Presentato il Rapporto Annuale di Associazione 21 luglio sulla condizione dei rom in Italia

Roma, 9 aprile 2024 – Presentato questo pomeriggio presso la Sala degli Atti Parlamentari della Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini”, il Rapporto annuale di Associazione 21 luglio che fotografa la condizione delle comunità rom e sinte in Italia. L’evento è stato organizzato su iniziativa della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani del Senato e ha visto la partecipazione di rappresentanti istituzionali di diverse città italiane.

Baraccopoli di comunità rom in Italia

In Italia sono presenti diverse forme di alloggio che mirano ad accogliere nuclei familiari rom e sinti individuati su base etnica. Nella maggior parte dei casi, tali soluzioni non rispettano i criteri di adeguatezza stabiliti dagli standard internazionali per il diritto a una sistemazione idonea, mostrando spesso la reiterazione di un carattere segregante e discriminatorio.

Gli insediamenti formali consistono in aree create e, solitamente, gestite dalle istituzioni comunali con l’obiettivo di favorire l’accoglienza basata su criteri etnici. Tra questi è possibile registrare anche i cosiddetti insediamenti semiformali o “tollerati”, con i quali si intendono quelle aree situate su suolo pubblico, riconosciute in passato come formali, che a causa della progressiva assenza di servizi sono scivolate nella semi-formalità e di conseguenza inserite nella categoria degli insediamenti “tollerati”.

Gli insediamenti informali, che si trovano principalmente nelle periferie delle grandi città italiane, si contraddistinguono per l’utilizzo di tende o abitazioni auto-costruite, spesso immerse nella vegetazione o in zone remote e di difficile accesso.

In Italia sono circa 15.800 i rom e sinti che vivono nelle baraccopoli formali e informali, pari allo 0,03% della popolazione italiana. Circa 13.300 abitano nelle 119 baraccopoli istituzionali, presenti in 75 comuni e in 13 regioni. Nelle baraccopoli informali sono stimati circa 2.500 rom (per ulteriori info: www.ilpaesedeicampi.com).

L’aspettativa di vita di quanti presenti in insediamenti monoetnici all’aperto è di almeno 10 anni inferiore a quella della popolazione italiana. Il 55% dei residenti ha meno di 18 anni e sono circa 1.000 i cittadini rom a forte rischio apolidia in Italia.

Nelle baraccopoli informali e nei micro insediamenti la quasi totalità delle persone presenti risulta essere di origine rumena, mentre dei rom e sinti presenti nelle baraccopoli istituzionali si stima che circa il 62% abbia la cittadinanza italiana.

Il numero di rom e sinti presenti negli insediamenti formali e informali è in costante calo dal 2016, anno del primo rilevamento di Associazione 21 luglio, con un decremento totale ad oggi del 44%, ovvero 12.200 persone in meno.

L’Area Metropolitana di Napoli è quella nella quale è presente la più alta concentrazione di rom in emergenza abitativa e la città di Napoli registra le più grandi baraccopoli informali d’Italia. La città con il maggior numero di baraccopoli istituzionali è invece la città di Roma.

Le principali aree residenziali monoetniche sono registrate nella Regione Calabria, nello specifico nei comuni di Cosenza e Gioia Tauro.

In Italia esistono 3 centri di accoglienza riservati esclusivamente a persone rom. Sono i Centri di Raccolta Rom, presenti nei comuni di Brescia, Latina e Napoli e accolgono un totale di 330 persone riconosciute come rom.

Oltre agli insediamenti fin qui riportati, si registrano anche insediamenti privati, terreni di proprietà, spesso ad uso agricolo, nei quali numerose famiglie rom e sinte hanno scelto di stabilirsi nel corso degli anni.

Nelle grandi città metropolitane si possono riscontrare, in forma sempre più diffusa, situazioni in cui nuclei familiari rom di nazionalità rumena ed ex jugoslava, colpiti da sgomberi forzati, trovano rifugio occupando ex fabbriche, capannoni industriali abbandonati o alloggi destinati all’edilizia residenziale pubblica.

La Strategia Nazionale 2021-2030

La Strategia Nazionale di uguaglianza, di inclusione e di partecipazione di Rom e Sinti 2021-2030 è stata adottata con decreto direttoriale del 23.05.2022 e ha sollevato numerose critiche da parte sia della Commissione Europea che dalla società civile. La prima ha espresso critiche che riguardano anzitutto l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, che risulterebbe mancante dell’autorità necessaria per adempiere con un ruolo adeguato al coordinamento e al monitoraggio delle azioni previste nella Strategia Nazionale 2021-2030.

