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Rukeli.

Rukeli eroe e vittima del nazifascismo nello spettacolo di Maurizio Vacca

Il 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria ma manca un riconoscimento ufficiale del genocidio del popolo rom e sinto perpetrato dal regime nazi-fascista: il “Porrajmos” (grande divoramento) o “Samudaripen” (tutti morti), in lingua romanés.

Associazione 21 luglio e la Giornata della Memoria

Associazione 21 luglio celebrerà questa giornata con un convegnoPORRAJMOS. La persecuzione dei rom e dei sinti in Italia durante il Fascismo” presso il Comune di Gioia del Colle. A seguire uno spettacolo dedicato a “Rukeli”, grande campione di boxe e vittima del regime perché appartenente al popolo sinto. La rappresentazione “IL MIO INV(F)ERNO…vita da zingaro” è scritto e diretto da Maurizio Vacca e co-prodotto da Sic! ProgettAzioni Culturali e Comune di Gioia del Colle in collaborazione con l’Università della Terza Età di Gioia del Colle. Le musiche originali saranno affidate al gruppo musicale C.F.F.

Scheda dello spettacolo

(di SIC! ProgettAzioni Culturali)
“IL MIO INV(F)ERNO…vita da zingaro” è la storia di un uomo ed allo stesso tempo la storia di un intero popolo.
Berlino, 1933.
Danzava, lo zingaro. E vinceva. Saltellava, colpiva veloce. Una carriera folgorante.
Campione tedesco dei pesi medi. Dopo sei round l’ariano Witt era a pezzi. In prima fila c’era un gerarca nazista, presidente dell’associazione pugili tedeschi, che ordinò di annullare l’incontro. Il pubblico esplose di rabbia e alla fine il titolo fu assegnato. I nazisti sfiorarono il linciaggio.
Campo di concentramento di Neuengamme, 1943.
Un uomo denutrito con indosso i guantoni da boxe, crolla nel fango. Non è chiaro cosa sia successo: si sa che ci sono stati degli spari. Lo avevano massacrato di botte. Sapendoche era stato un campione, gli infilavano i guantoni e lo facevano a pezzi: «Adesso difenditi, zingaro», gli urlavano le SS. Il suo nome è Johann “Rukeli” Trollmann.
La storia di Johann Trollmann è una delle più straordinarie e meno raccontate del Terzo Reich. Meno raccontate per un solo motivo: “Rukeli” era un sinto. Eppure la vicenda umana e sportiva di “Rukeli” è, con tutto il suo carico di dolore, ingiustizia, discriminazione e razzismo, una vicenda eccezionale ed emblematica. Aveva uno stile all’avanguardia: veloce sulle gambe, quasi danzante, colpi brevi e formidabili. Roba «animalesca», secondo le camicie brune, «effeminata», niente a che vedere con «il vero pugilato ariano». Non era accettabile che un sinto avesse vinto il titolo contro Adolf Witt… una settimana dopo quel 9 giugno in cui “Rukeli” ebbe il titolo, il titolo gli fu tolto. L’affronto di quella vittoria doveva essere vendicato. Fu organizzato un nuovo incontro, questa volta contro Gustav Eder, che successivamente sarà campione europeo: una sconfitta annunciata, anzi preparata con cura.
Proibirono a Trollmann di muoversi dal centro del ring, gli dissero che se avesse «danzato» schivando i colpi gli avrebbero tolto la licenza. Johann doveva perdere, e basta. Johann lo sapeva…e fu l’inizio di un lungo inv(f)erno…
“Rukeli” si presentò sul ring con i capelli tinti di biondo-oro e con tutto il corpo cosparso di farina. Consapevole di andare a farsi massacrare, con questo gesto provocatorio si prese gioco di tutta la retorica del «combattente ariano» con cui la propaganda nazista aveva gonfiato e avvelenato il paese.
Gli anni seguenti furono un rapido viaggio nell’inv(f)erno del nazismo.
I sinti e i rom – che vennero degradati al livello «non-umano» degli ebrei, furono obbligati in molti casi a farsi sterilizzare. Trollmann, nel ’42, venne arrestato dalla Gestapo e deportato nel lager di Neuengamme. “Rukeli” Trollmann, nel 1943, finì nel fango di Neuengamme, con addosso solo i suoi guantoni da boxe.
Con questo spettacolo vogliamo provare ad entrare, in punta di piedi, nella vita di un uomo, nel suo privato, tra i suoi affetti. Ci lasceremo raccontare/cantare la sua vita da coloro che sono stati al suo fianco (una madre silenziosa ma presente, una moglie soggetto delle sue attenzioni). Affetti famigliari, ascesa professionale, vittorie, sconfitte si intrecceranno alle tante storie di un periodo buio della nostra storia; la cronaca degli eventi (politici e sportivi di quel tempo) farà da cornice ad un quotidiano denso di speranze…
Attraverso immagini (libretto di sala realizzato dall’illustratore Valerio Pastore con la tecnica della graphic novel), suoni (colonna sonora originale eseguita dal vivo), testo, racconteremo di un uomo che osò sfidare il regime nazista, consapevole che ciò lo avrebbe pagato a caro prezzo.

