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Associazione 21 luglio al Comune di Roma: con la recente normativa legata al Covid-19 non più possibile a settembre lo sgombero di Castel Romano

La Memoria di Giunta Capitolina n.38 del 9 luglio 2020, che prevede lo sgombero dell’area F del “villaggio” di Castel Romano nel prossimo settembre non tiene conto dell’importante novità rilevata all’art.17bis del Decreto Legge 19 maggio 2020 n.34, convertito con modificazioni in Legge n. 77/2020 e se il Comune di Roma, come comunicato alle famiglie dell’area, «dovesse procedere con le operazioni di sgombero oltre ad agire in violazione di legge, lederebbe gli interessi dei privati dimoranti nell’area sia alla luce dell’assenza di un piano di ricollocazione delle stesse in altre soluzioni abitative idonee, sia poiché lederebbe i diritti costituzionalmente protetti aumentando la loro fragilità in un periodo particolarmente sensibile quale quello segnato dalla emergenza da Covid-19». È la frase-chiave contenuta in una nota inviata oggi da Associazione 21 luglio al sindaco di Roma Virginia Raggi e all’Ufficio Speciale Rom, Sinti e Caminanti di Roma Capitale.

 

L’emergenza Covid-19

Il 17 marzo 2020 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n.18 “Misure di potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”. Al comma 6, art.103 viene disposto: «L’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 30 giugno 2020».

Il suddetto Decreto Legge è stato convertito con modificazioni dalla Legge n.27 del 24 aprile 2020. Nel testo la moratoria degli sgomberi viene estesa al 1° settembre 2020.

 

La Memoria di Giunta

Il 9 luglio 2020 la Giunta Capitolina ha approvato la Memoria n.38 avente per oggetto “Contenimento criticità ambientali e superamento del sistema di accoglienza del Villaggio della Solidarietà di Castel Romano” nella quale da una parte viene affidata ad un’ATI il servizio di promozione di percorsi di inclusione propedeutici alla fuoriuscita dal “villaggio” di Castel Romano, dall’altra viene pianificato, in linea con gli impegni presi con la Regione Lazio, lo sgombero dell’insediamento e le cui attività, afferma la stessa Amministrazione Capitolina «risultano rallentate in funzione dell’emergenza sanitaria da Covid-19 la cui normativa ha introdotto all’art.103 comma 6 del D.L. del 17 marzo 2020 il blocco degli sgomberi fino al 30 giugno 2020, termine successivamente prorogato, in sede di conversione, al 1° settembre 2020». «È intenzione di questa Amministrazione – si legge nella Memoria – procedere, decorsi i termini della moratoria degli sgomberi, alla liberazione di persone e cose dal campo F attualmente occupato da circa 90 persone secondo un programma di ricollocazione delle fragilità».

È quindi contando sul termine della moratoria degli sgomberi entro e non oltre il 1° settembre che il Comune di Roma ha fatto pervenire nelle scorse settimane agli abitanti dell’area F l’ordine di abbandonare lo spazio abitato entro il 10 settembre 2020

 

Estensione della moratoria degli sgomberi

In realtà, come pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 19 maggio 2020 l’art.17bis del Decreto Legge 19 maggio 2020 n.34, convertito con modificazioni in Legge n.77/2020, stabilisce l’ulteriore proroga della sospensione dell’esecuzione degli sgomberi così statuendo: «al comma 6 dell’art. 103 del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27 le parole “1 settembre 2020” sono state sostituite dalle seguenti “31 dicembre 2020». Pertanto ogni sgombero effettuato prima di quella data si porrebbe in piena violazione della legislazione nazionale.

 

La richiesta di Associazione 21 luglio

Nella lettera inviata oggi da Associazione 21 luglio alle autorità capitoline viene presentata istanza di annullamento della Memoria di Giunta Capitolina n.38 del 9 luglio 2020 avente per oggetto “Contenimento criticità ambientali e superamento sistema di accoglienza del Villaggio della Solidarietà di Castel Romano” e conseguentemente viene richiesto di considerare non più valida la parte relativa all’intenzione dell’Amministrazione di procedere nel periodo immediatamente successivo al 1° settembre, giorno della scadenza della moratoria degli sgomberi, alla liberazione dell’area F di Castel Romano.

