Tor Bella Monaca, presentato progetto promozione sociale per bambini

ROMA, 2 LUGLIO 2020 – Un progetto per supportare madri e minori del quartiere Tor Bella Monaca nella delicata fase successiva al lockdown causato dalla pandemia. Oggi in Campidoglio è stata presentata l’iniziativa “Generazione Covid: ricostruiamo il futuro”, promossa da Associazione 21 luglio e sostenuta dall’associazione “Giacometta e Walter Cantatore” che durerà 12 mesi e si svolgerà nel quartiere Tor Bella Monaca, estrema periferia est della Capitale dove il 41% della popolazione vive in povertà assoluta e metà delle famiglie ha un reddito pari a zero. Il quartiere vanta, inoltre, il triste primato della dispersione scolastica con il tasso cittadino più alto e dove è forte la presenza della criminalità organizzata.

Il progetto è rivolto a 75 minori e 100 famiglie che vivono in condizioni di svantaggio economico e sociale: una psicologa e un’assistente sociale sono le responsabili del programma che avvierà attività di promozione sociale per le bambine e i bambini del territorio. In questa fase, Associazione 21 luglio si avvale della collaborazione di importanti realtà territoriali e non solo, tra queste l’Università di Tor Vergata, Associazione Garofoli Nexus, ABCittà, Scosse e Digiconsum, per la realizzazione dei laboratori estivi destinati ai minori e alle loro famiglie.

«In questa difficile fase di post Covid – sottolinea Tobia Zevi, presidente dell’associazione “Giacometta e Walter Cantatore” – per ricostruire coesione sociale e senso di comunità, è fondamentale investire sulle situazioni di maggiore fragilità. E’ da qui che bisogna doverosamente partire per combattere le disuguaglianze e costruire opportunità per tutti».

«L’emergenza pandemica ha prodotto una generazione di bambini e ragazzi ferita e fragile, con un futuro gravemente compromesso da disuguaglianze economiche e sociali che a partire dai prossimi mesi faranno sentire il loro impatto. – ha detto Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio – Grazie a questo progetto risulterà rafforzato il lavoro di Associazione 21 luglio a Tor Bella Monaca, dove in un territorio difficile siamo a fianco dei minori nei loro percorsi educativi e delle famiglie nella costruzione di una comunità solidale e capace di dare risposte concrete ai bisogni reali».

CS – Presentato il rapporto sull’impatto generato dal “Piano rom” della città di Roma. Associazione 21 luglio: «Intenti apprezzabili con esiti fallimentari»

«Un Piano rom contraddittorio e poco trasparente, mai condiviso con la cittadinanza e caratterizzato dal rifiuto a qualsiasi supporto esterno – compresa l’adesione a programmi europei -, accompagnato da una narrazione poco aderente alla realtà. Un Piano le cui azioni hanno avuto un impatto quasi insignificante se rapportate alle ingenti somme di denaro impegnate», questo l’impietoso giudizio espresso da Associazione 21 luglio che oggi nella Sala Stampa della Camera ha presentato un rapporto sul “Piano rom” della città di Roma a 30 mesi dalla sua presentazione.

Grandi attese si erano sollevate nella città di Roma il 31 maggio 2017, dopo che la sindaca Virginia Raggi aveva presentato con grande enfasi in Campidoglio il “Piano rom” della Capitale per il superamento degli insediamenti formali, un documento che l’allora capo politico del Movimento 5 Stelle non aveva esitato a definire «un capolavoro da applausi», rappresentando il primo tentativo di una Giunta Capitolina di adoperarsi esplicitamente in un’azione organica di superamento degli insediamenti monoetnici presenti sul territorio.

Dopo due anni e mezzo da quel giorno però, l’Amministrazione Capitolina non ha mai provveduto a rendere pubbliche relazioni di monitoraggio al fine di condividere il reale impatto delle azioni previste dal Piano. «Definire un bilancio – è riportato nella premessa rapporto – risulta arduo. Su questo tema infatti l’azione della Giunta è stata caratterizzata da scarsa trasparenza e quando numeri e dati sono stati prodotti gli stessi non sempre hanno trovato aderenza con la realtà fattuale».

Per colmare tale deficit, Associazione 21 luglio ha presentato oggi alla stampa il report “Dove restano le briciole. I propositi del Piano rom e ciò che rimane negli insediamenti della Capitale”. Si tratta di uno studio lungo e meticoloso, effettuato grazie all’ausilio di atti pubblici, documenti anche inediti, testimonianze raccolte tra operatori del Terzo Settore e all’interno degli insediamenti, in primis quelli direttamente coinvolti dal Piano: Camping River, La Barbuta e Monachina.

