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Anche l'Italia rischia la procedura di infrazione UE

Gli sgomberi forzati delle comunità rom in Italia, Francia, Ungheria e Bulgaria sono un tema che necessita di urgente attenzione da parte delle istituzioni europee. Nei confronti degli Stati membri che continueranno ad attuare politiche che violano i diritti umani, la Commissione Europea potrebbe reagire con l’avvio di nuove procedure di infrazione, come già avvenuto relativamente alle politiche discriminatorie in materia di istruzione .
È quanto emerso quest’oggi in occasione di un’audizione al Parlamento europeo sulla questione delle violazioni del diritto all’alloggio nei confronti dei rom – nel corso della quale è stata ascoltata anche l’Associazione 21 luglio – promossa dai parlamentari europei Soraya Post, Péter Niedermüller, Damian Dräghici, Sirpa Pietikäinen, Fredrick Federley, Barbara Spinelli, Terry Reintke, Benedek Jávor e dal direttore dell’Open Society European Policy Institute Neil Campbell.
Nel corso dell’audizione sono intervenute diverse organizzazioni internazionali e della società civile che hanno documentato la realtà degli sgomberi forzati in Francia, Ungheria e Bulgaria.
Riguardo al caso italiano, la delegazione dell’Associazione 21 luglio ha portato all’attenzione delle istituzioni europee le sistematiche violazioni dei diritti umani, perpetrate attraverso la pratica degli sgomberi forzati, che continuano a occorrere a Milano, Roma e Cosenza.
«In seguito agli sgomberi forzati – che non rispettano i diritti umani degli uomini, delle donne e dei bambini coinvolti – le persone vengono rese ancora più vulnerabili ed esposte a ulteriori violazioni dei loro diritti», ha affermato l’Associazione 21 luglio, che lo scorso 5 ottobre ha lanciato la campagna internazionale #PeccatoCapitale per chiedere una moratoria sugli sgomberi forzati a Roma nel periodo del Giubileo della Misericordia.
In seguito all’annuncio del Giubileo da parte di Papa Francesco – ha documentato l’Associazione 21 luglio – gli sgomberi forzati dei rom nella Capitale sono triplicati.
«Quello del diritto all’alloggio è un tema di assoluta priorità relativamente alla situazione dei rom in Europa, così come quello del diritto all’istruzione», ha detto Andreas Stein, capo unità della Direzione Generale della Commissione Europea per la Giustizia.
«Con il ricorso alla procedura di infrazione nei confronti di alcuni Stati membri relativamente alle politiche dell’istruzione nei confronti dei rom (vedi Slovacchia e Repubblica Ceca), la Commissione Europea – ha concluso Stein – ha già dimostrato la sua disponibilità a ricorrere anche in futuro a questo strumento.
Per un approfondimento sulla situazione degli sgomberi forzati in Francia, Ungheria e Bulgaria clicca qui