Anche il “Rapporto di monitoraggio della società civile sulla qualità del quadro strategico nazionale per l’uguaglianza, l’inclusione e la partecipazione dei rom in Italia” ha posto in evidenza, attraverso un’accurata analisi critica, gli specifici punti di debolezza della Strategia Nazionale 2021-2030, legati principalmente a una Strategia non vincolante che non prevede sanzioni a quelle Amministrazioni che violano apertamente i suoi princìpi.

La politica dei campi

In Italia fino al 2018 i propositi di superamento dei campi rom si sono tradotti quasi sempre nella loro costruzione e gestione in nome dell’emergenza sociale e di una presunta temporaneità. Dal 2019 sempre più Amministrazioni locali si sono adoperate per avviare e portare a compimento processi di superamento degli insediamenti monoetnici.

Nell’ultimo biennio (2022-2023) le Amministrazioni comunali di Asti, Lamezia Terme, Prato, Collegno e Roma si sono impegnate in azioni volte al superamento degli insediamenti presenti sui rispettivi territori.

Da segnalare, come esperienza virtuosa, quella del Comune di Collegno, che nell’estate 2023 ha definitivamente superato l’insediamento presente in Strada della Berlia abitato dal 1997 da una comunità rom proveniente dall’ex Jugoslavia. Tutti gli abitanti sono stati ricollocati in abitazioni convenzionali. Anche l’Amministrazione di Roma Capitale, nell’estate 2023, ha approvato il “Piano d’azione cittadino” per il superamento di 6 “villaggi attrezzati” della Capitale in cui sono attualmente presenti più di 2.000 persone.

Il commento di Associazione 21 luglio

Secondo Associazione 21 luglio si registra una marcata consapevolezza da parte di Amministrazioni comunali di diversi colori politici sulla necessità di superare definitivamente i dispositivi architettonici monoetnici denominati impropriamente “campi nomadi” realizzati a partire dagli anni ’80.

Dal 2021 Associazione 21 luglio lavora a sostegno delle Amministrazioni comunali interessate dalla presenza di comunità rom e sinte in condizione di segregazione ed emergenza abitativa proponendo il modello MA.REA. (MAppare e REAlizzare comunità), dal carattere fortemente innovativo e con un approccio partecipativo, già fatto proprio da alcune Amministrazioni.

«Il momento è storico – afferma Carlo Stasolla di Associazione 21 luglio – e particolarmente favorevole per le 75 Amministrazioni comunali che governano i territori su cui insistono i 119 insediamenti monoetnici, affinché possano, con coraggio e determinazione, avviare processi di superamento, per cancellare in forma definitiva quella “vergogna sociale” che fa sì che l’Italia dall’anno 2000 venga considerata nel panorama europeo come il “Paese dei campi”».

È possibile scaricare scaricare il Rapporto Annuale di Associazione 21 luglio ETS “Vie di uscita – La condizione delle comunità rom e sinte in Italia” cliccando QUI

LETTERA APERTA ALLA CITTÁ DI ROMA – Salvaguardare la memoria dei baraccati romani. Non dimentichiamo!