Giornata della Memoria

Il genocidio di rom e sinti: una memoria rimossa

Il 27 gennaio si celebra la Giornata della Memoria, una data simbolica per ricordare i 72 anni trascorsi dall’apertura dei cancelli del campo di concentramento di Auschwitz che ha mostrato al mondo gli orrori del genocidio perpetrato durante il nazismo.
Si stima che vi siano almeno 500.000 rom e sinti tra le vittime del nazifascismo, una strage che in lingua romanès viene ricordata con i termini “Porrajmos” (grande divoramento) e “Samudaripen” (tutti morti). Lo sterminio di questi popoli – pianificato ed effettuato per ragioni puramente razziali – rimane tuttavia una tragedia silenziosa, dimenticata.
Se ne parlerà durante il convegno organizzato dalla Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato e la CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili) in collaborazione con Associazione 21 luglio, che si terrà il 27 gennaio dalle ore 11 presso la Sala ISMA del Senato della Repubblica: “Il genocidio di rom e sinti durante il nazifascismo: una memoria rimossa”.
Interverranno Patrizio Gonnella – presidente della CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili), Carlo Stasolla – presidente di Associazione 21 luglio, lo scrittore svedese BjÖrn Larsson post-fattore del libro “Io non mi chiamo Miriam” di Majgull Axelsson e l’antropologa Paola Trevisan.
“Ultimi tra gli ultimi” i rom hanno continuato ad essere perseguitati anche dopo la fine della guerra e per sfuggire alla discriminazione hanno ricorso spesso alla negazione della propria identità, un tema approfondito nel romanzo “Io non mi chiamo Miriam” che narra le vicende di una bambina rom sopravvissuta al genocidio nazista. Lasciata la Germania e prima di rifugiarsi in Svezia decide di negare la verità sulle proprie origini per paura di continuare ad essere discriminata. Vestirà i panni di una sua coetanea ebrea morta in un campo di concentramento e per tutta la vita fingerà di essere un’altra persona, fino al momento dell’inevitabile confessione al compimento del suo ottantesimo compleanno.
«La “mimetizzazione” utilizzata come strategia di sopravvivenza ieri, lo è anche per molti rom oggi in Italia. – ha spiegato Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio – La paura di essere discriminati nell’ambiente scolastico, il rischio di non trovare casa o di perdere il lavoro costituiscono dei limiti oggettivi che allontanano le comunità rom da una piena cittadinanza, verso la quale ognuno di noi ha diritto ad aspirare. Questo limite, lo riaffermiamo oggi, va superato con l’impegno e la collaborazione di tutti».
Rimosso dalla memoria collettiva, il genocidio di rom e sinti non ha ricevuto un riconoscimento ufficiale durante i processi di Norimberga del 1945 nonostante ricorressero numerose testimonianze negli atti presentati ai Tribunali Internazionali e solo nel 1979 il governo tedesco riconobbe la persecuzione razziale di questo popolo.
Anche l’Italia ha conosciuto la deportazione e il rastrellamento durante il periodo fascista ma nel nostro Paese non è ancora stata istituita una data ufficiale per commemorare questa dolorosa pagina di storia. Per ripercorrere le varie fasi delle politiche del regime fascista, l’antropologa Paola Trevisan presenterà nuovi documenti d’archivio che mettono in evidenza la lunga durata delle persecuzioni cui furono sottoposti Rom e Sinti. Di grande interesse, anche per capire quello che succede oggi, è la documentazione storica dell’impossibilità per rom e sinti di essere visti al di là della stereotipica categorizzazione di “stranieri indesiderabili” o “italiani pericolosi”, costruita proprio durante il fascismo.
Ci sono fatti storici che non possono e non devono finire nell’oblio. La memoria è un’arma potente e lo è ancor di più in un’epoca come quella attuale, dove l’odio verso l’altro viene utilizzato come strumento di consenso politico, gettando così le basi per incorrere in pericolose derive razziste e xenofobe – dichiara Patrizio Gonnella, presidente di CILD – Anche quest’anno perciò ricorderemo fatti meno conosciuti che rappresentano, al pari di altri, macchie indelebili sulla nostra storia. Una storia che deve sempre servire da monito per il presente e il futuro”.
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Per maggiori informazioni:
Elena Risi
Ufficio stampa e Comunicazione
Associazione 21 luglio
Tel: 388 4867611
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Andrea Oleandri
Ufficio stampa
CILD
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Storie di donne rom durante il fascismo: la vita di Rosa Raidich