Sono anzitutto i numeri a fornire i primi elementi del fallimento delle azioni del Piano: il “Patto di Responsabilità Solidale” – che rappresenta il “vincolo contrattuale” che lega l’Amministrazione ad ogni nucleo che intende partecipare alle azioni inclusive del Piano negli insediamenti di prossimo superamento (La Barbuta e Monachina) – è stato sottoscritto solo dal 19% delle famiglie. Sotto il profilo alloggiativo non risulta siano stati erogati supporti per il buono casa; sul versante lavoro, ad eccezione di tirocini e borse lavoro, non sono mai partite le start up previste dal Piano; nella progettualità di recupero ambientale una sola persona risulta essere stata coinvolta. Drammatici sono i numeri sul fronte scolastico dove negli ultimi 3 anni si è assistito a un decremento dei minori rom iscritti del 56%.

Di contro sono 104 gli sgomberi forzati registrati dal giorno della presentazione del Piano con un impegno di spesa stimato in 3.300.000 euro; preoccupa il “travaso” di circa 800 persone dagli insediamenti formali a quelli informali che nella Capitale sono saliti a più di 300; rappresenta un allarme la volontà dell’Amministrazione Comunale di realizzare nuovi “centri di raccolta” per soli rom riproponendo soluzioni abitative già sperimentate nel passato con evidenti fallimenti.

Davanti a questi numeri Associazione 21 luglio chiede al Campidoglio «una battuta di arresto» senza la quale, si legge nel rapporto, «l’attuale Piano, come un treno senza freni, continuerà testardamente a scontrarsi con il muro della realtà. E il campo rom, come in passato, continuerà a restare il luogo della marginalità sociale “dove restano le briciole” di promesse non mantenute, finanziamenti mal gestiti, progettualità irrealizzabili».

Nel corso della presentazione Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio ha ribadito: «Chiediamo alla sindaca di sospendere ogni futura azione e di assumere il maturo coraggio dell’autocritica, in un atteggiamento che ponga al centro gli interessi della città e dei suoi cittadini, dentro e fuori le baraccopoli. Per questo chiediamo l’istituzione di un Tavolo cittadino dove, in un dialogo tra le diverse realtà, si possano rileggere le azioni del Piano, individuare le criticità, definire nuove linee di azione, ricucire rapporti di fiducia. In assenza di ciò, lo affermiamo dal giorno successivo alla sua presentazione, questo Piano continuerà a naufragare e ancora una volta assisteremo, come nel passato, allo sperpero di denaro pubblico accompagnato da violazioni sistematiche dei diritti umani».

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“Dove restano le briciole”. Il report di Associazione 21 luglio a due anni e mezzo dal Piano rom della giunta Raggi

«Possiamo annunciare in maniera molto netta che finalmente a Roma saranno superati i campi rom. Abbiamo approvato un Piano che consente di riportare Roma in Europa, abbiamo appreso le migliori prassi che hanno funzionato e le portiamo a Roma per superare i campi». Era il 31 maggio 2017 quando la sindaca di Roma Virginia Raggi presentava con queste parole il “Piano di Indirizzo di Roma Capitale per l’inclusione delle Popolazioni Rom, Sinti e Caminanti”. Il giorno dopo Beppe Grillo, allora capo del Movimento 5 Stelle, sul suo blog commentava il documento affermando: «Da adesso si iniziano a chiudere i campi rom. Per sempre. Un capolavoro da appalusi».

A 30 mesi da quel giorno, Associazione 21 luglio presenta il reportDove restano le briciole” con l’obiettivo di restituire alla città di Roma un primo bilancio sull’operato dell’Amministrazione Comunale e sull’impatto del Piano rom.

Il report nel rendere pubblici dati inediti, numeri e incongruenze sui quattro assi intorno cui è strutturato il Piano rom quali: l’abitare, l’occupazione, la scolarizzazione e la salute, svela anche come si va esprimendo la volontà dell’Amministrazione Capitolina di realizzare nuovi insediamenti monoetnici, in contraddizione con quanto previsto dal Piano rom stesso.

La “questione rom” – come riportato nel report – è stata gestita con un’azione definita “a imbuto” dove, a fronte di importanti propositi, ampiamente enfatizzati nel corso della presentazione del Piano rom, gli stessi sono andati ridimensionandosi negli atti e nei bandi, per poi ridursi sensibilmente nelle azioni svolte all’interno degli insediamenti con un impatto trascurabile se misurato alle intenzioni iniziali.

Il “campo rom” ha finito così per diventare lo spazio “dove restano le briciole” di quanto annunciato e promesso il 31 maggio 2017. Trovano così una spiegazione: l’aumento delle presenze all’interno degli insediamenti informali del 66%; la contrazione dei minori iscritti alla scuola dell’obbligo del 56% in due anni; il mancato decollo dei progetti di inclusione lavorativa e scolastica.

Il report verrà presentato in conferenza stampa martedì 14 gennaio alle ore 13.00 presso la Sala stampa della Camera dei Deputati, in via della Missione, 4 – Roma. Per accredito scrivere a stampa@21luglio.org

 

foto di Stefano Sbrulli

 

Regione Piemonte: la proposta del disegno di legge dell’assessore Ricca preoccupa Associazione 21 luglio perché viola i diritti umani

Egr. Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio,

Associazione 21 luglio è un’organizzazione non profit che supporta individui e gruppi in condizione di segregazione estrema tutelandone i diritti e promuovendo il benessere delle bambine e dei bambini. L’Associazione è apartitica, non ha fine di lucro, persegue il fine esclusivo della solidarietà sociale, umana, civile e culturale, in particolare nel rispetto dei principi della Convenzione Internazionale di New York sui diritti dell’infanzia.

