La memoria di rom e sinti come costruzione di comunità includente

 

Lo scorso 28 settembre, presso l’Università di Firenze, è stata presentata la ricerca svolta nell’ambito del progetto Remember against discrimination con l’obiettivo di tracciare percorsi d’inclusione attraverso il recupero delle molteplici narrazioni storiche che costruiscono la memoria collettiva. Le vicende di rom e sinti in Italia, durante la Seconda guerra mondiale, sono una pagina di storia estremamente viva nelle loro comunità, ma hanno subito una “tenuta a distanza” da parte della società maggioritaria, equivalente all’emarginazione fisica vissuta da queste persone: si pensi ai campi nomadi, alle classi differenziali per “zingari” nella scuola italiana attive per legge fino al 1977 (ma poi conservate più a lungo), ai discorsi d’odio legati a pregiudizi che traggono linfa dalle medesime teorie razziste, nate in epoca nazifascista e mai decostruite.

La ricerca storica, effettuata in Italia grazie al progetto Remember against discrimination, è stata costruita attraverso la stretta e continua collaborazione di ricercatori appartenenti alla società maggioritaria con i ricercatori delle comunità sinte e rom, per aprire uno spazio pubblico di conoscenza e di narrazione. Non si è trattato soltanto di reperire fonti meno conosciute, ma di elaborare una nuova metodologia di lavoro che trasformasse l’esperienza scientifica, nel primo passo per la costruzione di uno spazio comune.

La memoria collettiva è un elemento sociale che poggia sulle narrazioni condivise, ma se ci sono pezzi di società esclusi dagli spazi in cui avviene l’elaborazione e la condivisione del racconto sul passato, quello che ne consegue è l’assenza dalla memoria “di tutti”, proprio delle vicende delle minoranze emarginate. La fase di scavo negli archivi e di visita ai luoghi di memoria sul territorio italiano ed europeo ha dimostrato, con la concretezza delle tracce recuperate, che sinti e rom sono stati parte costante della storia italiana. In particolare, questa comunità è stata vittime della persecuzione e della deportazione nazifascista, sia nel periodo 1940-1943 all’interno del Regno d’Italia, ma soprattutto tra il 1943 e il 1945 quando, la collaborazione tra fascismo e nazismo in Italia ha causato la deportazione verso i lager del Terzo Reich di militari italiani non collaborazionisti, di oppositori politici, di ebrei e anche di rom e sinti italiani.

All’incontro hanno partecipato Luca Bravi, Professore dell’Università di Firenze e coordinatore della ricerca. Con lui anche Giorgio Bazzecchi e Yuri Del Bar, dell’Associazione Sucar Drom e Martina Sciamplicotti e Dzemila Salkanovic, di Associazione 21 Luglio.

Qui la ricerca completa in italiano e in inglese.

Prima dell’incontro di presentazione della ricerca, durante la mattinata, si è tenuto anche il primo interim meeting previsto dal progetto, a cui hanno partecipato i responsabili delle organizzazioni partner. Durante lo stesso Luca Bravi, dell’Università di Firenze, aveva anticipato gli esiti della ricerca e anche le prospettive storiche e storiografiche che la stessa apre. Si era successivamente discusso del rinnovo del sito porrajmos.it che ospita il primo museo virtuale sul Porrajmos. In particolare è stata affrontata la divisione dei compiti tra i vari soggetti che lavoreranno a questa parte di progetto: Sucar Drom e Università di Firenze dovranno infatti adattare la ricerca al sito, così come dovranno revisionare i testi attualmente presenti; al contempo Cild si occuperà della parte di sviluppo grafico e tecnico.

E’ stata inoltre individuata la data dell’evento di presentazione del sito che si terrà il 24 gennaio 2023 a Roma, durante la Settimana della Memoria.

Precipitato dalla finestra di casa dopo la visita di agenti della Polizia di Stato. Verità per Hasib, il giovane disabile di origine rom

Roma, 12 settembre 2022.  Da circa tre anni la famiglia Omerovic/Sejdovic, di origine rom e di cui fanno parte i genitori e quattro figli, due minori e due disabili adulti, avendo portato a termine con successo un percorso di inclusione sociale, è fuoriuscita dall’insediamento di provenienza per fare ingresso in un’abitazione dell’edilizia residenziale pubblica in zona Primavalle, a Roma. La famiglia si è inserita positivamente nel tessuto sociale del quartiere.

Il 5 agosto 2022 i coniugi Omerovic/Sejdovic hanno depositato un esposto alla Procura della Repubblica nel quale vengono riportati i fatti che sarebbero accaduti nei giorni precedenti: a seguito di un post sui social successivamente cancellato, su Hasib Omerovic, 36 anni, sordomuto dalla nascita e incensurato, scaturiscono vaghe voci relative a sue presunte azioni volte a infastidire alcune giovani del quartiere.

Sempre secondo l’esposto, il 25 luglio scorso, quando nell’appartamento risultano presenti Hasib e la sorella, anche lei disabile, quattro persone in borghese e senza mandato, qualificatesi come agenti della Polizia di Stato, fanno il loro ingresso nell’appartamento. Vengono chiesti i documenti di Hasib, che prontamente li deposita sul tavolo. Secondo quanto appreso da una testimonianza raccolta, sarebbe nata un’improvvisa colluttazione. L’esposto riporta inoltre che, quando gli agenti escono dall’abitazione, il corpo di Hasib giace insanguinato sull’asfalto, dopo essere precipitato dalla finestra della sua camera da un’altezza di circa 8 metri, andando a impattare sul manto di cemento sottostante. All’interno dell’abitazione sarebbero stati in seguito rinvenuti il manico di una scopa spaccato in due e numerose macchie di sangue su vestiti e lenzuola. La porta della camera di Hasib sarebbe risultata sfondata.