Non solo Germania e Polonia, anche l’Italia si è macchiata dell’orrore dei campi di internamento. Durante il fascismo la Sardegna è stata terra di deportazioni e tra il ‘38 e il ‘40 è diventata meta forzata dei rom e dei sinti – italiani e non – residenti in Istria o altre zone di confine, che subirono rastrellamenti durante il regime.
Rosa Raidich è una delle tante donne rom italiane a cui viene inflitta in maniera arbitraria la pena del confino, cui è condannata per 5 anni nel 1938 dalla Commissione provinciale di Pola.
Rosa è nata e cresciuta a Castelverde di Pisino, nell’Istria che prima appartiene agli Asburgo poi all’Italia. Quando scatta l’ordinanza di confino contro di lei, Rosa ha 27 anni e due figli piccoli, Marcello e Vittorio. Partono per Chiaramonti, in provincia di Sassari, tra le campagne polverose di una Sardegna all’epoca ancora molto povera ed isolata.
Durante la permanenza forzata sull’isola, Rosa è condannata più volte per accattonaggio, un reato a cui è di fatto condannata: sola e con quattro figli (durante il confino dà alla luce altri due bambini) non ha i soldi per sfamare e vestire la sua famiglia e persino il sussidio che le spetterebbe di diritto tarda ad arrivare. Viene spostata da una località all’altra, rifiutata da tutti: dopo Chiaramonte, la mandano a Busachi, Ovodda poi Perdasdefogu. Scrive lettere disperate alle istituzioni per chiedere il sussidio e un luogo meno freddo in cui abitare. Le istituzioni sono molto lente nel rispondere e allo scadere della pena, anziché rimpatriarla le prolungano ulteriormente il periodo obbligatorio di confino. I commercianti non le fanno più credito e anche i suoi figli ne fanno le spese: sono “scalzi, deperiti e pallidini” nelle testimonianze d’archivio.
Mussolini istituisce nel ’26 il confino come misura repressiva, e parlandone alla Camera a maggio dell’anno successivo lo definisce un “modo intelligente” di fare repressione, «non è terrore, è igiene sociale» – affermava – «si levano dalla circolazione questi individui come un medico toglie dalla circolazione un infetto». Il prefetto presiedeva la commissione provinciale che deliberava il confino, e con criteri del tutto discrezionali definiva i “soggetti socialmente pericolosi” da condannare al confino.
La vita di Rosa Raidich è stata raccontata da Licia Porcedda, ricercatrice presso l’École des hautes études en sciences sociales di Parigi, durante il convegno “La deportazione e l’internamento: storie di donne rom durante il fascismo”, organizzato al Senato in occasione della Giornata della Memoria.
Conoscere la storia di Rosa significa conoscere e capire la sorte a cui è stata condannata l’intera popolazione dei rom e dei sinti durante il regime e la guerra. Oltre al confino e la deportazione, i reati di cui è stata accusata, come l’accattonaggio, sono di fatto reati a cui le stesse istituzioni l’avevano condannata. «Moltiplicate quello che vi ho raccontato per 500 rom e sinti» – ha concluso Licia Porcedda – «tanti sono i nomi ritrovati nei documenti d’archivio – confinati, internati, deportati in Italia durante la seconda guerra mondiale. E chissà quanti nomi mancano».
Foto di Sardiniapost.it

