Presentato il Rapporto Annuale di Associazione 21 luglio sulla condizione dei rom in Italia

Roma, 9 aprile 2024 – Presentato questo pomeriggio presso la Sala degli Atti Parlamentari della Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini”, il Rapporto annuale di Associazione 21 luglio che fotografa la condizione delle comunità rom e sinte in Italia. L’evento è stato organizzato su iniziativa della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani del Senato e ha visto la partecipazione di rappresentanti istituzionali di diverse città italiane.

Baraccopoli di comunità rom in Italia

In Italia sono presenti diverse forme di alloggio che mirano ad accogliere nuclei familiari rom e sinti individuati su base etnica. Nella maggior parte dei casi, tali soluzioni non rispettano i criteri di adeguatezza stabiliti dagli standard internazionali per il diritto a una sistemazione idonea, mostrando spesso la reiterazione di un carattere segregante e discriminatorio.

Gli insediamenti formali consistono in aree create e, solitamente, gestite dalle istituzioni comunali con l’obiettivo di favorire l’accoglienza basata su criteri etnici. Tra questi è possibile registrare anche i cosiddetti insediamenti semiformali o “tollerati”, con i quali si intendono quelle aree situate su suolo pubblico, riconosciute in passato come formali, che a causa della progressiva assenza di servizi sono scivolate nella semi-formalità e di conseguenza inserite nella categoria degli insediamenti “tollerati”.

Gli insediamenti informali, che si trovano principalmente nelle periferie delle grandi città italiane, si contraddistinguono per l’utilizzo di tende o abitazioni auto-costruite, spesso immerse nella vegetazione o in zone remote e di difficile accesso.

In Italia sono circa 15.800 i rom e sinti che vivono nelle baraccopoli formali e informali, pari allo 0,03% della popolazione italiana. Circa 13.300 abitano nelle 119 baraccopoli istituzionali, presenti in 75 comuni e in 13 regioni. Nelle baraccopoli informali sono stimati circa 2.500 rom (per ulteriori info: www.ilpaesedeicampi.com).

L’aspettativa di vita di quanti presenti in insediamenti monoetnici all’aperto è di almeno 10 anni inferiore a quella della popolazione italiana. Il 55% dei residenti ha meno di 18 anni e sono circa 1.000 i cittadini rom a forte rischio apolidia in Italia.

Nelle baraccopoli informali e nei micro insediamenti la quasi totalità delle persone presenti risulta essere di origine rumena, mentre dei rom e sinti presenti nelle baraccopoli istituzionali si stima che circa il 62% abbia la cittadinanza italiana.

Il numero di rom e sinti presenti negli insediamenti formali e informali è in costante calo dal 2016, anno del primo rilevamento di Associazione 21 luglio, con un decremento totale ad oggi del 44%, ovvero 12.200 persone in meno.

L’Area Metropolitana di Napoli è quella nella quale è presente la più alta concentrazione di rom in emergenza abitativa e la città di Napoli registra le più grandi baraccopoli informali d’Italia. La città con il maggior numero di baraccopoli istituzionali è invece la città di Roma.

Le principali aree residenziali monoetniche sono registrate nella Regione Calabria, nello specifico nei comuni di Cosenza e Gioia Tauro.

In Italia esistono 3 centri di accoglienza riservati esclusivamente a persone rom. Sono i Centri di Raccolta Rom, presenti nei comuni di Brescia, Latina e Napoli e accolgono un totale di 330 persone riconosciute come rom.

Oltre agli insediamenti fin qui riportati, si registrano anche insediamenti privati, terreni di proprietà, spesso ad uso agricolo, nei quali numerose famiglie rom e sinte hanno scelto di stabilirsi nel corso degli anni.

Nelle grandi città metropolitane si possono riscontrare, in forma sempre più diffusa, situazioni in cui nuclei familiari rom di nazionalità rumena ed ex jugoslava, colpiti da sgomberi forzati, trovano rifugio occupando ex fabbriche, capannoni industriali abbandonati o alloggi destinati all’edilizia residenziale pubblica.

La Strategia Nazionale 2021-2030

La Strategia Nazionale di uguaglianza, di inclusione e di partecipazione di Rom e Sinti 2021-2030 è stata adottata con decreto direttoriale del 23.05.2022 e ha sollevato numerose critiche da parte sia della Commissione Europea che dalla società civile. La prima ha espresso critiche che riguardano anzitutto l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, che risulterebbe mancante dell’autorità necessaria per adempiere con un ruolo adeguato al coordinamento e al monitoraggio delle azioni previste nella Strategia Nazionale 2021-2030.

