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Carta di Roma, presentate le nuove linee guida per portare al centro dell’informazione la verità dei fatti

«L’impegno di portare al centro dell’informazione la verità sostanziale dei fatti quando si parla di migranti, rifugiati e richiedenti asilo è necessario e di grande attualità». È questo il principio cardine intorno cui ruota il Manifesto di Carta di Roma, presentato nella mattina di martedì 2 ottobre presso il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti a Roma. Linee guida e codice deontologico come strumenti utili nella prassi quotidiana delle redazioni.
Il testo, presentato in occasione del decimo anniversario della fondazione di Carta di Roma, è stato aggiornato anche in base ai cambiamenti relativi ai concetti e ai luoghi imposti oggi dal racconto delle migrazioni. Non solo, la presentazione di martedì anticipa di qualche ora il quinto anniversario del naufragio a Lampedusa e la giornata della memoria delle vittime delle migrazioni.
Associazione 21 luglio ha contribuito a revisionare il Manifesto di Carta di Roma nell’ambito degli argomenti relativi ai discorsi di odio, agli stereotipi e alle discriminazioni che subisce chi vive in emergenza abitativa all’interno di insediamenti formali e informali.

odg lombardia

Odg Lombardia, procedimenti disciplinari per due giornalisti

L’Ordine dei Giornalisti della Lombardia ha aperto un doppio procedimento disciplinare nei confronti dei giornalisti Serena Coppetti e Salvatore Todaro, rispettivamente del quotidiano Il Giornale e della testata on line Milano Post, in seguito agli esposti presentati dall’Associazione 21 luglio e dall’Associazione Carta di Roma riguardo a una serie di articoli contenenti congetture discriminatorie su base etnica in grado di alimentare allarme sociale e pregiudizi nei confronti di rom e sinti.
Con l’apertura del procedimento, il Consiglio di disciplina territoriale dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia verificherà le eventuali violazioni, da parte dei due giornalisti, della Carta dei doveri del giornalista, che vieta la discriminazione per ragioni di razza, e del Codice deontologico sul trattamento dei dati personali che impone il rispetto della persona sotto il profilo razziale all’interno delle pubblicazioni.
A Serena Coppetti, giornalista de Il Giornale, si contestano in particolare tre articoli pubblicati tra il luglio e il novembre 2012.
In due articoli dal titolo “Non bastano le case riservate. Ai rom anche un lavoro sicuro” e “Dopo le agevolazioni per la casa anche un lavoro sicuro per i rom”, l’autrice, secondo Associazione 21 luglio e Associazione Carta di Roma, si discosta dall’obbligo deontologico di attenersi alla verità accertata dei fatti, pubblicando congetture discriminatorie perché fondate su base etnica.
«Pare ancora troppo poco garantire l’accesso privilegiato alle case Aler, il permesso di costruirsi la casa da soli e l’avviso di sgombero – scrive Serena Coppetti -. Perché non dare anche la possibilità ai rom di avere una corsia di accesso agevolato al lavoro? Per esempio affidando direttamente le commesse di Amsa e Comune, o incoraggiando la raccolta di materiali di recupero come il ferro e il rame nella quale sono piuttosto esperti?»
La diffusione di questi articoli – sostengono le due associazioni promotrici dell’esposto – trasmette un’immagine criminosa di un intero gruppo di persone, ne lede la dignità e contribuisce, attraverso l’uso di termini dispregiativi e generalizzazioni, ad alimentare l’allarme sociale basato su stereotipi e pregiudizi negativi.
L’apertura del procedimento disciplinare nei confronti di Salvatore Todaro, invece, è stata stabilita per verificare eventuali violazioni contenute in 14 articoli pubblicati sulla testata on line Milano Post, di cui Todaro, tra il giugno e il novembre 2012, era il direttore responsabile. Gli articoli in questione portano tutti la firma di Antonio Marino, che non risulta però iscritto all’Ordine dei Giornalisti.
Anche in questo caso gli articoli, che riportano titoli come “Sparatoria di Pieve Emanuele, l’ombra di rom e tratta di minori”, “Il rom diventa imprenditore, ma non si capisce cosa e come imprende”, “I rom tornano a invadere Viale Corsica e Forlanini. I cittadini hanno paura”, presentano un linguaggio improprio, che non rispetta quanto stabilito dalla Carta di Roma e che può suscitare allarmi ingiustificati.
In un articolo riguardante un fatto di cronaca nera, ad esempio, l’autore, senza prova alcuna, riporta l’appartenenza etnica dell’aggressore, «sarebbe stato un rom», rincarando la dose scrivendo che «la descrizione dell’aggressore condurrebbe in maniera abbastanza inequivocabile ad una persona di etnia rom» e, successivamente, «gli inquirenti, comunque, sembrano abbastanza sicuri del fatto che l’aggressione non volesse limitarsi al solo scippo della borsa ma sia stata data soprattutto dalla volontà di rapire la bambina, crimine sul quale i rom sono tristemente specialisti».
L’articolo, secondo Associazione 21 luglio e Associazione Carta di Roma, anziché limitarsi alla cronaca dei fatti, insiste sulla presunta appartenenza etnica dell’aggressore, arrivando persino ad attribuire numerosi rapimenti di bambini a una sorta di comportamento tipico di una minoranza, contribuendo così ad aumentare il pregiudizio nei confronti di rom e sinti.
Tutti gli articoli oggetto dell’esposto, infine, sono caratterizzati, quindi, dalla deliberata associazione di un reato non al singolo colpevole, ma al gruppo di appartenenza, dalla presenza di stereotipi e pregiudizi diffamatori, da accuse aleatorie e congetture discriminatorie su base etnica.