«Dopo l’esperienza di Camping River, quando l’Amministrazione Comunale in barba alla decisione della Corte Europea di Strasburgo decise di agire con lo sgombero del “villaggio” – ha commentato Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio – ci auguriamo che questa volta la Giunta Raggi si adegui a quanto stabilito dalla normativa nazionale redatta a tutela della salute pubblica. In alternativa sarà la prima cittadina ad assumersi la responsabilità di andare contro la legge mettendo in strada 100 persone in piena emergenza sanitaria da Covid-19. Fino al 31 dicembre 2020 ogni sgombero è interdetto su tutto il territorio nazionale e questo deve valere, senza se e senza ma, anche per spazi dove, per responsabilità istituzionali, la legge è stata storicamente assente, come nel “villaggio” di Castel Romano».

 

Ci si avvicina alla campagna elettorale. Si preannunciano sgomberi di insediamenti formali

Video estratto dal documentario “COVI-Di Roma” di Davide Giorni

 

COMUNICATO STAMPA

Tra 2 mesi le ruspe comunali abbatteranno un’area del campo di Castel Romano. Associazione 21 luglio: «Ci si avvicina alla campagna elettorale: 3.300.000 euro già destinati all’inclusione dei residenti del “villaggio” ma evidentemente è più conveniente optare per lo sgombero»

Roma, 7 luglio 2020 – Porta la firma di Marco Cardilli, vice capo di Gabinetto della sindaca Virginia Raggi con delega in materia di Sicurezza Urbana e direttore ad interim dell’Ufficio Speciale Rom, Sinti e Caminanti del Comune di Roma il documento notificato lo scorso 3 luglio alle 28 famiglie dell’area F del “villaggio” di Castel Romano. «La S.V. – si legge nella missiva – dovrà lasciare il modulo abitativo chi attualmente occupa da cose e persone entro e non oltre il 10 settembre 2020». Per rendere più “accettabile” la decisione, il Comune di Roma offre la possibilità alle famiglie interessate di accedere ai benefici previsti dal “Piano rom” attraverso la sottoscrizione del Patto di Responsabilità Solidale per il quale, come riportato nella missiva, occorre esibire «tutta la documentazione necessaria (permessi di soggiorno, passaporti, carta d’identità, tessera sanitaria, dichiarazione ISEE, certificati iscrizioni scolastiche, stati di famiglie, certificazioni sanitarie)». Documentazione che, secondo il monitoraggio condotto da Associazione 21 luglio, non risulta essere in possesso delle famiglie in questione. «E di questa impossibilità oggettiva – secondo Associazione 21 luglio – il Comune di Roma non può non esserne a conoscenza».

La comunità rom dell’area F
Marginalità, abbandono, assenza di acqua e di fognature, cumuli di rifiuti, moduli abitativi degradati. È questo il quadro che emerge nel visitare l’area F dell’insediamento di Castel Romano, abitato da 98 persone originarie di Vlasenica città martire della guerra civile che dal 1992 al 1995 ha insanguinato la Bosnia-Erzegovina, di cui circa la metà (42) sono rappresentati da minori e di essi 18 con età compresa tra 0 e i 3 anni. Sull’area le famiglie erano state collocate dopo il violento sgombero del campo di Tor de’ Cenci, avvenuto il 28 settembre 2012. L’appalto per la costruzione dell’area F, dal valore di 1,2 milioni di euro, era entrato anche nelle carte del processo dell’inchiesta denominata “Mafia Capitale” perché lo stesso riconducibile alle cooperative gestite da Salvatore Buzzi.
L’area F, insieme all’area K, all’area M e all’area ex Tor Pagnotta, è parte del “villaggio” di Castel Romano, nato nel 2005 nel cuore della Riserva Naturale di Malafede, a 25 km dal centro della città di Roma. Nel censimento effettuato dalla stessa Polizia Locale nel giugno 2019 si rilevava la presenza totale di 542 persone di cui 282 sono rappresentati da minori.