Sgomberi forzati dei rom: audizione al parlamento Ue

Il 14 ottobre, a Bruxelles, una delegazione dell’Associazione 21 luglio sarà ascoltata in audizione al Parlamento Europeo per fare luce sulla questione degli sgomberi forzati delle comunità rom in Italia e delle violazioni dei diritti umani che tali azioni comportano.
L’audizione – ospitata dai parlamentari europei Soraya Post, Péter Niedermüller, Damian Dräghici, Sirpa Pietikäinen, Fredrick Federley, Barbara Spinelli, Terry Reintke, Benedek Jávor e dal direttore dell’Open Society European Policy Institute Neil Campbell – avrà come obiettivo generale quello di affrontare le discriminazioni razziali nei confronti dei rom in Europa con uno specifico focus sul diritto all’alloggio.
Oltre al caso dell’Italia, nel corso dell’audizione sarà esaminata la situazione degli sgomberi forzati in Bulgaria, Francia e Ungheria, grazie all’intervento di organizzazioni internazionali e della società civile che hanno documentato le violazioni dei diritti umani ai danni delle comunità rom coinvolte.
I casi di questi quattro Paesi serviranno a mettere in evidenza il fenomeno degli sgomberi forzati in Europa e a discutere su come utilizzare la Direttiva UE sull’Uguaglianza Razziale, la Raccomandazione del Consiglio d’Europa sulle efficaci misure di inclusione dei rom e sulle Strategie Nazionali di Inclusione dei Rom, così come gli altri standard internazionali sui diritti umani per affrontare la discriminazione dei rom nell’accesso al diritto all’alloggio, in particolare quando questa sfocia nella nella pratica degli sgomberi forzati.
L’audizione di domani – si legge nella nota diffusa dagli organizzatori – rappresenta un’occasione per le organizzazioni della società civile, per gli Stati Membri e per la Commissione Europea per individuare modi per prevenire gli sgomberi forzati attraverso i fondi europei e assicurare il rispetto dei diritti umani.
Se la situazione italiana risulta particolarmente grave soprattutto per la sistematica realizzazione di sgomberi forzati nelle città di Milano, Cosenza e Roma – dove l’Associazione 21 luglio ha documentato un’impennata degli sgomberi forzati con l’annuncio del Giubileo, in seguito alla quale l’Associazione ha lanciato la campagna internazionale #PeccatoCapitale – non appaiono migliori i contesti degli altri Paesi europei sui quali si concentrerà l’audizione.
In Bulgaria, malgrado i richiami della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, del Parlamento Europeo e dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, il governo bulgaro sta continuando a demolire le abitazioni di famiglie rom in diverse cittdine del Paese. Tra maggio e settembre di quest’anno, 124 abitazioni di rom sono state distrutte a Garmen, 14 a Orlandovzi e 46 a Varna, rendendo così senza tetto centinaia di persone, tra cui molti minori e madri sole.
In Francia, nella prima metà del 2015, sono stati quasi 4 mila gli uomini, le donne e i bambini rom vittime di sgomberi forzati. Una situazione che ha provocato la preoccupazione dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Zeid Ra’ad Al Hussein che ha parlato di «sistematica politica nazionale per sgomberare forzatamente i rom».
In Ungheria, infine, a circa 450 rom residenti nell’area di Miskolc è stato intimato di abbandonare le proprie abitazioni in base all’emendamento a un decreto del governo locale che dava potere al Comune di mettere fino ai contratti di affitto in caso di persone che vivono sotto gli standard previsti per gli alloggi sociali. Queste misure, che obbligavano le persone a lasciare le loro abitazioni in cambio di una compensazione economica, sono state giudicate non a norma di legge dalla Corte Suprema lo scorso luglio.

