Tag Archivio per: antiziganismo

Articoli

Follonica.

LIDL risponde ad Associazione 21 luglio sui gravi fatti di Follonica

E’ balzata su tutte le pagine dei quotidiani, nei telegiornali e ha invaso i social network la notizia dei tre lavoratori della catena di supermercati Lidl di Follonica che hanno rinchiuso in un gabbiotto due donne rom sorprese a rovistare tra la merce di scarto del supermercato (cosa ancora non si è capito) ed hanno ripreso tra le risa la scena con un telefonino mentre una delle due donne urlava chiedendo di essere liberata, diffondendo su una pagina Facebook il video, che in breve ha fatto il giro della rete.
A seguito dell’episodio Associazione 21 Luglio, oltre ad aver espresso profonda preoccupazione per quanto accaduto, ha scritto una lettera a Lidl Italia per conoscere la posizione dei dirigenti in merito ai fatti e se e quali provvedimenti intendessero prendere.
Il 17 Marzo scorso è arrivata la breve risposta che riportiamo integralmente:
“Gentile Dott. Stasolla,
prendiamo le distanze senza riserva alcuna dal contenuto del filmato diffuso in rete, che va contro ogni nostro principio aziendale.
In qualità di impresa multinazionale siamo, infatti, consapevoli della nostra dimensione e rilevanza pubblica e rispettiamo e valorizziamo la multiculturalità e le rispettive tradizioni e valori.
I nostri principi aziendali sono condivisi anche sul sito www.lidl.it, da cui è possibile prendere visione degli stessi e sono inoltre oggetto di formazione per ciascun dipendente.
Al momento l’Azienda sta ancora verificando le circostanze legate al video e si avvarrà di tutti gli strumenti a disposizione, al fine di adottare i provvedimenti necessari nelle sedi più opportune.
Assistenza Clienti LIDL”

Non volendo accentrare l’attenzione e le aspettative sulle sorti lavorative e giudiziarie dei dipendenti coinvolti accogliamo la risposta della Lidl come una ferma e chiara condanna rispetto a quanto accaduto, ed è per questo che la riportiamo pubblicamente, per un valore se non altro simbolico.
Ciò che colpisce maggiormente di tutta la vicenda, forse ancor più della crudezza del video, è la facilità con cui un gesto tanto disumano sia stato banalizzato e normalizzato nei commenti che si sono scatenati a più livelli, da politici a utenti dei social network, a partire da un istante dopo la diffusione della notizia.
Oltre a configurarsi come un grave episodio di razzismo e ad avere le caratteristiche penali di reato di sequestro persona, infatti, il caso di Follonica manifesta ancora una volta la percezione negativa che la società maggioritaria ha del popolo rom e come questa venga alimentata.
Anche in questo caso parte della classe politica non ha esitato a cavalcare la vicenda e, a vari gradi, ha da subito preso le difese dei tre lavoratori, rivendicando la legittimità del loro gesto. In fondo stavano semplicemente trattenendo le solite rom sorprese a rubare, in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine (nonostante sembra che queste non siano mai state chiamate per intervenire).
Si va da Matteo Salvini che ha subito postato il video commentando “Io sto dalla parte dei lavoratori Lidl, li contatterò per offrirgli il nostro sostegno legale, non con le Rom frugatrici. Ma quanto grida questa disgraziata? #Ruspa”; passando per la sindaca leghista del comune di Cascina Susanna Ceccardi che, sempre su Facebook, scrive:” Maschera di carnevale ieri a Cascina! A me fa ridere!!! A carnevale ogni scherzo vale! Se siete tristi e di sinistra, peggio per voi”, pubblicando la foto di un’infelice maschera proposta da una coppia di suoi concittadini durante una sfilata di carnevale che raffigura la donna rom di Follonica chiusa in una gabbia al fianco di un dipendente della Lidl; fino ad arrivare a Giorgia Meloni che, pur non approvando la scelta dei lavoratori di riprendere la scena e pubblicarla su Facebook (ma non condannando il gesto in sé), richiama l’attenzione sul “problema rom” e su come i cittadini siano esasperati, come a dire “ogni tanto è normale che la situazione sfugga di mano”.
Anche la stampa non è da meno e se Libero titola un articolo a firma del suo Direttore Editoriale Vittorio Feltri: “Vittorio Feltri e le zingarelle in gabbia al Lidl. La verità, italiani esasperati”, Giuseppe Cruciani, conduttore del programma radiofonico “La Zanzara”, sostiene in un’intervista su La7 che “non si poteva entrare in quel posto, non è questione di razzismo” e precisa che “quei beni erano a disposizione dei veri poveri”, reiterando lo stereotipo del rom parassita.
Non stupisce dunque che a seguito dell’accaduto anche il popolo dei social network si sia scatenato e si sia sentito in diritto, nel peggiore dei casi, di inondare il web di odio e frasi irripetibili nei confronti della rom, nella migliore delle ipotesi, di ridurre la vicenda ad una “goliardata” producendo una serie di parodie, foto e video che avevano tutte ad oggetto le immagini e le grida della donna.
Il video originale è stato postato dai lavoratori sulla pagina Facebook “Welcome to favelas”, nota per ospitare video, meme e commenti riguardanti un generico concetto di degrado (umano) e l’ignoranza come attitudine di vita, in cui centinaia di migliaia di utenti fanno a gara a chi posta il contenuto più sessista, omofobo o razzista.
Dalla pagina in questione il video si è diffuso attraverso pagine simili (come, ad esempio, “Sesso, droga e pastorizia”) e, sempre attraverso gli stessi canali, ha fatto il giro del web lasciando dietro di sé commenti d’odio e “ironia spicciola”.
Sull’impatto che ha un tale utilizzo dei social network nel diffondere una subcultura fatta di stereotipi e odio e sul modo di arginare tale fenomeno il dibattito è oggi più attuale che mai e sorge spontaneo chiedersi se i lavoratori non abbiano rinchiuso e filmato la donna rom proprio con l’intento di diffonderlo in rete, per guadagnarsi il loro soddisfacente quantitativo di “like” e commenti.
I lavoratori, infatti, non erano nuovi a tali comportamenti e, come riportato in alcune interviste rilasciate dai colleghi, due giorni prima dell’accaduto avevano postato, in un gruppo chiuso legato alla stessa pagina Facebook e sempre dallo stesso profilo, un video che riprendeva la donna rom con in mano un cartello della Lidl raffigurante un tricolore e la scritta “Italiamo. Passione italiana”. Nelle immagini si vede la donna che viene esortata ad augurare buon compleanno a qualcuno, in un clima di apparente divertimento reciproco.
Il video, portato a riprova di come i dipendenti e la donna rom fossero soliti scherzare, ci riporta in realtà l’immagine di una persona ridotta a macchietta. Per quale motivo tale video è stato postato su un gruppo chiuso legato alla suddetta pagina Facebook? Forse, in maniera maliziosa, si potrebbe suppore che l’intento degli autori fosse quello di suscitare l’ironia del web giocando sulla contrapposizione donna rom/ “italianità”. E forse, altrettanto maliziosamente, si potrebbe arrivare a pensare che gli autori, compiaciuti dal successo avuto in rete dal video, abbiano deciso di replicare e diffondere sul web un nuovo video da far diventare virale? Forse.
Ma al di là di tali interrogativi quel che è certo è che si può rintracciare una matrice comune in tutta la vicenda, il radicato e diffuso sentimento di antiziganismo presente in Italia, fomentato, come successo anche in questo caso, dalla retorica di alcuni politici e dalla narrazione proposta da una parte degli organi d’informazione, che contribuiscono quotidianamente a diffondere immagini stereotipate e stigmatizzanti nei confronti dei rom, incitando spesso alla discriminazione e all’odio etnico nei loro confronti.
Tale substrato “culturale” risulta funzionale a giustificare le politiche discriminatorie in ambito abitativo, lavorativo, scolastico e nell’accesso ai servizi che da decenni relegano le comunità rom ai margini della nostra società. Allo stesso tempo proprio tali politiche contribuiscono a rinforzare la cultura dell’odio, in un circolo vizioso estremamente pericoloso che contribuisce ad esasperare la tensione sociale nel nostro paese.
Così, soprattutto in tempi di austerità economica, con il progressivo smantellamento delle seppur deboli forme di welfare, la disoccupazione diffusa e l’abbandono progressivo delle periferie da parte delle istituzioni, rom e migranti, restano i capri espiatori verso i quali sfogare la propria rabbia e nei cui confronti sono sdoganati comportamenti di ogni tipo. Come quanto successo a Follonica o, portato all’estremo, come il gravissimo episodio di aggressione avvenuto a Rimini pochi giorni fa, quando un ragazzo nigeriano, richiedente asilo, è stato violentemente aggredito senza alcun motivo da un uomo italiano.

