28 febbraio 2012 – Dopo il freddo riprende il piano sgomberi di Roma Capitale. L'Associazione 21 luglio prepara il lancio di un appello nazionale contro gli sgomberi dei rom e sinti a Roma Hanno già aderito intellettuali, scienziati e artisti

 

Roma, 28.04.2012

 

Nei giorni scorsi il Comune di Roma ha ripreso il piano degli sgomberi che ha coinvolto le comunità rom e sinte della capitale. Si tratta della prima importante azione successiva alla sentenza del Consiglio di Stato che aveva dichiarato la «illeggittimità» dello stato di emergenza riferito alla presenza degli «insediamenti di comunità nomadi».

Venerdì 24 febbraio le forze di polizia hanno proceduto allo sgombero di un insediamento informale in zona Laurentina – Acqua Acetosa Ostiense e alla distruzione di alcune abitazioni abitate da famiglie rom in zona Tor Sapienza. Lunedì 27 febbraio si è invece proceduto all’abbattimento di una dozzina di baracche limitrofe all’insediamento di via del Baiardo con l’allontanamento di circa 60 persone tra le quali diverse donne e bambini definite dal presidente della Commissione Sicurezza di Roma Capitale, Fabrizio Santori, come «presenze invadenti e sgradevoli». Nella giornata di oggi proseguono senza sosta gli abbattimenti delle abitazioni degli insediamenti spontanei sorti in prossimità di via del Baiardo.

L’Associazione 21 luglio ha più volte segnalato come le azioni di sgombero condotte dalle autorità romane fossero svolte in maniera illegale e senza rispettare quanto stabilito da norme e convenzioni internazionali. Recentemente autorevoli voci si solo levate su questo delicato tema, denunciando le gravi violazioni riscontrate in Italia.

Nel gennaio 2012, il Comitato Europeo dei Diritti Sociali ha constatato come la situazione dell’Italia non è conforme all’articolo 31 (Diritto all’alloggio) della Carta Sociale Europea. Per il Comitato Europeo dei Diritti Sociali infatti «le misure prese dalle autorità pubbliche [ndr. italiane] per migliorare le condizioni di abitative particolarmente precarie per la maggior parte dei Rom in Italia sono inadeguate»…«le iniziative intraprese per ridurre il numero dei senza-fissa dimora sono insufficienti» e «Le operazioni di polizia negli insediamenti rom e sinti non sono state condotte nel rispetto della dignità delle persone e i soggetti responsabili della distruzione degli oggetti personali (…) non sono stati sempre oggetto di inchieste ne, una volta identificati, sono stati condannati per le loro azioni».

Nel suo rapporto pubblicato in data 21 febbraio 2012 la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) ha esortato «le autorità italiane a garantire a tutti i rom che possono essere sgomberati dalle loro abitazioni il rispetto di tutte le garanzie previste dal diritto internazionale in materia» sottolineando «che le persone interessate devono essere avvertite preventivamente di ogni progetto di espulsione dalle loro abitazioni e devono godere di una protezione giuridica adeguata, né devono essere espulse dalle loro abitazioni senza che sia offerta loro la possibilità di essere rialloggiate in abitazioni decenti».

L’Associazione 21 luglio esprime profonda preoccupazione per le azioni che l’amministrazione comunale sta attuando negli ultimi due anni allontanando, in più di 400 sgomberi forzati e con un altissimo costo economico (più di 6 milioni di euro), le comunità rom dagli insediamenti informali con il fine esclusivo di spostarle da una parte all’altra della città fino al successivo, inutile, inefficace, illegale sgombero.

Per tale ragione l’Associazione 21 luglio, domenica 4 marzo, alle ore 18,00, presso il teatro Valle Occupato di Roma, lancerà un appello nazionale denominato “Il diritto all’alloggio non si sgombera”. All’appello, come primi firmatari, hanno già aderito intellettuali italiani, scienziati e artisti riconosciuti e apprezzati per il loro impegno sociale. L’appello vuole promuovere una mobilitazione della società civile italiana contro le azioni che il Comune di Roma, violando i più elementari diritti umani e incurante delle raccomandazioni europee, sta pianificando da tempo contro le comunità rom e sinte.

16 febbraio 2012 – L'Associazione 21 luglio dimostra in uno studio il carattere discriminatorio delle azioni del Piano Nomadi di Roma e con l'ASGI promuove un'azione legale contro il Comune di Roma con la richiesta di un maxi-risarcimento

Roma, 16.02.2012


Giovedi 16 febbraio, a due anni dallo sgombero del Casilino 900, presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università Roma Tre, l’Associazione 21 luglio e l’Osservatorio sul razzismo e le diversità “M.G. Favara” hanno presentato il report «Anime Smarrite. Il piano degli sgomberi a Roma: storie quotidiane di segregazione abitativa e di malessere».