Giorno della Memoria: al Senato il ricordo dello sterminio dei rom, a Roma l'ennesimo sgombero

Si stima che tra i caduti per mano del regime nazifascista vi siano tra i 500.000 e 1,5 milioni di rom e sinti. La persecuzione, l’internamento, il confino e lo sterminio di tali comunità, tuttavia, restano ancora una pagina di storia, italiana ed europea, oscurata e dimenticata.
Se ne è parlato quest’oggi, in occasione della Giorno della Memoria, durante il convegno “La deportazione e l’internamento. Storie di donne rom durante il fascismo” organizzato dalla Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato e la CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili) in collaborazione con l’Associazione 21 luglio, presso la Sala Caduti di Nassirya del Senato.
«Spiace constatare come nel giorno in cui nel mondo si commemorano le tante vittime rom e sinte del nazifascismo, a Roma, nel cuore del Giubileo della Misericordia, le autorità locali abbiano effettuato proprio oggi l’ennesimo sgombero forzato di un insediamento rom nella Capitale: un’azione che calpesta e viola i diritti umani di uomini, donne e bambini», ha affermato Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio, in riferimento allo sgombero di oggi a Roma, nei pressi della stazione Nomentana.
Lo sterminio di rom e sinti – da alcuni battezzato come “Porrajmos”, (il grande divoramento, in lingua romanès), da altri come “Samudaripen” (tutti morti) – non ha avuto un riconoscimento ufficiale durante i processi di Norimberga del 1945, nonostante fosse richiamato più volte negli atti presentati ai tribunali militari internazionali.
Lo United States Holocaust Memorial Museum di Washington D.C. riporta che solo nel 1979 il Parlamento Federale della Germania dell’Ovest ha riconosciuto la persecuzione per motivi razziali perpetrata dal regime nazista nei confronti del popolo rom.
Il 15 aprile 2015 il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione per istituire la Giornata internazionale per la commemorazione dell’Olocausto dei rom (International Roma Holocaust Memorial Day), da celebrarsi il 2 agosto di ogni anno, in ricordo dei 2.897 rom uccisi nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau nella notte tra il 2 e il 3 agosto 1944 (Guarda la video testimonianza del sopravvissuto Piero Terracina).
Anche l’Italia, durante il fascismo, ha conosciuto il fenomeno delle persecuzioni e del rastrellamento delle comunità rom e sinte. Tuttavia, nel nostro Paese non è ancora avvenuto un riconoscimento ufficiale per commemorare questo capitolo di storia nazionale. A tal proposito, lo scorso anno, i senatori Luigi Manconi, Manuela Serra, Francesco Palermo e altri membri della Commissione Diritti Umani del Senato, hanno presentato un disegno di legge che prevede di includere il riferimento allo sterminio di rom e sinti nella legge istitutiva del Giorno della Memoria (la legge n.11 del 20 luglio 2000), che si celebra il 27 gennaio di ogni anno.
«Dimenticando la parola “rom” nelle commemorazioni delle vittime si toglie a questa minoranza una parte importante della sua storia – ha detto oggi il presidente della Commissione Diritti Umani del Senato Manconi – In Italia circa 25 mila rom e sinti sono stati internati ai tempi del fascismo e in un momento come quello odierno, in cui i rom sono il bersaglio di una forte ondata di odio, è più che mai opportuno ricordare le persecuzioni di cui sono stati vittime, per restituire loro dignità e riconoscerli come titolari di diritti».