Salvini.

"Non è reato se prendi a bastonate uno zingaro che ruba"

L’area legale dell’Associazione 21 luglio sta lavorando per un esposto alla Procura della Repubblica nei confronti del Consigliere Municipale del I Municipio di Roma Luca Aubert a seguito del post pubblicato sul suo profilo Facebook nella giornata di oggi. Il Consigliere del Gruppo “Noi con Salvini” ha infatti scritto: “Banda di zingaracci in azione a via Andrea Doria. Bisognerebbe fare una modifica al codice penale: “non è reato se prendi a bastonate uno zingaro che ruba”. Siete con me?”.
L’Associazione 21 luglio ritiene che le affermazioni del Consigliere Municipale, oltre ad essere lesive della dignità umana, possano essere suscettibili di incitare all’odio razziale, a sentimenti xenofobi e alla discriminazione.
«Parole di tale tenore – sostiene l’Associazione 21 luglio – attaccano apertamente un determinato gruppo etnico, contribuendo ad alimentare tra i lettori del post allarme sociale, rinfocolando pregiudizi e incitando a comportamenti intolleranti e xenofobi».
Tali affermazioni del resto, si pongono in contrasto con quanto ribadito da varie Convenzioni e organismi internazionali che si sono ampiamente espressi sulla questione dei discorsi d’odio. Secondo il Comitato per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale delle Nazioni Unite (CERD), per esempio, «l’esercizio del diritto alla libertà di espressione comporta particolari doveri e responsabilità tra cui l’obbligo di astenersi dal diffondere idee fondate sulla superiorità o l’odio razziale».
In riferimento alla posizione espressa da Luca Aubert, l’Associazione 21 luglio intende anche chiedere una netta presa di posizione al presidente dell’Associazione vaticana SS. Pietro e Paolo, organizzazione impegnata in iniziative assistenziali e in un servizio di vigilanza al Santo Padre presso la quale il Consigliere Municipale afferma – nel suo profilo pubblico presente sul sito del Comune di Roma – di svolgere servizio di volontariato.

