Danese per la chiusura del “Best House Rom” bisogna partire per dare un segnale forte e chiaro a tutto il Paese».
Una presa di posizione in linea con quanto dichiarato dallo stesso presidente della Commissione diritti umani Manconi: «La Commissione chiede oggi al Governo di adottare misure urgenti ed efficaci nell’ambito delle politiche generali di inclusione sociale per il miglioramento delle condizioni di vita di Rom, Sinti e Camminanti».

«Il Best House Rom va chiuso immediatamente»

«Nel centro di accoglienza “Best House Rom” è in atto una sistematica violazione dei diritti umani. Circa 300 rom, di cui più della metà minori, vivono in una condizione di segregazione abitativa e sociale. La struttura, priva di finestre e punti luce, va chiusa così come vanno superati i “campi rom” attraverso l’individuazione dei percorsi di inclusione sociale previsti dalla Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti in Italia».
Lo affermano, in una nota congiunta, Luigi Manconi e Manuela Serra, della Commissione Diritti Umani del Senato, Carlo Stasolla, dell’Associazione 21 luglio, e il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi, dopo essere tornati oggi al “Best House Rom”, nella periferia est della Capitale.
Alla visita ha preso parte anche l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Francesca Danese che ha definito il centro «un mostro, una bruttura figlia delle proroghe dietro le quali si è insediato il malaffare».
«In questo edifico, in stanze piccolissime dove vivono anche fino a dodici persone, ammassate, ci sono bambini che non possono vedere la luce del sole perché non esistono finestre – ha detto Francesca Danese -. Il centro, che ha costi altissimi per l’amministrazione comunale, oltre 700 euro al mese a persona e che non possiede i requisiti igienico-sanitari, deve essere chiuso. Mi sto preoccupando di trovare un sistema di accoglienza rispettoso dei diritti delle persone e stiamo effettuando un monitoraggio al riguardo. Entro un paio di mesi conto di sistemare tutto».
Il “Best House Rom” è uno dei quattro centri di raccolta, riservati a soli rom, gestiti dal Comune di Roma. Inaugurato nel 2012 per accogliere le famiglie rom sgomberate dagli insediamenti informali, nel dicembre 2013 è stato ampliato per consentire l’ingresso dei 150 rom sgomberati dall’ex “villaggio attrezzato” di via della Cesarina. Il centro presenta spazi angusti e inadeguati, non ci sono finestre né punti luce per il passaggio dell’aria e della luce naturale all’interno di stanze dove vivono in media cinque persone. Il Comune di Roma ha speso nel 2014 per questa struttura quasi 3 milioni di euro.
Sul “Best House Rom” si era di recente espresso anche il sindaco Ignazio Marino, in una lettera indirizzata a Carlo Stasolla e a Riccardo Magi, che avevano iniziato uno sciopero della fame, impegnandosi «a trovare una soluzione alternativa per le donne, gli uomini e i bambini che oggi vivono in condizioni non dignitose».
«È più che mai urgente – affermano Manconi, Serra, Stasolla e Magi – chiudere al più presto questa struttura e avviare percorsi di inclusione sociale rivolti alle persone che lì vivono. Si tratterebbe del primo, concreto passo verso una nuova politica della città di Roma nei confronti delle comunità rom, private finora di ogni opportunità e segregate nei campi».

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