L’Associazione 21 luglio, iscritta al Registro UNAR delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni, è membro di: Associazione Carta di Roma, European Roma Information Office, Gruppo CRC (Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza), CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili), ISSA (International Step by Step Association) e Piattaforma per i Diritti Fondamentali (FRP).

A seguito delle attività di monitoraggio abbiamo appreso della proposta di Disegno di legge “Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo” presentata dall’assessore regionale alla Sicurezza Fabrizio Ricca.

Dall’approfondimento inerente alla proposta di Disegno di legge “Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo”, sembrerebbe che lo stesso si concretizzi in una revisione «poco riveduta e corretta» della proposta di Legge Regionale n.122 del 27 marzo 2015 “Interventi a regolamentazione del nomadismo e del contrasto all’abusivismo” già licenziato con voto contrario il 29 giugno 2017.

Ancor prima di entrare nel merito della proposta di Disegno di Legge oggetto della presente appare doverosa una precisazione preliminare in meritò alla cd. volontà dell’assessore proponente di “regolamentare il nomadismo”, accezione questa a parere della scrivente che cela in realtà la volontà di adottare una legge ad hoc per soggetti e gruppi di persone individuate su base etnica e nello specifico con le persone identificate dalle istituzioni come rom.

Invero il cd. “diritto al nomadismo” richiamato dall’assessore Ricca è stato ricondotto dalla dottrina alla libertà di circolazione e soggiorno in ogni parte del territorio nazionale, e pertanto è già implicitamente tutelato nell’ambito di altri diritti fondamentali di cui è titolare ogni persona in base alle norme costituzionali, dell’Unione europea e internazionali.

Passando poi ad una puntuale disamina dell’approfondimento della proposta di Disegno di legge “Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo” presentato nel 2015 dall’assessore regionale alla Sicurezza, si riscontrano le medesime criticità e gli aspetti in contrasto con gli obblighi costituzionali, le norme comunitarie e internazionali già individuati nella proposta di Legge Regionale n. 122 del 27 marzo 2015.

In primis la proposta di Disegno di legge dell’assessore Ricca prevede “l’installazione in dette aree di transito di impianti di video sorveglianza” disposizione questa in aperto contrasto con le norme che riservano allo Stato la materia dell’ordine pubblico e della sicurezza. Si ricorda che l’Autorità garante per la protezione dei dati personali ha stabilito che «un soggetto pubblico può effettuare attività di videosorveglianza solo per funzioni istituzionali di cui sia realmente titolare in base all’ordinamento di riferimento. Diversamente, il trattamento non è lecito».

Sempre in merito all’accesso in tali aree di transito l’assessore ha proposto la regolamentazione degli accessi per il tramite di registri telematici e smart card. Si osserva che tali disposizioni, come peraltro riconosciuto da costante giurisprudenza sul tema, sono in contrasto con il disposto dell’art. 16 della Costituzione che stabilisce che “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e sicurezza. (…)”( cfr.TAR Lazio, sezione I, sentenza del 24 giugno 2009, n. 6352; Consiglio di Stato sezione VI sentenza 6050 del 16 novembre 2011).

Per quanto poi riguarda i requisiti di accesso a tali aree di transito la proposta del Disegno di legge regionale fissa particolari requisiti come la cd. provenienza del reddito e l’idoneità morale dei soggetti richiedenti: appare qui opportuno rilevare che requisiti di tal fatta hanno carattere solo potenzialmente in quanto non annoverabile tra i requisiti di accesso ad altre misure di social housing nella stessa Regione Piemonte.

Quanto poi la previsione della revoca all’autorizzazione a permanere nelle dette aree nei casi in cui il singolo trasgressore si renda protagonista di “incitamento o sfruttamento di terzi” si ravvisa come tale comportamento vada necessariamente accertato dalle competenti sedi giudiziarie e con sentenza passata in giudicato. Infine sempre in merito ai casi di revoca, la revoca della permanenza in detti insediamenti a motivo del reiterato rifiuto di proposte di inserimento lavorativo incide sulla libertà costituzionalmente riconosciuta del soggetto a scegliere la propria attività lavorativa.

In merito poi alla revoca dell’autorizzazione a permanere nelle dette aree a seguito di “Abbandono scolastico o assenza per un numero superiore di 20 giorni consecutivi da parte di un minore parte del nucleo familiare o per un totale di 45 giorni nel corso dell’intero anno scolastico, salvo comprovati e certificati motivi di salute” tale disposizione oltre che ad essere in contrasto con la normativa nazionale che prevede la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato pena la perdita dell’anno scolastico salvo eccezionali deroghe è potenzialmente discriminatoria in quanto avente ad oggetto solo nuclei famigliari individuati su base etnica.