Le persecuzioni di rom e sinti in Italia, ai tempi del fascismo, sono avvenute attraverso quattro tappe temporali, a cominciare dai primi interventi diretti del regime nei confronti degli “zingari” stranieri presenti sul territorio nazionale.
Il 19 febbraio 1926 una circolare del Ministero degli Interni disponeva infatti il respingimento delle carovane in entrata nel territorio nazionale «anche se muniti di regolare passaporto», e di espulsione di quelle già soggiornanti in Italia e di origine straniera. La disposizione verso queste persone veniva ribadita nell’estate successiva e ne veniva sottolineata «la pericolosità nei riguardi della sicurezza e dell’igiene pubblica».
Gli anni tra il 1938 e il 1942 sono stati invece segnati dall’esecuzione di una regolare pulizia etnica alle frontiere. A partire dal gennaio del ’38 venivano raccolte le liste dei nomi delle famiglie rom presenti in Istria e dal mese successivo avvenivano le prime deportazioni verso il confino, dal porto di Civitavecchia verso la Sardegna. Dal 1940 la stessa sorte toccava agli “zingari” intercettati in Trentino Alto Adige.
Dall’11 settembre 1940 il capo della Polizia ordinava un sistematico rastrellamento di tutti i rom «di nazionalità italiana certa o presunta» ancora presenti sul territorio nazionale. In numerose località italiane venivano predisposti diversi luoghi di concentramento: alcuni riservati solo agli “zingari” (Agnone, Boiano, Tossicia, Gonars, Prignano sulla Secchia, Berra); in altri venivano deportati rom e non solo (Vinchiaturo, Isole Tremiti, Casacalenda). Ai rimanenti toccava la reclusione all’interno delle carceri o la fuga sul Monte Maiella.
Nell’ultimo periodo, tra il 1943 e il 1944, veniva attuata la “soluzione finale” attraverso le deportazioni nei campi di sterminio nazisti.
Tra le vittime delle persecuzioni, numerose erano le donne. Le loro storie, e quelle delle loro famiglie, sono state ricordate, nel corso del convegno al Senato, dalle ricercatrici Licia Porcedda (École des hautes études en sciences sociales di Parigi) e Rosa Corbelletto (Università degli Studi di Torino).
In particolare, è stata ricordata la vita di Rosa Raidich durante il periodo dei rastrellamenti, madre di due bambini, che venne inviata al confino in Sardegna nel 1938 all’età di 27 anni. Nel 1943 sarebbe dovuto scadere il periodo di confino, ma – anziché rientrare a casa – a Rosa venne prolungato per altri cinque anni, in quanto «zingara pregiudicata pericolosa per l’ordine e la sicurezza pubblica».
Costretta in una terra che non conosceva e dove non era la benvenuta, si ritrovò povera tra gente povera, isolata e con quattro figli da vestire e sfamare (durante la segregazione diede alla luce altri due bambini). Per sopravvivere e dar da mangiare alla sua famiglia, la donna fu costretta a prostituirsi e a chiedere l’elemosina.
Per commemorare le vittime di ieri e tenere alta l’attenzione sulle discriminazioni che ancora oggi colpiscono rom e sinti in Italia, nel corso del convegno è intervenuta anche Ivana Nikolic, giovane attivista rom, da Torino, che ha parlato del Manifesto Primavera Romanì, un documento per un’Italia unita, libera e che abbracci la diversità culturale di cui è composta, redatto da 25 giovani rom, sinti e non rom, italiani e stranieri, tra cui la stessa Ivana. Ivana Nikolic è peraltro stata tra le organizzatrici del flash mob “Attenti a non ripetere”, che si è tenuto a Torino il 24 gennaio scorso, per ricordare tutte le vittime del nazifascismo.
«Il genocidio dei rom – ha detto il presidente della Cild Patrizio Gonnella, in conclusione del convegno – deve essere ricordato sempre e da tutti, altrimenti non saremo mai capaci di costruire una società senza razzismo e violenza».

