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«Mi dicono “Tornatene al Paese tuo”. Ma io sono nata qui»

Brenda ha 22 anni. È nata a Roma da genitori montenegrini. È cresciuta nella Capitale e da lì non si è mai spostata. Ma non ha la cittadinanza italiana e per molto tempo non ha avuto nessun documento tra le mani.
Brenda non è la sola in questa situazione. Sono molto comuni, in Italia, i casi di persone rom senza documenti, che vivono da apolidi di fatto, in una condizione di limbo giuridico. La loro è una vita da invisibili: senza documenti non si può lavorare regolarmente, non si ha diritto all’assistenza sanitaria, non ci si può sposare, non si può votare, non si può viaggiare. Le stime parlano di 15 mila minori apolidi di fatto o a rischio apolidia nel nostro Paese.
Solo un anno fa Brenda ha ottenuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari, un permesso che solitamente si concede a persone fuggite dal loro Paese in cerca di protezione internazionale.
«Mi sento italiana al 100%, parlo l’italiano e ho sempre vissuto qui. Eppure non vengo considerata una cittadina dallo Stato e per evitare il rischio di essere espulsa ho dovuto chiedere il permesso per motivi umanitari, come avviene per coloro che scappano dalle guerre», racconta Brenda.
Con il nuovo permesso, Brenda potrà lavorare regolarmente e ha potuto chiedere per la prima volta anche il titolo di viaggio. Tuttavia, questo tipo di permesso è temporaneo e di solito può essere rinnovato non più di due, tre volte. Il permesso umanitario, inoltre, non le permette di richiedere la cittadinanza. Potrà farlo soltanto dopo tre anni di residenza legale in Italia e con dei requisiti di reddito minimo di oltre 8 mila euro.
Quella dell’invisibilità giuridica è una condizione che i giovani rom ereditano dai propri genitori. La madre e il padre di Brenda, per esempio, sono apolidi di fatto. Oltre a non avere la cittadinanza italiana, infatti, non hanno neanche quella del Montenegro perché non risultano iscritti ai registri anagrafici della città montenegrina nella quale sono nati. È come se non esistessero. Né per l’Italia, né per il Montenegro.
Per evitare il rischio dell’invisibilità, è opportuno che i genitori dei minori provvedano a regolarizzare la loro posizione e quella dei propri figli. Se ciò non dovesse essere possibile, invece, è fondamentale che i giovani rom, non appena compiuto il diciottesimo anno di età, richiedano il permesso di soggiorno e il titolo di viaggio. Successivamente, per diventare cittadini italiani dovrebbero richiedere la cittadinanza prima del compimento dei 19 anni.
Molto spesso, purtroppo, sono gli stessi genitori a non essere a conoscenza dei diritti dei loro figli e a non avere informazioni corrette su questi temi. Non sono rari, ad esempio, i casi di genitori che non iscrivono i propri bambini ai registri di nascita e cittadinanza nei Paesi d’origine credendo, erroneamente, che in questo modo potranno vedersi facilmente riconosciuto lo status di apolide.
Anche Brenda, pur essendo nata e cresciuta a Roma, si è trovata in questa condizione.
«Così è come se non fossi un’italiana vera. Come se non fossi cittadina di nessun Paese. Anche se i miei genitori vengono dal Montenegro, io là non ci ho mai messo piede in vita mia. Non conosco neanche la lingua e se mi capita di ascoltare una canzone montenegrina, devo chiedere agli altri il significato delle parole», spiega Brenda.
«Una volta in un parco un signore mi ha detto: ‘Se io fossi il Presidente della Repubblica manderei subito tutti i rom al loro Paese’. Gli ho detto: ‘Io sono nata e cresciuta in Italia, dove dovrei andare?’ Lui si è messo a ridere e poi abbiamo iniziato a chiacchierare amichevolmente», racconta con un sorriso amaro, che però basta a illuminarle il volto.

A Firenze un corso per assistere i rom apolidi e privi di documenti

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Un momento del corso per attivisti rom e sinti dell’Associazione 21 luglio


[tfg_social_share]Oggi e domani, trenta rom e non rom provenienti da tutta Italia si ritroveranno a Firenze per partecipare a un corso di formazione per operatori paralegali specializzati nell’aiutare le persone rom prive di documenti e apolidi a ottenere uno status legale in Italia.
Il corso è organizzato da ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), Associazione 21 luglio e Fondazione Romanì, e rientra tra le attività del progetto “Out of Limbo”, finanziato da Open Society Foundations, che mira a cambiare le normative, le politiche e le prassi che causano la mancanza di uno status legale degli immigrati privi di documenti e apolidi di origine rom in Italia.

La problematica della mancanza di documenti e dell’apolidia

Una percentuale significativa dei rom originari dei Balcani e nati o abitualmente residenti nel nostro Paese è costituita da persone apolidi senza alcuno status legale o persone prive di documenti a rischio di apolidia.
Queste persone sono bloccate in un limbo di invisibilità giuridica e mancanza di diritti, generazione dopo generazione. Esse hanno un limitato o nessun accesso ai servizi sociali, all’assistenza sanitaria, all’istruzione, al lavoro e all’alloggio, nonché ai diritti politici. Rischiano inoltre di ricevere provvedimenti di espulsione e di essere detenute in un centro di detenzione (CIE).
Si stima che circa 15.000 bambini rom siano apolidi o a rischio di apolidia e che il numero sia destinato ad aumentare, perché nella maggior parte dei casi questo status passerà ai loro figli.
Tra le cause di questa situazione troviamo:
–    normative, politiche e prassi restrittive in materia di cittadinanza, apolidia e immigrazione, sia dell’Italia che degli Stati derivanti dalla disgregazione della Jugoslavia;
–    la mancanza di conoscenza da parte della popolazione rom, delle ONG e delle autorità competenti sulle questioni concernenti l’identificazione e la tutela delle persone apolidi nonché l’accesso ad uno status legale e alla cittadinanza.

Il corso

L’obiettivo del corso è quello di rafforzare le competenze legali e la capacità di advocacy degli operatori (sia rom che non) che lavorano con le comunità rom, così come le loro relazioni con avvocati esperti, in modo che possano svolgere il ruolo di “paralegali di comunità” e promuovere l’accesso allo status legale delle persone rom senza documenti e apolidi, assistendole nei casi individuali, sostenendo le autorità locali e promovendo attività di educazione della comunità.
I partecipanti, tra cui figurano anche 14 attivisti rom e sinti che partecipano a due corsi organizzati da Associazione 21 luglio e Federazione Romanì, saranno invitati a individuare tre casi di migranti di origine rom privi di documenti o apolidi che si impegnano di assistere nel loro accesso a uno status legale.
I casi individuati di particolare rilevanza saranno infine selezionati per dar luogo ad azioni legali strategiche portate avanti dagli operatori legali di ASGI e Associazione 21 luglio.
SCARICA IL PROGRAMMA DEL CORSO

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