La ricerca, condotta da un’équipe dell’Associazione 21 luglio, è un approfondito rapporto etnografico sul malessere psico-sociale che la politica degli sgomberi e dei trasferimenti forzati, pianificata dal Comune di Roma all’interno delle azioni del Piano Nomadi, ha provocato sui bambini e sulle donne delle comunità rom. La leggerezza con la quale gli amministratori locali hanno realizzato negli ultimi 2 anni più di 400 sgomberi, con costi altissimi a carico della collettività (circa 6,5 milioni di euro), non ha finora tenuto in alcun modo conto delle conseguenze provocate sul fisico e sul corpo delle persone sgomberate. Conseguenze che si manifestano con numerosi disturbi: forti emicranie, sintomi depressivi, allucinazioni, stati di ansia, attacchi di panico, insonnia, disturbi nell’apprendimento.

Il rapporto esamina, oltre agli effetti degli sgomberi, anche quelli dei trasferimenti forzati che hanno coinvolto le comunità rom e sinte della capitale. Lo studio, coordinato dall’antropologa Annachiara Perraro, ricercatrice dell’Associazione 21 luglio, dimostra come trasferire famiglie rom dagli insediamenti informali ai cosiddetti “villaggi attrezzati” non rappresenta una garanzia del miglioramento della qualità della vita. La stessa logica che ha ispirato la costruzione del nuovo “villaggio attrezzato” a La Barbuta, che il Comune di Roma si accinge a inaugurare, «è quella di proteggere simbolicamente il resto del territorio dal rischio di una presunta “contaminazione”. I “villaggi attrezzati” di Roma Capitale illustrano quindi in maniera esemplare cosa sia un ghetto: collocato ai margini della periferia urbana, assomma segregazione spaziale, abitativa, sociale, culturale, simbolica e giuridica».

Al termine della presentazione è stata illustrata un’azione legale risarcitoria promossa da una famiglia rom e supportata dall’Associazione 21 luglio e dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI). Si tratta di un’azione civile contro la discriminazione, con cui si sottolinea come il trasferimento voluto due anni fa dall’amministrazione comunale dal campo Casilino 900 al “villaggio attrezzato” di via di Salone, abbia impedito ai minori rom una regolare frequenza scolastica. Decine di minori, a causa del trasferimento, hanno subito la violazione del  loro diritto all’istruzione per la scarsa organizzazione del servizio e per le difficoltà logistiche legate alla distanza dalle scuole. Ravvisando un comportamento oggettivamente discriminatorio da parte del Comune di Roma, i ricorrenti chiedono di «accertare e dichiarare il carattere discriminatorio del comportamento del Comune di Roma», di «rimuovere gli effetti» e di «condannare il Comune di Roma a risarcire il danno determinato suggerendo la somma di 1000 euro al giorno a decorrere dalla prima settimana di febbraio 2010, data del trasferimento nel “villaggio attrezzato” di via di Salone». Il ricorso rappresenta un’importante azione legale-pilota che potrebbe avere importanti conseguenze per le future politiche che verranno intraprese dall’amministrazione comunale nei confronti delle comunità rom e sinte di Roma.

21 dicembre 2011 – Campo nomadi La Barbuta di Roma: l’Antenna Territoriale Anti-Discriminazione, dopo segnalazione dell’Associazione 21 luglio, diffida il Ministero dell’Interno e il Comune di Roma

Roma, 21.12.2011

Sospensione immediata dei lavori di completamento del campo de La Barbuta, o si ricorrerà alle vie legali: è quanto chiede  l’Antenna Territoriale Anti-Discriminazione di Roma, progetto di supporto legale al servizio nazionale anti-discriminazioni dell’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) in una lettera in una lettera inviata il 20 dicembre 2011 al ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri e al sindaco di Roma Gianni Alemanno,

Nei giorni scorsi gli osservatori dell’Associazione 21 luglio hanno segnalato allo sportello il proseguimento dei lavori di costruzione del nuovo campo, nonostante la recente sentenza del Consiglio di Stato in merito al  dichiarazione dello stato d’emergenza e degli atti conseguiti.