Infine, nella proposta del Disegno di legge dell’assessore regionale Ricca viene ripresa nuovamente l’idea della creazione di un “Osservatorio regionale” novellato per il monitoraggio dei flussi e il contrasto all’abusivismo ove è previsto al pari del primo osservatorio che ne facciano parte anche “tre componenti delle Forze dell’ordine, di concerto con le Prefetture”.

Al riguardo, si evidenzia che la Corte Costituzionale ha più volte ribadito (tra le altre, sent. n. 134/2004) che le forme di collaborazione e di coordinamento coinvolgenti compiti ed attribuzioni di organi dello Stato (come la Prefettura) non possono essere disciplinate unilateralmente dall’attività legislativa regionale essendo necessaria la loro previsione da parte della legge statale o da parte di accordi tra i soggetti istituzionali coinvolti.

Pertanto alla luce delle osservazioni di cui sopra Associazione 21 luglio per le motivazioni di cui sopra le chiede di vigilare attentamente sulla proposta di Disegno di legge “Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo” che l’assessore regionale alla Sicurezza ha annunciato di voler presentare ponendosi lo stesso in contrasto con gli obblighi costituzionali, le norme comunitarie e internazionali.

In copertina: Torino, sgombero del campo rom di corso Tazzoli (Foto Repubblica.it)

 

Il monito della Corte Europea al Governo italiano sortisce i primi effetti a Giugliano in Campania

Il monito della Corte Europea al Governo italiano sortisce i primi effetti a Giugliano in Campania. Associazione 21 luglio e ERRC: «Si apre un’occasione storica per l’inclusione delle comunità rom»

“La Corte Europea dei Diritti Umani accoglie positivamente le osservazioni ricevute dal Governo italiano secondo cui non è stata adottata alcuna ordinanza di sgombero e che non è prevista, ad oggi, una tale misura”. È questo uno stralcio contenuto nella lettera che la Corte di Strasburgo ha inviato alle famiglie rom di Giugliano in Campania che hanno presentato ricorso a Strasburgo il 16 e il 21 maggio scorsi: sul capo delle 45 famiglie non pende nessuna minaccia di sgombero dall’ex area industriale della periferia comunale.

L’intervento e la mediazione di Associazione 21 luglio e ERRC tra i ricorrenti e la Corte Europea sono stati determinanti affinché il Governo italiano mostrasse impegni chiari a tutela dei diritti di uomini, donne e bambini già vittime di reiterati sgomberi da terreni adiacenti l’attuale soluzione. Grazie all’impegno di Associazione 21 luglio e ERRC, quindi, il Governo per il tramite del Comune, ha garantito l’accesso ai servizi base attraverso la collocazione di bagni chimici al di fuori dell’area diventata il rifugio di 450 rom.

Non solo, dopo il monito della Corte europea, il Governo ha fatto sapere che il Comune starebbe attivando una task force di servizi sociali a sostegno delle famiglie e il sostegno della Caritas, offrendo altresì soluzioni temporanee alloggiative in una tensostruttura e in strutture di accoglienza protetta sia sul territorio comunale che regionale.

Per tutte queste ragioni e per gli impegni assunti dal Governo a seguito dell’avviso ricevuto da Strasburgo, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha deciso di sospendere le misure ad interim in attesa dell’ufficializzazione del ricorso prevista per il prossimo mese di luglio.

Carlo Stasolla (Associazione 21 luglio) – «Guardiamo con soddisfazione e con speranza quanto deciso dalla Corte. Dopo 30 anni di marginalizzazione e ghettizzazione della comunità rom sul territorio giuglianese, per la prima volta si apre un’occasione storica per l’inclusione delle comunità rom, un’occasione che gli organi istituzionali hanno il dovere di cogliere e che come Associazione 21 luglio nel rispetto dei ruoli di ciascuno sosterremo e incoraggeremo nella loro implementazione».

Da Strasburgo la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo interviene sulla vicenda dei rom di Giugliano imponendo il rispetto dei diritti umani

Roma, 18 maggio 2019 – Con una decisione di importanza fondamentale, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con sede a Strasburgo, riconoscendo il diritto all’unità familiare e la necessità di adottare misure provvisorie, ha imposto al Governo italiano di fornire un alloggio adeguato alle famiglie rom che, dopo lo sgombero forzato avvenuto a Giugliano, nei giorni scorsi, supportati da Associazione 21 luglio e da European Roma Rights Centre, avevano presentato ricorso.

Antefatto

Lo scorso 5 aprile 2019, con Ordinanza sindacale n. 29, per circa 450 persone residenti nell’insediamento di via del Vaticale nel Comune di Giugliano era stato disposto dall’Amministrazione Comunale lo sgombero per motivi di salubrità e salute pubblica prevedendo solo su carta anche l’accompagnamento dei Servizi sociali comunali nel ricollocamento abitativo.
Ma la mattina del 10 maggio 2019 le Forze dell’Ordine avevano attivato l’allontanamento coatto delle famiglie dall’insediamento di via del Viaticale. Secondo le numerose testimonianze raccolte, sia prima che durante le operazioni di sgombero alle persone era stato verbalmente intimato di uscire dal territorio di Giugliano pena la cancellazione anagrafica e l’allontanamento dei minori. Non avendo altra possibilità e costantemente sorvegliati dalle Forze dell’Ordine, la comunità rom di Giugliano si era divisa tra il territorio del Comune di Villa Literno e quello di Castel Volturno. Da quest’ultimo era stata allontanata dopo poche ore. Le 450 persone rom si erano, quindi, ricongiunte nella serata dello stesso giorno in un’area dismessa nella zona industriale di Giugliano.