Portato in ospedale a causa dei numerosi traumi, il giovane Hasib è da cinquanta giorni in gravissime condizioni.

A seguito dell’esposto l’ipotesi avanzata dal Pubblico Ministero è quella di tentato omicidio.

Lunedì 12 settembre, nel corso di una Conferenza Stampa organizzata presso la Sala stampa della Camera dei Deputati, alla presenza di Fatima Sejdovic, la madre della vittima, del deputato Riccardo Magi, di Carlo Stasolla, portavoce di Associazione 21 luglio e degli avvocati della famiglia Arturo Salerni e Susanna Zorzi, sono stati illustrati i dettagli del tragico evento.

«Voglio conoscere la verità di quanto accaduto in quei drammatici minuti dentro la mia abitazione», ha dichiarato Fatima Sejdovic, «Mio figlio ora è in coma, la vita della mia famiglia irrimediabilmente devastata. Ci siamo dovuti allontanare dalla nostra casa perché abbiamo paura e attendiamo dal Comune di Roma una nuova collocazione. Come madre non cesserò di fare di tutto per conoscere la verità su quanto accaduto a mio figlio e agire di conseguenza».

Secondo il deputato Riccardo Magi, che sul caso ha presentato un’interrogazione al Ministero dell’Interno: «Di fronte a questa tragedia e alla dinamica ancora non chiarita che la rende ancora più sconvolgente la famiglia di Hasib chiede e merita risposte chiare e in tempi brevi. La madre ha deciso di mostrare l’immagine scioccante del proprio figlio che giace sull’asfalto dopo essere precipitato, nella speranza che l’attenzione pubblica possa aiutarla ad ottenere verità. Le istituzioni democratiche tutte hanno il dovere e insieme il bisogno della stessa verità».

Carlo Stasolla, portavoce di Associazione 21 luglio, organizzazione che segue e supporta la famiglia anche sotto il profilo legale ha dichiarato: «Su questa vicenda, dai profili ancora poco chiari, importante sarà che il lavoro della Magistratura faccia il suo corso senza interferenze e pressioni e che le istituzioni democratiche garantiscano alla madre di Hasib il raggiungimento della verità alla quale ha diritto. Su questo, come Associazione 21 luglio, presteremo la massima attenzione».

I partecipanti alla Conferenza Stampa continueranno a sostenere la famiglia Omerovic/Sejdoviic nella ricerca della verità. Associazione 21 luglio sul proprio sito ha lanciato un appello con raccolta firme indirizzate al Capo della Polizia Lamberto Giannini, per chiedere, per quanto è nelle sue competenze, di aiutare per fare luce su quanto accaduto la mattina del 25 luglio nell’appartamento di Primavalle dove viveva Hasib.

 

 

Per informazioni:

Ufficio stampa Associazione 21 luglio: stampa@21luglio.org  cell +393469735316

TORBELLAMONACA – Ricerca-azione di una comunità al femminile nella periferia romana

TORBELLAMONACA – Ricerca-azione di una comunità al femminile nella periferia romana è il nuovo report di Associazione 21 luglio. Il report raccoglie la voce, l’opinione e le necessità di 290 donne rispetto alle difficoltà che concernono il vivere in un quartiere come questo, conosciuto come il “quartiere delle case popolari”, non a caso Tor Bella Monaca detiene il primato nazionale in termini di alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica con una percentuale di abitazioni di proprietà del patrimonio pubblico pari all’82%.

È possibile scaricare il report https://www.21luglio.org/2018/wp-content/uploads/2022/05/Ricerca-TBM-13-05.pdf.

Immagini per la stampa

 

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Per un'informazione senza pregiudizi

 

Gli studi sulla lingua hanno ipotizzato che le popolazioni romanì siano originarie dell’India. Le prime presenze dei gruppi rom in Italia sono documentate nel XV secolo. In Italia i principali gruppi presenti sono i sinti, i rom di antico insediamento (abruzzesi, napoletani, molisani, calabresi,…), i rom dell’ex Yugoslavia e i rom rumeni. La lingua parlata dalla popolazione romanì è il romanès.

L’appellativo “zingari” è il modo con cui i non-rom hanno definito i diversi gruppi della popolazione romanì ed è anche una parola che può contenere i diversi gruppi senza doverli necessariamente specificare tutti. Negli ultimi anni i rom hanno chiesto di non utilizzarla per l’accento negativo/dispregiativo che ha preso nel vocabolario quotidiano. Quindi si deve più correttamente parlare di rom e di sinti. I documenti ufficiali delle istituzioni europee utilizzano il termine “rom” includendo al suo interno i vari gruppi. E’ improprio anche utilizzare il termine “nomade” visto che in Italia il 90% dei rom e sinti sono stanziali.

Secondo una recente stima in Italia sono presenti circa 170 mila rom e sinti. Di essi solo 35 mila vivono negli insediamenti formali e informali. Più della metà di essi ha la cittadinanza italiana. Un gran numero di essi, provenendo dalla Romania e dalla Bulgaria, sono cittadini comunitari.

Linee guida per i giornalisti sul trattamento delle informazioni che riguardano la popolazione Romanì

 

Secondo la Carta di Roma (codice deontologico concernente anche la popolazione romanì), i giornalisti italiani sono tenuti a osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti la popolazione romanì nel territorio della Repubblica italiana e in particolare:

a)  Adottare termini giuridicamente appropriati (…) evitando l’uso di termini impropri.
b)  Evitare la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte (…)
c) Tutelare (i rom e i sinti) che scelgono di parlare con i giornalisti, adottando quelle accortezze in merito all’identità e all’immagine che non consentano l’identificazione della persona, onde evitare di esporla a ritorsioni contro la stessa (…)
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