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Rom sgomberati: l'esito dell'incontro


Le famiglie rom sgomberate il 14 luglio dall’insediamento di Val d’Ala hanno accettato l’accoglienza temporanea all’interno del “centro di raccolta” di via Salaria, in attesa dell’attivazione, da parte del Comune di Roma, di percorsi individuali di inclusione sociale.
Per le famiglie a rischio sgombero forzato nei centri di via San Cipirello, via Toraldo e via Torre Morena, invece, c’è l’impegno, da parte dell’Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Roma, di prorogare la loro permanenza all’interno di queste strutture.
E’ questo l’esito dell’incontro tra le delegazioni di Associazione 21 luglio e Popica Onlus, le famiglie rom e l’Assessorato alle Politiche Sociali che si è svolto in seguito al sit in di solidarietà promosso dalle due organizzazioni davanti all’Assessorato.
L’incontro si è svolto con circa tre ore di ritardo rispetto all’orario previsto (mezzogiorno), una situazione che, viste le temperature che nella Capitale sfioravano i 40 gradi, stava creando forti disagi soprattutto a bambini e anziani.
La sistemazione delle famiglie di Val d’Ala nella struttura di via Salaria non può essere considerata, dall’Associazione 21 luglio, una soluzione adeguata, viste le condizioni di vita precarie all’interno della stessa. L’Associazione 21 luglio auspica tuttavia che l’Amministrazione mantenga fede agli impegni presi relativamente alla temporaneità della soluzione e alla pronta attivazione di percorsi di inclusione sociale per le stesse famiglie.
L’Associazione 21 luglio auspica altresì che venga mantenuta la promessa verbale dell’Assessore Danese rivolta ai rom che vivono nei tre centri di via San Cipirello, via Toraldo e via Torre Morena, scongiurando così il rischio di sgombero forzato dalle strutture.
 

Sgomberati due volte in un anno

Roma, 14 luglio 2015 – Senza alcun preavviso, facendo saltare le positive consultazioni avviate nelle scorse settimane, questa mattina il Comune di Roma ha proceduto allo sgombero forzato dell’insediamento informale rom di Val d’Ala, nella periferia nord-est della Capitale. La comunità rom, 21 persone di nazionalità rumena tra cui tre bambini e due donne incinte, si trova ora, in segno di protesta, sotto l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune, accompagnata da una delegazione dell’Associazione 21 luglio.
È la seconda volta in un anno che gli stessi rom di Val d’Ala vengono sgomberati dallo stesso insediamento. Lo sgombero forzato del 9 luglio 2014 costò alle casse comunali circa 170 mila euro, considerando le operazioni di sgombero in quanto tali, l’accoglienza temporanea nella ex Fiera di Roma e il rimpatrio assistito delle famiglie. Solo alcuni mesi dopo, lo scorso febbraio, le stesse persone sono ritornate a Roma, reinsediandosi nella medesima area dalla quale erano stati sgomberati.
Il caso Val d’Ala, come ha più volte denunciato l’Associazione 21 luglio, assomiglia a un vero e proprio gioco dell’oca ed è emblematico di quanto sia miope, costosa ed inefficace la politica degli sgomberi forzati nella Capitale.
Lo sgombero odierno – il 59esimo realizzato nel 2015 dall’Amministrazione capitolina, a fronte dei 34 nell’intero anno precedente – è avvenuto alle prime luci dell’alba alla presenza degli uomini dei Carabinieri, della Polizia Municipale e della Guardia Forestale. L’azione è stata ordinata dal Gabinetto del Sindaco, previa comunicazione all’Assessorato alle Politiche Sociali. Presente sul posto anche il Presidente del Municipio III Paolo Marchionne.
L’azione si configura ancora una volta in violazione degli standard previsti dal diritto internazionale in materia di sgomberi. Nessuna notifica dello sgombero, né verbale né scritta, è stata consegnata alla comunità e nessuna soluzione alternativa abitativa adeguata è stata offerta alle famiglie rimaste da oggi all’addiaccio.
Soltanto pochi mesi fa, a febbraio 2015, la Commissione Europea contro l’Intolleranza e il Razzismo (ECRI) aveva richiamato l’Itala a causa dei continui sgomberi forzati che non rispettano le procedure internazionali perpetrati nel nostro Paese.
Nei mesi scorsi, in seguito alle notizie sull’imminenza dello sgombero a Val d’Ala, era stato avviato con a segreteria dell’Assessorato alle Politiche Sociali un positivo tavolo di consultazioni che avrebbe dovuto portare all’individuazione di soluzioni alternative percorribili ed efficaci, con il coinvolgimento delle singole famiglie. Il tavolo e il dialogo intrapreso avevano di fatto scongiurato lo sgombero forzato. Il caso Val d’Ala sarebbe diventato così il modello, per l’Amministrazione, per dare una sterzata rispetto alla politica degli sgomberi forzati e affrontare la questione degli insediamenti informali nella Capitale ascoltando le richieste sia degli abitanti del quartiere che delle comunità rom direttamente coinvolte.
Proprio oggi ci sarebbe dovuto essere un nuovo incontro tra una delegazione dell’Associazione 21 luglio, i rom di Val d’Ala e la segreteria dell’Assessore Francesca Danese per proseguire il positivo dialogo sulla questione. Lo sgombero forzato odierno, invece, manda in frantumi quella che poteva essere una preziosa occasione per offrire un segnale di rottura, nella Capitale, rispetto alle politiche fallimentari degli ultimi decenni.
«Siamo estremamente preoccupati dell’incapacità di questa Amministrazione di comprendere e gestire la questione degli insediamenti informali nella Capitale. Una incapacità che purtroppo degenera nella reiterazione di sgomberi forzati e nella sistematica violazione dei diritti umani di uomini, donne e bambini», afferma l’Associazione 21 luglio.
 

