Il genocidio di rom e sinti: una memoria rimossa
Il 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria, una data simbolica per ricordare i 72 anni trascorsi dall’apertura dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz che ha mostrato al mondo gli orrori del genocidio perpetrato durante il nazismo.
Si stima che vi siano almeno 500.000 rom e sinti tra le vittime del nazifascismo, una strage che in lingua romanès viene ricordata con i termini “Porrajmos” (grande divoramento) e “Samudaripen” (tutti morti). Lo sterminio di questi popoli – pianificato ed effettuato per ragioni puramente razziali – rimane tuttavia una tragedia silenziosa, dimenticata.
Se ne parlerà durante il convegno organizzato dalla Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato e la CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili) in collaborazione con Associazione 21 luglio, che si terrà il 27 gennaio dalle ore 11 presso la Sala ISMA del Senato della Repubblica: “Il genocidio di rom e sinti durante il nazifascismo: una memoria rimossa”.
Interverranno Patrizio Gonnella – presidente della CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili), Carlo Stasolla – presidente di Associazione 21 luglio, lo scrittore svedese BjÖrn Larsson post-fattore del libro “Io non mi chiamo Miriam” di Majgull Axelsson e l’antropologa Paola Trevisan.
“Ultimi tra gli ultimi” i rom hanno continuato ad essere perseguitati anche dopo la fine della guerra e per sfuggire alla discriminazione hanno ricorso spesso alla negazione della propria identità, un tema approfondito nel romanzo “Io non mi chiamo Miriam” che narra le vicende di una bambina rom sopravvissuta al genocidio nazista. Lasciata la Germania e prima di rifugiarsi in Svezia decide di negare la verità sulle proprie origini per paura di continuare ad essere discriminata. Vestirà i panni di una sua coetanea ebrea morta in un campo di concentramento e per tutta la vita fingerà di essere un’altra persona, fino al momento dell’inevitabile confessione al compimento del suo ottantesimo compleanno.
«La “mimetizzazione” utilizzata come strategia di sopravvivenza ieri, lo è anche per molti rom oggi in Italia. – ha spiegato Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio – La paura di essere discriminati nell’ambiente scolastico, il rischio di non trovare casa o di perdere il lavoro costituiscono dei limiti oggettivi che allontanano le comunità rom da una piena cittadinanza, verso la quale ognuno di noi ha diritto ad aspirare. Questo limite, lo riaffermiamo oggi, va superato con l’impegno e la collaborazione di tutti».
Rimosso dalla memoria collettiva, il genocidio di rom e sinti non ha ricevuto un riconoscimento ufficiale durante i processi di Norimberga del 1945 nonostante ricorressero numerose testimonianze negli atti presentati ai Tribunali Internazionali e solo nel 1979 il governo tedesco riconobbe la persecuzione razziale di questo popolo.
Anche l’Italia ha conosciuto la deportazione e il rastrellamento durante il periodo fascista ma nel nostro Paese non è ancora stata istituita una data ufficiale per commemorare questa dolorosa pagina di storia. Per ripercorrere le varie fasi delle politiche del regime fascista, l’antropologa Paola Trevisan presenterà nuovi documenti d’archivio che mettono in evidenza la lunga durata delle persecuzioni cui furono sottoposti Rom e Sinti. Di grande interesse, anche per capire quello che succede oggi, è la documentazione storica dell’impossibilità per rom e sinti di essere visti al di là della stereotipica categorizzazione di “stranieri indesiderabili” o “italiani pericolosi”, costruita proprio durante il fascismo.
“Ci sono fatti storici che non possono e non devono finire nell’oblio. La memoria è un’arma potente e lo è ancor di più in un’epoca come quella attuale, dove l’odio verso l’altro viene utilizzato come strumento di consenso politico, gettando così le basi per incorrere in pericolose derive razziste e xenofobe – dichiara Patrizio Gonnella, presidente di CILD – Anche quest’anno perciò ricorderemo fatti meno conosciuti che rappresentano, al pari di altri, macchie indelebili sulla nostra storia. Una storia che deve sempre servire da monito per il presente e il futuro”.
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