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Ai giovani della Primavera Romanì il premio Cild per le Libertà Civili

I trenta giovani giovani rom, sinti e non rom autori del Manifesto Primavera Romanì sono stati premiati con il Premio Cild per le Libertà Civili nella categoria “Voce collettiva“.
Il premio, promosso dalla Coalizione italiana per le Libertà e i Diritti Civili, è stato consegnato ieri in una cerimonia ufficiale svoltasi al Palazzo delle Esposizioni, a Roma.
I forti contenuti del testo, frutto di un intenso lavoro, rappresentano una forte motivazione per premiare ragazzi che sognano un’Italia diversa“, si legge nelle motivazioni espresse dalla giuria che ha assegnato i premi.
L’obiettivo del premio CILD è quello di riconoscere e incoraggiare gli sforzi di quelli che, durante l’anno, hanno preso posizione nella promozione e nella protezione delle libertà civili, offrendo il loro contributo nella diffusione della cultura dei diritti umani nel nostro Paese.
I giovani rom, sinti e non rom, italiani e stranieri, provenienti da varie parti d’Italia, hanno redatto il loro Manifesto politico per un’Italia unita e libera, senza odio e discriminazioni, al termine della Convention Primavera Romanì, una tre giorni di lavori promossa dall’Associazione 21 luglio dal 19 al 21 settembre scorsi. In quell’occasione, i giovani hanno presentato il documento in un evento pubblico al Senato e lo hanno consegnato alla senatrice Manuela Serra, della Commissione Diritti Umani del Senato.
«Sono stati tre giorni di lavoro molto intensi, a cui hanno partecipato rappresentanti delle comunità rom, sinte e anche non rom. Alcuni di origine straniera ed altri italiani – ha affermato Serena Raggi, di Bologna, una delle autrici del Manifesto – . Abbiamo avuto, e ci tengo a sottolinearlo, il sostegno del capo dello Stato, che ci ha mandato una lettera augurandoci di fare un buon lavoro e grazie a questo abbiamo iniziato la Convention con uno spirito molto propositivo. Adesso la cosa più difficile è quella di diffondere questo Manifesto e far sapere alla gente che abbiamo lavorato per contribuire a combattere tutti quegli stereotipi negativi che circondano l’universo rom. Si sa come vengono trattati questi temi dal mondo dell’informazione: si preferisce insistere sugli aspetti negativi, piuttosto che su quelli in grado di dare un contributo positivo alla società».

 

 
 