Roma, 15 marzo 2024

Vorremmo con la presente aprire una riflessione collettiva, prendendo spunto dagli importanti progetti di riqualificazione del Parco di Centocelle (quadrante est della Capitale), che prevederanno per i prossimi anni, interventi significativi come la riforestazione, la creazione di aree per lo sport, per il tempo libero e nuovi tracciati.
La nostra Associazione è impegnata da molti anni nell’assistenza a coloro che vivono in situazioni di esclusione abitativa, e desideriamo sottolineare l’importanza dell’area oggetto di riqualificazione non solo per la sua bellezza naturale, ma anche per la sua storia umana. Il Parco di Centocelle è stato per decenni uno “spazio di vita” per migliaia di cittadini romani, inclusi coloro che hanno vissuto nelle precarie baracche che un tempo popolavano l’area. Dal dopoguerra fino al 2010, infatti, l’area ha ospitato generazioni di famiglie provenienti dal sud Italia, dai paesi balcanici e dal Maghreb. Queste persone hanno vissuto, lavorato e costruito le loro vite tra le mura delle baracche, contribuendo alla tessitura sociale e culturale della nostra città.
Desideriamo portare alla vostra attenzione un breve excursus storico che sembra essere stato dimenticato dalla memoria collettiva della nostra città.
Nell’immediato dopoguerra le grotte e gli anfratti dell’area erano stati occupati dagli sfollati del conflitto. Un testimone degli anni ’50 racconta: «Lì vicino all’aeroporto c’erano anche delle grotte, occupate dagli sfollati durante la guerra ed ancora abitate. C’era poi un campo di zingari, con i carri tirati dai cavalli e qualche grossa auto americana sgangherata».
Negli anni Sessanta, l’area del parco risultava abitata da gruppi di sottoproletariato di siciliani, napoletani e calabresi – immortalati dai racconti di Pier Paolo Pasolini – e da famiglie di camminanti provenienti da Noto che vivevano in piccole abitazioni in muratura, dedicandosi soprattutto alle attività di arrotino e ombrellaio, ma anche alla vendita di aglio, cipolla, patate e carciofi che, con i loro mezzi (in prevalenza “apette”) trasportano nei mercati rionali.
Nel 1968 giunsero le prime famiglie rom di etnia Khorakhané Cergarija, provenienti dalla Bosnia. Un anno dopo ottennero la residenza presso l’insediamento e, in seguito, la cittadinanza italiana. «Si viveva come povera gente. Andavamo a raccogliere il ferro vecchio. Eravamo gente onesta che lavorava per tirare avanti. Poi, quando veniva l’estate, chiudevamo le baracche e andavamo in giro per l’Italia».
La convivenza tra italiani e rom non si rivelerà mai conflittuale e a metà degli anni Ottanta, oltre ad una piccola comunità di camminanti siciliani, risultavano presenti nell’insediamento le seguenti etnie: Khorakhané Cergarija, provenienti dalla Bosnia, Khorakhané Crna Gora, provenienti dal Montenegro, Rudari, cristiano–ortodossi provenienti da Belgrado, e Khorakhané Cergarija, originari di Vlassenica.
Alla fine del decennio a tutti i cittadini italiani vennero assegnate le case popolari e le loro abitazioni furono distrutte. Utilizzando i pavimenti delle case, oggi ancora visibili, molte famiglie rom realizzarono nuove baracche. Dopo i vari trasferimenti, nell’area si contavano una ventina di famiglie di due etnie: Khorakhané Crna Gora, provenienti dal Montenegro, e Khorakhané Cergarija, provenienti dalla Bosnia. Grazie all’interessamento di un dirigente del Comune di Roma, venne installato il primo allaccio di energia elettrica. Negli anni successivi, pertanto, una ventina di famiglie riuscirà a stipulare un regolare contratto per l’erogazione di elettricità. Nel medesimo periodo la prima famiglia riuscirà ad avere una regolare linea telefonica all’interno della baracca.
Nel 1990 arrivarono da Kosovo e Macedonia alcune famiglie di etnia Khorakhané Shiftarija. In pochi anni raggiungeranno le 200 unità. L’anno successivo il Comune di Roma dispose i primi bagni chimici e alcuni lampioni lungo le strade. L’accesso all’insediamento, denominato Casilino 900, venne allargato e il manto stradale coperto di breccia. I bambini rom iniziarono la frequenza nella scuola dell’obbligo. Il Nucleo Assistenza Emarginati svolse, per conto del Comune di Roma, il primo censimento del campo: vennero registrati 295 abitanti e, per la prima volta, ogni baracca venne numerata con vernice gialla. Resta viva nei ricordi dei testimoni la rottura di una tubatura causata, nel 1996, da una ruspa impegnata nella bonifica dell’area che ne allagò una parte obbligando al momentaneo sgombero le famiglie kosovare e macedoni.
Nel giugno 1999 arrivarono da Kosovo e Macedonia alcune famiglie di etnia Khorakhané Shiftarija in fuga dalla guerra dei Balcani. In pochi anni raggiungeranno le 110 unità.
Nel 2000, 160 uomini di nazionalità marocchina si insediarono nel campo ma il 18 febbraio dell’anno successivo, nelle prime ore della notte, l’area verrà completamente devastato da un incendio. Nel censimento del 2001 verranno registrati 703 abitanti (230 bosniaci, 110 montenegrini, 60 macedoni, 120 jugoslavi, 160 marocchini, famiglie di nazionalità serba, croata e kosovara, qualche polacco, cecoslovacco e italiano). Tale numero resterà invariato nei censimenti svolti negli anni successivi con un decremento nel censimento del 2004 (650 persone) dovuto alla partenza, nel novembre del 2003, dei marocchini ancora rimasti dopo l’incendio del 2001. Nell’insediamento si registrava la presenza di diverse fontanelle, 130 bagni chimici e alcune famiglie predisposero l’acqua all’interno delle abitazioni. Una dozzina di famiglie risultava disporre di regolare allaccio elettrico e del telefono all’interno della propria baracca. Ecco come una donna che viveva nel campo descrive quella che era la sua abitazione: «La nostra baracca era fatta di quattro stanze, un salotto e un bagno con scaldabagno. In una stanza c’era la lavatrice. Avevamo il telefono in casa. Molte baracche erano fatte così».
Negli anni successivi, numerose associazioni sostennero e aiutarono, a vario titolo, le molte famiglie rom in cerca di percorsi di integrazione e di inserimento lavorativo. Con il patrocinio del VII Municipio, il 13 febbraio 2008 giunsero nell’insediamento 50 studenti di diverse nazioni per una giornata di incontro e di festa con gli abitanti dell’area.
Nel periodo compreso tra gennaio e febbraio 2010, in piena “Emergenza Nomadi”, la Giunta presieduta da Gianni Alemanno procedette allo sgombero forzato dell’area, con la ricollocazione nei diversi “villaggi attrezzati” della Capitale delle 620 persone rimaste. L’area si svuoterà definitivamente e negli anni successivi sarà occupata sporadicamente da persone in grave emergenza abitativa.
Alla luce di tale breve narrazione, come Associazione e come cittadini che vivono e amano la città di Roma, riteniamo importante fare in modo che la memoria non venga calpestata e che uno spazio della città che è stato anzitutto uno “spazio di vita”, a volte felice, altre volte drammaticamente sfortunato, sia ricordato con la dignità che merita dall’intera cittadinanza, secondo modalità che in percorso partecipativo si potrebbero individuare. Crediamo che la realizzazione di uno “spazio della memoria” dedicato ai “baraccati” romani all’interno dei progetti di riqualificazione del Parco di Centocelle potrebbe servire come testimonianza tangibile del passato di questa area e delle vite che l’hanno attraversata, rispettando la loro dignità e contribuendo alla comprensione della storia e della diversità della nostra città.
Ci auguriamo che questa proposta riceva il sostegno istituzionale che merita e che sia possibile collaborare per garantire che il Parco di Centocelle non solo rappresenti un’oasi naturale, ma anche un luogo di memoria e riflessione per tutta la comunità.