In particolare, nella sentenza n. 6050 del 16 novembre 2011 il Consiglio di Stato aveva dichiarato illegittimo il D.P.C.M del 28 maggio 2008, dichiarativo dello stato di emergenza con riferimento agli insediamenti “nomadi” nel territorio delle Regioni Lombardia, Lazio e Campania, con la conseguente illegittimità derivata anche delle ordinanze presidenziali del 30 maggio 2008 di nomina dei Commissari delegati per l’emergenza e di tutti i successivi atti commissariali, adottati quindi  in “carenza di potere”.

«La costruzione del villaggio attrezzato La Barbuta, – si legge nella lettera di diffida – quale attuazione del Piano Nomadi disposta dal Commissario delegato per l’emergenza del Lazio, in deroga alla normativa vigente, rientra senz’altro negli atti commissariali che risultano adottati in carenza di potere e, pertanto, è da considerarsi illegittima».

«A prescindere dall’importante decisione del Consiglio di Stato – conclude la lettera -, l’ultimazione  del villaggio attrezzato La Barbuta appare in aperto contrasto con le norme nazionali ed europee in tema di antidiscriminazione. La costruzione di un campo attrezzato destinato ad ospitare 650 persone appartenenti alla comunità rom viola il divieto di discriminazione su base etnica sancito dalla direttiva europea 2000/43/CE e dall’art.43 del D.lgs. 286/98. Deve, infatti, intendersi discriminatoria qualsivoglia soluzione abitativa di grande dimensioni diretta esclusivamente a persone appartenenti a una stessa etnia, tanto più se congegnata, come nel caso specifico, in modo tale da ostacolare l’effettiva convivenza con la popolazione locale e l’accesso in condizione di reale parità ai servizi scolastici e socio-sanitari».

6 dicembre 2011 – Incontro in Senato per definire le strategie di inclusione dei rom: Un passo necessario per l’accesso ai fondi europei

Roma, 6.12.2011

La Commissione straordinaria  per la tutela e la promozione dei diritti umani ha promosso una giornata di incontri per definire le strategie italiane per l’inclusione dei rom che verranno presentate in Europa. All’incontro, che si è tenuto presso il Senato della Repubblica il 6 dicembre, sono intervenuti Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione, il senatore Pietro Marcenaro, presidente della Commissione diritti umani e Massimo Serpieri della Commissione Europea.

Definire delle politiche nazionali in favore dei rom è infatti un’urgenza, da quando, il 7 aprile 2011, la Commissione Europea ha proposto il quadro europeo per le strategie nazionali di integrazione dei rom, che orienterà le politiche nazionali mobilitando ingenti fondi europei disponibili a sostenere le iniziative di inclusione. Il quadro fa riferimento a quattro aree (accesso all’istruzione, all’occupazione, all’assistenza sanitaria e all’alloggio) e a partire da quest’anno e per ogni anno successivo ogni stato dell’Unione Europea, se vorrà accedere ai fondi europei, dovrà presentare entro il 31 dicembre una convincente strategia nazionale per l’integrazione dei rom.

Al workshop ha partecipato anche una delegazione dell’Associazione 21 luglio che ha sottolineato alcuni punti fondamentali per l’elaborazione di strategie nazionali innovative ed efficaci in favore delle comunità rom e sinte presenti sul territorio italiano. In particolare i delegati hanno sottolineato l’importanza  dell’elaborazione di politiche abitative pragmatiche e non discriminatorie, di un approccio interculturale e non esclusivo che non si muova più nell’alveo dell’emergenza, dell’elaborazione di politiche sociali in favore dei rom basate su dati scientifici, di una partecipazione attiva dei rom e di una metodologia basata su monitoraggi efficaci e solidi.
«E’ giunto il tempo – ha commentato Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio – che gli amministratori locali e nazionali si facciano carico di coraggiose misure esplicite e dirette che vadano oltre la condizione abitativa definita dai “campo nomadi”. Lo stato di emergenza è costato negli ultimi tre anni 75 milioni di euro e, a conti fatti, l’Unione Europea nel quinquennio 2006-2011 ha erogato in favore dell’Italia circa 40 milioni di euro destinati a politiche in favore delle comunità rom e sinte. Tale flusso incontrollato di denaro è stato però convogliato verso la costruzione e la gestione di luoghi di esclusione sociale e di discriminazione quali sono i “campi nomadi” con il risultato di produrre sperpero di denaro pubblico e gravi violazioni dei diritti umani. E’ necessario quindi – ha concluso Stasolla – aprire una pagina nuova che, grazie all’Europa, abbiamo finalmente l’opportunità di scrivere».