L'Autorità Anticorruzione avvia istruttoria sul Best House Rom

L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha avviato un’istruttoria nei confronti del Comune di Roma in merito ai ripetuti affidamenti diretti alla cooperativa sociale Inopera della gestione del centro di raccolta denominato “Best House Rom”.
L’intervento dell’Autorità guidata da Raffaele Cantone giunge come risposta a un esposto presentato alla stessa Autorità il 3 febbraio 2015 dall’Associazione 21 luglio, che ha denunciato sia le condizioni strutturali del centro sia la mancanza di trasparenza nelle modalità di affidamento diretto dal Comune alla cooperativa Inopera.
Il Best House Rom, situato in via Visso 12/14, nella periferia orientale della Capitale, è un capannone industriale classificato, secondo la visura dell’Agenzia del Territorio, nella categoria C/2, la stessa riservata ai locali utilizzati per il deposito delle merci. Non potrebbe, dunque, ospitare delle persone. Vi vivono, in condizioni precarie, alcune centinaia di rom all’interno di spazi angusti, in veri e propri «loculi» – come denunciato dal presidente della Commissione Diritti Umani del Senato Luigi Manconi lo scorso gennaio, in occasione di una visita alla struttura organizzata dall’Associazione 21 luglio – privi di finestre e punti luce per il passaggio dell’aria e della luce naturale.
La struttura è stata inaugurata a luglio 2012 quando, con determinazione dirigenziale n. 3233 del 9 luglio 2012, firmata dall’allora Direttore del Dipartimento Politiche Sociali del Comune di Roma Angelo Scozzafava, arrestato in seguito all’inchiesta su Mafia Capitale, il Comune ha affidato in maniera diretta alla cooperativa Inopera il servizio di accoglienza di circa 300 rom sgomberati dall’insediamento di via del Baiardo e di altri rom provenienti dal campo di Castel Romano.
La gestione del centro, nato con carattere temporaneo, è stata prolungata fino ad oggi mediante una serie di determinazioni dirigenziali che hanno confermato i ripetuti affidamenti diretti, di durata breve, alla stessa cooperativa Inopera. A dicembre 2013, nella struttura sono stati spostati anche i 137 rom provenienti dal “villaggio attrezzato” di via della Cesarina e altre persone vittime di sgomberi forzati.
Nel solo 2014, il Best House Rom è costato circa 2,8 milioni di euro, pari a una spesa di 650 euro al mese per ogni ospite, mentre per una singola famiglia, dalla nascita del centro, il Comune ha speso oltre 150 mila euro. Il 93% delle risorse, inoltre, è usato per la sola gestione della struttura mentre nulla è destinato all’inclusione sociale di uomini, donne e bambini.
Nell’avviare l’istruttoria, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha chiesto al Comune di Roma una giustificazione circa i reiterati affidamenti diretti di breve durata alla cooperativa Inopera nonché circa la mancanza di una opportuna pubblicazione a livello comunitario degli stessi affidamenti, contravvenendo così al principio di trasparenza.
L’Autorità ha quindi domandato al Comune di fornire informazioni dettagliate sui requisiti richiesti alla cooperativa Inopera per la gestione del servizio di accoglienza e sulle autorizzazioni in materia urbanistica, edilizia, di igiene, sicurezza e prevenzione incendi. Infine, ha richiesto un elenco delle verifiche della corretta esecuzione della prestazione da parte della cooperativa.
«L’apertura del fascicolo da parte dell’Autorità Anticorruzione rappresenta l’ennesima scure su un luogo, privo dei requisiti strutturali, dove si violano sistematicamente i diritti umani di uomini, donne e bambini», afferma l’Associazione 21 luglio che auspica l’immediata chiusura e superamento del Best House Rom.
A gennaio 2015 l’Assessore alle Politiche Sociali Francesca Danese aveva definito la struttura «un mostro», promettendone la chiusura entro due mesi. Qualche mese dopo, lo scorso maggio, lo stesso Assessore aveva pubblicamente annunciato che, con la fine della scuola, sarebbe stata individuata una soluzione alternativa per almeno cinque famiglie residenti nel centro di raccolta. A nulla di tutto ciò, ad oggi, è seguito un riscontro nella realtà.
Nel frattempo, il 29 maggio 2015, nell’Ordinanza di applicazione di misure cautelari, che aveva scandito l’inizio dell’azione denominata “Mafia Capitale 2”, la cooperativa Inopera emergeva nelle intercettazioni e nei dialoghi con altre realtà ora indagate nell’inchiesta.
«Il mostro è ancora lì e continua, imperterrito, a nutrirsi dei milioni di euro che vi confluiscono in maniera poco trasparente. Sulla pelle dei rom – afferma Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio -. Non riusciamo a capacitarci del perché, nonostante i proclami dell’Amministrazione, sul Best House Rom non sia ancora stata messa la parola fine. A fronte dell’immobilismo istituzionale non ci resta che confidare nella scure dell’Ufficio guidato da Raffaele Cantone e nell’assestamento del colpo decisivo a questa vergogna capitale».
 