Giornata della Memoria: al Senato storie di donne rom durante il fascismo

Tra le vittime delle persecuzioni nazifasciste, che si ricordano il 27 gennaio di ogni anno in occasione della Giornata della Memoria, si stima vi siano tra i 500.000 e 1,5 milioni di rom e sinti.
Il confino, la deportazione e l’internamento di rom e sinti caratterizzarono profondamente anche il nostro Paese e riguardarono, in un primo momento, gli “zingari” stranieri che vivevano nei pressi delle frontiere italiane, in particolare in Istria. Da lì, queste persone furono deportate soprattutto nei luoghi di confino e internamento presenti in Sardegna, come quello di Perdasdefogu, così come in altre località sul territorio nazionale. Stessa sorte toccò poi agli “zingari” di nazionalità italiana.

Tra di loro numerose erano le donne.  Per ricordare le loro storie e quelle delle loro famiglie,  la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato e la Cild (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili), in collaborazione con l’Associazione 21 luglio

invitano al convegno

La deportazione e l’internamento.
Storie di donne rom durante il fascismo

27 gennaio 2016 – ore 11
Sala Caduti di Nassirya – Senato della Repubblica
Piazza Madama 11 – Roma

Introduce

Luigi Manconi
Presidente Commissione Diritti Umani del Senato

Coordina

Carlo Stasolla
Presidente Associazione 21 luglio

Intervengono

Rosa Corbelletto
Università degli Studi di Torino

Licia Porcedda
École des hautes études en sciences sociales, Parigi

Ivana Nikolic
Attivista rom

Conclude 

Patrizio Gonnella
Presidente CILD

L’accesso alla sala è consentito sino al raggiungimento della capienza massima.
Per gli uomini sono obbligatorie giacca e cravatta.
Si ricorda che per accedere al Senato è obbligatorio l’accredito.
Per informazioni e accrediti: 06. 67065299 dirittiumani@senato.it
I giornalisti devono accreditarsi presso l’Ufficio stampa del Senato
Fax 06.67062947 Email: accrediti.stampa@senato.it
SCARICA LA LOCANDINA DEL CONVEGNO

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Danilo Giannese
Ufficio stampa e Comunicazione
Associazione 21 luglio
Tel: 388 4867611
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Attenti a non ripetere: flash mob in ricordo delle vittime dello sterminio nazifascista