La nuova collocazione si è rivelata da subito totalmente inadeguata

Le 73 famiglie, attualmente accampate in quell’area, non dispongono di riparo alcuno, sono costrette a dormire all’interno delle autovetture o all’aperto, malgrado le difficili condizioni atmosferiche, non hanno elettricità, sono prive di acqua potabile e servizi igienici. I 105 minori frequentanti le scuole dell’obbligo sono stati costretti ad interrompere la frequenza scolastica. Associazione 21 luglio si è da subito mobilitata con una Conferenza stampa straordinaria presso la Sala Stampa della Camera e con un appello online per denunciare i diritti violati dalle autorità in occasione dello sgombero forzato e per chiedere al Comune di Giugliano un intervento urgente volto ad offrire soluzioni alloggiative adeguate e dignitose per tutte le persone, garantendo loro l’accesso ai servizi base e il ripristino della frequenza scolastica per i minori in età scolare e promuovendo il ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Ieri è arrivata la decisione da Strasburgo che, in riferimento ai ricorrenti, ha imposto al Governo italiano di garantire un alloggio adeguato ai minori e alle loro famiglie.

I commenti delle organizzazioni

Secondo Carlo Stasolla, che dopo la decisione della Corte ha interrotto lo sciopero della fame iniziato domenica scorsa, “L’arretramento dei diritti delle comunità più marginalizzate, registrato in Italia soprattutto nell’ultimo anno, oggi segna un clamoroso stop. Sulla vicenda di Giugliano, Associazione 21 luglio è stata la prima a denunciare la sistematica violazione dei diritti, ha promosso appelli, ha organizzato conferenze stampa, ha supportato e affiancato le famiglie che hanno proposto il ricorso alla Corte Europea, per raggiungere un obiettivo semplice e chiaro: ristabilire i principi della Costituzione italiana su quell’area della periferia giuglianese dove i diritti fondamentali erano stati definitivamente rimossi dalle stesse istituzioni locali che avrebbero dovuto garantirli. È giunta l’ora che venga spezzato il circolo vizioso che ha tenuto per trent’anni la comunità rom di Giugliano vittima del ricatto e della paura e da domani dobbiamo tutti lavorare per un futuro che parli il linguaggio del rispetto della dignità umana e dell’inclusione. Su Giugliano – ha concluso Stasolla – da oggi l’Europa ha acceso un faro che illumina tutta l’Italia e che tutti abbiamo il dovere di mantenere acceso: il faro dell’antidiscriminazione e degli stessi diritti sanciti dall’articolo 2 e 3 della Costituzione italiana che nessuno, a qualunque titolo, può arrogarsi la presunzione di spegnere”.

Questa decisione rompe il lungo ciclo degli sgomberi forzati che da molto tempo tormenta questa comunità, e più in generale i rom in Italia”, ha affermato Jonathan Lee dello European Roma Rights Centre. “Quando le autorità sradicano le famiglie rom dai loro contesti abitativi, sanno bene che ciò comporterà l’abbandono della scuola per i bambini, la perdita del lavoro per i genitori. Nonostante la famiglia dovrà insomma ricominciare da zero, le autorità procedono comunque con lo sgombero forzato. La Corte ha confermato che l’Italia non è al di sopra della legge e non può, indiscriminatamente, rendere i rom senzatetto. I membri di questa comunità hanno ottenuto una grande vittoria contro la discriminazione e contro le politiche dell’odio che perpetuano l’esclusione dei rom in Italia.”

 

Dopo Torre Maura e Casal Bruciato, l’odio verso i rom si estende a Giugliano

ROMA 15 maggio 2019 – Si è svolta nella giornata di oggi la conferenza stampa organizzata da Associazione 21 luglio presso la Sala stampa della Camera dei Deputati. Insieme a Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio, Riccardo Magi parlamentare, Alex Zanotelli, sacerdote comboniano, Enrico Muller, responsabile di CasArcobaleno di Scampia, Nicola Palma, consigliere comunale di Giugliano.

Dopo i fatti di Torre Maura e di Casal Bruciato, continua ad accendersi di odio contro i rom la periferia italiana. A Giugliano, nella provincia di Napoli, 450 rom, di cui la metà bambini, dopo tre sgomberi forzati organizzati dall’Amministrazione Comunale e avvenuti nella sola giornata del 10 maggio scorso, si sono rifugiati in un’area dismessa della periferia giuglianese in condizioni drammatiche e a forte rischio per la loro incolumità. I diritti umani sono stati violati dalle istituzioni nel Comune campano e in Italia l’onda dell’odio verso i rom vede crescere la sua forza.