Le notizie sugli "zingari" lette da tre donne rom

Dzemila Salkanovic, Gladiola Lacatus e Sabrina Milanovic, donne rom impegnate all’interno dell’Associazione 21 luglio, raccontano cosa provano di fronte a quei titoli e notizie di giornale che, ripetutamente, diffondono e alimentano un’immagine indistintamente negativa e fortemente stigmatizzante delle comunità rom e sinte.
Da giugno a settembre 2014, come riportato in una lettera pubblica dell’Associazione 21 luglio al direttore de “Il Tempo” Gian Marco Chiocci, il quotidiano romano si è reso artefice di una sistematica campagna di presunte inchieste giornalistiche con target specifico le comunità rom e sinte a Roma.
 

Campagna anti rom su Il Tempo: lettera pubblica al Direttore

Il Tempo rom
 
Roma, 18 settembre 2014
Egregio Direttore Gian Marco Chiocci,
A partire dal mese di giugno 2014, e in particolare per tutto il mese di agosto, il quotidiano da Lei diretto si è reso artefice di una sistematica campagna di presunte inchieste giornalistiche con target le comunità rom e sinte presenti nella Capitale. In 3 mesi abbiamo assistito alla pubblicazione di 28 articoli, molti dei quali certificati da un apposito bollino “inchiesta”, nei quali si può rilevare un unico leitmotiv: diffondere e alimentare un’immagine indistintamente negativa e fortemente stigmatizzante di rom e sinti.
«La Capitale degli zingari», «Così i rom assediano la Capitale», «Quaranta nomadi assediano il quartiere», «Termini ancora regno delle zingare», «Sparatorie, furti e risse. Così i nomadi ringraziano»: sono solo alcuni dei titoli passati in rassegna nel corso dei mesi estivi. Lessico di guerra, generalizzazioni, continuo ed esclusivo accostamento a condotte antisociali, questi sono invece gli ingredienti scelti dai giornalisti de Il Tempo per preparare le loro “inchieste” e parlare direttamente alla pancia dei loro lettori, rispolverando uno dei più radicati stereotipi, quello dello “zingaro delinquente” in tutte le sue declinazioni. Anche dal punto di vista deontologico paiono ravvisarsi violazioni dei principi della Carta di Roma, visto il continuo ricorso a terminologia inappropriata (“nomadi”) e/o dispregiativa (“zingari”, “zingarelle”) e la continua insistenza sulla connotazione etnica di determinate condotte antisociali.
La “realtà” descritta nelle pagine de Il Tempo risulta parziale, dipinge una città sotto assedio da parte di una minoranza di cui il 50% sono bambini, e produce una stigmatizzazione indistinta e generalizzata in grado di fomentare e consolidare un clima di ostilità e di allarmismo sociale tra il pubblico dei lettori. La situazione di emergenza delineata dall’”inchiesta” non viene del resto supportata dai dati, in quanto a Roma la presenza di rom e sinti rappresenta appena lo 0,23% della popolazione totale – lo 0,07% se ci si riferisce ai soli abitanti degli insediamenti informali – numeri questi che da soli paiono ridimensionare le proporzioni dell’”invasione” paventata nelle pagine de Il Tempo.
