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L'ECRI bacchetta l'Italia: stop a segregazione dei rom e sgomberi forzati

Il nuovo rapporto ECRI (European Commission against Racism and Intolerance) dedicato all’Italia esprime preoccupazione per la condizione di forte emarginazione e discriminazione dei rom residenti in Italia, soprattutto in materia di diritto all’alloggio. Il rapporto sottolinea le condizioni di segregazione ed estrema precarietà degli insediamenti istituzionali, sia per le condizioni igienico-sanitarie sia per le difficoltà nell’accesso ai servizi. Le criticità delle soluzioni abitative riservate ai rom dalle autorità italiane sono state riscontrate dell’ECRI anche durante un sopralluogo realizzato a Roma nel settembre 2015 presso l’insediamento formale di Castel Romano e il centro di accoglienza per soli rom “Best House Rom”, in una visita finalizzata alla raccolta di informazioni sul campo che è stata facilitata da una delegazione di Associazione 21 luglio.
Proseguendo l’analisi sulla condizione abitativa di rom e sinti in Italia, l’ECRI accoglie con soddisfazione la sentenza del Tribunale Civile di Roma del 30 maggio 2015 – esito di un’istanza congiunta di Associazione 21 luglio e ASGI relativa all’insediamento formale de La Barbuta – riaffermando come essa abbia riconosciuto che gli insediamenti di comunità rom «sono una forma di segregazione e discriminazione fondati sulle origini etniche, in violazione del diritto italiano ed europeo». Tuttavia, per quanto apprezzabile, la Commissione sottolinea come alla sentenza non sia seguita per il momento «alcuna risposta idonea corredata da soluzioni alternative».
Per questo individua la necessità di procedere ad una concreta applicazione della Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom, completando l’istituzione dei tavoli regionali – ad oggi sono solo 11 su 20 – e potenziando il ruolo strategico dell’UNAR, in modo da fornire le risorse necessarie per poter coordinare, monitorare e valutare la Strategia.
L’ECRI esprime le sue raccomandazioni anche in materia di sgomberi forzati perpetrati dalle autorità italiane ai danni di uomini, donne e bambini rom che vivono negli insediamenti non autorizzati. Citando anche i dati raccolti da Associazione 21 luglio, ribadisce l’aumento esponenziale di operazioni registrato a Roma tra marzo e ottobre 2015 e sottolinea come «questi sgomberi forzati non comportano un miglioramento delle condizioni abitative o igienico-sanitarie ma, anzi, hanno l’effetto involontario di riprodurre altrove la stessa situazione precaria e insalubre che ha portato allo sgombero dal luogo precedente». Aggiunge, inoltre, come tali operazioni avvengano senza rispettare le procedure sancite dal diritto internazionale, quali una notifica scritta e la garanzia di un alloggio alternativo.
Nel bilancio complessivo del rapporto la condizione abitativa rappresenta il presupposto fondamentale da cui ripartire per garantire ai rom residenti in Italia il godimento dei diritti umani fondamentali quali salute, istruzione e lavoro.
Alla luce delle raccomandazioni espresse dall’ECRI, Associazione 21 luglio ribadisce l’urgenza con cui tali questioni dovranno essere affrontate nelle diverse città, ponendo un accento particolare sul lavoro che spetta ai nuovi amministratori locali che risulteranno vincenti alle elezioni di giugno.
Associazione 21 luglio auspica che tra le priorità del nuovo sindaco che sarà chiamato a governare Roma ci sia l’applicazione dell’ordinanza relativa all’insediamento de La Barbuta con la quale il Tribunale Civile ha condannato il Comune di Roma per il carattere discriminatorio e di cui ha ordinato la rimozione degli effetti.
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Rom sgomberati, sit in di solidarietà in Assessorato