Giovani rom, sinti e non rom: il loro Manifesto per un'Italia nuova

«Siamo giovani rom, sinti e non rom, italiani e stranieri. Molti di noi vengono da una storia di disagio, soprusi ed esclusione, ma non ci siamo fermati e non ci fermeremo. Sogniamo per l’Italia un risveglio di umanità».
Oggi in Senato 25 giovani rom, sinti e non rom provenienti da tutta Italia hanno presentato un Manifesto in cui descrivono l’Italia nella quale vorrebbero vivere e attraverso cui chiedono alle istituzioni un deciso cambio di direzione relativamente alle questioni del disagio abitativo, a partire dal superamento dei “campi rom e dei ghetti, dell’istruzione, del lavoro e delle opportunità per i giovani. Questioni che non riguardano solo le comunità rom e sinte, ma tutte le categorie di persone che oggi nel nostro Paese sono svantaggiate e oggetto di discriminazione.
Il Manifesto è frutto di una tre giorni di studio e riflessioni, alla quale i giovani hanno partecipato dal 19 al 21 settembre a Roma: la Convention Primavera Romanì, una iniziativa promossa dall’Associazione 21 luglio nell’ambito del suo programma di promozione della cittadinanza attiva all’interno delle comunità rom e sinte in Italia.
«Quello che accade oggi è un evento epocale per il nostro Paese e una opportunità preziosa che si pone davanti alle istituzioni nazionali e locali. Per la prima volta, giovani rom, sinti e non rom decidono di unire le forze e di scrivere insieme una nuova pagina per l’Italia – afferma l’Associazione 21 luglio -. Chiedono che in Italia non vi sia più spazio per l’odio, l’intolleranza e la ghettizzazione verso i più deboli e avanzano proposte concrete per affrontare questioni decisive per un futuro diverso per la nostra società».
«L’aspetto più importante – sottolinea ancora l’Associazione 21 luglio – è che questi giovani non rivendicano diritti per i soli rom e sinti, ma per tutti. La loro voce rappresenta un esempio di unione e solidarietà che troppo spesso la politica nostrana tende ad accantonare alimentando divisioni e tensioni sociali».
La Convention Primavera Romanì ha preso avvio con il messaggio di auguri del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «La presenza attiva di giovani rom e sinti rappresenta un elemento fondamentale nel cammino paziente verso forme sempre più efficaci di integrazione e inclusione – sono le parole del Capo dello Stato -. La consapevolezza piena dei propri diritti, unitamente alla conoscenza dei propri doveri nei confronti della società e dello Stato, è un passo indispensabile per far cadere diffidenze e pregiudizi reciproci e assicurare un futuro di dialogo e di convivenza».
Nel corso della conferenza stampa, i giovani hanno presentato il loro Manifesto alla Commissione Diritti Umani del Senato, rappresentata dalla senatrice Manuela Serra. È intervenuta anche la senatrice rom spagnola Silvia Heredia Martin, che ha raccontato la situazione dei rom in Spagna, dove vive quasi un milione di rom, contro i circa 180 mila presenti nel nostro Paese.
«Non accettiamo più che i nostri figli vivano in un paese di ghetti, separazioni, disuguaglianze, povertà, odio e razzismo, né oggi, né domani – sono le parole pronunciate dai giovani rom, sinti e non rom -.Vogliamo essere un esempio di società unita e libera, come l’Italia dovrebbe essere. Vogliamo essere attori di un cambiamento di cui tutti possano giovare. Vogliamo che l’Italia sia un paese orgoglioso dei suoi valori, aperto verso i deboli, che consenta a ciascuno di essere apprezzato, amato e riconosciuto per le proprie passioni e qualità. Un’Italia che abbracci le differenze e si consideri fortunata per la ricchezza di tutte le culture che la compongono».
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I giovani rom e sinti e l'Italia di domani

Sono venti giovani attivisti rom e sinti provenienti da varie città italiane, da nord a sud. Alle spalle hanno ognuno una storia diversa, alcuni risiedono nei “campi”, altri in casa, ma hanno in comune un obiettivo: contribuire a costruire un’Italia in cui le discriminazioni e l’intolleranza cedano il posto al dialogo e all’inclusione. Per tutti, non solo per le loro comunità.
Lunedì 21 settembre 2015 alle ore 12 in Senato – sala Caduti di Nassiriya, Piazza Madama, Roma – i giovani rom e sinti che dal 19 settembre si riuniranno nella Capitale per partecipare alla Convention “Primavera Romanì. I giovani rom e l’Italia di domani”, promossa dall’Associazione 21 luglio, presenteranno alla stampa un documento comune nel quale racconteranno l’Italia che vorrebbero.
Interverranno alla conferenza stampa di fine Convention la senatrice Manuela Serra, in rappresentanza della Commissione Diritti Umani del Senato alla quale i giovani attivisti consegneranno il documento; il deputato Khalid Chaouki; la senatrice rom spagnola Silvia Heredia Martin e il presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla.
La Convention Primavera Romanì è una iniziativa che fa parte del programma dell’Associazione 21 luglio per promuovere la cittadinanza attiva all’interno delle comunità rom e sinte in Italia.
I venti protagonisti della Convention, la prima in Italia interamente dedicata alla voce dei giovani rom e sinti, provengono da Vicenza, Torino, Lucca, Roma, Oristano, Cagliari e Mazara del Vallo. A seconda delle loro competenze e ambiti d’interesse si suddivideranno in quattro tavoli tematici: Casa, Giovani, Lavoro, Scuola. Insieme a loro parteciperanno ai lavori anche alcuni giovani attivisti non rom.
Nel corso della Convention Primavera Romanì, inoltre, i giovani attivisti avranno la possibilità di ascoltare le testimonianze dirette di attivisti rom impegnati in altri Paesi europei che interverranno in qualità di relatori: Akif Kariman, presidente dell’associazione Romano Avazi (Macedonia); Beatriz Carrillo, Associazione delle donne rom universitarie dell’Andalusia (Spagna); Silvia Heredia Martin, senatrice rom spagnola del Partito Popolare.


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Danilo Giannese
Associazione 21 luglio
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Email: stampa@21luglio.org
www.21luglio.org

Best House Rom, a due mesi dall’impegno di Danese «Lo chiuderò in due mesi».