21 novembre 2011 – Per il Consiglio di Stato il Piano Nomadi è illegittimo. Associazione 21 luglio: una vittoria per i diritti umani, svolta storica

 

Il 21 maggio 2008 il presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi ha decretato lo «stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi» e ha emesso alcune ordinanze attuative con le quali ha nominato i prefetti di Roma, Napoli, Milano, e successivamente quelli di Torino e Venezia, «commissari delegati per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza» nelle regioni di Lazio, Campania, Lombardia, Piemonte e Veneto. Per quanto riguarda la città di Roma, nel febbraio 2009 il prefetto-commissario Giuseppe Pecoraro ha firmato il Regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità nomadi nella regione Lazio e in data 31 luglio 2009, in veste di «commissario straordinario per l’emergenza nomadi» ha presentato – insieme al Comune di Roma – il Piano Nomadi.
In data 16 novembre 2011, con sentenza n. 6050 il Consiglio di Stato ha statuito «l’illegittimità del decreto del presidente del Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2008» in quanto:
–   Non si evincono precisi dati fattuali che autorizzino ad affermare l’esistenza di un nesso tra la presenza sul territorio di insediamenti rom e una straordinaria ed eccezionale turbativa dell’ordine e della sicurezza pubblica nelle aree interessate
–   Il riferimento a «gravi episodi che mettono in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica» non risulta supportato da una seria e puntuale analisi dell’incidenza sui territori del fenomeno considerato
–   E’ riscontrato un difetto nell’istruttoria e nella motivazione retrostanti alla dichiarazione dello stato di emergenza
Così come chiarisce la sentenza del Consiglio di Stato, l’illegittimità dello stato di emergenza comporta, di conseguenza, l’annullamento delle ordinanze di nomina dei commissari straordinari per l’emergenza, ma anche di tutti i successivi atti commissariali in quanto adottati in carenza di potere, restando salva la facoltà delle amministrazioni interessate di «sanare» il vizio di incompetenza, laddove possibile, sulla base dell’ordinario assetto dei poteri e delle competenze.
L’Associazione 21 luglio esprime profonda soddisfazione per la sentenza del Consiglio di Stato che proclama quindi illegittimo il Piano Nomadi del Comune di Roma e delle sue azioni segnate, come l’Associazione 21 luglio ha denunciato da tempo, da misure discriminatorie e lesive dei diritti delle comunità rom e sinte. «E’ una vittoria per i diritti umani – ha commentato il presidente Carlo Stasolla – una svolta che inciderà profondamente nelle politiche sociali in favore delle comunità rom e sinte a Roma».
L’Associazione 21 luglio nei prossimi giorni vigilerà attentamente sulle azioni dell’amministrazione locale volte al pieno rispetto delle disposizioni della sentenza, segnalando alle autorità competenti eventuali inadempienze e irregolarità da parte delle istituzioni. Infatti il Consiglio di Stato, considerando illegittimo tutto l’impianto emergenziale, ha confermato nello specifico la non legittimità:
–   delle procedure di identificazione e censimento che le autorità romane stanno svolgendo all’interno dei campi formali e informali della Capitale
–   della norma che istituisce il presidio di vigilanza all’interno dei sette «villaggi attrezzati» presenti a Roma
–   dell’obbligo per i rom di sottoscrivere una dichiarazione di impegno al rispetto delle norme interne di disciplina per risiedere all’interno dei sette «villaggi attrezzati»
–   dell’uso del DAST, la tessera che consente di accedere e risiedere nei «villaggi attrezzati», e che finora è stata consegnata a molti nei rom in essi presenti.
Come diretta conseguenza dello stato di emergenza, una delle azioni più recenti in attuazione del Piano Nomadi del Comune di Roma, è sicuramente la costruzione del nuovo campo in località La Barbuta, che giorni fa, in una lettera consegnata alle autorità, l’Associazione 21 luglio ha duramente criticato, perchè collocato in un’area non adatta all’insediamento umano. La costruzione dell’insediamento, in base alla sentenza del Consiglio di Stato, è colpito da inefficacia in quanto risultato di un atto del commissario-straordinario «in carenza di potere». Per  tale ragione la costruzione del campo La Barbuta, disposta dal prefetto-commissario per l’emergenza nomadi della Regione Lazio Giuseppe Pecoraro, e quindi in deroga ad una serie di norme, non può essere considerata legittima e va immediatamente sospesa nell’attesa che si promuovano azioni in linea con quanto stabilito dal Consiglio di Stato.