 
Giovedì 16 luglio, a partire dalle ore 12 davanti all’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Roma, in viale Manzoni 16, Associazione 21 luglio e Popica Onlus invitano associazioni e singoli individui a un sit in di solidarietà nei confronti dei 21 rom sgomberati ieri dall’insediamento informale di Val d’Ala e dalle altre famiglie rom a rischio sgombero forzato dai centri di via San Cipirello, via Torre Morena e via Toraldo.
Il sit in, al quale parteciperanno le famiglie rom vittime di tali azioni, si terrà contemporaneamente a un incontro – il terzo in tre giorni – tra le delegazioni di Associazione 21 luglio e Popica Onlus, i portavoce delle comunità rom coinvolte e l’Assessorato alle Politiche Sociali, per chiedere all’Amministrazione una soluzione alternativa adeguata – che l’Amministrazione tarda ad individuare – per le famiglie rimaste all’addiaccio dopo lo sgombero forzato a Val d’Ala, come del resto sancito dal Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite.
Chi vuole, può dimostrare la propria solidarietà alle famiglie sgomberate – tra cui tre bambini, due donne incinte, anziani e malati – portando beni di prima necessità.
Dall’inizio dell’anno, a Roma, sono stati realizzati 59 sgomberi forzati, contro i 34 dell’intero 2014. Queste azioni, così come vengono realizzate, violano gli standard internazionali in materia di sgomberi, sono dunque illegittimi e violano i diritti umani di uomini donne e bambini.

Sgomberati due volte in un anno

Roma, 14 luglio 2015 – Senza alcun preavviso, facendo saltare le positive consultazioni avviate nelle scorse settimane, questa mattina il Comune di Roma ha proceduto allo sgombero forzato dell’insediamento informale rom di Val d’Ala, nella periferia nord-est della Capitale. La comunità rom, 21 persone di nazionalità rumena tra cui tre bambini e due donne incinte, si trova ora, in segno di protesta, sotto l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune, accompagnata da una delegazione dell’Associazione 21 luglio.
È la seconda volta in un anno che gli stessi rom di Val d’Ala vengono sgomberati dallo stesso insediamento. Lo sgombero forzato del 9 luglio 2014 costò alle casse comunali circa 170 mila euro, considerando le operazioni di sgombero in quanto tali, l’accoglienza temporanea nella ex Fiera di Roma e il rimpatrio assistito delle famiglie. Solo alcuni mesi dopo, lo scorso febbraio, le stesse persone sono ritornate a Roma, reinsediandosi nella medesima area dalla quale erano stati sgomberati.
Il caso Val d’Ala, come ha più volte denunciato l’Associazione 21 luglio, assomiglia a un vero e proprio gioco dell’oca ed è emblematico di quanto sia miope, costosa ed inefficace la politica degli sgomberi forzati nella Capitale.
Lo sgombero odierno – il 59esimo realizzato nel 2015 dall’Amministrazione capitolina, a fronte dei 34 nell’intero anno precedente – è avvenuto alle prime luci dell’alba alla presenza degli uomini dei Carabinieri, della Polizia Municipale e della Guardia Forestale. L’azione è stata ordinata dal Gabinetto del Sindaco, previa comunicazione all’Assessorato alle Politiche Sociali. Presente sul posto anche il Presidente del Municipio III Paolo Marchionne.
L’azione si configura ancora una volta in violazione degli standard previsti dal diritto internazionale in materia di sgomberi. Nessuna notifica dello sgombero, né verbale né scritta, è stata consegnata alla comunità e nessuna soluzione alternativa abitativa adeguata è stata offerta alle famiglie rimaste da oggi all’addiaccio.
Soltanto pochi mesi fa, a febbraio 2015, la Commissione Europea contro l’Intolleranza e il Razzismo (ECRI) aveva richiamato l’Itala a causa dei continui sgomberi forzati che non rispettano le procedure internazionali perpetrati nel nostro Paese.
Nei mesi scorsi, in seguito alle notizie sull’imminenza dello sgombero a Val d’Ala, era stato avviato con a segreteria dell’Assessorato alle Politiche Sociali un positivo tavolo di consultazioni che avrebbe dovuto portare all’individuazione di soluzioni alternative percorribili ed efficaci, con il coinvolgimento delle singole famiglie. Il tavolo e il dialogo intrapreso avevano di fatto scongiurato lo sgombero forzato. Il caso Val d’Ala sarebbe diventato così il modello, per l’Amministrazione, per dare una sterzata rispetto alla politica degli sgomberi forzati e affrontare la questione degli insediamenti informali nella Capitale ascoltando le richieste sia degli abitanti del quartiere che delle comunità rom direttamente coinvolte.
Proprio oggi ci sarebbe dovuto essere un nuovo incontro tra una delegazione dell’Associazione 21 luglio, i rom di Val d’Ala e la segreteria dell’Assessore Francesca Danese per proseguire il positivo dialogo sulla questione. Lo sgombero forzato odierno, invece, manda in frantumi quella che poteva essere una preziosa occasione per offrire un segnale di rottura, nella Capitale, rispetto alle politiche fallimentari degli ultimi decenni.
«Siamo estremamente preoccupati dell’incapacità di questa Amministrazione di comprendere e gestire la questione degli insediamenti informali nella Capitale. Una incapacità che purtroppo degenera nella reiterazione di sgomberi forzati e nella sistematica violazione dei diritti umani di uomini, donne e bambini», afferma l’Associazione 21 luglio.
 