Secondo Carlo Stasolla, oggi al terzo giorno dello sciopero della fame per protestare contro l’abbandono istituzione delle famiglie rom di Giugliano, lo sgombero organizzato dall’Amministrazione Comunale ha di fatto provocato una gravissima emergenza umanitaria che Associazione 21 luglio ha toccato con mano con numerosi sopralluoghi. “La vita di 450, tra cui numerosi neonati e bambini, è messa a serio repentaglio da politiche irresponsabili e noncuranti della dignità umana. A Giugliano abbiamo visto declinata una discriminazione di stampo istituzionale nei confronti di una comunità che da più di 30 anni paga sulla pelle il prezzo dell’emarginazione e della segregazione abitativa. Chiediamo al governo nazionale e locale un intervento urgente volto a garantire servizi minimi e a salvaguardare il diritto alla salute e alla scolarizzazione”.

Associazione 21 luglio ha lanciato un appello urgente al Sindaco del Comune di Giugliano, Antonio Poziello, al Governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca e al capo del Dip. della Protezione Civile, Angelo Borrelli per chiedere di attivare con la massima urgenza e senza ulteriori ritardi misure volte ad offrire soluzioni alloggiative adeguate e dignitose per tutte le persone, garantendo loro l’accesso ai servizi base e il ripristino della frequenza scolastica per i minori in età scolare. L’appello, che in poche ore ha già raccolto un migliaio di adesioni è visionabile su www.21luglio.org

Per informazioni: stampa@21luglio.org

Da Torre Maura a Casal Bruciato, Associazione 21 luglio: «Le istituzioni facciano rispettare le leggi garantendo la tutela dei diritti umani»

Nel pomeriggio di ieri, frange di estrema destra hanno iniziato il loro presidio in via Sebastiano Satta, nel quartiere Casal Bruciato, periferia della città di Roma, per opporsi all’assegnazione legittima di una casa popolare ad una famiglia rom. Quattordici persone, dopo anni trascorsi all’interno della baraccopoli La Barbuta, regolarmente inserite nella graduatoria del Comune di Roma per l’assegnazione, hanno finalmente ottenuto l’alloggio ed effettuato il trasferimento. Ma dalla giornata di ieri, ormai, fanno i conti con manifestazioni di odio e razzismo nei loro confronti che culminerà con la manifestazione del pomeriggio di oggi annunciata da CasaPound.

Lo scorso mese di aprile, un’altra rivolta anti rom a Casal Bruciato, in via Facchinetti. Anche in quel caso, una famiglia rom proveniente da La Barbuta è stata contestata da militanti neofascisti. Dopo giorni di presidio da parte dell’estrema destra al grido “Prima gli italiani”, la famiglia ha scelto di tornare a vivere nella baraccopoli e lo ha fatto sotto gli occhi delle amministrazioni municipali e comunali che hanno consentito ai militanti di organizzare un presidio fisso senza autorizzazione e di inveire con slogan e minacce verso i componenti della famiglia.
Il mese prima, a Torre Maura è andata in scena una contestazione senza precedenti: un presidio di tre giorni da parte degli estremisti giunti da varie zone di Roma ha avuto un epilogo inaccettabile. Le famiglie rom, 77 persone trasferite dal centro di via Toraldo alla struttura di via dei Codirossoni, sono state portate via, smistate e divise, e due di esse si sono viste costrette, con il consenso degli operatori comunali, a trasferirsi in due insediamenti della capitale.

In tutti e tre i casi, senza censura né freno da parte delle Forze dell’ordine, i militanti di estrema destra hanno dettato la linea delle assegnazioni delle case popolari sul territorio comunale organizzando manifestazioni non autorizzate, occupando suolo pubblico con minacce e azioni di forza: la presenza delle Forze dell’ordine ha solo marcato i limiti tra accusatori e vittime.
A partire da Torre Maura, l’Amministrazione Comunale sembra aver definitivamente ceduto al ricatto dell’estrema destra, manifestando una profonda debolezza e mostrandosi accondiscendente, di fatto, alle pulsioni neofasciste.

Le famiglie provenienti dall’insediamento La Barbuta rientrano nel progetto comunale del superamento dei campi denominato “Piano rom”. Il loro ritorno alla baraccopoli sancisce, tra le altre cose, il fallimento del disegno politico.

Associazione 21 luglio esprime profonda preoccupazione per quanto sta accadendo a Roma e ancora di più per l’arrendevolezza dell’Amministrazione Comunale davanti alla violenza di manifestazioni di stampo razzista e xenofobo.

Chiediamo alla sindaca Raggi una cosa molto semplice: far rispettare le leggi, garantendo ad ogni cittadino, al di là della sua etnia, la tutela dei diritti fondamentali e lottando, senza mezzi termini e tentennamenti, contro ogni minaccia e sopruso.