Anche il “Rapporto di monitoraggio della società civile sulla qualità del quadro strategico nazionale per l’uguaglianza, l’inclusione e la partecipazione dei rom in Italia” ha posto in evidenza, attraverso un’accurata analisi critica, gli specifici punti di debolezza della Strategia Nazionale 2021-2030, legati principalmente a una Strategia non vincolante che non prevede sanzioni a quelle Amministrazioni che violano apertamente i suoi princìpi.

La politica dei campi

In Italia fino al 2018 i propositi di superamento dei campi rom si sono tradotti quasi sempre nella loro costruzione e gestione in nome dell’emergenza sociale e di una presunta temporaneità. Dal 2019 sempre più Amministrazioni locali si sono adoperate per avviare e portare a compimento processi di superamento degli insediamenti monoetnici.

Nell’ultimo biennio (2022-2023) le Amministrazioni comunali di Asti, Lamezia Terme, Prato, Collegno e Roma si sono impegnate in azioni volte al superamento degli insediamenti presenti sui rispettivi territori.

Da segnalare, come esperienza virtuosa, quella del Comune di Collegno, che nell’estate 2023 ha definitivamente superato l’insediamento presente in Strada della Berlia abitato dal 1997 da una comunità rom proveniente dall’ex Jugoslavia. Tutti gli abitanti sono stati ricollocati in abitazioni convenzionali. Anche l’Amministrazione di Roma Capitale, nell’estate 2023, ha approvato il “Piano d’azione cittadino” per il superamento di 6 “villaggi attrezzati” della Capitale in cui sono attualmente presenti più di 2.000 persone.

Il commento di Associazione 21 luglio

Secondo Associazione 21 luglio si registra una marcata consapevolezza da parte di Amministrazioni comunali di diversi colori politici sulla necessità di superare definitivamente i dispositivi architettonici monoetnici denominati impropriamente “campi nomadi” realizzati a partire dagli anni ’80.

Dal 2021 Associazione 21 luglio lavora a sostegno delle Amministrazioni comunali interessate dalla presenza di comunità rom e sinte in condizione di segregazione ed emergenza abitativa proponendo il modello MA.REA. (MAppare e REAlizzare comunità), dal carattere fortemente innovativo e con un approccio partecipativo, già fatto proprio da alcune Amministrazioni.

«Il momento è storico – afferma Carlo Stasolla di Associazione 21 luglio – e particolarmente favorevole per le 75 Amministrazioni comunali che governano i territori su cui insistono i 119 insediamenti monoetnici, affinché possano, con coraggio e determinazione, avviare processi di superamento, per cancellare in forma definitiva quella “vergogna sociale” che fa sì che l’Italia dall’anno 2000 venga considerata nel panorama europeo come il “Paese dei campi”».

È possibile scaricare scaricare il Rapporto Annuale di Associazione 21 luglio ETS “Vie di uscita – La condizione delle comunità rom e sinte in Italia” cliccando QUI

TORBELLAMONACA – Ricerca-azione di una comunità al femminile nella periferia romana

TORBELLAMONACA – Ricerca-azione di una comunità al femminile nella periferia romana è il nuovo report di Associazione 21 luglio. Il report raccoglie la voce, l’opinione e le necessità di 290 donne rispetto alle difficoltà che concernono il vivere in un quartiere come questo, conosciuto come il “quartiere delle case popolari”, non a caso Tor Bella Monaca detiene il primato nazionale in termini di alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica con una percentuale di abitazioni di proprietà del patrimonio pubblico pari all’82%.

È possibile scaricare il report https://www.21luglio.org/2018/wp-content/uploads/2022/05/Ricerca-TBM-13-05.pdf.

Rapporto 2021 – L’esclusione nel tempo del Covid

Rapporto_2021_L’esclusione nel tempo del Covid

Presentato il Rapporto annuale di Associazione 21 luglio – In Italia meno famiglie rom in emergenza abitativa; aumentano dei processi di superamento da parte di Amministrazioni virtuose.

Roma, 12 ottobre – L’approccio etnico, in Italia più che in Europa, ha consentito – e poi consolidato – la costruzione di un sistema abitativo per soli rom parallelo a quello proprio della società maggioritaria. Denominata non a caso il ‘Paese dei campi’, l’Italia ha assistito negli ultimi 40 anni a una presenza progressiva di baraccopoli monoetniche sull’intero territorio nazionale anche se nell’ultimo biennio si sottolineano importanti elementi di discontinuità già evidenziati negli anni precedenti.