discorsi d'odio

Discorsi d'odio contro i rom: quasi un caso al giorno

Nei primi sei mesi del 2015, l’Osservatorio nazionale sui discorsi d’odio nei confronti di rom e sinti dell’Associazione 21 luglio ha rilevato 183 casi di hate speech (discorsi d’odio) contro tali comunità, con una media di quasi un episodio al giorno.
Secondo i dati semestrali dell’Osservatorio 21 luglio, relativi al periodo 1 gennaio – 15 luglio 2015, oltre la metà degli episodi riscontrati (105 su 183) è classificata come “gravi“, vale a dire casi di incitamento all’odio e discriminazione, che evidenziano le forme più significative di razzismo antirom, i cui autori sono nella maggior parte dei casi esponenti politici attraverso dichiarazioni sulla stampa e sui social media.
I restanti 78 episodi riscontrati, invece, si configurano come “discorsi stereotipati“, categoria nella quale confluiscono tutti gli episodi di discorsi d’odio consistenti in dichiarazioni che adottano un linguaggio indiretto o comunque non esplicitamente penalizzante e/o razzista, ma in ogni caso reiterano e amplificano pregiudizi e stereotipi penalizzanti.
antiziganismo
Rispetto all’ultimo rapporto annuale dell’Osservatorio 21 luglio, si è registrato un leggero calo nella media giornaliera dei discorsi d’odio contro rom e sinti. Tra il 16 maggio 2013 e il 15 maggio 2014, infatti, l’Osservatorio aveva rilevato 428 casi complessivi, per una media di 1,17 casi al giorno.
Rispetto agli episodi rilevati, sono state 40 le azioni correttive intraprese dall’Osservatorio tra gennaio e luglio 2015, tra cui segnalazioni all’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, lettere di diffida, segnalazioni all’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori di Polizia di Stato e Carabinieri (Oscad) e esposti all’Ordine dei Giornalisti in caso di episodi appannaggio dei professionisti dell’informazione.
A questo proposito, proprio nei giorni scorsi, l’Osservatorio ha ricevuto comunicazione da parte del Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia circa l’apertura di due procedimenti disciplinari nei confronti di due giornalisti i cui articoli, secondo gli esposti presentati dall’Osservatorio, si configuravano come discriminatori e stigmatizzanti dei confronti dell’intera comunità rom e sinta.
«Nonostante il lieve calo riscontrato nella media giornaliera dei discorsi d’odio nei primi sei mesi del 2015, quella dell’antiziganismo in Italia resta una piaga pericolosa, una minaccia reale per una società democratica, plurale e inclusiva sulla quale occorre mantenere alta la guardia – sostiene l’Associazione 21 luglio – . La facilità con cui i discorsi d’odio rivolti a rom e sinti trovano terreno fertile nel nostro Paese ha come conseguenza, infatti, quella di rendere sempre più accettabili e condivisibili, da parte dell’opinione pubblica, posizioni estreme e penalizzanti nei confronti di tali comunità, contribuendo così ad alimentarne un’immagine negativa e stereotipata».
 
 

Salvini e i rom: più che ruspe, informazione

La tragedia di due giorni fa nella Capitale – un gravissimo fatto di cronaca trasformato in una campagna d’odio anti-rom – ha dato il la al leader della Lega Nord Matteo Salvini per avventarsi su quanto accaduto e reiterare, a pochi giorni dal voto regionale, la sua personale crociata a base di discorsi d’odio (hate speech) nei confronti dei rom e sinti in Italia.
Una campagna, che ha come effetto quello di soffiare sul fuoco dell’ostilità e dell’intolleranza verso tali comunità, partita già lo scorso dicembre, quando Salvini presentò la lista “Noi con Salvini” in vista della campagna elettorale per le elezioni regionali 2015.
Abbiamo analizzato i discorsi di Salvini, individuandone le tesi principali (vedi sotto). Ne emerge un quadro di frasi, slogan propagandistici e retorica stigmatizzante che amplifica e replica stereotipi e pregiudizi negativi, sfociando nel rischio concreto di una graduale sedimentazione ed escalation dell’antiziganismo, il sentimento d’odio verso rom e sinti.
Gli effetti di una tale diffusione e di un tale grado di accettazione dell’antiziganismo sono vari, ma si possono riassumere in tre principali ripercussioni:

  • Ripercussioni materiali, in termini di trattamenti o atteggiamenti discriminatori, sulla vita quotidiana di rom e sinti, in particolare nella sfera dell’impiego e dell’abitare;
  • Un graduale innalzamento della soglia di accettazione nei confronti di discorsi e retoriche apertamente ed esplicitamente penalizzanti e stigmatizzanti, con il rischio di facilitare occasionali derive violente;
  • Un enorme ostacolo per l’applicazione di politiche effettivamente inclusive rivolte a rom e sinti, dovuto al fatto che un’elevata diffusione di sentimenti antizigani funge da enorme fattore deterrente per l’attuazione di politiche di inclusione sociale da parte delle amministrazioni locali.