Roma, il sistema dell'accoglienza per soli rom

Otto milioni di euro, una cifra superiore del 30% rispetto allo scorso anno. È quanto ha speso il Comune di Roma nel 2014 per segregare e violare i diritti umani di 242 famiglie rom nei cosiddetti “centri di raccolta rom”, per una spesa annua a famiglia di circa 33 mila euro.
A un anno dalla pubblicazione del rapporto Campi Nomadi s.p.a., che aveva denunciato l’esistenza a Roma di un “sistema campi nomadi” del valore di oltre 24 milioni di euro, l’Associazione 21 luglio ha presentato oggi in Campidoglio il report Centri di Raccolta s.p.a. che completa il quadro dimostrando la presenza di un “sistema dell’accoglienza per soli rom”, parallelo rispetto all’assistenza alloggiativa prevista per i non rom, che continua a muovere denaro dal pubblico al privato senza che nulla cambi per il benessere della città e dei suoi cittadini, rom e non.
Sono intervenuti alla conferenza stampa anche il Presidente della Commissione Diritti Umani del Senato Luigi Manconi, l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Francesca Danese, il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi e il professore associato di Sociologia presso l’Università Sciences Po di Parigi Tommaso Vitale.
Nella Capitale vi sono attualmente tre “centri di raccolta” propriamente detti: il Centro di via Salaria, il Best House Rom e il Centro di via Amarilli, campi nomadi di ultima generazione, spazi segregati e privi dei requisiti minimi stabiliti dalla normativa regionale (Legge Regionale 41/2003). Circa 900 persone, di cui la metà minori, vi vivono in situazioni spesso drammatiche, caratterizzate da spazi angusti, mancanza di privacy e condizioni igienico-sanitarie precarie, in uno stato di ricatto morale, abituati – e spesso definitivamente assuefatti – a un sistema perverso che li priva della dignità e di ogni opportunità di inclusione sociale, relegandoli ai margini della città. Ai tre centri si aggiungono quattro strutture (via san Cipirello, via Torre Morena, via Toraldo e l’ex Fiera di Roma) nelle quali risiedono circa 300 rom accolti dopo le proteste seguite agli sgomberi forzati dei loro insediamenti.
Per i sette centri l’Amministrazione di Roma Capitale ha speso nel 2014 8.053.544 euro, il 29,8% in più rispetto a quanto stanziato l’anno precedente per i centri di raccolta (6.202.869 euro). Della spesa totale impiegata nel 2014, il 90,6% è stato utilizzato per la sola gestione dei centri; il 4% per sicurezza e vigilanza; il 5,4% per la scolarizzazione, mentre nulla è stato destinato all’inclusione sociale dei rom.
Per la quasi totalità, i fondi sono stati assegnati a enti e cooperative tramite affidamento diretto e senza bando pubblico. Al solo Consorzio Casa della Solidarietà, operante nei centri di via Salaria, via Amarilli, via di Torre Morena e nella ex Fiera di Roma, è andato il 49,2% delle risorse comunali (poco meno di 4 milioni di euro), seguito da Cooperativa Inopera, attiva nel Best House Rom, che ha ricevuto più di 2,5 milioni di euro (pari al 32% del totale).
Tra i centri più esosi per le casse comunali primeggia il Best House Rom – «un mostro che deve essere chiuso», come lo ha definito l’assessore Danese lo scorso 26 gennaio – costato quasi 2,8 milioni di euro nel 2014, cifra più che doppia rispetto al 2013 (+122%), pari a circa 39 mila euro all’anno per una singola famiglia. Il centro, situato in via Visso 14, risulta privo di finestre e punti luce per il passaggio di aria e luce naturale, e presenta stanze in media di 12mq ciascuna, dove vivono mediamente cinque persone. Gli altri due grandi centri di raccolta rom – via Salaria e via Amarilli – sono costati invece rispettivamente circa 2 e 1,4 milioni di euro (-23% e -1% rispetto al 2013). Per mantenere una famiglia rom nel centro di via Salaria il Comune di Roma, dal 2009, da quando cioè la struttura è nata, ha speso 231.970 euro, mentre nel centro di via Amarilli il costo annuo a famiglia, nel 2014, ammonta a 69.723 euro, pari a più di 341 mila euro a famiglia dalla nascita del centro, nel 2010.
«La gestione economica dei centri di raccolta rom rappresenta la cartina di tornasole delle politiche sociali rivolte negli ultimi anni ai rom e ai sinti della Capitale: il centro è concepito per far restare le persone accolte il più a lungo possibile, nessuna risorsa è utilizzata per la fuoriuscita attraverso percorsi virtuosi di inclusione lavorativa e abitativa», afferma il presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla.
«Utilizzando la metafora del “Patto, si potrebbe dire che il sistema è garantito da una sorta di accordo implicito e consolidato nel tempo che potremmo chiamare “Patto dell’Invisibilità” e che si fonda su tre parole chiave: Assistenza, Invisibilità, Profitto – prosegue Stasolla -. Nel “patto” non scritto l’Amministrazione comunale garantirebbe un mero assistenzialismo all’interno delle strutture; la famiglia rom, in cambio di un alloggio sotto-standard, assicurerebbe all’Amministrazione una sorta di invisibilità che si traduce anzitutto nella mancata rivendicazione dei propri diritti; l’ente gestore sarebbe lautamente pagato per garantire l’osservanza del “patto”».
Secondo l’Associazione 21 luglio, Roma ha oggi più che mai il dovere e l’opportunità concreta di cambiare pagina rispetto alle politiche fallimentari e dispendiose che hanno caratterizzato l’operato delle varie Amministrazioni che si sono succedute negli ultimi anni, a partire da una rigorosa e non più rimandabile programmazione di una politica efficace di superamento dei campi rom. In quest’ottica, il rapporto Centri di raccolta s.p.a. si conclude con una lista di sette principi programmatici per costruire nuovi interventi in favore dei rom a Roma, a cura del prof. Tommaso Vitale.
SCARICA IL RAPPORTO