Associazione 21 Luglio ETS

 

Cliccando QUI è possibile scaricare la lettera.

MA.REA atterra ad Asti: Approvato il Piano di Azione Locale per il superamento della baraccopoli di Via Guerra, 36.

La giornata del 13 febbraio 2024 ha segnato un momento storico per la città di Asti, con la deliberazione della Giunta Comunale n.71 che determina l’approvazione del Piano di Azione Locale “Oltre il Campo – Asti: il Superamento della Baraccopoli di Via Guerra, 36”. Questo piano, proposto da Associazione 21 luglio, rappresenta un passo in avanti cruciale per il miglioramento delle condizioni di vita dei residenti dell’insediamento.

L’origine della comunità rom di via Guerra risale agli anni Ottanta e Novanta, quando fu costretta a lasciare la Bosnia-Erzegovina a causa degli eventi storici che portarono alla disgregazione della Repubblica Jugoslava. Dopo aver toccato diverse località in Sardegna, le famiglie decisero di trasferirsi nel territorio astigiano, con la speranza di avvicinarsi alla loro terra d’origine.

Le difficoltà non sono mancate; la comunità si è trovata ad affrontare condizioni di vita precarie, caratterizzate da problemi igienico-sanitari, carenza di servizi e alcune difficoltà di convivenza con altre comunità. Negli anni sono stati effettuati vari interventi da parte di organizzazioni del Terzo Settore, ma la situazione richiedeva un approccio più strutturato e integrato.

Il sindaco Maurizio Rasero ha incaricato Associazione 21 luglio di coordinare le azioni di superamento della baraccopoli di via Guerra, 36, seguendo i criteri definiti dalla metodologia MA.REA, articolata in sei fasi, con l’obiettivo di identificare soluzioni concrete per migliorare le condizioni di vita degli abitanti dell’insediamento.

La prima fase ha portato alla redazione del rapporto “Oltre il Campo. La Baraccopoli di Via Guerra, 36“, documento che ha fornito una panoramica dettagliata della realtà dell’insediamento attraverso un accurato lavoro di ascolto, mappatura, acquisizione dei dati e analisi degli stessi.