 
Per contrastare il fenomeno dell’hate speech, occorrerebbe  anzitutto un cambiamento culturale che coinvolga l’insieme della società: dai politici agli insegnanti, ai professionisti dell’informazione fino all’insieme dell’opinione pubblica. Per facilitare tale processo, sono più che mai necessari strumenti dissuasivi efficaci per arginare tali derive del discorso politico, di cui tuttavia il nostro Paese non dispone in maniera sufficiente rendendosi così terreno fertile per la diffusione dell’hate speech e ritardando il momento in cui l’utilizzo della retorica dell’odio nelle sue diverse declinazioni smetterà di essere proficua e comporterà anzi un caro prezzo da pagare, ad esempio in termini di isolamento politico.
«Gli Stati parte devono dedicare la dovuta attenzione a tutte le manifestazioni di discorsi d’odio di stampo razzista e adottare misure efficaci per combatterli», si legge nella Raccomandazione Generale sui discorsi d’odio diffusa a fine 2013 dal Comitato delle Nazioni Unite per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale (CERD).
Di fronte alla valanga di dichiarazioni rilasciate negli ultimi mesi, settimane e giorni dal leader leghista Matteo Salvini, di fronte alla constatazione della scarsità di strumenti, in Italia, per mettere un argine ai discorsi d’odio, di fronte alle ricadute devastanti che tali discorsi hanno sulle vite di rom e sinti e sulla percezione pubblica nei loro confronti, il rischio, per chi vorrebbe un’Italia libera da discriminazioni e pregiudizi, è di lasciarsi travolgere dal senso di rassegnazione e dalla constatazione del vanificarsi dei propri sforzi. Si verrebbe così tentati dall’alzare bandiera bianca, non provare più a scardinare stereotipi e luoghi comuni, restare in silenzio.
Eppure sappiamo bene che non possiamo, e mai potremo farlo, perché quella dei diritti umani è una sfida che si gioca e che si vince a poco a poco, un tassello dopo l’altro. Per questo la nostra Associazione – insieme, ne siamo certi, a tutti gli uomini e le donne in Italia che condividono le nostre preoccupazioni e la nostra sfida – continuerà a denunciare e a raccontare fatti e storie nell’intento di decostruire gli stereotipi negativi e i pregiudizi diffusi nei confronti di rom e sinti. Quell’onda antizigana che Matteo Salvini ha cavalcato pur di guadagnarsi il consenso elettorale. Sulla pelle dei rom.


 

 

MATTEO SALVINI E LA RETORICA ANTI – ROM


Non vogliono lavorare e integrarsi

Salvini: “Ma i rom rubano tutti?” “Troppi. Ce ne saranno 3 che lavorano non so 5… su 180 mila che sono in Italia” (15 aprile 2015, Matrix, Canale 5).
Oggi nel nostro Paese, sono circa 35 mila i rom e i sinti che vivono nei cosiddetti “campi rom”, 1 su 5 del totale dei circa 170-180 mila rom e sinti presenti in Italia. Tutti gli altri vivono in regolari abitazioni, studiano, lavorano e conducono una vita come quella di ogni altro cittadino, italiano o straniero, residente sul territorio nazionale. Le loro storie, purtroppo, sono poco conosciute, sia perché molto spesso i media prediligono dare spazio a notizie dove rom e sinti sono protagonisti in negativo, sia perché i rom e sinti che conducono una vita “normale” preferiscono restare “mimetizzati” e non rivelare la propria identità.
I “campi rom” non sono pertanto i luoghi dove queste persone vorrebbero vivere “per cultura”, bensì il posto che le istituzioni hanno individuato per relegarvi, su base etnica, tali comunità. Si tratta di luoghi di marginalizzazione, dove le persone sono di fatto escluse dal tessuto sociale, e che certamente favoriscono anche fenomeni di devianza e criminalità. Questi luoghi, creati e gestiti dalle istituzioni, costano diversi milioni di euro alle casse pubbliche. Nella Capitale, nel solo 2013, per mantenere in vita il “sistema campi” sono stati spesi 24 milioni di euro: un ingente flusso di denaro affidato senza bando pubblico, in maniera diretta, a enti e cooperative per la sola gestione dei “campi”, mentre quasi nulla è stato destinato all’inclusione sociale delle persone e alla prospettiva di una loro fuoriuscita da questi luoghi. Un sistema nel quale è potuta infiltrarsi anche la Mafia Capitale.

Hanno troppi privilegi. Prima gli italiani

Salvini: “Non esiste che ci siano migliaia di queste persone a cui gli italiani pagano luce, acqua, e gas. Non esiste che non paghino l’Imu” (8 aprile 2015, Otto e Mezzo, La7).
“Ci sono tanti toscani magari alluvionati che dicono anch’io vorrei avere una casa per 15 persone con l’affitto pagato e vorrei campare senza fare una mazza dalla mattina alla sera” (1 dicembre 2014, Piazza Pulita, La7).
Vivere in un “campo rom” non è un privilegio; al contrario, è una condanna. Significa subire quotidianamente violazioni dei propri diritti umani, dal diritto all’alloggio al diritto all’istruzione, dal diritto alla salute al diritto al gioco, sino al diritto alla famiglia. I “campi nomadi”, rappresentano da anni un’anomalia tutta italiana (il nostro Paese è l’unico in Europa dove esistono “campi per soli rom” istituzionali) e buona parte di essi rientra nella definizione di “baraccopoli” adottata dalla agenzia delle Nazioni Unite UN Habitat.
Sono spesso delimitati da recinzioni e sistemi di videosorveglianza e di controllo degli ingressi; in molti casi sono collocati al di fuori del tessuto urbano e distanti dai servizi primari, come scuole, ospedali e supermercati; sono spesso caratterizzati da condizioni igienico-sanitarie critiche, sono sovraffollati e si compongono di unità abitative prive di spazi adeguati. Il “campo rom”, inoltre, si configura come luogo discriminatorio su base etnica, in quanto riservato esclusivamente a persone di “etnia rom”. Per altre categorie di persone in emergenza abitativa nel nostro Paese, infatti, il “campo” rom non è contemplato tra le soluzioni per rispondere alle loro esigenze.
Quanto al “prima gli italiani”, infine, non è da dimenticare che oltre la metà dei rom e dei sinti presenti in Italia sono cittadini italiani, cui si aggiunge una consistente fetta di persone nate e cresciute in Italia, ma prive della cittadinanza italiana, che non hanno neanche mai visitato il Paese di origine dei genitori e che non ne conoscono la lingua.