Minori romeni e bulgari a rischio sfruttamento: in Italia la gran parte è rom

Si è tenuto questa mattina a Roma, presso la sede del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel), il seminario sulla protezione dell’infanzia romena e bulgara a rischio di abuso, sfruttamento e/o tratta.
Il seminario rientra nell’ambito del progetto MARIO – coordinato dall’Ufficio regionale per l’Europa Sud Orientale di Terre des Hommes e co-finanziato dal programma Daphne dell’Unione Europea e dalla Oak Foundation – che si propone di migliorare il livello di protezione dei minori migranti dell’Europa centrale e sud-orientale a rischio di abuso, sfruttamento e/o tratta.
Hanno partecipato all’incontro una rappresentanza dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, delegazioni di Bulgaria e Romania e rappresentanti di enti e organizzazioni bulgare, romene e italiane. Il 5 marzo a Bruxelles si terrà invece la conferenza conclusiva del progetto MARIO “Closing a protection gap for European children on the move“.
I minori romeni e bulgari su strada in Italia
Nel corso del seminario di stamane a Roma, l’Associazione 21 luglio, partner del progetto MARIO, ha presentato una ricerca transnazionale in Italia che ha riguardato i minori romeni e bulgari che svolgono attività economiche su strada, da soli o accompagnati da adulti. Nell’ambito del progetto, tali ricerche sono state realizzate anche in Olanda, Grecia, Kosovo e Macedonia, Paesi verso i quali si dirigono per lo più  i minori che emigrano dall’Europa centrale e sud-orientale.
Tra i principali risultati della ricerca curata dall’Associazione 21 luglio emerge che 71 minori su 73 che sono stati osservati nelle città di Napoli e Roma sono romeni (solo 2 sono bulgari). Di essi, la maggior parte è costituita da bambini rom (46 su 73). La ricerca, inoltre, ha portato alla luce che i minori su strada osservati nel capoluogo campano sono quasi tutti impegnati nella richiesta di elemosina, mentre nella Capitale le attività sono diversificate e riguardano l’elemosina, il borseggio, la vendita di piccoli oggetti e il mercato delle prestazioni sessuali.
A Roma, in particolare, è stata constatata sia la presenza di un gruppo di minori all’interno della Stazione Termini probabilmente sfruttati da un’organizzazione di adulti che la presenza di minori che svolgono attività economica su strada insieme ai loro familiari, svincolati da organizzazioni, per ragioni soprattutto riconducibili alle condizioni di disagio economico delle famiglie.
minori romGran parte dei bambini osservati, inoltre, ha vissuto in Italia la maggior parte della propria vita, parla l’italiano, non ha particolari legami con il Paese di provenienza e considera l’Italia casa propria. Gli importi guadagnati dai minori sono molto diversi, più bassi tra chi fa l’elemosina rispetto a chi svolge altre attività, e il denaro viene consegnato ai familiari che non puniscono i minori nel caso non ne raccolgano abbastanza.
Sono pochi i minori – emerge inoltre dalla ricerca – che vanno a scuola e chi l’ha frequentata non riesce a entrare nel mercato del lavoro. Parte dei minori intervistati vive in condizioni di disagio abitativo, altri in appartamenti, ma quasi tutti non hanno contatti con altri bambini italiani e sono di fatto esclusi dalla società.
I minori romeni e bulgari che svolgono attività economica su strada sono relativamente pochi rispetto ai minori extracomunitari che stanno arrivando in Italia. Questo non significa – sottolinea la ricerca – che debbano essere ignorati: proprio perché scarsamente visibili rischiano di non accedere al sistema di protezione dell’infanzia. Quanto osservato dalla ricerca mette infatti in evidenza la necessità di promuovere servizi mirati per questa tipologia di minori comunitari e le loro famiglie, che dovrebbero includere interventi di prevenzione nei Paesi di origine, di transito e di arrivo, il collegamento delle famiglie con i servizi esistenti e il sostegno all’inclusione nella società di arrivo.
L’attivazione di tali servizi consentirebbe, tra l’altro, di prevenire il contatto con la criminalità organizzata e il conseguente ingresso dei minori nel circuito penale e forse anche di comprendere le modalità attraverso le quali i minori diventano vittima di sfruttamento da parte di queste organizzazioni.
La protezione dell’infanzia migrante comunitaria
In Italia, nonostante un quadro legale considerato tra i migliori in Europa e l’esistenza di politiche pubbliche per la protezione dell’infanzia, la dispersione delle responsabilità tra i numerosi attori istituzionali coinvolti nella tutela dei minori rappresenta un elemento di ostacolo, sottolinea la ricerca. Istituzioni, autorità locali e organizzazioni varie risultano scarsamente coordinati tra loro e mancano dati e informazioni che possano orientare i servizi.

  • Il sistema di protezione dell’infanzia è modellato in base alla ripartizione dei minori per categorie di vulnerabilità (stranieri non accompagnati, vittime di tratta, di sfruttamento lavorativo, ecc). Come conseguenza, le risposte sono mirate alle specifiche vulnerabilità e assumono quasi sempre il carattere dell’emergenza.
  • I minori che non rientrano chiaramente in una di queste categorie (in particolare i minori comunitari) rischiano, quindi, di essere invisibili.
  • Un coordinamento attento e una maggiore collaborazione tra chi presta i servizi di tutela e protezione dei minori e le autorità permetterebbe di migliorare la protezione per tutti i minori migranti in Italia e favorirebbe anche l’identificazione e l’attivazione di procedure nei confronti delle reti criminali organizzate e dei trafficanti che sfruttano la vulnerabilità di questi gruppi di bambini e adolescenti.

 
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