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Minori romeni e bulgari a rischio sfruttamento: in Italia la gran parte è rom

Si è tenuto questa mattina a Roma, presso la sede del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel), il seminario sulla protezione dell’infanzia romena e bulgara a rischio di abuso, sfruttamento e/o tratta.
Il seminario rientra nell’ambito del progetto MARIO – coordinato dall’Ufficio regionale per l’Europa Sud Orientale di Terre des Hommes e co-finanziato dal programma Daphne dell’Unione Europea e dalla Oak Foundation – che si propone di migliorare il livello di protezione dei minori migranti dell’Europa centrale e sud-orientale a rischio di abuso, sfruttamento e/o tratta.
Hanno partecipato all’incontro una rappresentanza dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, delegazioni di Bulgaria e Romania e rappresentanti di enti e organizzazioni bulgare, romene e italiane. Il 5 marzo a Bruxelles si terrà invece la conferenza conclusiva del progetto MARIO “Closing a protection gap for European children on the move“.
I minori romeni e bulgari su strada in Italia
Nel corso del seminario di stamane a Roma, l’Associazione 21 luglio, partner del progetto MARIO, ha presentato una ricerca transnazionale in Italia che ha riguardato i minori romeni e bulgari che svolgono attività economiche su strada, da soli o accompagnati da adulti. Nell’ambito del progetto, tali ricerche sono state realizzate anche in Olanda, Grecia, Kosovo e Macedonia, Paesi verso i quali si dirigono per lo più  i minori che emigrano dall’Europa centrale e sud-orientale.
Tra i principali risultati della ricerca curata dall’Associazione 21 luglio emerge che 71 minori su 73 che sono stati osservati nelle città di Napoli e Roma sono romeni (solo 2 sono bulgari). Di essi, la maggior parte è costituita da bambini rom (46 su 73). La ricerca, inoltre, ha portato alla luce che i minori su strada osservati nel capoluogo campano sono quasi tutti impegnati nella richiesta di elemosina, mentre nella Capitale le attività sono diversificate e riguardano l’elemosina, il borseggio, la vendita di piccoli oggetti e il mercato delle prestazioni sessuali.
A Roma, in particolare, è stata constatata sia la presenza di un gruppo di minori all’interno della Stazione Termini probabilmente sfruttati da un’organizzazione di adulti che la presenza di minori che svolgono attività economica su strada insieme ai loro familiari, svincolati da organizzazioni, per ragioni soprattutto riconducibili alle condizioni di disagio economico delle famiglie.
minori romGran parte dei bambini osservati, inoltre, ha vissuto in Italia la maggior parte della propria vita, parla l’italiano, non ha particolari legami con il Paese di provenienza e considera l’Italia casa propria. Gli importi guadagnati dai minori sono molto diversi, più bassi tra chi fa l’elemosina rispetto a chi svolge altre attività, e il denaro viene consegnato ai familiari che non puniscono i minori nel caso non ne raccolgano abbastanza.
Sono pochi i minori – emerge inoltre dalla ricerca – che vanno a scuola e chi l’ha frequentata non riesce a entrare nel mercato del lavoro. Parte dei minori intervistati vive in condizioni di disagio abitativo, altri in appartamenti, ma quasi tutti non hanno contatti con altri bambini italiani e sono di fatto esclusi dalla società.
I minori romeni e bulgari che svolgono attività economica su strada sono relativamente pochi rispetto ai minori extracomunitari che stanno arrivando in Italia. Questo non significa – sottolinea la ricerca – che debbano essere ignorati: proprio perché scarsamente visibili rischiano di non accedere al sistema di protezione dell’infanzia. Quanto osservato dalla ricerca mette infatti in evidenza la necessità di promuovere servizi mirati per questa tipologia di minori comunitari e le loro famiglie, che dovrebbero includere interventi di prevenzione nei Paesi di origine, di transito e di arrivo, il collegamento delle famiglie con i servizi esistenti e il sostegno all’inclusione nella società di arrivo.
L’attivazione di tali servizi consentirebbe, tra l’altro, di prevenire il contatto con la criminalità organizzata e il conseguente ingresso dei minori nel circuito penale e forse anche di comprendere le modalità attraverso le quali i minori diventano vittima di sfruttamento da parte di queste organizzazioni.
La protezione dell’infanzia migrante comunitaria
In Italia, nonostante un quadro legale considerato tra i migliori in Europa e l’esistenza di politiche pubbliche per la protezione dell’infanzia, la dispersione delle responsabilità tra i numerosi attori istituzionali coinvolti nella tutela dei minori rappresenta un elemento di ostacolo, sottolinea la ricerca. Istituzioni, autorità locali e organizzazioni varie risultano scarsamente coordinati tra loro e mancano dati e informazioni che possano orientare i servizi.

  • Il sistema di protezione dell’infanzia è modellato in base alla ripartizione dei minori per categorie di vulnerabilità (stranieri non accompagnati, vittime di tratta, di sfruttamento lavorativo, ecc). Come conseguenza, le risposte sono mirate alle specifiche vulnerabilità e assumono quasi sempre il carattere dell’emergenza.
  • I minori che non rientrano chiaramente in una di queste categorie (in particolare i minori comunitari) rischiano, quindi, di essere invisibili.
  • Un coordinamento attento e una maggiore collaborazione tra chi presta i servizi di tutela e protezione dei minori e le autorità permetterebbe di migliorare la protezione per tutti i minori migranti in Italia e favorirebbe anche l’identificazione e l’attivazione di procedure nei confronti delle reti criminali organizzate e dei trafficanti che sfruttano la vulnerabilità di questi gruppi di bambini e adolescenti.

 
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