Hanno solo diritti, diritti. E niente doveri

Salvini: “Mi domando perché quando parlo di rom ci sono sempre diritti, diritti, diritti e i doveri arrivano in sedicesima fila” (1 dicembre 2014, Piazza Pulita, La7).
Quando si parla di diritti dei rom si fa riferimento ai loro diritti umani, quei diritti cioè sanciti per primi dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, che appartengono a ogni persona al mondo in quanto, appunto, essere umano. I diritti umani dei rom in Italia sono costantemente violati, in particolare, dalla “politica dei campi” che il nostro Paese continua ad attuare nei loro confronti.
Le condizioni al di sotto degli standard che si registrano nei “campi rom” hanno del resto attirato l’attenzione e le condanne da parte di numerosi enti di monitoraggio internazionali ed europei e organizzazioni per la tutela dei diritti umani, dal Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale delle Nazioni Unite al Consiglio d’Europa, dal Comitato Europeo dei Diritti Sociali alla Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza. Solo pochi mesi fa, per esempio, la Commissione Europea ha richiesto all’Italia informazioni sulle condizioni abitative dei rom nel nostro Paese, paventando l’ipotesi dell’apertura di una procedura d’infrazione: «Dispositivi di alloggio di questo tipo risultano limitare gravemente i diritti fondamentali degli interessati, isolandoli completamente dal mondo circostante e privandoli di adeguate possibilità di occupazione e istruzione», si legge nella lettera della Commissione.

Sfruttano i bambini e non li mandano a scuola

Salvini: “Il diritto umano viene violato da queste persone che sfruttano i bambini e non li mandano a scuola e li usano per accattonare e per fare altro” (22 aprile 2015, Il Fatto Quotidiano).
Sono la segregazione abitativa, l’esclusione sociale e la discriminazione, anche istituzionale, ad avere conseguenze devastanti sulla condizione di vita dei minori rom. Un minore rom che nel nostro Paese vive in un insediamento formale o informale, esposto a situazioni potenzialmente nocive per la salute, avrà una aspettativa di vita mediamente più bassa di circa 10 anni rispetto al resto della popolazione e avrà un alto rischio di contrarre le cosiddette “patologie da ghetto”, come ansie, fobie e disturbi del sonno e dell’attenzione.
La precarietà e l’inadeguatezza dell’alloggio, inoltre, hanno evidenti conseguenze sul percorso scolastico: in 1 caso su 5 un minore rom in emergenza abitativa non inizierà mai il percorso scolastico e avrà probabilità prossime alle 0 di accedere ad un percorso universitario. Le sue possibilità di poter frequentare le scuole superiori non supereranno l’1%, mentre da maggiorenne avrà 7 possibilità su 10 di sentirsi discriminato a causa della propria etnia.
Salvini: “Perché i tribunali dei minorenni vanno a rompere le palle alle mamme e ai papà italiani se hanno qualche problema e non vanno a casa di questa gente” (10 aprile 2015, Mattino 5, Canale 5).
Secondo la ricerca “Mia madre era rom” dell’Associazione 21 luglio, che ha preso in considerazione i fascicoli relativi a minori rom affrontati dal Tribunale per i Minorenni di Roma tra il 2006 e il 2012, un minore rom, a Roma e nel Lazio, rispetto ad un suo coetaneo non rom, ha 60 volte la probabilità di essere segnalato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni e 50 volte la probabilità che per lui venga aperta una procedura di adottabilità. Di conseguenza, è il dato più emblematico, un bambino rom ha 40 volte la probabilità di essere adottato rispetto a un bambino non rom.

Ruspe nei campi rom. Sgomberarli tutti

Salvini: “Nella nostra Italia non c’è spazio per i campi rom. Nella nostra Italia noi mandiamo una letterina a questi signori dicendo fra tre mesi si sgombera. Organizzati. Fra tre mesi qua arrivano le ruspe. Organizzati. La casa la compri, la affitti, chiedi la casa popolare, fai il mutuo ma non puoi più campare alle spalle degli italiani. Fra tre mesi si sgombera, basta vai a fare il rom da qualche altra parte” (28 febbraio 2015, comizio a Piazza del Popolo, Roma)
È vero: nella nostra Italia non ci dovrebbe esser spazio per i “campi rom”. Per via delle ripetute violazioni dei diritti umani che essi comportano, come già descritto nei precedenti punti. I “campi”, dunque, andrebbero superati, come l’Italia si è del resto già impegnata a fare con il varo, nel febbraio 2012, della Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti. La soluzione per il superamento dei “campi”, tuttavia, non è la ruspa, come propone Matteo Salvini, anche perché terminata l’azione distruttiva delle ruspe uomini, donne e bambini non svanirebbero di certo nel nulla. La soluzione per superare i “campi” e l’assistenzialismo inutile e inefficace risiede invece nel l’attuazione di efficaci percorsi di inclusione sociale volti a favorire la fuoriuscita da tali ghetti etnici di persone in emergenza abitativa. In questo modo, d’altra parte, si eviterebbe di continuare a utilizzare ingenti risorse pubbliche per mantenere in piedi il “sistema campi”, senza che un euro venga destinato all’inclusione sociale dei loro abitanti, ma investito nel reiterare un circolo vizioso di discriminazione, povertà e marginalizzazione.
 