Rapporto "Centri di raccolta s.p.a.": presentazione in Campidoglio

A un anno dalla pubblicazione del rapporto “Campi Nomadi s.p.a.”, che ha svelato il fiume incontrollato di denaro pubblico che nel 2013 ha alimentato il cosiddetto “sistema campi” nella Capitale

l’Associazione 21 luglio presenta il nuovo rapporto


Centri di raccolta s.p.a.

I centri di assistenza abitativa per soli rom. I costi a Roma nel 2014 e i percorsi per il loro superamento

6 maggio 2015 – ore 12.30
sala del Carroccio
piazza del Campidoglio, Roma


Intervengono:

Carlo Stasolla – presidente Associazione 21 luglio
Luigi Manconi – presidente Commissione Diritti Umani del Senato
Francesca Danese – Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale
Riccardo Magi – consigliere Roma Capitale
Tommaso Vitale – professore associato di Sociologia, direttore Master “Governing the large metropolis”, Sciences Po, Centre d’Etudes Europennes, Parigi

Modera:

Luca Liverani – giornalista di Avvenire

INGRESSO LIBERO
Ai presenti sarà consegnata copia gratuita del rapporto

Per maggiori informazioni:
Danilo Giannese
Comunicazione e Ufficio Stampa
Associazione 21 luglio
Tel: 388 4867611 – 06 64815620
Email: stampa@21luglio.org

Rapporto "Centri di raccolta s.p.a.": presentazione in Campidoglio

A un anno dalla pubblicazione del rapporto “Campi Nomadi s.p.a.”, che ha svelato il fiume incontrollato di denaro pubblico che nel 2013 ha alimentato il cosiddetto “sistema campi” nella Capitale

l’Associazione 21 luglio presenta il nuovo rapporto


Centri di raccolta s.p.a.

I centri di assistenza abitativa per soli rom. I costi a Roma nel 2014 e i percorsi per il loro superamento

6 maggio 2015 – ore 12.30
sala del Carroccio
piazza del Campidoglio, Roma


Intervengono:

Carlo Stasolla – presidente Associazione 21 luglio
Luigi Manconi – presidente Commissione Diritti Umani del Senato
Francesca Danese – Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale
Riccardo Magi – consigliere Roma Capitale
Tommaso Vitale – professore associato di Sociologia, direttore Master “Governing the large metropolis”, Sciences Po, Centre d’Etudes Europennes, Parigi

Modera:

Luca Liverani – giornalista di Avvenire

INGRESSO LIBERO
Ai presenti sarà consegnata copia gratuita del rapporto

Per maggiori informazioni:
Danilo Giannese
Comunicazione e Ufficio Stampa
Associazione 21 luglio
Tel: 388 4867611 – 06 64815620
Email: stampa@21luglio.org