Il 26 gennaio scorso, l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Francesca Danese, in seguito a una visita al centro di raccolta rom “Best House Rom”, organizzata dall’Associazione 21 luglio e dalla Commissione Diritti Umani del Senato, dichiarò che avrebbe chiuso «questo mostro in due mesi».
A due mesi esatti di distanza dalle parole pronunciate pubblicamente davanti ai microfoni dei numerosi giornalisti presenti, l’Associazione 21 luglio auspica che l’Assessore tenga fede all’impegno assunto e provveda con urgenza e risposte adeguate alla chiusura di una struttura in cui, ancora oggi, 320 uomini, donne e bambini rom continuano a vivere in condizioni di vita precarie e in cui i loro diritti umani continuano a essere violati in maniera sistematica.
Il “Best House Rom”, situato in via Visso 12, nella periferia est della Capitale, è uno dei quattro centri di raccolta, riservati a soli rom, gestiti dal Comune di Roma. La struttura è stata inaugurata nel 2012 per accogliere le famiglie rom sgomberate dagli insediamenti informali, e nel dicembre 2013 è stato ampliatA per consentire l’ingresso dei 150 rom sgomberati dall’ex “villaggio attrezzato” di via della Cesarina. Il centro presenta spazi angusti e inadeguati, non ci sono finestre né punti luce per il passaggio dell’aria e della luce naturale all’interno di stanze dove vivono in media cinque persone. Il Comune di Roma ha speso nel 2014 per questa struttura quasi 3 milioni di euro.
«Nel centro di accoglienza “Best House Rom” – dichiararono in una nota alla stampa il 26 gennaio scorso il presidente della Commissione Diritti Umani Luigi Manconi e la senatrice Manuela Serra, subito dopo la visita alla struttura – è in atto una sistematica violazione dei diritti umani. Circa 300 rom, di cui più della metà minori, vivono in una condizione di segregazione abitativa e sociale. La struttura, priva di finestre e punti luce, va chiusa così come vanno superati i “campi rom” attraverso l’individuazione dei percorsi di inclusione sociale previsti dalla Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti in Italia».
L’Assessore Danese, in seguito alla visita al “Best House Rom”, alla quale prese parte anche il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi, non esitò a definire la struttura «un mostro».
«Questo mostro deve essere chiuso. Lo farò in due mesi, il tempo necessario per trovare una sistemazione dignitosa a queste famiglie», affermò l’Assessore.
«Un eventuale mantenimento della struttura al di là dei due mesi previsti, – ha scritto l’Associazione 21 luglio in una lettera inviata nei giorni scorsi all’Assessore Danese, alla quale non è seguita alcuna risposta – oltre ad abbassare il livello di credibilità nei confronti degli amministratori capitolini, potrebbe essere letto – agli occhi della comunità rom e dell’intera cittadinanza – come l’incapacità degli stessi, a fronte dei grandi interessi economici che si muovono attorno al sistema assistenziale che a Roma riguarda i rom, di fornire risposte».
Sul “Best House Rom”, anche il sindaco Ignazio Marino aveva assunto un impegno concreto. L’8 dicembre 2014, in risposta a uno sciopero della fame intrapreso dal consigliere comunale Riccardo Magi e dal presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla, Marino dichiarò: «Al più presto intendo visitare il centro per rendermi conto personalmente, come sindaco e come medico, della situazione. A voi voglio ribadire il mio impegno a trovare una soluzione alternativa per le donne, gli uomini e i bambini che oggi vivono in condizioni non dignitose. Ringrazio sinceramente per aver sollevato il caso emblematico della struttura Best House Rom e chiedo di sospendere lo sciopero della fame».
Anche a tale impegno, ad oggi, non è seguita alcuna azione concreta da parte del primo cittadino.
Foto: Roma Capitale News

«Il Best House Rom va chiuso immediatamente»