Foto: Umbria24.it

Giornata Internazionale dei rom e sinti: presentato il Rapporto Annuale 2014

In occasione della Giornata Internazionale dei rom e dei sinti, stamane l’Associazione 21 luglio ha presentato il “Rapporto Annuale 2014”, il primo rapporto nazionale sulla condizione dei rom e dei sinti in Italia che indaga sull’anno passato per individuare la trama che ha intessuto le politiche attuate nel nostro Paese nei confronti di tali comunità.
Il Rapporto è stato presentato anche alla Presidente della Camera Laura Boldrini la quale, per celebrare la Giornata, ha ricevuto in un incontro privato una delegazione dell’Associazione 21 luglio e un gruppo di dodici donne rom.
Oggi, in Italia, vivono circa 180 mila rom e sinti, che rappresentano lo 0,25% della popolazione presente sul territorio nazionale. Il 50% di essi ha la cittadinanza italiana e 4 rom e sinti su 5 vivono in regolari abitazioni, studiano, lavorano e conducono una esistenza come quella di ogni altro cittadino, italiano o straniero, residente nel nostro Paese. La loro quotidianità, tuttavia, resta quasi sempre sconosciuta agli occhi della pubblica opinione, mentre più visibili, nelle cronache dei giornali e dei commenti degli esponenti politici, sono le circa 40.000 persone che vivono nei cosiddetti “campi” – 1 rom su 5 sul totale dei presenti in Italia.
Se puntiamo la lente sul 2014, in relazione ai rom e ai sinti che nel nostro Paese vivono in emergenza abitativa, dal Rapporto emerge che in Italia il varo della Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti e il cambio di direzione da essa paventato non hanno significato un sostanziale mutamento delle loro condizioni di vita. L’approccio emergenziale – che nei propositi doveva essere definitivamente abbandonato – ha rappresentato il leitmotiv di ogni azione pubblica e si è andato declinando nei dodici mesi considerati in numerose azioni di sgombero forzato (più di 230 nelle città di Roma e Milano) e nella ideazione e progettazione di nuovi “campi nomadi”.
La questione abitativa resta centrale nelle politiche che le Amministrazioni locali organizzano nei confronti dei rom e dei sinti. Malgrado i proclami e le buone intenzioni, negli ultimi tre anni sono stati costruiti nuovi insediamenti a Roma, Milano, Giugliano, Carpi e in diverse città italiane del centro-sud, da Latina a Lecce, sino a Cosenza, sono in discussione avanzata progetti relativi alla costruzione di nuovi insediamenti per finanziamenti che superano i 20 milioni di euro.
Nella maggioranza dei “campi nomadi” italiani – anche quelli organizzati e gestiti dalle autorità – sono molteplici gli elementi di criticità che, da Torino a Palermo, passando per Roma e Napoli, sono stati riscontrati e che li hanno resi luoghi di sospensione dei diritti umani.
Tali politiche hanno una ricaduta sulla qualità della vita di un minore che vive all’interno dell’insediamento segnando profondamente il suo futuro. Un “figlio del campo” avrà possibilità prossime allo zero di accedere a un percorso universitario, mentre le possibilità di frequentare le scuole superiori non supereranno l’1%. In 1 caso su 5 non inizierà mai il percorso scolastico. Soprattutto in tenera età avrà fino a 60 volte la probabilità – rispetto a un suo coetaneo non rom – di essere segnalato dal Servizio Sociale e di entrare in contatto con il sistema italiano di protezione dei minori. La sua aspettativa di vita risulterà mediamente più bassa di circa 10 anni rispetto al resto della popolazione mentre da maggiorenne avrà 7 possibilità su 10 di sentirsi discriminato a causa della propria etnia.
Nel 2014 è inoltre emerso un forte nesso tra le politiche discriminatorie e segregative e un radicato antiziganismo. Dei 443 episodi di discorsi d’odio contro i rom registrati dall’Osservatorio dell’Associazione 21 luglio, l’87% risulta riconducibile a esponenti politici. Numerosi sono stati gli episodi violenti avvenuti a Poggioreale, Latina, Vimercate, Querceta, Città di Castello, Padova e Acilia che hanno avuto per bersaglio i rom.
Il Rapporto si concentra infine sulla situazione nella Capitale, “cartina di tornasole” di ciò che accade nel Paese. Emblematico è il “gioco dell’oca” degli sgomberi romani34 nel solo 2014 – che hanno spinto le comunità rom da un punto all’altro della città senza ottenere alcun risultato se non la violazione dei diritti umani e lo sperpero del denaro pubblico.
Il 9 luglio 2014, a seguito dello sgombero forzato in via Val d’Ala, a Roma, 15 nuclei familiari sono stati trasferiti nell’ex Fiera di Roma e successivamente rimpatriati in Romania. Il “gioco dell’oca” si è concluso con il loro ritorno, dopo 9 mesi, nell’insediamento dal quale erano stati sgomberati per un costo, sostenuto dall’Amministrazione comunale, di quasi 170.000 euro.
Nel 2014 l’Assessorato alle politiche sociali guidato dall’assessore Rita Cutini si è rivelato – si legge nel Rapporto – «tra i più problematici alla luce del suo profondo immobilismo politico» in un quadro caratterizzato da «amministratori incapaci da 20 anni di conoscere ed affrontare la situazione abitativa di 8.000 rom, dirigenti inadeguati, alcuni elementi di un associazionismo interessato al guadagno».
In tale contesto caratterizzato da forti contraddizioni, una più diffusa e maturata consapevolezza tra gli amministratori sulla necessità di superare definitivamente i “campi nomadi” e una nuova sensibilità dell’opinione pubblica nel condannare con determinazione e fermezza forme di razzismo verso i rom devono rappresentare quelle gocce di speranza da cui potrà prendere finalmente avvio una nuova politica rivolta ai rom e ai sinti che vivono nel nostro Paese e lo sradicamento di quegli stereotipi e pregiudizi negativi diffusi e radicati nei loro confronti.
SCARICA IL RAPPORTO ANNUALE 2014