Il bando per il superamento del “villaggio attrezzato” di Castel Romano
Il 7 maggio 2019, il Comune di Roma, con Deliberazione n.80 ha ravvisato l’opportunità di estendere anche all’insediamento di Castel Romano le misure volte al superamento dei “villaggi” introdotte con la Deliberazione della Giunta Capitolina n.70.
Il giorno dopo, l’8 maggio 2019 è stata resa pubblica la Determinazione dirigenziale QE/1426 per l’indizione di una gara per “Procedura aperta per l’affidamento dell’appalto relativo al Progetto di inclusione sociale per le persone rom, sinti e caminanti e superamento del villaggio attrezzato di Castel Romano” con l’obiettivo generale «del raggiungimento dell’autonomia dei soggetti coinvolti» e con i seguenti obiettivi specifici: «mappatura dei profili sociali dei singoli nuclei, delle risorse e del capitale sociale del campo; strutturazione e implementazione di progetti individualizzati di inclusione lavorativa per l’acquisizione della piena autonomia delle famiglie e dei singoli; sostegno all’abitare; il rimpatrio assistito; gestione dei servizi esclusivamente dedicati alla popolazione residente in età minore; accompagnamento e tutoring attivo con monitoraggio continuo».
L’affidamento prevede la durata di 24 mesi con inizio il 1° dicembre 2019 e la fine il 30 novembre 2021 ed un chiaro cronoprogramma che dovrebbe concludersi nel 2021 con «l’accompagnamento degli ospiti in fase di fuoriuscita». L’importo di spesa è pari a 1.826.260 euro. Ad essi va aggiunta la somma da erogare in contributi economici diretti in favore dei singoli nuclei familiari pari a 1.500.000 euro.
Il bando è stato aggiudicato il 21 gennaio 2020 ad una RTI avente come capofila la cooperativa sociale Astrolabio e, in qualità di mandante, Arci Solidarietà Onlus e la cooperativa sociale Speha Fresia.
Per il passaggio dalla baraccopoli all’inclusione abitativa è previsto: il reperimento di abitazioni attraverso il mercato immobiliare privato; il supporto motivazionale e materiale; il reperimento di alloggi attraverso l’associazionismo; i rientri volontari assistiti.
Per l’inclusione lavorativa è prevista: l’organizzazione di corsi di formazione finalizzati alla creazione in autonomia di realtà imprenditoriali; la creazione di relazioni fattive con il tessuto produttivo delle aree immediatamente limitrofe all’insediamento; moduli individuali; l’attivazione di tirocini formativi; l’attivazione di interventi economici che possano sostenere l’avvio di piccole realtà imprenditoriali.
Per la tutela dei minori presenti nel “villaggio” di Castel Romano è previsto l’utilizzo di un ludobus, di laboratori e doposcuola.

L’abbandono istituzionale e lo sgombero
Qualche settimana dopo l’aggiudicazione del bando per il superamento del “villaggio” è iniziato in Italia il lungo lockdown nel corso del quale i residenti dell’insediamento hanno vissuto nel più totale abbandono istituzionale, segnato da forte deprivazione alimentare, da carenza idrica e, talvolta, anche elettrica.
Poi, alla fine dello stesso, agenti della Polizia Locale si sono presentati presso le famiglie dell’area F per notificare lo sgombero dell’area previsto per il 10 settembre.
Secondo Associazione 21 luglio, che dall’inizio del lockdown ha settimanalmente visitato l’insediamento lungo la via Pontina per distribuire “pacchi bebè”, tale notifica appare come un gravissimo atto segnato da inaudita violenza che sembra ripercorrere la storia dello sgombero di Camping River, avvenuto due anni fa quando, al termine della vicenda, quasi 300 persone finirono in strada strada sulla quale, parcellizzati in una miriade di insediamenti informali, molti ancora si trovano. Per tale ragione l’Associazione chiede l’immediata sospensione dell’azione di sgombero non comprendendo l’arbitraria esclusione de facto delle 28 famiglie dalle azioni già previste dal bando per il superamento del “villaggio”.

Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio, sottolinea come «per il “villaggio” di Castel Romano il Comune di Roma si è già impegnato per un percorso di due anni volto alla fuoriuscita graduale delle famiglie verso soluzioni abitative adeguate. Per fare ciò si sono destinati 3,3 milioni di euro di denaro pubblico Questa accelerazione verso lo sgombero potrebbe apparire incomprensibile e, da parte nostra, come Associazione per la tutela dei diritti umani, faremo il possibile per sostenere le famiglie vittime di questa azione istituzionale carica di violenza. Evidentemente – sostiene Stasolla – si sta iniziando la campagna elettorale e, come accaduto nel passato, l’accanimento verso che meno conta, a partire da donne e bambini in condizione di emarginazione sociale e povertà estrema, diventa ancora una volta la formula adottata per strappare facile consenso. Il nostro auspicio è che la battaglia per i diritti delle 28 famiglie non ci veda in condizione di solitudine e per questo ci attendiamo una chiara e ferma presa di posizione in primis da parte delle organizzazioni coinvolte nel percorso del superamento del “villaggio”».

Foto di Davide Giorni

Presentata la ricerca: "So Dukhalma – quello che mi fa soffrire"

In occasione della Giornata Mondiale dei Diritti Umani è stata presentata ieri, presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma, la nuova ricerca dell’Associazione 21 luglio: “So Dukhalma – quello che mi fa soffrire. Il disagio interiore dei giovani e delle famiglie rom residenti negli insediamenti istituzionali”.
L’indagine è partita da un campione di famiglie rom con una storia migratoria molto simile, che inizialmente si era insediato nel campo informale di Vicolo Savini – a Roma – e successivamente si è disgregato facendo scelte abitative differenti. Nel 2005, infatti, di fronte all’intimazione di sgombero della giunta Veltroni, una parte ha accettato la sistemazione nel nuovo campo di Castel Romano, un’altra parte (minoritaria) ha deciso di occupare uno stabile e abitare all’interno di una casa convenzionale.
La ricerca si è calata nella realtà del «villaggio della solidarietà» di Castel Romano, un ghetto sovraffollato nel quale vivono 1200 persone, collocato sulla Pontina (una strada provinciale a scorrimento veloce), distante dal centro di Roma oltre 30 Km e localizzato nei pressi di una riserva naturale abitata da cinghiali e serpenti. Il campo è completamente isolato sia dai centri urbanizzati dell’area circostante sia dalle zone commerciali, per cui anche fare la spesa diventa estremamente complicato per chi è privo di automobile.
All’interno di questo scenario, l’analisi ha cercato di cogliere le conseguenze psicologiche che un tale contesto di esclusione sociale può avere sulla vita e i comportamenti dei minori e delle famiglie. Ne è risultato che la maggior parte dei giovani e dei bambini, privati di spazi per giocare ed esprimere la propria personalità oltre che impossibilitati ad un confronto con la società esterna, sfogano la propria noia e l’insoddisfazione anche in forme di autolesionismo, rabbia e fame nervosa.
Dalla ricerca emerge – inoltre – come anni di politiche assistenzialistiche realizzate su base etnica abbiano azzerato la progettualità di uomini e donne rom che hanno visto generazioni intere nascere e crescere nei campi, in un contesto di segregazione, esclusione e discriminazione.
Completamente diverso il destino delle famiglie che nel 2005 hanno scelto di rifiutare la sistemazione nel campo di Castel Romano. Oggi queste persone sono orgogliose della loro autonomia e rivendicano la propria scelta. Come nel caso di Sevla Sejdic, capofamiglia rom intervenuta ieri pomeriggio per portare la sua testimonianza durante la presentazione. Dopo l’esperienza nel campo di Vicolo Savini, ha occupato uno stabile abbandonato e attualmente abita in una casa convenzionale. «Il campo ti spegne la vita» – ricorda – «oggi ho una casa come tutti e sono felice, per me e per i miei figli, di aver rifiutato il trasferimento a Castel Romano».
La ricerca è stata realizzata con il sostegno della Bernard van Leer Foundation.
L’autrice del testo è Angela Tullio Cataldo, la quale ha condotto l’intera ricerca con il supporto di Luca Facchinelli, Cristiana Ingigneri, Emiliana Iacomini e sotto la supervisione scientifica di Natale Losi, direttore della Scuola Quadriennale di Psicoterapia Etno Sistemico Narrativa di Roma.
Le fotografie del reportage sono state scattate da Stefano Sbrulli, fotoreporter e digital designer, presso il “villaggio della solidarietà” Castel Romano e presso le famiglie rom residenti in abitazioni private a Roma.
SCARICA LA RICERCA COMPLETA
SCARICA IL REPORTAGE FOTOGRAFICO (foto di Stefano Sbrulli)