In questo modo si è potuto procedere con la seconda fase, costituendo un Gruppo di Azione Locale (GAL) incaricato di elaborare un Piano di Azione Locale (PAL) per il superamento della baraccopoli e rilevando l’importanza di procedere attraverso l’attivazione di 8 tavoli tematici, a seguito delle criticità e dei bisogni emersi.

Il PAL è stato redatto con un approccio partecipativo, coinvolgendo attivamente gli stakeholders e le persone residenti nella baraccopoli. L’obiettivo finale è superare l’insediamento e garantire un inserimento abitativo sostenibile per tutte le famiglie coinvolte.

Seguendo i principi della “Strategia Nazionale di uguaglianza, inclusione e partecipazione di Rom e Sinti (2021-2030)”, si è posta particolare attenzione all’abolizione dell’approccio etnico, con l’obiettivo di rimuovere le barriere tra le famiglie dell’insediamento, la cittadinanza astigiana e i servizi pubblici.

Riprendendo la metafora del volo aereo proposta dal progetto, si passerà ora all’attuazione dei tre momenti-chiave previsti per il superamento della baraccopoli: una prima fase propedeutica alla fuoriuscita di ogni famiglia dalla baraccopoli, denominata ATTESA e già parzialmente attiva dal febbraio 2022; la fase effettiva della fuoriuscita di ogni famiglia dall’insediamento, denominata DECOLLO; in ultimo la fase della sostenibilità, un accompagnamento delle famiglie nel percorso di inserimento abitativo, denominata ATTERRAGGIO. Il progetto nella sua interezza coinvolgerà i 145 residenti dell’insediamento, di cui 83 minori, e avrà una durata di due anni, per un costo complessivo, secondo quanto riportato dal progetto approvato dal Comune di Asti, di 285.800€.

Affrontare la sfida del superamento della baraccopoli rappresenta un passo cruciale verso il miglioramento della qualità della vita e la promozione dell’inclusione sociale. Questo progetto non solo beneficia gli abitanti dell’insediamento e della cittadinanza tutta, ma offre anche un modello concreto e adattabile per altre comunità in Italia.

è possibile visualizzare il Piano di Azione Locale di Associazione 21 luglio cliccando QUI e la relazione sulla baraccopoli di Via Guerra 36 QUI.

Cliccando QUI è invece possibile leggere il Verbale della Giunta Comunale di Asti in cui viene approvato il Piano di Azione Locale per il superamento della baraccopoli di Asti.

Memoria: abbiamo incontrato insegnanti, social workers e politici

Nella vita delle persone rom e sinte, un peso importante, allo stato attuale, lo hanno alcune categorie di persone. Tra queste, sicuramente, vi sono gli insegnanti, gli assistenti sociali e i decisori politici. Nel loro quotidiano, infatti, sono tra coloro che, con il loro lavoro, possono favorire politiche di inclusione e di superamento degli stereotipi.

Gli insegnanti attraverso la promozione di politiche scolastiche che affrontino le discriminazioni istituzionali consente così di favorire il successo scolastico degli studenti. Gli assistenti sociali e le altre figure che operano in questo settore per poter garantire una valutazione più ampia sul benessere dei bambini rom e sinti. Nel caso dei decisori politici, invece, per promuovere una diversa politica abitativa e garantire il diritto alla casa delle persone rom e sinti, superando così i mega-campi presenti in alcune città italiane.

 

A tale scopo erano dedicati tre toolkit – prodotti nell’ambito del progetto RemAgainstDisc (Reinforcing historical memory of the Porrajmos to combating discrimination), finanziato dal Citizens, Equality, Rights and Values Programme dell’Unione Europea – pubblicati la scorsa primavera. 

A questa pubblicazione hanno fatto seguito diversi incontri di disseminazione che, in diverse città italiane, hanno visto i responsabili del progetto incontrare persone appartenenti a queste tre categorie professionali (in totale oltre 150).

Gli incontri sono stati un momento di confronto e scambio sui toolkit e di attivazione di esperienze positive.

 

Un lavoro che, come molti altri output del progetto, andrà oltre il termine stabilito, potendo durare nel tempo e aiutando sempre più a sensibilizzare sul necessario superamento di ogni discriminazione contro le persone rom e sinte.

