Manifesto

Osservatorio 21 luglio è un progetto di Associazione 21 luglio Onlus che si pone l’obiettivo di tutelare gli individui e i gruppi in condizione di segregazione estrema, con una particolare attenzione verso le comunità rom e sinte, da condotte discriminatorie e incitanti all’odio attraverso una costante attività di monitoraggio e di controllo di testate giornalistiche locali e nazionali, siti web, blog e social network. Osservatorio 21 luglio fa propri e richiama i principali strumenti internazionali, europei e nazionali volti alla tutela dei diritti umani e dell’infanzia e all’affermazione dei principi che sanciscono l’eliminazione di ogni forma di discriminazione e di condotta incitante all’odio.

Nella sua attività di costante monitoraggio, l’Osservatorio individua nell’antiziganismo una piaga pericolosa, una minaccia reale per una società democratica, plurale e inclusiva. La facilità con cui i discorsi d’odio rivolti a rom e sinti trovano terreno fertile in Italia ha come conseguenza quella di rendere sempre più accettabili e condivisibili da parte dell’opinione pubblica posizioni estreme, penalizzanti e discriminatorie nei confronti di tali comunità. Osservatorio 21 luglio si occupa di episodi di Hate Speech con una particolare attenzione al discorso politico incitante o alimentante stereotipi, opinioni e considerazioni su membri di determinati gruppi di persone che si basano interamente sulla appartenenza a tale gruppo e a gravi violazioni del codice deontologico dei giornalisti che alimentano indirettamente, e in alcuni casi direttamente, il sostrato culturale che rende possibile e concretizza le pratiche discriminatorie e i crimini d’odio.

Non esiste una definizione univoca e universale di Hate Speech o di discorso d’odio, esiste però a livello internazionale un certo grado di accordo sul tema. Con l’espressione incitamento all’odio e alla discriminazione razziale la Convenzione Internazionale sull’Eliminazione di ogni forma di Discriminazione Razziale intende rivolgersi ad ogni attitudine, distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica che si ispiri a concetti e a teorie basate sulla presunta superiorità di una razza o di un gruppo di individui di una certa origine etnica e che, in base a tale concezione, giustificano o incoraggiano forme di odio e di discriminazione razziale con lo scopo o l’effetto di distruggere o compromettere il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti fondamentali, civili e sociali. Condannando qualsiasi forma di Hate Speech che promuova direttamente o indirettamente l’odio razziale, la Raccomandazione Generale n. 35/2013 del CERD esprime pertanto l’obbligo per gli Stati membri della Convenzione stessa di prendere i dovuti provvedimenti al fine di combattere sia i discorsi d’odio quanto quelli discriminatori.

In tale direzione l’Osservatorio ritiene di fondamentale importanza la Raccomandazione sui discorsi d’odio del Consiglio dei Ministri degli Stati membri del Consiglio d’Europa n. 20 del 1997 e la Raccomandazione n. 15 del 2015 della Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza, le quali evidenziano come gli Stati membri dell’Unione Europea, le autorità pubbliche a livello nazionale, regionale e locale debbano prevenire e combattere ogni forma di discorso d’odio che possa promuovere l’odio razziale, la xenofobia e qualsiasi forma di discriminazione e intolleranza nei confronti di minoranze, migranti o di persone di origine straniera.
All’interno del quadro costituzionale nazionale volto alla tutela dell’inviolabilità dei diritti fondamentali dell’uomo e alla tutela penale da episodi di discriminazione razziale, etnica e religiosa in Italia, la Legge n. 205 del 25 giugno 1993 inquadra e definisce il fenomeno del Hate Speech e del Hate Crime. La sua declinazione fattuale tuttavia risulta essere poco incisiva in quanto il divieto di discriminazione e la sua sanzione non sono applicati in modo univoco, lasciando ampi margini di discrezionalità nell’analisi e nell’interpretazione concreta dell’accadimento contingente.

Nonostante gli strumenti messi a disposizione dal quadro normativo nazionale e dai meccanismi di tutela a livello europeo ed internazionale, l’Osservatorio evidenzia una mancanza di incisività ed efficacia nell’implementazione di un processo di monitoraggio diffuso, multilivello e radicato, di comprensione della complessità delle ricadute sociali del fenomeno sulla società maggioritaria e sulle comunità target ed infine di efficacia sanzionatoria relativa ai casi di hate speech e di hate crime più gravi. Pertanto si rende sempre più indifferibile l’istituzione a livello nazionale di un organismo di controllo dei diritti umani effettivamente indipendente che possa delineare percorsi e attivare strumenti idonei al contrasto dei discorsi d’odio, allo sradicamento degli stereotipi e di qualsiasi forma di discriminazione e al coinvolgimento propositivo e multilivello di istituzioni, autorità pubbliche, media e società civile.

In assenza di tali strumenti l’Osservatorio ha attivato una costante e scrupolosa attività di monitoraggio che possa tener traccia degli hate speech e che possa in alcuni casi attivare misure correttive volte alla decostruzione degli stereotipi e dei pregiudizi che coinvolgono ed assorbono la complessità degli strati e dei ruoli sociali di autorità, di esponenti pubblici e media. L’Osservatorio, producendo un impatto concreto in termini di effetto deterrente nei confronti dei politici e dei giornalisti destinatari di un’azione correttiva, ha pertanto riscontrato come solo attraverso un’attenta attività di analisi e di contrasto dei discorsi discriminatori si possa essere attori e proponitori di strategie di cambiamento. I numerosi episodi registrati che investono classe politica, media e società maggioritaria, e che sono rappresentativi di un linguaggio stereotipato e discriminatorio, sono il sintomo di un generale sostrato culturale che è necessario sradicare al fine di eliminare la diffusione di un’immagine negativa e stereotipata della popolazione rom, prevedendo e delineando dunque la necessità di una corretta informazione che non contribuisca a diffondere e a rafforzare tali pregiudizi.

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