Quarto sgombero forzato in 20 giorni nel Municipio IV di Roma, Associazione 21 luglio: «Nuova modalità: minacce e parziale distruzione preventiva delle abitazioni»

Sono iniziate all’alba di questa mattina le operazioni di demolizione delle abitazioni presenti all’interno di un insediamento informale abitato fino a ieri da 19 persone di origine rom e cittadinanza rumena – tra cui 7 minori, e 3 donne in stato di gravidanza – che, con le loro 7 abitazioni occupavano uno spazio all’interno di un terreno lungo via Collatina Vecchia, a Roma. Tale sgombero per le modalità con cui è stato realizzato sembra inaugurare una nuova pratica caratterizzata, prima dell’arrivo delle ruspe, da minacce e dal danneggiamento delle abitazioni.

Gli operatori comunali con l’ausilio di mezzi meccanici, nella mattinata di oggi hanno iniziato le operazioni di demolizione dei manufatti in evidente violazione degli obblighi internazionali e senza rispettare le garanzie procedurali in materia di sgomberi previste dal Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite. L’operazione, non è stata infatti preceduta da alcuna notifica scritta alle famiglie. Le famiglie, che nei giorni scorsi erano state più volte minacciate da rappresentanti delle Forze dell’Ordine che qualora il giorno dello sgombero fossero state trovate all’interno delle abitazioni si sarebbe proceduto alla divisione dei nuclei con eventuale allontanamento dei minori, nelle prima ore dell’alba di ieri si erano allontanate dall’insediamento. Nelle ore successive per evitare il loro rientro nelle rispettive abitazioni alcuni agenti delle forze dell’ordine intervenute in un sopralluogo, hanno provveduto alla distruzione delle finestre e delle porte. Questa mattina si sono completate con le azioni delle ruspe, le operazioni di distruzione delle abitazioni e nell’insediamento risultava presente una sola persona.

Le persone sgomberate, alcune parenti della piccola Cirasela, ferita alla schiena lo scorso 17 luglio, erano già state allontanate da un insediamento nel quale vivevano con la famiglia della bambina, lo scorso 3 ottobre e avevano trovato rifugio nel sottopasso di via Palmiro Togliatti, lungo la via Collatina Vecchia, in un’area utilizzata da anni come discarica abusiva.

Quello di oggi è il quarto sgombero forzato organizzato dall’inizio del 2019 nel Municipio IV di Roma, dopo lo sgombero in zona Ponte Mammolo (14 gennaio); tra via Fiorentini e via della Serenissima (18 gennaio); presso la stazione metro Quintiliani (30 gennaio). Nel solo 2018 le operazioni di sgombero forzato che avevano coinvolto le comunità rom e registrate a Roma erano state ben 40.

Con l’odierna, ennesima violazione dei diritti umani, il Comune di Roma sembra non considerare in alcun modo quanto espresso lo scorso 14 gennaio dal Comitato per i Diritti Sociali del Consiglio d’Europa che aveva manifestato una forte preoccupazione per condizioni di vita delle comunità rom che, in Italia, vivono in una condizione di discriminazione. Il Comitato aveva evidenziato nel suo Report che «in alcuni Comuni italiani la predisposizione di progettualità volta all’implementazione di misure atte all’inclusione abitativa dei nuclei famigliari rom e a percorsi scolastici rivolti ai minori rom non abbiano nel complesso determinato un miglioramento rilevante dello status quo. La segregazione abitativa e la reiterata prassi degli sgomberi forzati delle comunità rom che vivono nelle baraccopoli continuano a marginalizzare e a discriminare una fascia di popolazione già di per sé vulnerabile. Permangono di fatti per loro le barriere strutturali all’accesso ai servizi sanitari, scolastici, abitativi e lavorativi».

Secondo Associazione 21 luglio è giunto il momento di arrestare l’odiosa pratica degli sgomberi forzati degli insediamenti informali con la quale l’Amministrazione Capitolina intende affrontare e risolvere un problema legato alla marginalità e alla povertà con un approccio meramente sicuritario.

«Le famiglie che oggi in via Collatina Vecchia hanno visto le loro abitazioni colpite dalla furia distruttiva delle ruspe comunali – afferma Carlo Stasolla – ieri erano state sgomberate da via Palmiro Togliatti e domani lo saranno nel nuovo insediamento che andranno a realizzare. Quale progettualità prevede l’Amministrazione Comunale per questi nuclei? Quali soluzioni oltre a sgomberi forzati che hanno un costo economico altissimo e che compromettono la tutela dei diritti fondamentali? La ruspa è l’unico strumento utilizzato dal Comune di Roma?».
A seguito dello sgombero di oggi, Associazione 21 luglio chiede una moratoria degli sgomberi forzati sul territorio romano per dare modo di affrontare con una modalità inclusiva la problematica legata ai 300 micro insediamenti informali che insistono nella Capitale.