Accogliamoci: nel "campo rom" di Castel Romano

“Campo rom” di Castel Romano, il più grande di Roma, costato, nel solo 2013, oltre 5 milioni di euro al Comune (di cui nulla è stato utilizzato per l’inclusione sociale dei circa mille rom che vi vivono). Dall’inchiesta denominata “Mondo di Mezzo” sono emersi i forti interessi, su questo “villaggio della solidarietà”, di Mafia Capitale e del ras delle cooperative Salvatore Buzzi.
Proprio in questo luogo, emblema del malaffare che ruota attorno ai rom nella Capitale e della politica segregante attuata nei confronti di tali comunità, il comitato promotore della campagna Accogliamoci, invitato da una parte dei rom del “campo”, si è recato per illustrare alla comunità le due delibere di iniziativa popolare per le quali la campagna ha avviato una raccolta firme. Una delle due delibere riguarda infatti il superamento dei campi rom nella Capitale attraverso percorsi efficaci di inclusione sociale. L’altra delibera riguarda invece la riforma del sistema di accoglienza per i rifugiati.

«Firmiamo perché non ce la facciamo più a stare nei ghetti, come animali, senza futuro e senza alcuna possibilità di vivere come il resto dei cittadini – affermano alcuni abitanti del “campo” – Vogliamo una vita diversa per i nostri figli, che sono nati e cresciuti qui in Italia. Una vita da cittadini italiani ed europei».
«Questa è mia figlia: guardatela. Ha appena venti giorni di vita. Guardate dove è nata. Guardate dove è costretta a vivere – spiega Dragan*, che vive a Castel Romano insieme alla moglie e a quattro figli -. Vivrà in un posto lontano da tutto e dimenticato da tutti. Noi non vogliamo vivere così, ma è in posti come questi che le istituzioni italiane ci hanno “rinchiuso”, negandoci la possibilità di vivere come e con il resto della società. Eppure io mi sento italiano al 100%: sono nato in Bosnia, ma sono qui da quando ero molto piccolo. E come un cittadino italiano, con un lavoro regolare, n una casa, con una vita normale, che vorrei vivere insieme alla mia famiglia».
Per essere discusse in Campidoglio le due delibere promosse dalla campagna Accogliamoci –  di cui l’Associazione 21 luglio fa parte insieme a molte altre associazioni – devono essere firmate da almeno 5 mila cittadini residenti a Roma oppure che vivono e lavorano nella Capitale. Al raggiungimento dell’obiettivo mancano poco meno di mille firme.
L’iniziativa, nei giorni scorsi, è stata sostenuta dall’attore Elio Germano e dal cantante Piotta, attraverso una divertente intervista doppia per smontare stereotipi e pregiudizi su rom e sinti. Insieme a loro altre personalità del mondo politico hanno sottoscritto le due proposte, tra cui Emma Bonino, Pippo Civati, Luigi Manconi, Rita Bernardini, Furio Colombo ma anche Khalid Chaouki e Fabrizio Barca del Partito Democratico. Adesioni anche dal mondo della musica. I banchetti sono stati ospitati in diversi concerti romani come quelli dei Modena City Ramblers e dei Sud Sound System che hanno visto la sottoscrizione dell’iniziativa da parte dei componenti delle band.
Per aderire all’iniziativa, per partecipare ai banchetti di raccolta firme, per ritirare i moduli da compilare e per tutte le informazioni sulla campagna consultare il sito della campagna www.accogliamoci.it oppure la pagina Facebook.
 