«Nel centro di accoglienza “Best House Rom” è in atto una sistematica violazione dei diritti umani. Circa 300 rom, di cui più della metà minori, vivono in una condizione di segregazione abitativa e sociale. La struttura, priva di finestre e punti luce, va chiusa così come vanno superati i “campi rom” attraverso l’individuazione dei percorsi di inclusione sociale previsti dalla Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti in Italia».
Lo affermano, in una nota congiunta, Luigi Manconi e Manuela Serra, della Commissione Diritti Umani del Senato, Carlo Stasolla, dell’Associazione 21 luglio, e il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi, dopo essere tornati oggi al “Best House Rom”, nella periferia est della Capitale.
Alla visita ha preso parte anche l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Francesca Danese che ha definito il centro «un mostro, una bruttura figlia delle proroghe dietro le quali si è insediato il malaffare».
«In questo edifico, in stanze piccolissime dove vivono anche fino a dodici persone, ammassate, ci sono bambini che non possono vedere la luce del sole perché non esistono finestre – ha detto Francesca Danese -. Il centro, che ha costi altissimi per l’amministrazione comunale, oltre 700 euro al mese a persona e che non possiede i requisiti igienico-sanitari, deve essere chiuso. Mi sto preoccupando di trovare un sistema di accoglienza rispettoso dei diritti delle persone e stiamo effettuando un monitoraggio al riguardo. Entro un paio di mesi conto di sistemare tutto».
Il “Best House Rom” è uno dei quattro centri di raccolta, riservati a soli rom, gestiti dal Comune di Roma. Inaugurato nel 2012 per accogliere le famiglie rom sgomberate dagli insediamenti informali, nel dicembre 2013 è stato ampliato per consentire l’ingresso dei 150 rom sgomberati dall’ex “villaggio attrezzato” di via della Cesarina. Il centro presenta spazi angusti e inadeguati, non ci sono finestre né punti luce per il passaggio dell’aria e della luce naturale all’interno di stanze dove vivono in media cinque persone. Il Comune di Roma ha speso nel 2014 per questa struttura quasi 3 milioni di euro.
Sul “Best House Rom” si era di recente espresso anche il sindaco Ignazio Marino, in una lettera indirizzata a Carlo Stasolla e a Riccardo Magi, che avevano iniziato uno sciopero della fame, impegnandosi «a trovare una soluzione alternativa per le donne, gli uomini e i bambini che oggi vivono in condizioni non dignitose».
«È più che mai urgente – affermano Manconi, Serra, Stasolla e Magi – chiudere al più presto questa struttura e avviare percorsi di inclusione sociale rivolti alle persone che lì vivono. Si tratterebbe del primo, concreto passo verso una nuova politica della città di Roma nei confronti delle comunità rom, private finora di ogni opportunità e segregate nei campi».

Best House Rom: esposto all'Autorità Nazionale Anticorruzione

L’Associazione 21 luglio ha presentato un esposto all’Autorità Nazionale Anticorruzione, guidata dal presidente Raffaele Cantone, per accertare la trasparenza degli atti che hanno portato all’apertura e al funzionamento del Centro di raccolta rom “Best House Rom”, situato a Roma in via Visso 12.
Il centro, classificato dall’Agenzia del territorio come struttura riservata per deposito di merci, è gestito dalla Cooperativa Inopera, nata alla fine del 2008.
Il 6 luglio 2012, con una determinazione dirigenziale a firma di Angelo Scozzafava, ex direttore del Dipartimento Promozione delle Politiche Sociali e della Salute di Roma Capitale, oggi indagato per associazione di tipo mafioso e corruzione aggravata, il Comune di Roma, con affidamento diretto, ha assegnato alla Cooperativa il servizio di accoglienza dei rom sgomberati dall’insediamento di via del Baiardo e di Castel Romano.
Il 16 dicembre 2013, con una nuova determinazione dirigenziale, l’Assessorato alle Politiche Sociali di Roma Capitale ha disposto un ampliamento dell’accoglienza per consentire l’ingresso dei 150 rom sgomberati dal «villaggio attrezzato» di via della Cesarina.
I locali del “Best House Rom”, dove in questi anni sono stati accolti giornalmente circa 300 rom – tra cui 160 minori – oltre a non garantire la metratura minima prevista dalla legge, non sono dotati di finestre o punti luce dai quali possano filtrare l’aria e la luce naturale.
Il 12 novembre 2014 la senatrice Manuela Serra, membro della Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani del Senato, dopo aver visitato la struttura aveva dichiarato alla stampa: «Qui mancano i diritti umani, è un anno che ci occupiamo di campi rom, e non ho mai visto niente del genere. Qui le persone sono terrorizzate dal parlare con l’esterno».
Nonostante il “Best House Rom” non rispetti i requisiti strutturali e organizzativi previsti dalla normativa regionale che regola l’apertura e il funzionamento delle strutture socio-assistenziali nella Regione Lazio, la struttura continua ad accogliere famiglie rom con costi elevatissimi. Nel 2014 la gestione del Centro è costata all’Amministrazione Comunale una cifra stimata superiore ai 3 milioni di euro.
«Alla luce della documentazione allegata all’esposto – afferma l’Associazione 21 luglio – spetterà all’Ufficio diretto da Raffaele Cantone stabilire se procedere con un’attività di vigilanza sul “Best House Rom”, una struttura priva delle adeguate autorizzazioni, dal costo economico apparentemente spropositato per il servizio offerto, in cui sono violati sistematicamente i diritti umani delle donne, degli uomini e dei bambini rom che vi vivono».