Il Rapporto di Associazione 21 luglio, giunto ormai alla sua sesta edizione, intitolato quest’anno ‘L’esclusione nel tempo del Covid’ offre uno spaccato della situazione in Italia e nella città di Roma in un arco temporale compreso tra il primo gennaio 2020 e il 30 giugno 2021 e fortemente segnato dalla pandemia da Covid-19. Il lavoro di Associazione 21 luglio mette in rilievo luci e ombre: il consolidarsi del fenomeno di fuoriuscita dagli insediamenti; l’avvio di processi virtuosi di superamento degli stessi da parte di sempre più Amministrazioni locali; l’organizzazione di sgomberi forzati anche dopo il Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 che prevedeva «una moratoria delle esecuzioni degli sgomberi a causa dell’emergenza pandemica».

Dati e numeri in Italia: un calo di presenze che in 5 anni raggiunge il 36%. In Italia solo 1 rom su 10 vive nei “campi”

In Italia sono 109 gli insediamenti formali – ovvero progettati, costruiti e gestiti dalle Amministrazioni locali – distribuiti in 63 comuni e 13 regioni. In totale sono circa 17.800 i rom e sinti che vivono nelle baraccopoli formali e informali, pari allo 0,03% della popolazione italiana. Di questi 11.300 sono presenti nelle baraccopoli formali e 6.500 nelle baraccopoli informali e microinsediamenti. Dei rom e sinti presenti nelle baraccopoli istituzionali si stima che circa il 49% abbia la cittadinanza italiana, il 41% sia in possesso della nazionalità dei Paesi dell’ex Jugoslava, il 10% la cittadinanza rumena, con meno di 1.000 cittadini a rischio apolidia. Il numero delle persone residenti negli insediamenti monoetnici italiani è sceso, tra il 2016 e il 2021 di ben 10.000 unità, con un decremento pari al 36,5% (del 37% negli insediamenti formali e del 35% negli insediamenti informali),

Le cause vanno ricercate nel desiderio delle nuove generazioni residenti nei “campi” di intraprendere un percorso di fuoriuscita autonomo; le azioni di sgombero forzato che hanno spinto molte famiglie alla dispersione sul territorio; il ritorno nel Paese di origine per i cittadini comunitari; il processo virtuoso di alcune Amministrazioni locali verso il superamento dei “campi rom”.

Alla luce di questi numeri, se fosse confermata la stima del Consiglio d’Europa di una presenza di persone rom in Italia pari a 180.000 unità, si potrebbe affermare che allo stato attuale, nel nostro Paese, meno di 1 cittadino rom su 10, può essere identificato come un abitante del “campo”. Una verità – secondo Associazione 21 luglio – destinata da sola a smontare un caleidoscopio di “leggende urbane” ancorate a stereotipi e pregiudizi.

La politica dei campi: la strada verso il loro superamento

Risale al 2018 l’ultima realizzazione, nel Comune di Afragola, di un insediamento per soli rom. Nello stesso anno si è andata rafforzando una politica locale del loro superamento attraverso processi inclusivi a partire dai Comuni di Moncalieri e Sesto Fiorentino. Su questa scia sempre più Amministrazioni hanno dimostrato consapevolezza sull’importanza di porre fine a tali spazi di segregazione etnica da Ferrara a Palermo, da Olbia a Siracusa.

Nel periodo compreso dal Rapporto, malgrado le difficoltà dettate dal periodo pandemico, risultano essere stati superati 4 insediamenti nei Comuni di Firenze, Cerea, Porto Torres e Roma. Sono invece ben 15 i “campi rom” le cui azioni di superamento dovrebbero concludersi nei prossimi 18 mesi.

Tali esperienze, con i loro successi e fallimenti, aprono nuove strade verso la chiusura definitiva della triste stagione dei “campi rom” e andrebbero supportate da una nuova “Strategia Nazionale per l’Inclusione dei rom” che dovrà risultare più incisiva e vincolante.