Spett.li dott. Giuseppe Pecoraro e dott. Angelo Scozzafava,
In data 16 novembre 2001, con sentenza n. 6050 il Consiglio di Stato ha statuito «l’illegittimità del decreto del presidente del Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2008» che aveva ha decretato lo «stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi» .
Così come chiarisce la sentenza del Consiglio di Stato, l’illegittimità dello stato di emergenza comporta, di conseguenza, l’annullamento delle ordinanze di nomina dei commissari straordinari per l’emergenza, ma anche di tutti i successivi atti commissariali in quanto adottati « in carenza di potere».
Come diretta conseguenza dello stato di emergenza, una delle azioni più recenti in attuazione del Piano Nomadi del Comune di Roma, è  la costruzione del nuovo campo in località La Barbuta, collocato, tra l’altro, in un’area non adatta all’insediamento umano. Gli atti commissariali, così come la costruzione dell’insediamento, in base alla sentenza del Consiglio di Stato, sono colpiti da inefficacia in quanto risultati di un atto del commissario-straordinario «in carenza di potere». Per  tale ragione la costruzione del campo La Barbuta, disposta dal prefetto-commissario per l’emergenza nomadi della Regione Lazio Giuseppe Pecoraro, e quindi in deroga ad una serie di norme, non può essere considerata legittima e va immediatamente sospesa nell’attesa che si promuovano azioni in linea con quanto stabilito dal Consiglio di Stato.
Nel richiedere l’immediata applicazione della sentenza, vigileremo attentamente sulle azioni dell’amministrazione locale volte al pieno rispetto delle disposizioni della sentenza, segnalando alle autorità competenti eventuali inadempienze e irregolarità da parte delle istituzioni.
Cordiali saluti.

Da inviare a:
angelo.scozzafava@comune.roma.it
giuseppe.pecoraro@interno.it
alessandra.nigro@interno.it

16 novembre 2011 – Villaggio attrezzato della Barbuta: spesi 10 milioni di euro per il campo, in una zona a rischio inquinamento e non adatta all’insediamento umano. Appello dell'Ass. 21 luglio alle organizzazioni locali e alle comunità rom e sinte

L’Associazione 21 luglio scrive alle autorità comunali, ai rappresentanti delle associazioni e alle comunità rom e sinte per denunciare lo sperpero di denaro pubblico e le criticità relative nel campo della Barbuta.

Il 15 dicembre 2011 sarà infatti ultimato il primo “villaggio attrezzato” costruito ex novo dal Comune di Roma, come previsto dal Piano Nomadi. Il campo ospiterà circa 650 persone delle comunità rom e sinte.

L’area si trova nelle immediate vicinanze della pista dell’aeroporto di Ciampino dove atterrano giornalmente 200 aerei. Nel sottosuolo è inoltre situata una falda acquifera della sorgente Appia che, con la costruzione del nuovo campo verrà esposta al rischio di inquinamento. Infine il piano territoriale paesistico della Regione Lazio individua l’area come zona di interesse archeologico. Si tratta quindi di un luogo certificato come non adatto all’insediamento umano per le condizioni igieniche, l’aria insalubre e l’inquinamento acustico.

Prima di realizzare il campo sono stati compiuti i lavori per i rilievi archeologici dell’intera area, costati un milione di euro. Successivamente è stata realizzata una parziale bonifica per la quale l’assessorato all’ambiente di Roma Capitale ha stanziato 530 mila euro. Per la costruzione del campo sono stati poi spesi più di 6 milioni di euro. Per i costi accessori l’Associazione 21 luglio ha stimato una somma di ulteriori 2 milioni di euro. In totale quindi la costruzione del campo della Barbuta è costata quasi 10 milioni di euro. Il mantenimento del villaggio attrezzato, sempre secondo una stima dell’associazione, costerà all’amministrazione circa 3 milioni di euro all’anno.

“Tra un anno – si legge nella lettera – il Comune di Roma avrà probabilmente speso per ogni ospite del nuovo “villaggio attrezzato” la somma di circa 20 mila euro e, per una famiglia di 5 persone, circa 100 mila euro. Il tutto con benefici minimi o nulli per le persone accolte nell’insediamento e senza che sia possibile riscontrare elementi di una reale e concreta inclusione sociale».

L’Associazione 21 luglio, si legge ancora nella lettera, «esprime sdegno per tale sperpero di denaro pubblico, che sicuramente poteva essere utilizzato verso reali politiche abitative in favore della comunità rom e sinta». Inoltre l’associazione manifesta profonda preoccupazione per le condizioni di vita dei 650 rom che verranno accolti all’interno del nuovo “villaggio attrezzato”, in particolare per i minori.

Il nuovo campo della Barbuta rappresenta «l’espressione più alta dell’“urbanistica del disprezzo” nella città di Roma, uno spazio in cui si perpetua la marginalità sociale, “non luogo” per eccellenza». Malgrado in più occasioni i rappresentati rom abbiano espresso il desiderio di vivere nelle case, queste scelte politiche e la totale assenza di soluzioni alternative, rafforzano la convinzione popolare che il rom sia indissolubilmente legato al mondo del nomadismo.