Bambini rom e la scuola : due pesi, due misure

Lunedì 30 marzo, in una lettera inviata al quotidiano “Il Tempo” a proposito della scolarizzazione dei bambini rom a Roma, gli assessori Francesca Danese e Paolo Masini hanno affermato che «negli ultimi tre anni la percentuale di frequenza media o regolare dei bambini rom oggetto di percorsi di scolarizzazione è rimasta stabile tra il 55% e il 60%».
L’Associazione 21 luglio non contesta il dato dei due assessori. Contesta però il criterio con cui esso viene stabilito.
Secondo il decreto legislativo n. 59 del 2004, «ai fini della validità dell’anno per la valutazione degli allievi è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato» pari a una frequenza del 75% del totale dei giorni previsti dal calendario scolastico. Quindi in Italia la frequenza di un alunno può essere definita regolare se supera il 75% delle frequenze.
In realtà da diversi anni l’Ufficio Rom, Sinti e Camminanti del Dipartimento Politiche Scolastiche del Comune di Roma elabora i dati relativi alla frequenza scolastica dei minori rom utilizzando una tabella, redatta solo per i rom, che prevede quattro fasce: frequenza regolare (70%-100%), frequenza media (40%-70%), frequenza scarsa (0,1%-40%), frequenza nulla (0%).
È solo attraverso l’utilizzo di tale diverso indicatore che gli assessori Danese e Masini possono concludere che negli ultimi tre anni scolastici più del 50% dei minori rom ha frequentato in maniera media e regolare la scuola. Il dato risulta quindi falsato perché falsato è il criterio utilizzato. Falsato, per esempio, è affermare che un bambino rom che va a scuola 1 solo giorno all’anno abbia una “frequenza scarsa”. Ciò che alla fine dichiarano i due assessori è che, a fronte dei più di 3 milioni di euro spesi annualmente dal Comune di Roma, il 55-60% dei minori rom va a scuola più di 4 volte su 10. Un dato che non ci sembra particolarmente incoraggiante.
A titolo esemplificativo riportiamo i dati relativi al campo di Lombroso e resi pubblici dal consigliere municipale Andrea Montanari. A fronte dei quasi 100mila euro spesi per la scolarizzazione, riferendosi alla soglia del 75% che la legge italiana utilizza per definire regolare la frequenza scolastica, emerge che solo 2 minori rom frequenterebbero in maniera regolare. Se però adottiamo il criterio fissato dall’Ufficio Rom, Sinti e Camminanti la frequenza media o regolare raggiungerebbe per l’insediamento considerato le 18 unità.
Per l’ennesima volta i rom sono considerati, anche dalle istituzioni, cittadini diversi, per i quali applicare tabelle e criteri differenti. Con buona pace di chi è chiamato, dopo aver vinto il bando, a lavorare per l’inclusione scolastica dei minori rom.

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Best House Rom, a due mesi dall’impegno di Danese «Lo chiuderò in due mesi».