Diminuiscono, ma non si arrestano, le azioni di sgombero forzato

Malgrado il Decreto Legge n.18 del 17 marzo 2020 prevedesse «una moratoria delle esecuzioni degli sgomberi a causa dell’emergenza pandemica» non si sono arrestate in Italia le azioni di sgombero forzato nei confronti delle comunità rom presenti negli insediamenti informali. Tra il gennaio del 2020 e il giugno del 2021 sono state ben 70 (35 nel Nord Italia, 24 nel Centro e 11 nel Sud Italia) in calo del 52% rispetto al 2019. Si segnala il forte peso specifico riconosciuto alle azioni organizzate dal Comune di Roma, con ben 17 sgomberi effettuati, un quarto di quelli registrati su scala nazionale.

Nel periodo segnato dalla pandemia da Covid-19 sono state due le azioni di sgombero più violente: quella realizzate a Roma (insediamento del Foro Italico sgomberato l’11 agosto 2020) e a Torino (insediamento di Germagnano esterno sgomberato il 20 agosto 2020). Non è un caso che le due città siano le uniche nelle quali sia prevalente l’approccio etnico con un “Ufficio Speciale” dedicato alla “questione rom” in seno all’Amministrazione e un “Piano rom” espressamente rivolto alle comunità riconosciute come tali.

Associazione 21 luglio: ora occorre l’impulso del Governo centrale

Secondo Associazione 21 luglio nel periodo dell’emergenza da Covid-19 si è assistito a un’accelerazione del processo di riflessione sulla necessità di superare gli insediamenti monoetnici, riconosciuti ormai da tutti come troppo impegnativi economicamente e lesivi dei diritti fondamentali.

«Mai come in questo momento risulta fondamentale – sostiene Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio – dare impulso a processi virtuosi, chiudere “Uffici Speciali”, sostenere le famiglie che da questi ghetti vogliono uscire, facilitare l’accesso a servizi ordinari. La battaglia, anzitutto culturale, che da più di un decennio Associazione 21 luglio sta conducendo per la fine di questa “vergogna nazionale” denominata “sistema campi” – conclude Stasolla – sta andando nella giusta direzione e nei prossimi anni risulterà decisivo l’intervento del Governo centrale al fine di sostenere Amministrazioni locali, troppo spesso isolate nell’affrontare questa sfida che, se vinta, consentirà al Paese di chiudere finalmente una buia parentesi storica che parla il linguaggio dalla discriminazione e l’esclusione sociale».

 

Prima indagine nazionale sulla condizione giuridica dei rom originari dell’ex Jugoslavia

Associazione 21 luglio: «Si colma finalmente un gap conoscitivo. La conoscenza dei numeri indispensabile per politiche mirate».

 

Roma, 29 gennaio 2021 – Con la dissoluzione dell’ex Jugoslavia, iniziata con la morte di Tito nel 1980 e la guerra civile che ne è scaturita, migliaia di cittadini sono scappati dal loro Paese di origine per trovare riparo nelle periferie delle metropoli italiane. Si stima che negli anni Ottanta e Novanta siano stati almeno 40mila i cittadini di origine rom in fuga dal conflitto balcanico e stanziatisi inizialmente all’interno di tende o di roulotte prima che venissero costruiti i cosiddetti campi rom dove concentrare persone considerate erroneamente di cultura “nomade”.

Negli ultimi 30 anni la condizione giuridica di molti di loro non è mai stata sanata. La cancellazione anagrafica disposta dal Paese di provenienza e l’impossibilità ad ottenere un permesso di soggiorno italiano li ha fatti piombare in una sorta di limbo giuridico che si è tradotto per molti in una condizione di apolidia de facto senza alcun tipo di riconoscimento. Persone senza diritti perché inesistenti per lo Stato italiano e le amministrazioni locali.

Quanti sono oggi i cittadini rom a rischio apolidia presenti negli insediamenti italiani? Sino ad oggi svariati sono stati i numeri stimati. Nel 2008 fu l’ISPO (Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione) a stimare «almeno 20/25.000 giovani rom soprattutto dell’ex Jugoslavia che non hanno cittadinanza: non sono stati riconosciuti nei Paesi di origine, parlano solo italiano e romanès e sono senza documenti». Tre anni dopo la Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani del Senato ha indicato altre cifre relative alla condizione che «riguarda i minori, figli (e sempre più spesso nipoti) di rom provenienti da quella che fu la Jugoslavia: si può stimare che si tratti di circa 15.000 giovani». Tali numeri, non supportati da studi e ricerche, hanno fatto sì che negli anni si promuovessero disegni di legge, si creassero Tavoli di lavoro anche all’interno della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si impegnassero fondi per l’implementazione di progettualità su larga scala.