 
Anche quest’anno, in occasione della Giornata della Memoria, l’Associazione 21 luglio aderisce alla campagna “Attenti a non ripetere” per ricordare tutte le vittime dello sterminio nazifascista al tempo della Seconda Guerra Mondiale.
Nell’ambito della campagna, promossa da un gruppo di giovani tra cui l’attivista rom Ivana Nikolic – una delle co-autrici del Manifesto Primavera Romanì, presentato nei mesi scorsi in Senato  – il 24 gennaio alle ore 16 in Piazza Castello, a Torino, verrà organizzato il flash mob “Resta connesso con il passato“.
L’azione prevede la lettura di poesie e testimonianze, momenti di raccoglimento, canti e la possibilità di partecipare a una Biblioteca Vivente, promossa dall’associazione Giosef, per ascoltare le storie di persone vittime di discriminazione nell’Italia di oggi.
Si invitano tutti coloro che il 24 gennaio si troveranno nel capoluogo piemontese a prendere parte all’iniziativa.
Aderiscono alla campagna:
Maurice GLBTQ
Arcygay Torino
ASGI
Associazione 21 luglio Onlus
Handicap e Sviluppo onlus
Cantiere SoS
Asai
Bagni Pubblici via Aglie
Giuristi Democratici di Torino
Fondazione della comunita di Mirafiori onlus
Associazione Giosef
Roma Youth Active

Vietato l'ingresso! Passato e presente dell'esclusione sociale. Dialogo tra comunità ebraica e comunità rom a Roma

Programma

 

Presentazione del rapporto

Vietato l’ingresso!
Passato e presente dell’esclusione sociale. Dialogo tra comunità ebraica e comunità rom a Roma
Roberto Mazzoli, ricercatore Associazione 21 luglio

La pubblicazione – che si apre con l’analisi dell’episodio del cartello recante la scritta “È severamente vietato l’ingresso agli Zingari”, comparso sulla vetrina di un esercizio commerciale di Roma nel marzo 2014 – nasce dal desiderio di avviare una riflessione pubblica e dar vita a un dialogo tra rom ed ebrei, comunità profondamente diverse tra loro, accomunate da forme di discriminazione, razzismo e violenza che attraversano la storia europea da secoli. Un dialogo che contribuirebbe non poco alla lotta quotidiana contro ogni forma di razzismo e discriminazione.

 

Segue tavola rotonda

con esponenti della comunità ebraica e della comunità rom a Roma, tra cui giornalisti, storici, antropologi e attivisti

Intervengono:

Damiano Cavazza, Pupa Garribba, Nedzad Husovic, Gladiola Lacatus, Sabrina Milanovic, Micaela Procaccia, Dzemila Salkanovic, Piero Terracina, Sandra Terracina.

Modera: Claudio Paravati, direttore di Confronti

Giorno della Memoria: incontro alla Camera con Laura Boldrini

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La Presidente della Camera Laura Boldrini con Gad Lerner e Marco Paolini.


[tfg_social_share]In occasione della Giornata della Memoria, l’Associazione 21 luglio, insieme ad alcuni rappresentanti della comunità rom e sinta della Capitale, ha partecipato all’incontro “Giovani e Storia, il valore del ricordare” alla Camera dei Deputati, alla presenza della Presidente Laura Boldrini.
Nel corso dell’evento, organizzato per ricordare tutte le vittime delle persecuzioni nazifasciste, tra cui oltre 500 mila rom e sinti, il giornalista Gad Lerner e il drammaturgo Marco Paolini hanno dialogato con gli studenti di alcune scuole di Roma e di Paternò, in provincia di Catania.
Attraverso le loro testimonianze dirette, sono intervenute all’iniziativa anche due donne sopravvissute ai campi di concentramento, Liliana Segre e Mirella Stanzione ed è stato proiettato un brano dell’opera “Ausmerzen“, di Marco Paolini.
L’Associazione 21 luglio ha consegnato al Presidente della Camera Laura Boldrini il rapporto Figli dei campi, il libro bianco sulla condizione dell’infanzia rom in emergenza abitativa in Italia. Per l’Associazione 21 luglio, la Giornata della Memoria deve infatti porsi l’obiettivo di ricordarci costantemente di segnalare gli abusi e di vigilare sulle discrIminazioni che continuano ad attuarsi anche ai giorni nostri.
«Si deve sempre attualizzare la storia. La storia non è finita nel passato – ha detto la Presidente Boldrini in conclusione dell’incontro -. Si sta più sicuri se coloro che sono considerati diversi sono messi in disparte. E con questa idea folle si diffonde il germe della paura per cui l’altro diventa minaccioso».
«Questa demagogia è veleno nel pozzo che avvelena l’acqua. E chi beve quell’acqua, giorno dopo giorno, finisce con l’avvelenarsi», ha proseguito la Presidente della Camera.
GUARDA IL VIDEO COMPLETO DELL’INCONTRO
GUARDA IL VIDEO DELL’INTERVENTO DI LAURA BOLDRINI
 