Il 26 gennaio scorso, l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Francesca Danese, in seguito a una visita al centro di raccolta rom “Best House Rom”, organizzata dall’Associazione 21 luglio e dalla Commissione Diritti Umani del Senato, dichiarò che avrebbe chiuso «questo mostro in due mesi».
A due mesi esatti di distanza dalle parole pronunciate pubblicamente davanti ai microfoni dei numerosi giornalisti presenti, l’Associazione 21 luglio auspica che l’Assessore tenga fede all’impegno assunto e provveda con urgenza e risposte adeguate alla chiusura di una struttura in cui, ancora oggi, 320 uomini, donne e bambini rom continuano a vivere in condizioni di vita precarie e in cui i loro diritti umani continuano a essere violati in maniera sistematica.
Il “Best House Rom”, situato in via Visso 12, nella periferia est della Capitale, è uno dei quattro centri di raccolta, riservati a soli rom, gestiti dal Comune di Roma. La struttura è stata inaugurata nel 2012 per accogliere le famiglie rom sgomberate dagli insediamenti informali, e nel dicembre 2013 è stato ampliatA per consentire l’ingresso dei 150 rom sgomberati dall’ex “villaggio attrezzato” di via della Cesarina. Il centro presenta spazi angusti e inadeguati, non ci sono finestre né punti luce per il passaggio dell’aria e della luce naturale all’interno di stanze dove vivono in media cinque persone. Il Comune di Roma ha speso nel 2014 per questa struttura quasi 3 milioni di euro.
«Nel centro di accoglienza “Best House Rom” – dichiararono in una nota alla stampa il 26 gennaio scorso il presidente della Commissione Diritti Umani Luigi Manconi e la senatrice Manuela Serra, subito dopo la visita alla struttura – è in atto una sistematica violazione dei diritti umani. Circa 300 rom, di cui più della metà minori, vivono in una condizione di segregazione abitativa e sociale. La struttura, priva di finestre e punti luce, va chiusa così come vanno superati i “campi rom” attraverso l’individuazione dei percorsi di inclusione sociale previsti dalla Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti in Italia».
L’Assessore Danese, in seguito alla visita al “Best House Rom”, alla quale prese parte anche il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi, non esitò a definire la struttura «un mostro».
«Questo mostro deve essere chiuso. Lo farò in due mesi, il tempo necessario per trovare una sistemazione dignitosa a queste famiglie», affermò l’Assessore.
«Un eventuale mantenimento della struttura al di là dei due mesi previsti, – ha scritto l’Associazione 21 luglio in una lettera inviata nei giorni scorsi all’Assessore Danese, alla quale non è seguita alcuna risposta – oltre ad abbassare il livello di credibilità nei confronti degli amministratori capitolini, potrebbe essere letto – agli occhi della comunità rom e dell’intera cittadinanza – come l’incapacità degli stessi, a fronte dei grandi interessi economici che si muovono attorno al sistema assistenziale che a Roma riguarda i rom, di fornire risposte».