L’associazione 21 luglio invita pertanto le organizzazioni locali che da anni di occupano della gestione dei servizi interni ai “villaggi attrezzati” a «considerare la reale e storica possibilità di non prendere parte all’organizzazione dei servizi previsti all’interno del nuovo “villaggio” de La Barbuta».

La lettera è stata consegnata anche alle comunità rom e sinte della capitale, chiamate a valutare attentamente e responsabilmente le conseguenze negative che, come la storia insegna, emergeranno dopo l’eventuale ingresso nel nuovo campo.

15 febbraio 2011 – In occasione del lancio del dossier “Report Casilino 900. Parole e immagini di una diaspora senza diritti”, l’Associazione 21 luglio denuncia la politica discriminatoria e segregativa del Piano Nomadi della capitale

Esattamente un anno fa, il 15 febbraio 2010, veniva chiuso per sempre il cancello d’ingresso di Casilino 900, il campo rom storico della capitale, abitato da alcune comunità rom sin dagli anni ’50. Davanti a fotografi, cameramen e giornalisti, le autorità definirono solennemente l’evento come un’occasione ” storica per i rom e per la città” realizzata ” insieme ai rom e non contro i rom”. Si trattava, era il ritornello che risuonava in quei giorni, di una ” vittoria della legalità e della solidarietà”.

I 618 rom di Casilino 900, tra cui 273 minori , furono trasferiti ” provvisoriamente” in quattro “villaggi attrezzati” e in un centro di accoglienza con in mano una dichiarazione di impegno, sottoscritta dal sindaco di Roma Gianni Alemanno, nella quale i diversi soggetti attuatori del Piano Nomadi si impegnavano ” a portare avanti il programma di sviluppo e di integrazione della comunità rom nella città di Roma, particolarmente in riferimento ai seguenti punti: Casa e Lavoro”.

Prima di mettere i sigilli allo storico insediamento, il primo cittadino della capitale promise di consegnare ” entro un mese” quell’area abbandonata alla città, attraverso la realizzazione di un parco che avrebbe finalmente restituito decoro a uno spazio lasciato nel degrado più assoluto per troppo tempo.

Oggi, a un anno di distanza da quei fatti e quelle promesse, l’ Associazione 21 luglio , nel presentare il report “Casilino 900. Parole e immagini di una diaspora senza diritti “, denuncia l’inganno di cui sono state vittime la comunità rom del Casilino 900 e la cittadinanza di Roma e punta l’indice, in maniera chiara e decisa, verso la politica discriminatoria e segregativa del Piano Nomadi della capitale.

Lo sgombero del Casilino 900 rappresenta infatti la “punta dell’iceberg” delle politiche sociali attuate ad oggi nei confronti della popolazione romanì dalle varie amministrazioni comunali che, senza discontinuità alcuna in termini di idee e programmi, si sono succedute negli ultimi tre decenni. Politiche che, secondo l’ Associazione 21 luglio , azzerano palesemente i diritti fondamentali dei minori così come sanciti dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York il 20 novembre 1989 e ratificata nell’ordinamento giuridico italiano dalla legge n. 176 del 27 maggio 1991.

La storia dello sgombero del Casilino 900 ci insegna che la politica sociale rivolta alla comunità romanì di Roma si snoda attraverso fasi dettate da un preciso ordine cronologico:

•  la criminalizzazione e la colpevolizzazione della popolazione romanì presente sul territorio;

•  la creazione di un allarme sociale fondato sulla paura del diverso;

•  la richiesta e l’utilizzo di misure in stato di emergenza che consentono l’erogazione di cospicui fondi governativi;

•  l’annuncio della costituzione di nuovi “campi nomadi” ogni volta definiti innovativi ma che nulla di diverso rappresentano rispetto alla già sperimentata costituzione di spazi di discriminazione e di segregazione;

•  la gestione dei fondi stanziati attraverso la costituzione di un “indotto” che ruota attorno ai campi.

Anche nei tragici eventi degli ultimi giorni, con la morte di quattro bambini rom arsi vivi da un incendio divampato nella baracca dove stavano dormendo, ci sembra di rivedere lo sviluppo di tali dinamiche che, ogni volta, non fanno che ricollocare la ” problematica rom” nell’alveo dell'”emergenza sociale”.