VIETATO L’INGRESSO! Passato e presente dell’esclusione sociale. Dialogo tra comunità ebraica e comunità rom a Roma (gennaio 2015)

Prendendo spunto dall’episodio del cartello recante la scritta “È severamente vietato l’ingresso agli Zingari” comparso sulla vetrina di una panetteria di Roma nel marzo 2014, il rapporto intende aprire una riflessione pubblica e dar vita a un dialogo tra rom ed ebrei, comunità profondamente diverse tra loro, accomunate da forme di discriminazione, razzismo e violenza che attraversano la storia europea da secoli.
Il rapporto è stato realizzato con il sostegno di Open Society Foundations nell’ambito del progetto “Roma Hate Speech Observatory 2”.
Scarica il rapporto

ANTIZIGANISMO 2.0. Rapporto Osservatorio 21 luglio (2013 – 2014)

Rom e sinti in Italia continuano a essere vittime dei discorsi di odio pronunciati da esponenti politici, che alimentano un’immagine indistintamente negativa e penalizzante di tali comunità. Lo rivelano i dati di “Antiziganismo 2.0″, il rapporto 2013-2014 dell’Osservatorio nazionale sull’incitamento alla discriminazione e all’odio razziale dell’Associazione 21 luglio, giunto alla seconda edizione e finanziato da Open Society Foundations.
Scarica il rapporto

Antiziganismo 2.0: ogni giorno odio contro i rom nelle parole dei politici

Rom e sinti in Italia continuano ad essere vittime dei discorsi di odio pronunciati, nella gran parte dei casi, da esponenti politici: più di un caso al giorno di incitamento all’odio, discriminazione e discorso stereotipato che ha come conseguenza quella di alimentare un’immagine indistintamente negativa e penalizzante di tali comunità nel nostro Paese.
È quanto emerge da “Antiziganismo 2.0”, il rapporto 2013-2014 dell’Osservatorio nazionale sull’incitamento alla discriminazione e all’odio razziale dell’Associazione 21 luglio, giunto alla seconda edizione e finanziato da Open Society Foundations.
Dal 16 maggio 2013 al 15 maggio 2014, il monitoraggio dell’Osservatorio 21 luglio, effettuato su 129 fonti (tra cui quotidiani nazionali e locali, cartacei e on line, agenzie stampa e social media) ha rilevato 428 casi complessivi di discorsi d’odio verso rom e sinti – 1,17 casi in media al giorno – di cui più della metà (il 56,3%) classificati come episodi gravi (“incitamento all’odio” e “discriminazione”), che denotano le più significative forme di razzismo antirom.
I restanti 187 casi (il 43,7% del totale) si configurano invece come “discorsi stereotipati”, categoria nella quale sono stati inseriti tutti gli episodi di discorsi d’odio consistenti in dichiarazioni che adottano un linguaggio indiretto o comunque non esplicitamente penalizzante e/o razzista, ma in ogni caso reiterano e amplificano pregiudizi e stereotipi penalizzanti.
Secondo i dati di “Antiziganismo 2.0”, il 79% delle segnalazioni di discorsi d’odio complessivi si riconduce a dichiarazioni, diffuse attraverso gli organi di informazione, di esponenti politici. Di questi, il 70% risulta appartenente a partiti di destra e centro-destra, con un 28% riferito esclusivamente alla Lega Nord.
Quanto alla collocazione geografica delle segnalazioni, l’88,5% è stato registrato al nord e centro-nord, con Liguria e Veneto che sono passate rispettivamente dal 2% al 7,5% e dal 6,4% al 12% rispetto all’anno precedente, mentre nel Lazio si è concentrato il 22% delle segnalazioni nazionali con Roma che, da sola, rappresenta il 21% dei casi totali. Milano si attesta al 15% delle segnalazioni nazionali, seguita da Genova (6%), Torino (5%), Vicenza (4,5%) e Lucca (2,5%).
Per quanto riguarda invece i soli episodi gravi, che si manifestano con la media di circa 1 episodio ogni due giorni, il rapporto evidenzia come nel 72% dei casi i discorsi di odio siano stati pronunciati da esponenti politici, mentre nel 18% gli autori si sono rivelati giornalisti.
Per ciò che concerne l’area politica si conferma la maggioranza delle segnalazioni relative alla destra e al centro destra (il 65%), con la Lega Nord a detenere, ancora una volta, il primato, seguita da PDL e Forza Italia (14%) e formazioni di destra e estrema destra, quali CasaPoundFiamma TricoloreForza NuovaFratelli d’Italia e La Destra (23%).
La distribuzione su scala regionale e cittadina confermano i dati precedenti con un centro-nord all’86% di episodi, con il Lazio al 18%, la Lombardia al 22% e il Veneto al 12%. Prevedibilmente Roma e Milano mantengono il record di segnalazioni sia a livello regionale (90% per Roma e 67% per Milano) che a livello nazionale (16% per Roma e 15% Milano), Genova si attesta al 67% a livello regionale e al 5% nazionale, Torino al 77% regionale e al 6% nazionale e Vicenza al 40% regionale e al 5% nazionale.
In seguito ai casi descritti, l’area legale dell’Associazione 21 luglio ha intrapreso 88 azioni correttive, tra cui 53 segnalazioni all’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), 11 lettere di diffida, 6 esposti al Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti, e 2 segnalazioni all’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori di Polizia di Stato e Carabinieri (OSCAD).
«I dati del rapporto – afferma l’Associazione 21 luglio – confermano come l’antiziganismo sia una piaga altamente diffusa nel nostro Paese, che è urgente contrastare attraverso un’azione di denuncia e intervento nei confronti di chi si rende irresponsabilmente promotore di discorsi d’odio, in particolar modo se investito di una carica pubblica e/o elettiva, nei confronti di una minoranza vulnerabile cui viene costantemente privata la possibilità di replicare».
«La pericolosità di tali discorsi – conclude l’Associazione 21 luglio – è insita soprattutto nel fatto che essa rende maggiormente accettabili se non addirittura condivisibili da parte dell’opinione pubblica posizioni estreme e apertamente razziste, e risulta quindi un terreno fertile per un’eventuale ulteriore escalation di odio nei confronti di rom e sinti».
SCARICA IL RAPPORTO