L’importanza di parlare di Porrajmos nei libri scolastici

Sono circa 500.000 le persone rom e sinte uccise dai regimi nazifascisti. Da molti questo genocidio viene chiamato Porrajmos. Nonostante le sue dimensioni, la memoria storica di quegli eventi è poco conosciuta e non ha aiutato a costituire un patrimonio collettivo che consentisse di prevenire discriminazioni e stereotipi verso queste persone che, anche se in forme diverse, sono sopravvissute alla fine dei regimi totalitari del ‘900.

Il progetto RemAgainstDisc (Reinforcing historical memory of the Porrajmos to combating discrimination), finanziato nell’ambito del Citizens, Equality, Rights and Values Programme dell’Unione Europea, e a cui lavorano la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili, l’Università di Firenze, Sucar Drom e Associazione 21 Luglio, ha tra i suoi obiettivi proprio questo.

Uno degli interventi previsti ha riguardato la sensibilizzazione verso case editrici che pubblicano libri per scuole di ogni ordine e grado e per le università, affinché nei testi scolastici sia presente un riferimento specifico a cosa fu il Porrajmos.

Il Prof. Luca Bravi, ricercatore dell’Università di Firenze ha, a tal proposito elaborato il testo che segue:

 

Il Porrajmos

Notte del 2 agosto 1944, Birkenau, “campo degli zingari” (Zigeunerlager, settore BII-E). Fino al giorno prima regnava il rumore della vita, seppur in un campo di sterminio, nell’area del Lager destinata a rom e sinti, una minoranza linguistica giunta in Europa dall’Asia a partire dal XIV secolo e oggetto di antichi pregiudizi: allo Zigeunerlager insieme vivevano, e aspettavano di morire, migliaia di famiglie. Ora non c’è che il silenzio: in una sola notte i nazisti hanno “liquidato” il campo, sterminando i suoi internati. Oltre quattromila uomini, donne e bambini sono stati assassinati prima dell’alba. Nonostante questa scena e altre analoghe viste in tutta Europa siano rimaste a lungo nei ricordi degli altri internati e nelle testimonianze dei pochissimi sopravvissuti sinti e rom, e a dispetto della vasta documentazione di questo altro sterminio, la vicenda dei rom e sinti ad Auschwitz rappresenterà a lungo una memoria assente: quando tutto finirà si farà fatica a studiare e a riconoscere un evento tragico e radicale tanto quanto la Shoah: il Porrajmos. 

La parola Porrajmos significa “divoramento”, ed è utilizzata per indicare lo sterminio di rom e sinti subito prima e durante la seconda guerra mondiale: si stima che 500.000 di loro siano stati assassinati dopo essere stati perseguitati dalla Germania nazista per due ragioni diverse e convergenti: inizialmente erano ritenuti “asociali”, successivamente sono stati considerati, come gli ebrei, “razzialmente inferiori”, e per questo cacciati e annientati. 

Anche l’Italia fascista prima e la Repubblica sociale italiana poi, espellendo, respingendo, internando e deportando rom e sinti per anni, ha partecipato al Porrajmos.

Le risorse online proposte: 

 

In occasione di un incontro svoltosi proprio all’Università di Firenze, a cui hanno partecipato diversi responsabili delle case editrici, è stato introdotto il tema del Porrajmos e il testo in questione è stato proposto, con l’obiettivo che, anche a seguito di un percorso di condivisione, possa essere introdotto all’interno dei libri, costituendo così parte di quella scoperta della memoria storica, così fondamentale per guardare al futuro senza il peso dei pregiudizi e delle discriminazioni.

Superato il “campo rom” nel comune di Collegno. In Italia restano 109 insediamenti monoetnici all’aperto.

L’insediamento, sito a Collegno in provincia di Torino in Strada della Berlia 86, è stato inaugurato nel 1997 dall’Amministrazione Comunale per far fronte alle criticità dovute alle situazioni igienico-sanitarie precarie e di sovraffollamento delle aree di sosta assegnate ad una comunità rom proveniente dall’ex-Jugoslavia negli anni settanta, in via Don Milani 5.

L’azione di superamento ha avuto origine con la delibera di Giunta Comunale n. 58 del 23 marzo del 2022, adottata in conformità con il Piano per l’inclusione e la partecipazione dei rom, finalizzato al sostegno delle popolazioni rom all’interno dell’Unione Europea, che delinea sette settori di intervento per progredire verso una reale parità, ciascuno composto da obiettivi minimi da attuarsi entro il 2030 da parte degli Stati membri.