L’autorevolezza dell’”inchiesta” risulta gravemente inficiata dall’assenza di pluralità nell’individuazione delle fonti: la voce dei rom, in particolare di coloro presso i quali sarebbero stati realizzati i “sopralluoghi” – protagonisti negativi e di fatto passivi dell’“approfondimento” giornalistico – non è in alcun caso contemplata né ascoltata dagli autori, negando così agli stessi qualunque possibilità di replica. Allo stesso modo, non viene approfondita la condizione sociale di tali comunità limitando fortemente la portata dell’“inchiesta” in termini di utilità ai fini dell’informazione, non essendo in grado, a causa di questi limiti, di fornire un quadro oggettivo della realtà.
Da una inchiesta giornalistica propriamente detta ci si aspetterebbe un approfondimento accurato su di una realtà complessa ed eterogenea, quale quella delle comunità rom e sinte che vivono negli insediamenti formali e informali della Capitale. Una realtà molto spesso caratterizzata da indigenza, quotidiana discriminazione e violazioni dei diritti umani, che difficilmente riesce ad arrivare sulle pagine dei giornali, se non filtrata attraverso la lente del pregiudizio e dello stereotipo.
Effettivamente i dati su rom e sinti parlano di un’emergenza; non, tuttavia, quella riguardante l’assedio profilato da inchieste come quelle realizzate dal quotidiano da Lei diretto, ma l’emergenza rappresentata dalla discriminazione cumulativa che subiscono i minori rom e le loro famiglie in Italia:

  • un minore rom ha 60 volte la probabilità di un minore non rom di entrare nel sistema italiano di protezione dei minori;
  • circa 15.000 persone rom sono a rischio apolidia, ovvero prive di documenti nonostante risiedano permanentemente e spesso dalla nascita sul territorio;
  • nell’anno scolastico 2013/2014 gli alunni rom e sinti sono diminuiti, attestandosi a 11.481 iscritti, il numero più basso degli ultimi sei anni, mentre il 63% delle persone rom rispondenti a un sondaggio dell’UE del 2011 ha dichiarato di aver lasciato la scuola prima dei 16 anni (il 21% ha dichiarato di non aver mai iniziato un percorso scolastico);
  • il 66% delle persone rom intervistate nel 2011 in Italia per conto dell’UE ha dichiarato di essersi sentita discriminata a causa della sua etnia nel corso dell’anno precedente;
  • l’Italia è l’unico paese europeo che mantiene e gestisce un sistema abitativo parallelo e segregante riservato a soli rom: i c.d. “campi nomadi”;
  • in Europa le persone rom hanno un’aspettativa di vita mediamente più bassa di circa 10 anni rispetto al resto della popolazione.