Alla luce di quanto emerge dal Report presentato, l’ Associazione 21 luglio chiede al sindaco di Roma on. Gianni Alemanno , al Commissario straordinario per l’emergenza nomadi a Roma dott. Giuseppe Pecoraro e al soggetto attuatore del Piano Nomadi della capitale dott. Angelo Scozzafava una profonda revisione dell’impianto del Piano Nomadi attraverso la promozione di reali politiche di inclusione sociale che salvaguardino, anzitutto, i diritti fondamentali dell’uomo e dell’infanzia.

 

Ufficio Stampa Associazione 21 luglio

Tel. 349.8049308 – ass.21luglio@gmail.com

6 febbraio 2011 – BIMBI ROM MORTI IN ROGO A ROMA, L'ASSOCIAZIONE 21 LUGLIO CHIEDE DIMISSIONI BELVISO E SCOZZAFAVA

Questa sera alle 20.30 in un insediamento sulla via Appia Nuova si è sviluppato un incendio in una baracca che ha ucciso quattro bambini di etnia rom di 3, 5, 7 e 9 anni.

Secondo le informazioni al momento disponibili, in passato le famiglie presenti in questo insediamento erano state più volte sgomberate, senza avere potuto ottenere dalle istituzioni preposte una adeguata sistemazione alternativa.

L’Associazione 21 luglio già da alcuni mesi sta monitorando le condizioni di vita di alcune famiglie appartenenti alle comunità di rom romeni che sono state oggetto di ripetuti sgomberi. Questi sgomberi si sono svolti all’interno delle azioni previste dal Piano Nomadi del Comune di Roma.

Il 21 settembre 2010 in un comunicato stampa l’Associazione chiedeva l’immediata sospensione del piano degli sgomberi in quanto lo stesso non prevedeva una reale soluzione alternativa così come richiesto dalle convenzioni internazionali.

Il 1° dicembre 2010 l ‘Associazione 21 luglio ha lanciato un appello al sindaco di Roma, on. Gianni Alemanno, e al Commissario straordinario per l’emergenza nomadi di Roma e del Lazio, dott. Giuseppe Pecoraro , per porre fine alla pratica degli sgomberi illegali e affinché venissero garantite alle famiglie dei minori rom coinvolti adeguate sistemazioni alternative, accesso all’istruzione e altre forme di sostegno essenziali,.

Nell’appello l’Associazione ha rilevato che gli sgomberi che hanno coinvolto a Roma la popolazione romanì sono illegali, perché violano quanto sancito dal Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite.Sono stati, infatti, sistematicamente violati i diritti dei minori all’abitazione, all’integrità personale, alla salute, all’istruzione, nonché il divieto di discriminazione sancito dalla Convenzione Internazionale di New York sui diritti dell’infanzia, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata nell’ordinamento giuridico italiano dalla legge n. 176 del 27 maggio 1991.

L’Associazione 21 luglio denuncia la situazione di molte famiglie di rom romeni vittime di ripetuti sgomberi. Le modalità con cui questi ultimi vengono svolti fanno temere che essi siano pianificati per portare all’esasperazione le famiglie coinvolte aumentando il loro disagio, la loro insicurezza , la loro esclusione dal tessuto sociale.

Il rogo di oggi è senza dubbio una conseguenza – diretta o indiretta – delle politiche adottate dalle autorità locali che si esprimono in tutta la loro inefficacia con il Piano Nomadi .

L’Associazione 21 luglio chiede alle autorità locali un’assunzione di responsabilità invitando l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Roma on. Sveva Belviso e il soggetto attuatore del Piano Nomadi dott. Angelo Scozzafava a rassegnare le proprie dimissioni.

19 gennaio 2011 – CASILINO 900: UN ANNO DOPO. Il prossimo 15 febbraio, anniversario della chiusura del campo, l’Associazione 21 luglio presenta un report su cosa è realmente accaduto ai rom sgomberati dallo storico campo della Capitale

19 gennaio 2011 Esattamente un anno fa, alle ore 10,00 del 19 gennaio 2010, veniva abbattuta la prima baracca del Casilino 900, il campo rom storico della Capitale. Iniziava così lo sgombero definitivo di quell’ampio spazio di territorio che era stato popolato sin dal secondo dopoguerra, dagli italiani prima e dalla popolazione romanì poi.

Le operazioni di demolizione delle case dei rom durarono circa un mese, fino al 15 febbraio 2010 , quando le istituzioni, davanti a fotografi e giornalisti, brindarono solennemente al lucchetto simbolico che chiudeva per sempre il cancello di ingresso di Casilino 900. Si trattava, per le autorità, della fine di una situazione di ” degrado” e di ” vergogna” inconcepibile per la città di Roma, e di una ” vittoria della legalità e della solidarietà” . Ai rom sgomberati ( 618 persone tra cui 273 minori ) furono promesse una collocazione più idonea, un lavoro e la possibilità di integrarsi con facilità nella società italiana. Al posto del campo, fu annunciato ai cittadini della Capitale, sarebbe sorto entro un mese un grande parco.