Stando all’ultima rivelazione effettuata nel 2002 dalla Cooperativa San Donato (che attualmente opera all’interno dell’area) la comunità rom residente nell’insediamento di Strada della Berlia conta attualmente 63 persone.

La progettualità è stata delineata sulla base delle due caratteristiche che segnano l’intervento: l’abbandono di un approccio etnico e l’implementazione di un modello partecipativo, che ha visto il coinvolgimento attivo delle famiglie beneficiarie e di diversi attori pubblici e privati.

A seguito dell’intervento tutte le persone fuoriuscite dall’insediamento, quasi una settantina, sono state gradualmente collocate in abitazioni convenzionali, in alcuni casi in forme definitive, in altre in modalità provvisoria.

Il superamento dell’insediamento di Collegno, che Associazione 21 luglio ha seguito dal suo inizio individuandolo come un “caso studio” da portare su scala europea, è la dimostrazione di come in Italia il superamento degli insediamenti monoetnici è possibile, laddove si registra una chiara volontà nel voler portare avanti processi di inclusione abitativa e lavorativa che interessano le famiglie residenti in aree marginalizzate.

Con l’azione promossa dall’Amministrazione di Collegno, sono ad oggi ancora 109 gli insediamenti all’aperto abitati in Italia da circa 12.000 rom e sinti.

Roma: Un piano vicino alle linee guida di Associazione 21 luglio

La Giunta Capitolina, con la delibera n.235 del 07/07/2023 ha recepito la nuova Strategia nazionale di uguaglianza, inclusione e partecipazione di Rom e Sinti 2021-2030 e ha approvato il Piano d’azione Cittadino per il superamento del “Sistema Campi” 2023-2026.

Nel 2022, l’assessorato alle Politiche Sociali e alla Salute di Roma Capitale aveva attivato il percorso partecipativo denominato “In dialogo con la città”, coinvolgendo gli Enti del Terzo Settore nel definire un modello di intervento volto al superamento dei Villaggi attrezzati e all’inclusione delle popolazioni rom e sinti nel territorio di Roma Capitale.

I lavori del tavolo di co-programmazione avevano avuto luogo nel periodo da giugno a novembre dello scorso anno. Organizzati in sei sottogruppi tematici, avevano trattato i seguenti argomenti: antiziganismo e partecipazione, regolarizzazione dei documenti, accesso a un alloggio adeguato, assistenza sanitaria, occupazione e istruzione.

Il Piano d’azione Cittadino approvato lo scorso luglio mira a garantire i diritti fondamentali delle persone che vivono nei “Villaggi attrezzati”, attraverso azioni coerenti con le priorità emerse dai tavoli di co-programmazione. Le azioni del Piano sono strutturate in quattro aree tematiche: contrasto all’antiziganismo e partecipazione; regolarizzazione documentale; accesso all’abitazione, inclusione sociale e promozione della salute; accesso all’istruzione e al lavoro.

L’Amministrazione Capitolina riconosce e si impegna a mantenere il contrasto all’antiziganismo e la promozione della partecipazione di rom e sinti come principi cardine trasversali a ogni area tematica.

Come premessa essenziale per la riuscita degli interventi previsti dal Piano, l’Amministrazione capitolina riconosce la necessità di un lavoro sistemico che preveda il dialogo tra i diversi attori coinvolti, valorizzando anche il contributo della società civile, delle imprese sociali e del Terzo Settore. In tutte le fasi di attuazione del Piano, dalla co-progettazione e realizzazione degli interventi fino al monitoraggio e valutazione degli esiti, l’amministrazione prevede inoltre il coinvolgimento attivo delle comunità rom e sinti, elemento imprescindibile per il superamento del “Sistema campi”.

I principi espressi nel Piano risultano in forte sintonia con le linee guida di superamento degli insediamenti monoetnici che Associazione 21 luglio ha sviluppato e disseminato in Italia nell’ultimo biennio, rappresentando, pertanto, un importante passo in avanti verso la fine della stagione dei “campi rom” romani.

È possibile leggere il Piano d’azione Cittadino cliccando qui.

Un nuovo incontro nell’ambito del progetto RemAgainstDisc

Lo scorso 30 giugno si è tenuto un nuovo incontro intermedio nell’ambito RemAgainstDisc (Reinforcing historical memory of the Porrajmos to combating discrimination).

Finanziato nell’ambito del Citizens, Equality, Rights and Values Programme dell’Unione Europea, nei prossimi 20 mesi vedrà la Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili, l’Università di Firenze, Sucar Drom e Associazione 21 Luglio impegnate per ricostruire la memoria della discriminazione e persecuzione che Rom e Sinti subirono durante il nazi-fascismo e, attraverso questo, costruire una società più inclusiva oggi.