Non possiamo poi dimenticare che nel nostro Paese 4/5 dei rom vivono lontano dalla marginalità sociale dei “campi nomadi”, in abitazioni ordinarie, conducendo una regolare attività lavorativa.
Dare visibilità ai dati di cui sopra e descrivere la condizione di rom e sinti nella sua interezza non è un gesto di bontà ma un indice della volontà e capacità di produrre un’informazione di qualità in maniera professionale, responsabile e al servizio dei cittadini.
Cordiali saluti,
Associazione 21 luglio
VIDEO: LE NOTIZIE SUGLI “ZINGARI” LETTE DA TRE DONNE ROM

Rom protagonisti negativi, anche in assenza di notizie

rom[tfg_social_share]Protagonisti negativi. Anche in assenza di notizia. Un articolo pubblicato sul quotidiano Il Tempo offre, ancora una volta, un’immagine stereotipata delle comunità rom, contribuendo ad alimentare nell’opinione pubblica un clima di ingiustificato allarmismo sociale.
Lo sottolineano Associazione 21 luglio e Associazione Carta di Roma a proposito del pezzo intitolato «Così i rom assediano la Capitale. Ecco le 100 favelas di Roma» pubblicato l’11 agosto.
«Ad agosto, si sa, le notizie scarseggiano, capita spesso allora di leggere sui giornali articoli su quegli argomenti che, pure in assenza di novità, attirano l’attenzione del lettore. Sarà questa la ragione alla base del titolo che leggiamo oggi sul quotidiano Il Tempo, “Così i rom assediano la Capitale. Ecco le 100 favelas di Roma”? Oppure è la volontà di portare avanti una campagna mediatica martellante che ha per protagonista – in negativo – la comunità rom, anche in mancanza di elementi nuovi sui quali scrivere?», afferma l’Associazione Carta di Roma, nata nel dicembre 2011 per dare attuazione alla Carta di Roma, il protocollo deontologico per una informazione corretta sui temi dell’immigrazione, siglato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti (CNOG) e dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) nel 2008.
L’autore del pezzo denuncia che «i nomadi hanno circondato la città» e racconta il suo viaggio tra «i 100 insediamenti abusivi di Roma». Il giornalista apre con il racconto dell’aggressione subita da alcuni presunti rom per aver scattato delle foto e prosegue con il racconto di questo “viaggio” durante il quale guarda in lontananza gli insediamenti. Nessun fatto, nessuna notizia. Nessun accertamento circa gli abitanti di quelle baracche o abitazioni di fortuna.
«I rom vengono ripetutamente connotati come “un’emergenza”, a cui si associa lessico da battaglia per alimentare un clima di allarme sociale – afferma l’Associazione 21 luglio – L’emergenza non viene supportata dai fatti visto che a Roma non c’è stato alcun sensibile incremento di insediamenti informali tale da giustificare allarmismi, ma ci si assesta sui soliti numeri che caratterizzano la capitale ormai da almeno un decennio. Per quanto riguarda le presenze negli insediamenti informali contiamo circa 2.200 persone. Sui 2.866.000 residenti della città questa cifra è pari allo 0,07 % della popolazione di Roma, numeri che da soli sembrano ridimensionare le proporzioni dell’”assedio”».
L’articolo, del resto, si pone in violazione dei principi della Carta di Roma e non fa altro che alimentare i soliti stereotipi, generalizzando e descrivendo esclusivamente condotte antisociali, senza mai approfondire l’argomento: se la notizia è che a Roma ci sono le baraccopoli perché non chiedere a chi le abita come si sta e perché è disposto a vivere in condizioni così precarie? Manca totalmente la voce dei rom, viene negata loro la possibilità di replicare all’accusa di presunto “assedio” della capitale. Se anche l’intento fosse stato di dare, come notizia, il numero di insediamenti informali, questo non è stato fatto, poiché sono più dei 100 dell’articolo, tra i 150 e i 200, da anni».
«Tutto questo – conclude Associazione 21 luglio – alimenta il sospetto che l’unico intento dell’articolo non fosse raccontare fatti, ma descriverli parzialmente con toni allarmistici che non corrispondono alla realtà».

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