Associazione 21 luglio ha voluto indagare sull’entità del fenomeno e, con la ricerca ‘Fantasmi urbani’, ha condotto un’analisi meticolosa e puntuale sulla presenza, in Italia, dei cittadini di origine jugoslava a rischio apolidia. Uno studio i cui risultati marcano una forte differenza rispetto ai dati di riferimento assunti anche dal Governo italiano. L’indagine è partita da un ampio campione rappresentato dal 36,5% del totale di cittadini dell’ex Jugoslavia presenti nei “campi rom” italiani. Per raccogliere i dati sono state incontrate 2.666 persone e visitati 17 insediamenti in 8 Comuni italiani.

Alla luce dei risultati emersi, le persone originarie dell’ex Jugoslavia a rischio apolidia, perché prive di passaporto e di permesso di soggiorno, residenti nei “campi rom” italiani sono circa 860, un numero ben lontano dalla forbice sino ad ora stimata di 15.000/25.000 unità. Di essi poco meno di 500 dovrebbero essere rappresentati da minori.

Secondo Associazione 21 luglio un numero così esiguo, assai lontano dalle cifre passate non fondate su basi scientifiche, ridimensiona il fenomeno e soprattutto consente finalmente l’attivazione di politiche mirate a singoli contesti e specifiche situazioni locali.

Scarica il rapporto.

“Asyslum. Dalle ‘istituzioni totali’ di Goffman ai ‘campi rom’ della città di Roma

«Per definire l’oggetto del presente studio, cioè i “campi rom” voluti, finanziati e in parte realizzati da tutte le Giunte Capitoline tra il 1994 e il 2018, sono necessari un neologismo e una metafora.

La metafora è quella del “campo rom” come istituzione totale, il neologismo è AsySlum.

AsySlum è un neologismo formato da due parole, Asylums e Slum. Il primo termine richiama il titolo dell’omonimo lavoro di Goffman, a cui la presente ricerca si è ispirata. Slum – al pari di favela, baraccopoli, bidonville – è un termine che indica un insediamento urbano densamente popolato e collocato ai margini di una metropoli.

I “campi rom” allestiti a Roma dall’Amministrazione locale, quindi con i soldi pubblici, dall’inizio degli anni Novanta e la seconda decade degli anni Duemila, sono tecnicamente degli slum monoetnici, dove sono state concentrate, con
intento segregazionista (Asylum), le famiglie in emergenza abitativa assimilabili alla categoria dei rom».

Asyslum – La ricerca di Associazione 21 luglio

Periferie lontane – Rapporto annuale 2019

Periferie lontane – Rapporto annuale 2019

 

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Il lockdown: spazio di attesa o momento di opportunità?

Associazione 21 luglio ha cercato di superare l’impasse facendo ricorso al pensiero sistemico.

I passaggi che hanno scandito la strategia di Associazione 21 luglio adottata nel periodo del lockdown sono così riassumibili: focalizzare l’attenzione su specifici ambiti territoriali periferici, intervenire attraverso un lavoro di monitoraggio e ricerca, elaborare una strategia di contenimento degli effetti negativi generati dal lockdown, abbozzare spunti per la costruzione di una visione post emergenziale al fine di promuovere modelli strutturati.

Il lockdown: spazio di attesa o momento di opportunità?

Il report di Associazione 21 luglio “Dove restano le briciole”

A 30 mesi dalla presentazione del Piano rom della giunta Raggi, Associazione 21 luglio ha condotto una ricerca per valutarne l’impatto.

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Rapporto annuale 2018 “I margini del margine”

Associazione 21 luglio Onlus ha presentato nella mattina di lunedì il rapporto annuale dal titolo “I margini del margine”. L’evento si è svolto presso la Sala Atti Parlamentari Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini”. Una tavola rotonda che ha visto la partecipazione anche di rappresentanti istituzionali di Amministrazioni italiane che nel 2018 hanno intrapreso percorsi virtuosi […]

Il Piano di Carta – Rapporto sui primi 12 mesi del piano rom del Comune di Roma

Il 31 maggio 2018 ricorre il primo anno dalla presentazione del “Piano Rom” del Comune di Roma. A 12 mesi di distanza, cosa è stato fatto? Quali azioni sono state implementate e qual è stato l’impatto reale sulle famiglie che risiedono all’interno dei “campi”? “Il Piano di Carta” analizza lacune e fragilità attraverso un attento lavoro di analisi documentale ricerca sul campo.
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