Nella giornata di oggi, Associazione 21 luglio, in un incontro già previsto con una delegazione del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE), esporrà i propri timori e la propria indignazione rispetto alla gestione degli sgomberi forzati delle comunità rom sul territorio di Roma Capitale e alle modalità con cui gli stessi vengono effettuati

Giornata per i diritti dell’infanzia. Associazione 21 luglio: «Una celebrazione dimenticata dalle istituzioni»

Martedì 20 novembre, in tutto il mondo, viene celebrata la Giornata Internazionale per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, che ricorda la data in cui la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia venne approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York il 20 novembre 1989.
In Italia, malgrado i diritti di bambini e adolescenti risultano gravemente compromessi, l’attenzione delle istituzioni resta ogni anno molto bassa e sempre più sporadiche sono le iniziative organizzate per dare risalto ad una commemorazione che ricorda la centralità dei diritti che riguardano l’infanzia. Tutto ciò malgrado nel nostro Paese si contino 1,2 di minori che vivono in condizione di povertà assoluta e quasi il doppio in povertà relativa. La maggiore condizione di disagio socio-economico si registra soprattutto nelle aree periferiche delle metropoli, dove la punta dell’iceberg si riscontra negli insediamenti formali e informali abitati in prevalenza da famiglie di origine rom composte da numerosi minori.
Oggi, in Italia, vivere in una baraccopoli significa per circa 14.000 minori rom trovarsi dalla nascita davanti a un percorso, i cui ostacoli sono rappresentati da condizioni economiche spesso critiche, ambiente degradato, segregazione abitativa caratterizzata da una lontananza non solo fisica, ma anche relazionale dal centro urbano, diseguaglianza educativa. La marginalizzazione di un bambino rom, che in Italia vive all’interno di un insediamento, non riguarda dunque solo il versante economico, ma anche territoriale, urbanistico, scolastico, sociale, culturale, abitativo ed etnico. Circa 8.000 minori vivono in insediamenti formali, progettati, realizzati e gestiti dalle istituzioni. Altri 6.000, invece, conducono la loro esistenza in insediamenti informali, costituiti da baracche, tende, giacigli di fortuna.
«Sembra incredibile, eppure nell’Italia del 2018, ancora è possibile registrare forme di esplicito “apartheid” che colpiscono l’infanzia rom – afferma Carlo Stasolla – Nei centri dove insistono i più grandi insediamenti, soprattutto nelle città di Torino, Roma e Napoli, ma anche in aree del Sud Italia, non si investe per ridare dignità e speranza ai “figli delle baraccopoli”, per combattere le diseguaglianze, per dare sostegno alle pochissime realtà che ancora si impegnano nell’offrire opportunità educative. Neanche nella Giornata per i diritti dell’infanzia ci si ricorda di loro!».
Il bambino rom in emergenza abitativa è infatti il più delle volte oggetto di una amnesia istituzionale. Spesso ci si ricorda di lui solo quando si apre una procedura giudiziaria. Si scopre allora dell’esistenza di bambini che “scompaiono” dai campi rom per riapparire nei fascicoli dei Tribunali per i minorenni. In Italia esiste una “statistica nascosta” che solo due ricerche curate nel passato hanno parzialmente portato alla luce. Dai dati emersi da un rapporto elaborato dalla ricercatrice Carlotta Saletti Salza nel 2010, in Italia un minore rom avrebbe 17 probabilità in più di essere dichiarato adottabile rispetto a un minore non rom. Uno studio successivo, realizzato da Associazione 21 luglio nel 2013, nella Regione Lazio un minore rom in emergenza abitativa, rispetto ad un suo coetaneo non rom, ha circa 60 possibilità in più di essere segnalato alla Procura della Repubblica presso il tribunale per i Minorenni; circa 50 possibilità in più che per lui venga aperta una procedura di adottabilità e quasi 40 possibilità in più di essere dichiarato effettivamente adottabile.
Associazione 21 luglio rileva come numerosi amministratori locali – facendo propria un’idea diffusa – davanti alle problematiche registrate dalla presenza di un insediamento rom, gettano la spugna, facendo prevalere l’approccio di un mondo adulto ritenuto al di fuori della possibilità di un’inclusione sociale e di un’infanzia da “salvare” attraverso processi rieducativi che passino per la via privilegiata dell’affido e dell’adozione. Non è un caso che tale approccio lo si ritrovi nel “Contratto per il governo del cambiamento” sottoscritto nei mesi scorsi da due vice premier. Nel capitolo che riguarda i rom è infatti sottolineato, per i soli rom, «l’obbligo di frequenza scolastica dei minori pena l’allontanamento dalla famiglia o perdita della responsabilità potestà genitoriale».
Nella Giornata Internazionale per i Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Associazione 21 luglio vuole pertanto porre al centro il fenomeno diffuso e poco conosciuto dell’allontanamento dei minori rom dalle loro famiglie, attraverso l’organizzazione del Convegno “Fuori famiglia”, che si svolgerà il 20 novembre alle ore 15,00 presso la Sala Nilde Iotti della Camera. Obiettivo del Convegno sarà quello di operare un approfondimento sul percorso che allontana i bambini rom dalle loro famiglie attraverso il contributo di esperti e professionisti del settore.

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