23 minori espulsi illegittimamente dal Best House Rom

Avevano denunciato pubblicamente le condizioni di vita precarie all’interno del centro di accoglienza “Best House Rom”. Per tutta risposta, il 21 novembre scorso, sono stati espulsi dalla struttura, in virtù di un provvedimento illegittimo firmato dal Dipartimento Politiche Sociali del Comune di Roma, e rischiano ora di trascorrere l’ennesima notte all’addiaccio, con le temperature gelide che hanno ormai raggiunto la Capitale.
È questo il destino che si profila per 28 rom, tra cui 22 minori, un neonato e un uomo affetto da polmonite, se il Dipartimento Politiche Sociali del Comune di Roma dovesse continuare a non intervenire sulla questione e a non individuare una soluzione immediata al dramma che queste persone stanno vivendo.
Da questa mattina le famiglie rom, accompagnate da attivisti dell’Associazione 21 luglio, sono riunite in un sit in davanti al Dipartimento per chiedere a Ivana Bigari, direttrice Direzione Accoglienza e Inclusione, di porre immediato rimedio a una situazione all’origine della quale vi è un decreto di espulsione, firmato dalla stessa Bigari, non supportato, come dimostrano le verifiche effettuate dall’Associazione 21 luglio, da alcuna motivazione che trovi riscontro nella realtà dei fatti.
Il 17 ottobre scorso due uomini colpiti dal provvedimento di espulsione avevano partecipato, a Torino, alla Conferenza sulla Carta dei Diritti Sociali organizzata dal Consiglio d’Europa. In quell’occasione avevano denunciato le condizioni di vita critiche all’interno del “Best House Rom” di via Visso, un centro di accoglienza fuorilegge e senza finestre, come già affermato dall’Associazione 21 luglio nel rapporto “Senza Luce” pubblicato a marzo 2014.
Conseguentemente, il 21 novembre, i 28 rom, senza alcun preavviso, sono stati espulsi dal “Best House Rom”. Le motivazioni alla base dell’espulsione: la mancata frequenza scolastica dei bambini e il comportamento non consono, da parte di tre minori, nei confronti di alcuni operatori della struttura.
Sul primo punto l’Associazione 21 luglio ha ottenuto i certificati di frequenza scolastica da parte dell’Istituto dove vanno a lezione i minori coinvolti: da essi emerge che i bambini frequentavano regolarmente la scuola. Quanto al secondo punto, non esiste alcuna denuncia scritta né verifica degli eventi e dei soggetti lesi.
Sulla vicenda dei rom espulsi dal “Best House Rom” si sono mobilitati anche l’europarlamentare Silvia Costa, il consigliere comunale di Roma Capitale Riccardo Magi e la senatrice della Commissione Diritti Umani del Senato Manuela Serra.
«Si tratta di un puro atto di abuso politico e rappresaglia perpetuato ai danni di persone che hanno contribuito a denunciare situazioni di violazioni di diritti e malagestione di questa struttura – ha dichiarato la senatrice Serra, che aveva visitato il “Best House Rom” l’11 novembre, accompagnata dall’Associazione 21 luglio – La prova di questo è una petizione scritta in italiano dalla Cooperativa INOPERA e fatta firmare dagli ospiti del centro, in cui si dichiarano felici di stare lì e trattati con rispetto, sotto la minaccia di finire per strada come le due famiglie».
L’Associazione 21 luglio chiede pertanto alla dottoressa Ivana Bigari di intervenire immediatamente per evitare che 28 uomini, donne e bambini continuino a vivere per strada a causa delle conseguenze di una palese violazione dei diritti umani avvenuta sulla loro pelle. «Da settimane chiediamo alla dottoressa Bigari un suo intervento. Sono trascorsi 38 giorni da quando queste persone sono state ingiustamente buttate fuori dal centro e non è stata ancora fornita loro alcuna risposta».