Torino, in corso il maxi sgombero forzato di 200 rom

Da questa mattina è in corso lo sgombero forzato di 51 famiglie rom dal Settore 1 dell’insediamento informale Lungo Stura Lazio a Torino. Per l’Associazione 21 luglio – da alcuni giorni presente sul posto con un osservatore – lo sgombero forzato si configura come un’azione illegale secondo il diritto internazionale e non rispettosa degli standard e delle garanzie procedurali previste dal Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite.
L’azione, inoltre, si pone in aperto contrasto con quanto affermato proprio nei giorni scorsi dalla Commissione Europea contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa (ECRI), che aveva sottolineato come l’Italia stia continuando a realizzare sgomberi senza offrire le necessarie garanzie alle persone interessate.
Le operazioni di sgombero sono iniziate alle ore 7 di stamane e sono condotte da polizia locale e polizia di Stato con l’ausilio della Croce Rossa. Sul posto sono presenti due ruspe meccaniche che dalle ore 9 hanno dato inizio all’abbattimento delle abitazioni. Le operazioni coinvolgeranno nelle prossime ore 199 persone di cittadinanza rumena, pari a 51 nuclei familiari. Tra di loro 5 donne in stato di gravidanza e 62 minori, di cui 16 frequentanti la scuola dell’obbligo e uno la scuola dell’infanzia.
L’insediamento informale Lungo Stura Lazio è presente da diversi anni e al suo interno si sta organizzando il progetto del Comune di Torino denominato “La Città possibile”. L’obiettivo del progetto è realizzare percorsi efficaci di integrazione e di cittadinanza per circa un migliaio di persone rom selezionate, di comune accordo con i servizi della Città di Torino e con la Questura di Torino. Tale progetto include solo i soggetti beneficiari mentre per le famiglie classificate dalle autorità come “non beneficiarie” non è previsto alcun tipo di intervento volto all’inclusione.
Nelle settimane passate, alcuni rappresentanti della Polizia Municipale avevano comunicato verbalmente, in assenza di notifica scritta, l’imminente sgombero alle famiglie residenti non beneficiarie del progetto. Lo sgombero di oggi, oltre a comportare la distruzione delle abitazioni e l’allontanamento delle persone che le abitavano, avrà come conseguenza anche la probabile interruzione scolastica per i minori frequentanti la scuola dell’obbligo.
Lo sgombero, così così come pianificato e realizzato, si pone in violazione delle garanzie procedurali che devono essere rispettate nel condurre gli sgomberi, indicate dal Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite. Il suddetto Comitato stabilisce, tra i vari criteri, la necessità che lo sgombero sia accompagnato da una genuina consultazione con gli interessati e dalla valutazione di possibili alternative allo sgombero e che sia offerta agli interessati la possibilità di fare ricorso legale; che lo sgombero non abbia l’esito di rendere senza tetto le persone coinvolte, né di renderle vulnerabili a ulteriori violazioni di altri diritti umani; che qualora le persone coinvolte non siano in grado di provvedere a se stesse, a queste vengano offerte alternative abitative adeguate.
Il 23 febbraio 2015 l’Associazione 21 luglio – in una lettera inviata alle autorità torinesi – aveva scritto che «in assenza delle suddette garanzie l’operazione di sgombero forzato delle famiglie rom residenti nel Settore 1 dell’insediamento di Lungo Stura Lazio, oltre a comportare di per sé una grave violazione dei diritti umani, avrebbe l’esito non di risolvere l’attuale oggettiva inadeguatezza dell’alloggio, ma di reiterarla altrove esacerbando ulteriormente la condizione di vita e rendendo ulteriormente vulnerabili le famiglie coinvolte».
Nella missiva veniva chiesto un intervento urgente «volto a ricondurre tale operazione di sgombero entro un ambito di legalità, attraverso l’apertura di un dialogo con le famiglie rom coinvolte e attraverso l’identificazione preventiva all’operazione di sgombero dell’offerta di soluzioni abitative alternative adeguate rivolta a coloro che non siano in grado di provvedere a loro stessi».
Malgrado l’appello, nella giornata odierna le autorità locali hanno optato per lo sgombero forzato che, secondo l’Associazione 21 luglio oltre a rappresentare una grave violazione dei diritti umani, costituisce un innegabile passo indietro rispetto ai contenuti espressi all’interno della Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti adottata dal governo italiano in attuazione della Comunicazione della Commissione europea n.173/2011.
 