Sul “Best House Rom”, anche il sindaco Ignazio Marino aveva assunto un impegno concreto. L’8 dicembre 2014, in risposta a uno sciopero della fame intrapreso dal consigliere comunale Riccardo Magi e dal presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla, Marino dichiarò: «Al più presto intendo visitare il centro per rendermi conto personalmente, come sindaco e come medico, della situazione. A voi voglio ribadire il mio impegno a trovare una soluzione alternativa per le donne, gli uomini e i bambini che oggi vivono in condizioni non dignitose. Ringrazio sinceramente per aver sollevato il caso emblematico della struttura Best House Rom e chiedo di sospendere lo sciopero della fame».
Anche a tale impegno, ad oggi, non è seguita alcuna azione concreta da parte del primo cittadino.
Foto: Roma Capitale News

«Il Best House Rom va chiuso immediatamente»

«Nel centro di accoglienza “Best House Rom” è in atto una sistematica violazione dei diritti umani. Circa 300 rom, di cui più della metà minori, vivono in una condizione di segregazione abitativa e sociale. La struttura, priva di finestre e punti luce, va chiusa così come vanno superati i “campi rom” attraverso l’individuazione dei percorsi di inclusione sociale previsti dalla Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti in Italia».
Lo affermano, in una nota congiunta, Luigi Manconi e Manuela Serra, della Commissione Diritti Umani del Senato, Carlo Stasolla, dell’Associazione 21 luglio, e il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi, dopo essere tornati oggi al “Best House Rom”, nella periferia est della Capitale.
Alla visita ha preso parte anche l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Francesca Danese che ha definito il centro «un mostro, una bruttura figlia delle proroghe dietro le quali si è insediato il malaffare».
«In questo edifico, in stanze piccolissime dove vivono anche fino a dodici persone, ammassate, ci sono bambini che non possono vedere la luce del sole perché non esistono finestre – ha detto Francesca Danese -. Il centro, che ha costi altissimi per l’amministrazione comunale, oltre 700 euro al mese a persona e che non possiede i requisiti igienico-sanitari, deve essere chiuso. Mi sto preoccupando di trovare un sistema di accoglienza rispettoso dei diritti delle persone e stiamo effettuando un monitoraggio al riguardo. Entro un paio di mesi conto di sistemare tutto».
Il “Best House Rom” è uno dei quattro centri di raccolta, riservati a soli rom, gestiti dal Comune di Roma. Inaugurato nel 2012 per accogliere le famiglie rom sgomberate dagli insediamenti informali, nel dicembre 2013 è stato ampliato per consentire l’ingresso dei 150 rom sgomberati dall’ex “villaggio attrezzato” di via della Cesarina. Il centro presenta spazi angusti e inadeguati, non ci sono finestre né punti luce per il passaggio dell’aria e della luce naturale all’interno di stanze dove vivono in media cinque persone. Il Comune di Roma ha speso nel 2014 per questa struttura quasi 3 milioni di euro.
Sul “Best House Rom” si era di recente espresso anche il sindaco Ignazio Marino, in una lettera indirizzata a Carlo Stasolla e a Riccardo Magi, che avevano iniziato uno sciopero della fame, impegnandosi «a trovare una soluzione alternativa per le donne, gli uomini e i bambini che oggi vivono in condizioni non dignitose».
«È più che mai urgente – affermano Manconi, Serra, Stasolla e Magi – chiudere al più presto questa struttura e avviare percorsi di inclusione sociale rivolti alle persone che lì vivono. Si tratterebbe del primo, concreto passo verso una nuova politica della città di Roma nei confronti delle comunità rom, private finora di ogni opportunità e segregate nei campi».