La visita dei senatori al Best House Rom e la consegna del "conto" al sindaco Marino

rom Commissione Diritti Umani Senato

In Campidoglio, la consegna del “conto” dell’operazione Cesarina


Spostati come “pacchi” dal «villaggio della solidarietà» di via della Cesarina, 120 rom sono stati concentrati un anno fa nel “Best House Rom”, un centro di raccolta rom “fuorilegge” e con un costo pro/capite mensile di 600 euro. Ieri la comunità rom ha ricevuto la visita – organizzata dall’Associazione 21 luglio – di una delegazione della Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani del Senato.
Il fabbricato, gestito dalla Cooperativa Inopera dietro convenzione dell’Assessorato alle Politiche Sociali di Roma Capitale, è accatastato come locale di deposito e non potrebbe fungere da civile abitazione. Gli spazi destinati agli ospiti sono inadatti e lontani da quanto previsto dalla normativa regionale: ogni nucleo familiare, composto in media da cinque persone, dispone di fatto della sola zona notte, che svolge anche funzioni di zona giorno e studio per i minori, composta da un’unica stanza di circa 12 mq priva di fonte di luce e aria naturale. Ogni ospite, pertanto, ha a disposizione circa 2,5 mq contro i 12 mq indicati dalla Legge Regione Lazio n. 41/2003.
La delegazione della Commissione Diritti Umani del Senato ha potuto verificare come le stanze del “Best House Rom”, oltre a non garantire la metratura sufficiente pro capite, non sono dotate di finestre o punti luce dai quali possa filtrare la luce naturale e l’aria, e ciò espone a grave rischio lo stato di salute psico-fisico degli ospiti. La presenza di numerosi inquinanti, favoriti dalla mancanza di ricambio di aria, unita al clima caldo-umido prodotto dai condizionatori di calore, potrebbero sicuramente contribuire all’aumento dell’incidenza di patologie respiratorie croniche, come l’asma, e all’incremento della loro evoluzione verso forme persistenti, gravi e invalidanti.
La mancanza di luce naturale potrebbe favorire l’insorgere di disturbi della vista. A tutto ciò si aggiungono altre importanti carenze quali: la non completa somministrazione dei pasti unita al divieto di cottura e preparazione di cibo in maniera autonoma, la mancanza di un numero di servizi igienici adeguato al numero degli ospiti, la carenza di adeguati spazi comuni e l’assenza, all’interno delle stanze, di qualsivoglia arredo escluso il letto, elementi, questi, che compromettono ulteriormente la qualità della vita degli ospiti.
«Abbiamo incontrato persone terrorizzate di parlare davanti agli operatori che lavorano nella struttura. Vivono in una situazione di costante ricatto – ha dichiarato la senatrice Manuela Serra – Noi come Commissione Diritti Umani daremo voce a questa gente perché non è ammissibile che nel 2014 a Roma uomini, donne e soprattutto bambini vivano in una ex fabbrica senza finestre».
«Porteremo avanti un’inchiesta per chiarire come il Comune di Roma utilizza realmente queste ingenti risorse economiche con il risultato di far vivere le persone in questo modo», ha concluso Serra.
Le foto della visita al Best House Rom

 
Il “Best House Rom”, finanziato dal Comune di Roma con un costo annuo superiore ai 2.200.000 euro alla luce delle caratteristiche strutturali, organizzative e gestionali suddette, non rispetta pertanto i principi internazionalmente riconosciuti di cui è portatrice anche la Carta Sociale Europea.
Nel “Best House Rom” la delegazione di senatori ha avuto la possibilità di fermarsi a parlare con i rom trasferiti quasi un anno fa da via della Cesarina dall’Assessorato alle Politiche Sociale. L’operazione voluta dall’Assessorato a guida Cutini aveva previsto – nonostante le contrarietà espresse da organizzazioni della società civile e dal Municipio III – lo spostamento dei 130 rom e il rifacimento dell’insediamento. Dopo 11 mesi i lavori non sono ancora iniziati e le spese sono lievitate.
Per tale ragione alcuni rappresentanti dell’Associazione 21 luglio hanno consegnato il “conto” dell’operazione Cesarina – fortemente voluta dall’Assessore Rita Cutini – al sindaco Ignazio Marino. Più di 1 milione di euro spesi per segregare e concentrare 130 rom nel “Best House Rom” senza che alcun lavoro sia stato iniziato.
«Una scelta folle – commenta l’Associazione 21 luglio – che rivela, se ce ne fosse stata la necessità di ulteriore conferma, l’operato di un Assessorato incapace di trattare la “questione rom” secondo i principi espressi nella Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom».
 