Per l'Europa Italia ancora lontana dal realizzare l'inclusione dei rom

Roma, 25 febbraio 2015 – L’Italia è ancora in ritardo sull’attuazione della Strategia nazionale d’inclusione dei rom e dei sinti e continua a realizzare sgomberi forzati che non rispettano le procedure previste dal diritto internazionale. Lo afferma l’ECRI, la Commissione Europea contro il razzismo e l’intolleranza del Consiglio d’Europa nelle sue conclusioni sull’implementazione delle raccomandazioni al nostro Paese.
Nel suo rapporto sull’Italia pubblicato il 21 febbraio 2012, l’ECRI aveva raccomandato alle autorità italiane di rafforzare il ruolo dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni (Unar) e di assicurare a tutti i rom che rischiassero di essere sgomberati dalle proprie abitazioni la piena protezione prevista dal diritto internazionale in materia di sgomberi.
«Lo sgombero deve essere notificato alle persone interessate, le quali devono beneficiare dell’appropriata protezione legale; inoltre esse non devono essere sgomberate senza avere la possibilità di accedere a un’alternativa abitativa adeguata, anche se potrebbero restare nel Paese solo per periodi di tempo limitati», scriveva l’ECRI nel suo rapporto.
A tre anni di distanza, l’ECRI, nelle sue conclusioni sull’implementazione di tali raccomandazioni, sottolinea che gli sviluppi legislativi e politici che si sono registrati in Italia mostrano l’inizio di un cammino positivo, tuttavia, allo stato attuale, il processo di cambiamento del modo in cui le autorità italiane affrontano la questione rom è ancora lento, in particolar modo in relazione agli sgomberi.
Per quanto riguarda l’Unar, l’ECRI specifica che nessuna legislazione è stata attuata per estendere formalmente la competenza dell’Unar ai casi di discriminazione in base al colore, lingua, religione e cittadinanza. Nonostante il numero di Ong e associazioni autorizzate a rappresentare le vittime di discriminazione e di portare in tribunale i casi di discriminazione collettiva sia aumentato, l’Unar non è ancora autorizzato in prima persona ad occuparsi di procedimenti legali nei casi di discriminazione, limitandosi a interventi di “amicus curiae”, conclude l’ECRI.
Sull’attuazione della Strategia nazionale d’inclusione dei rom, l’Italia è ancora in ritardo – scrive l’ECRI – mentre, sul fronte sgomberi, la Commissione afferma che «gli sgomberi di rom e sinti sono continuati nel 2012 e nel 2013 e, più recentemente, nel luglio 2014», come dimostra il caso di uno sgombero forzato avvenuto a Roma il 9 luglio scorso e denunciato congiuntamente da Associazione 21 luglio e Amnesty International.
«Sgomberi – dice l’ECRI – spesso realizzati senza le necessarie tutele procedurali e senza la previsione di alternative abitative».
L’Associazione 21 luglio, che ha contribuito al monitoraggio dell’ECRI, condivide l’analisi dell’organo della Commissione del Consiglio d’Europa e ribadisce il forte ritardo dell’Italia nel dar seguito agli impegni presi in sede europea nel 2012 con l’adozione della Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom.
L’Associazione 21 luglio esprime inoltre profonda preoccupazione per la pratica degli sgomberi forzati che continuano a registrarsi nel nostro Paese anche nel 2015. Solo nella città di Milano, per esempio, nel 2014 sono stati perpetrati più di 200 sgomberi forzati.
«A Torino – afferma l’Associazione 21 luglio – proprio in queste ore 51 famiglie rom presenti nell’insediamento informale Lungo Stura Lazio sono sotto minaccia di sgombero forzato da parte delle autorità locali. Vista l’assenza di adeguate consultazioni, di notifica scritta e in assenza di possibilità di vie di ricorso, tale sgombero si configurerebbe ancora una volta non conforme alle procedure previste dal diritto internazionale».
 

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