Samudaripen. Tutti morti. Memorie dello sterminio dimenticato di rom e sinti, 26.01.2014

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[tfg_social_share]In occasione della Giornata della Memoria, in cui si commemorano tutte le vittime delle persecuzioni nazifasciste, Associazione 21 luglio e Associazione Sucar Drom organizzano l’evento “Samudaripen. Tutti morti. Memorie dello sterminio dimenticato di rom e sinti”, domenica 26 gennaio alle ore 18 alla Casa Internazionale delle Donne, a Roma.
Samudaripen, (“Tutti morti” in lingua romanès), è uno dei termini utilizzati dalle comunità rom e sinte per indicare lo sterminio di oltre 500 mila rom e sinti.
L’evento, che si terrà presso la Casa Internazionale delle Donne in via di San Francesco di Sales 1/a, a Roma, rappresenta sia un momento di commemorazione delle vittime dello sterminio che di riflessione sulle conseguenze sui diritti umani delle politiche in atto in Italia nei confronti delle comunità rom e sinte. Politiche incentrate sui “campi” che generano marginalizzazione ed esclusione sociale.
Nella prima parte della serata, alle ore 18 nella sala Atelier, è prevista la presentazione del progetto “Memors. Il primo museo virtuale del Porrajmos in Italia. La persecuzione dei Rom e dei Sinti nell’Italia fascista“. Il progetto, diretto e presentato da Luca Bravi (Università Telematica L. Da Vinci di Chieti), ha come obiettivo quello di ricostruire storia e memoria della deportazione delle popolazioni sinte e rom all’interno dei campi di concentramento sparsi sul territorio Italiano.
La presentazione di Memors, che è finanziato dall’Unione Europea in partenariato con Sucar Drom, Università Telematica L. Da Vinci di Chieti, Fondazione ex Campo Fossoli, Federazione Rom e Sinti Insieme e Flare, sarà accompagnata dalla voce narrante di Laura Verga e dalle suggestioni sonore di Ivan Macera.
Alle 19, nella sala Carla Lonzi, si terrà il convegno “Respingere, contenere, concentrare. Le declinazioni dell’esclusione dallo sterminio nazifascista alle attuali politiche securitarie“. Interverranno Gabriele Rigano (Università per Stranieri di Perugia), Luca Bravi (Università Telematica L. Da Vinci di Chieti) e Sergio Bontempelli (OsservAzione onlus).
Le conclusioni del convegno saranno affidate a una video testimonianza dell’artista Moni Ovadia.
Al termine del convegno, nella stessa sala a partire dalle ore 20, vi sarà la proiezione del documentario “Terrapromessa”, di Mario Leombruno e Luca Romano, sul “campo rom” di Masseria del Pozzo a Giugliano, in provincia di Napoli, dove l’amministrazione comunale ha trasferito oltre 400 persone, tra cui 250 bambini, sopra una discarica da cui fuoriescono gas tossici dannosi per la salute.
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TERRAPROMESSA: IL TRAILER E LA SINOSSI
Per maggiori informazioni:
Danilo Giannese
Responsabile Comunicazione e Ufficio stampa
Associazione 21 luglio
tel: 388 4867611
email: stampa@21luglio.org
 
 
 

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