* il nome è di fantasia

Accogliamoci: nel "campo rom" di Castel Romano

“Campo rom” di Castel Romano, il più grande di Roma, costato, nel solo 2013, oltre 5 milioni di euro al Comune (di cui nulla è stato utilizzato per l’inclusione sociale dei circa mille rom che vi vivono). Dall’inchiesta denominata “Mondo di Mezzo” sono emersi i forti interessi, su questo “villaggio della solidarietà”, di Mafia Capitale e del ras delle cooperative Salvatore Buzzi.
Proprio in questo luogo, emblema del malaffare che ruota attorno ai rom nella Capitale e della politica segregante attuata nei confronti di tali comunità, il comitato promotore della campagna Accogliamoci, invitato da una parte dei rom del “campo”, si è recato per illustrare alla comunità le due delibere di iniziativa popolare per le quali la campagna ha avviato una raccolta firme. Una delle due delibere riguarda infatti il superamento dei campi rom nella Capitale attraverso percorsi efficaci di inclusione sociale. L’altra delibera riguarda invece la riforma del sistema di accoglienza per i rifugiati.

«Firmiamo perché non ce la facciamo più a stare nei ghetti, come animali, senza futuro e senza alcuna possibilità di vivere come il resto dei cittadini – affermano alcuni abitanti del “campo” – Vogliamo una vita diversa per i nostri figli, che sono nati e cresciuti qui in Italia. Una vita da cittadini italiani ed europei».
«Questa è mia figlia: guardatela. Ha appena venti giorni di vita. Guardate dove è nata. Guardate dove è costretta a vivere – spiega Dragan*, che vive a Castel Romano insieme alla moglie e a quattro figli -. Vivrà in un posto lontano da tutto e dimenticato da tutti. Noi non vogliamo vivere così, ma è in posti come questi che le istituzioni italiane ci hanno “rinchiuso”, negandoci la possibilità di vivere come e con il resto della società. Eppure io mi sento italiano al 100%: sono nato in Bosnia, ma sono qui da quando ero molto piccolo. E come un cittadino italiano, con un lavoro regolare, n una casa, con una vita normale, che vorrei vivere insieme alla mia famiglia».
Per essere discusse in Campidoglio le due delibere promosse dalla campagna Accogliamoci –  di cui l’Associazione 21 luglio fa parte insieme a molte altre associazioni – devono essere firmate da almeno 5 mila cittadini residenti a Roma oppure che vivono e lavorano nella Capitale. Al raggiungimento dell’obiettivo mancano poco meno di mille firme.
L’iniziativa, nei giorni scorsi, è stata sostenuta dall’attore Elio Germano e dal cantante Piotta, attraverso una divertente intervista doppia per smontare stereotipi e pregiudizi su rom e sinti. Insieme a loro altre personalità del mondo politico hanno sottoscritto le due proposte, tra cui Emma Bonino, Pippo Civati, Luigi Manconi, Rita Bernardini, Furio Colombo ma anche Khalid Chaouki e Fabrizio Barca del Partito Democratico. Adesioni anche dal mondo della musica. I banchetti sono stati ospitati in diversi concerti romani come quelli dei Modena City Ramblers e dei Sud Sound System che hanno visto la sottoscrizione dell’iniziativa da parte dei componenti delle band.
Per aderire all’iniziativa, per partecipare ai banchetti di raccolta firme, per ritirare i moduli da compilare e per tutte le informazioni sulla campagna consultare il sito della campagna www.accogliamoci.it oppure la pagina Facebook.
 
* il nome è di fantasia

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