A un anno di distanza nulla di tutto ciò è accaduto. I rom, come in una vera e propria diaspora , sono stati suddivisi in quattro villaggi attrezzati e in un centro di accoglienza, dove le condizioni di vita sono ben peggiori rispetto a Casilino 900, i diritti umani e dell’infanzia calpestati in molteplici circostanze e le occasioni di integrazione lontane dal divenire realtà. Il tutto a fronte di costi elevatissimi per le tasche del Comune e, di conseguenza, per quelle dei contribuenti. L’area dove sorgeva l’ex insediamento, del resto, non è mai diventata un parco ed interessi speculativi rendono appetibile quello spazio, nuovamente ripopolato da baracche sparse degli ultimi “disperati” ed utilizzato, al suo ingresso, come discarica.

Oggi, gli ex abitanti di Casilino 900, profondamente umiliati dalle false promesse delle autorità, rimpiangono il loro vecchio campo, le loro case con acqua ed elettricità, l’armonia che si respirava tra le famiglie e la vicinanza dal centro di Roma e dai servizi essenziali, come scuole, ospedali e negozi di generi alimentari.

Per dar voce ai sentimenti di queste persone e ricordare la valenza storica e culturale del luogo da cui sono state costrette a separarsi, l’Associazione 21 luglio ha realizzato un dossier dal titolo ” Report Casilino 900: Parole e immagini di una diaspora senza diritti” . Il “book”, concepito anche come una denuncia tutt’altro che velata nei confronti di certe politiche sociali colpevoli di segregare i rom anziché integrarli , è costituito da una ricerca storica su Casilino 900 dalle origini allo sgombero finale, da un’analisi dei cinque luoghi della diaspora con le testimonianze dirette dei rom e da un’ampia sezione fotografica contenente i bellissimi scatti della fotografa Alessandra Quadri.

Il report sarà ufficialmente presentato alla stampa martedì 15 febbraio 2011 alle ore 16,00 presso la sala Auditorium Unicef in via Palestro 68, a Roma. Sarà cura dell’Associazione 21 luglio, in prossimità dell’evento, indicare dettagli e modalità di svolgimento della giornata.

Per ulteriori informazioni, contattare l’ufficio Stampa dell’Associazione 21 luglio.

20 marzo 2011 – Osservatori dell'Associazione 21 Luglio segnalano una grave forma di "discriminazione indiretta" all'interno della scuola "Papa Wojtila" di Roma

Osservatori dell’Associazione 21 luglio attraverso l’Antenna Territoriale Anti-Discriminazione segnalano una grave forma di “discriminazione indiretta” all’interno della scuola “Papa Wojtila” di Roma e chiedono il ritiro del prospetto all’interno del POF

La scuola “Papa Wojtila” di Roma ha posto, all’interno del Piano di Offerta Formativa diffuso tra l’utenza, una tabella in cui vengono riportati i numeri dei minori iscritti nell’anno scolastico 2009/2010 attraverso una suddivisione in: alunni italiani, alunni stranieri, alunni H (alunni diversamente abili) e alunni nomadi.

In una lettera inviata al dirigente scolastico della scuola, dott.ssa Giovanna Merlina e all’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali) l’Antenna Territoriale Anti-Discriminazione, dietro segnalazione degli osservatori dell’Associazione 21 luglio, pone in evidenza il rischio che tale tabella “ potrebbe assecondare un atteggiamento discriminatorio da parte di chi erroneamente vede in questi minori dei possibili ostacoli al normale svolgimento delle attività scolastiche”.

“E’ evidente – prosegue la lettera – che il prospetto in questione può apparire neutro a una prima lettura, ma è potenzialmente destinato a creare delle discriminazioni, costituendo in altri termini una forma di discriminazione indiretta, così come stabilito dal D.lgs. 215/03 applicativo della direttiva europea 2000/43/CE del 29 gennaio 2000 relativa alla parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine tecnica, nonché in materia di occupazione e di condizione di lavoro”.

L’Associazione 21 luglio chiede pertanto, attraverso l’Antenna Territoriale Anti-Discriminazione, l’immediato ritiro del prospetto per consentire la riconduzione a coerenza con i principi generali dell’ordinamento, oltre che della Costituzione e del diritto europeo.

Ufficio Stampa Associazione 21 luglio

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