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Il fabbricato, gestito dalla Cooperativa Inopera dietro convenzione dell’Assessorato alle Politiche Sociali di Roma Capitale, è accatastato come locale di deposito e non potrebbe fungere da civile abitazione. Gli spazi destinati agli ospiti sono inadatti e lontani da quanto previsto dalla normativa regionale: ogni nucleo familiare, composto in media da cinque persone, dispone di fatto della sola zona notte, che svolge anche funzioni di zona giorno e studio per i minori, composta da un’unica stanza di circa 12 mq priva di fonte di luce e aria naturale. Ogni ospite, pertanto, ha a disposizione circa 2,5 mq contro i 12 mq indicati dalla Legge Regione Lazio n. 41/2003.
La delegazione della Commissione Diritti Umani del Senato ha potuto verificare come le stanze del “Best House Rom”, oltre a non garantire la metratura sufficiente pro capite, non sono dotate di finestre o punti luce dai quali possa filtrare la luce naturale e l’aria, e ciò espone a grave rischio lo stato di salute psico-fisico degli ospiti. La presenza di numerosi inquinanti, favoriti dalla mancanza di ricambio di aria, unita al clima caldo-umido prodotto dai condizionatori di calore, potrebbero sicuramente contribuire all’aumento dell’incidenza di patologie respiratorie croniche, come l’asma, e all’incremento della loro evoluzione verso forme persistenti, gravi e invalidanti.
La mancanza di luce naturale potrebbe favorire l’insorgere di disturbi della vista. A tutto ciò si aggiungono altre importanti carenze quali: la non completa somministrazione dei pasti unita al divieto di cottura e preparazione di cibo in maniera autonoma, la mancanza di un numero di servizi igienici adeguato al numero degli ospiti, la carenza di adeguati spazi comuni e l’assenza, all’interno delle stanze, di qualsivoglia arredo escluso il letto, elementi, questi, che compromettono ulteriormente la qualità della vita degli ospiti.
«Abbiamo incontrato persone terrorizzate di parlare davanti agli operatori che lavorano nella struttura. Vivono in una situazione di costante ricatto – ha dichiarato la senatrice Manuela Serra – Noi come Commissione Diritti Umani daremo voce a questa gente perché non è ammissibile che nel 2014 a Roma uomini, donne e soprattutto bambini vivano in una ex fabbrica senza finestre».
«Porteremo avanti un’inchiesta per chiarire come il Comune di Roma utilizza realmente queste ingenti risorse economiche con il risultato di far vivere le persone in questo modo», ha concluso Serra.
Le foto della visita al Best House Rom

 
Il “Best House Rom”, finanziato dal Comune di Roma con un costo annuo superiore ai 2.200.000 euro alla luce delle caratteristiche strutturali, organizzative e gestionali suddette, non rispetta pertanto i principi internazionalmente riconosciuti di cui è portatrice anche la Carta Sociale Europea.
Nel “Best House Rom” la delegazione di senatori ha avuto la possibilità di fermarsi a parlare con i rom trasferiti quasi un anno fa da via della Cesarina dall’Assessorato alle Politiche Sociale. L’operazione voluta dall’Assessorato a guida Cutini aveva previsto – nonostante le contrarietà espresse da organizzazioni della società civile e dal Municipio III – lo spostamento dei 130 rom e il rifacimento dell’insediamento. Dopo 11 mesi i lavori non sono ancora iniziati e le spese sono lievitate.
Per tale ragione alcuni rappresentanti dell’Associazione 21 luglio hanno consegnato il “conto” dell’operazione Cesarina – fortemente voluta dall’Assessore Rita Cutini – al sindaco Ignazio Marino. Più di 1 milione di euro spesi per segregare e concentrare 130 rom nel “Best House Rom” senza che alcun lavoro sia stato iniziato.
«Una scelta folle – commenta l’Associazione 21 luglio – che rivela, se ce ne fosse stata la necessità di ulteriore conferma, l’operato di un Assessorato incapace di trattare la “questione rom” secondo i principi espressi nella Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom».
 
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