Un'abitazione per i 28 rom espulsi. Ora una svolta

Dopo due giorni di sit-in davanti all’Assessorato alle Politiche Sociali di Roma Capitale, organizzato da due famiglie rom e dagli attivisti dell’Associazione 21 luglio, l’Ufficio Rom di Roma Capitale ha finalmente concesso ai 28 rom espulsi dal Best House Rom di via Visso un’abitazione presso il “villaggio attrezzato” Camping River. La decisione, di fatto, sconfessa quella assunta dalla dottoressa Ivana Bigari, direttrice Direzione Accoglienza e Inclusione del Dipartimento Politiche Sociali, che il 21 novembre scorso aveva notificato alle due famiglie una nota di espulsione con motivazioni giudicate deboli ed eccessivamente penalizzanti dagli stessi assistenti sociali dell’Ufficio Rom.
Sulla vicenda si erano mobilitati nei giorni scorsi anche l’europarlamentare Silvia Costa, il consigliere comunale di Roma Capitale Riccardo Magi e la senatrice della Commissione Diritti Umani del Senato Manuela Serra.
<<Si tratta di un puro atto di abuso politico e rappresaglia perpetrato ai danni di persone che hanno contribuito a denunciare situazioni di violazioni di diritti e malagestione di questa struttura (il Best House Rom nda)>>, aveva dichiarato la senatrice Serra. Oltre a loro nella giornata di ieri anche il neo assessore alle Politiche Sociali Francesca Danese aveva assunto l’impegno a trovare una soluzione abitativa adeguata.
Secondo l’Associazione 21 luglio <<la decisione assunta dall’Ufficio Rom non puo’ che far piacere e confermare come la lettera di espulsione non sia stata mai supportata da elementi validi e attendibili>>.
La vicenda dei 28 rom espulsi dal Best House Rom e lasciati per strada per 39 giorni e’ la cartina di tornasole di come le modalita’ illegittime e talvolta illegali svelate dall’inchiesta su Mafia Capitale rappresentino una patologia congenita del “sistema campi nomadi” della Capitale.
<<Raccomandiamo all’assessore Danese – aggiunge l’Associazione 21 luglio – se veramente vuole dare corpo alle sue intenzioni di muoversi verso scelte precise e nette che vengano declinate nel cambio di dirigenti interni al suo assessorato, nella sostituzione del personale che lavora all’interno dell’Ufficio Rom di Roma, nella sospensione degli appalti concessi con affidamento diretto, nell’accurato monitoraggio dell’operato delle organizzazioni che lavorano a vario titolo all’interno degli insediamenti, nell’azzeramento dei sedicenti rappresentanti rom privi di qualsiasi legittimiazione formale>>.
Compito dell’Amministrazione comunale resta ora quello di indicare una strada nuova senza dimenticare che chi per primo ha il diritto ad essere risarcito dalle ultime vicende giudiziarie e non, sono le comunita’ rom e sinte della citta’ di Roma sulla cui testa per troppi anni si sono intessuti interessi politici, procacciati voti e accomulati guadagni.

Associazione 21 luglio ETS - Largo Ferruccio Mengaroni, 29, 00133, Roma - Email: info@21luglio.org - C.F. 97598580583 - Privacy Policy - Cookie Policy