L’incontro, moderato da Andrea Oleandri in rappresentanza dell’associazione che coordina il progetto, ha visto inizialmente una discussione sul lavoro svolto finora, sui risultati e sui feedback ricevuti. In particolare, è emerso come la ricerca e soprattutto il rinnovamento del museo virtuale siano stati molto apprezzati all’interno delle comunità per la qualità della narrazione e le modalità di realizzazione.

Sono stati poi discussi i work package ancora aperti e lo stato dei lavori.

In particolare, tutti i toolkit e i booklet sono stati realizzati e pubblicati in linea con il calendario del progetto e sono iniziate le attività di divulgazione. Si è tenuto il focus group con gli insegnanti e sono stati raccolti importanti feedback. Il lavoro di divulgazione riprenderà a settembre con diversi incontri in varie scuole. Prosegue il lavoro con i decisori politici. Un primo incontro si è tenuto alla fine di marzo e altri sono previsti nelle prossime settimane.

Per quanto riguarda gli incontri con gli assistenti sociali, anche questi partiranno nel mese di settembre in diverse città italiane. 

 

Sempre a settembre si terranno due incontri con i rappresentanti di case editrici scolastiche e universitarie, al fine di presentare una scheda di approfondimento sullo sterminio di rom e sinti, realizzata dal Prof. Luca Bravi dell’Università di Firenze, con la richiesta che la stessa sia pubblicata nei diversi testi. 

È stato promulgato il quadro strategico nazionale per l’uguaglianza, l’inclusione e la partecipazione dei rom in Italia

Associazione 21 luglio, insieme a  Consorzio Nova, Fondazione Romanì, Casa della Carità, Arci Solidarietà Onlus e Associazione Rom Sinti Prato hanno coordinato il lavoro di monitoraggio della Strategia nazionale di inclusione di Rom, Sinti e Caminanti.

Il testo è stato approvato dalla Comunità Europea a maggio di quest’anno.

È possibile leggere il rapporto cliccando qui

 

Superare la discriminazione di Rom e Sinti. I toolkit per insegnanti, assistenti sociali e decisori politici

Combattere gli stereotipi e i pregiudizi attraverso la conoscenza della storia, ma anche degli elementi culturali che caratterizzano rom e sinti. È questo il modo in cui è possibile superare le discriminazioni istituzionali verso queste persone.

Per questo Associazione 21 Luglio, Sucar Drom, Università di Firenze e Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili hanno lavorato e pubblicato tre toolkit rivolti a insegnanti, assistenti sociali e decisori politici.

La pubblicazione di questi materiali rientra nell’ambito del progetto RemAgainstDisc (Reinforcing historical memory of the Porrajmos to combating discrimination), finanziato dal Citizens, Equality, Rights and Values Programme dell’Unione Europea. Dopo aver proceduto ad una fase di ricerca relativa allo sterminio di rom e sinti e aver fatto confluire questi materiali nel rinnovato museo virtuale “Dall’antiziganismo al genocidio”, con questi toolkit si passa dalla memoria storica all’azione.

INSEGNANTI

Promuovere la comprensione di come il pregiudizio in atto nei confronti di Rom e sinti affondi le sue radici nel trattamento storico riservato loro dalle dittature nazista e fascista, ma anche nei primi anni della Repubblica, attraverso ad esempio l’istituzione delle classi speciali “Lacio Drom” serve ad aumentare la conoscenza di quel periodo per superare i pregiudizi odierni. Promuovere politiche scolastiche che affrontino le discriminazioni istituzionali consente così di favorire il successo scolastico degli studenti.

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ASSISTENTI SOCIALI

Fornire un’adeguata conoscenza di come i pregiudizi attuali derivino dal periodo delle dittature nazi-fasciste, in in particolare sull’inadeguatezza delle madri rom; fare in modo che questa ricostruzione storica, accompagnata da una maggiore conoscenza di alcuni elementi culturali, possa entrare nel merito della valutazione fatta da questi professionisti sul benessere dei bambini rom e sinti.

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DECISORI POLITICI

Sensibilizzare su come i mega-campi presenti in alcune città italiane rispondano ai principi di concentrazione e di esclusione praticati durante il nazifascismo. Offrire soluzioni per promuovere una diversa politica abitativa e garantire il diritto alla casa delle persone rom e sinti.

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