Le notizie sugli "zingari" lette da tre donne rom

Dzemila Salkanovic, Gladiola Lacatus e Sabrina Milanovic, donne rom impegnate all’interno dell’Associazione 21 luglio, raccontano cosa provano di fronte a quei titoli e notizie di giornale che, ripetutamente, diffondono e alimentano un’immagine indistintamente negativa e fortemente stigmatizzante delle comunità rom e sinte.
Da giugno a settembre 2014, come riportato in una lettera pubblica dell’Associazione 21 luglio al direttore de “Il Tempo” Gian Marco Chiocci, il quotidiano romano si è reso artefice di una sistematica campagna di presunte inchieste giornalistiche con target specifico le comunità rom e sinte a Roma.
 

Campagna anti rom su Il Tempo: lettera pubblica al Direttore

Il Tempo rom
 
Roma, 18 settembre 2014
Egregio Direttore Gian Marco Chiocci,
A partire dal mese di giugno 2014, e in particolare per tutto il mese di agosto, il quotidiano da Lei diretto si è reso artefice di una sistematica campagna di presunte inchieste giornalistiche con target le comunità rom e sinte presenti nella Capitale. In 3 mesi abbiamo assistito alla pubblicazione di 28 articoli, molti dei quali certificati da un apposito bollino “inchiesta”, nei quali si può rilevare un unico leitmotiv: diffondere e alimentare un’immagine indistintamente negativa e fortemente stigmatizzante di rom e sinti.
«La Capitale degli zingari», «Così i rom assediano la Capitale», «Quaranta nomadi assediano il quartiere», «Termini ancora regno delle zingare», «Sparatorie, furti e risse. Così i nomadi ringraziano»: sono solo alcuni dei titoli passati in rassegna nel corso dei mesi estivi. Lessico di guerra, generalizzazioni, continuo ed esclusivo accostamento a condotte antisociali, questi sono invece gli ingredienti scelti dai giornalisti de Il Tempo per preparare le loro “inchieste” e parlare direttamente alla pancia dei loro lettori, rispolverando uno dei più radicati stereotipi, quello dello “zingaro delinquente” in tutte le sue declinazioni. Anche dal punto di vista deontologico paiono ravvisarsi violazioni dei principi della Carta di Roma, visto il continuo ricorso a terminologia inappropriata (“nomadi”) e/o dispregiativa (“zingari”, “zingarelle”) e la continua insistenza sulla connotazione etnica di determinate condotte antisociali.
La “realtà” descritta nelle pagine de Il Tempo risulta parziale, dipinge una città sotto assedio da parte di una minoranza di cui il 50% sono bambini, e produce una stigmatizzazione indistinta e generalizzata in grado di fomentare e consolidare un clima di ostilità e di allarmismo sociale tra il pubblico dei lettori. La situazione di emergenza delineata dall’”inchiesta” non viene del resto supportata dai dati, in quanto a Roma la presenza di rom e sinti rappresenta appena lo 0,23% della popolazione totale – lo 0,07% se ci si riferisce ai soli abitanti degli insediamenti informali – numeri questi che da soli paiono ridimensionare le proporzioni dell’”invasione” paventata nelle pagine de Il Tempo.
L’autorevolezza dell’”inchiesta” risulta gravemente inficiata dall’assenza di pluralità nell’individuazione delle fonti: la voce dei rom, in particolare di coloro presso i quali sarebbero stati realizzati i “sopralluoghi” – protagonisti negativi e di fatto passivi dell’“approfondimento” giornalistico – non è in alcun caso contemplata né ascoltata dagli autori, negando così agli stessi qualunque possibilità di replica. Allo stesso modo, non viene approfondita la condizione sociale di tali comunità limitando fortemente la portata dell’“inchiesta” in termini di utilità ai fini dell’informazione, non essendo in grado, a causa di questi limiti, di fornire un quadro oggettivo della realtà.
Da una inchiesta giornalistica propriamente detta ci si aspetterebbe un approfondimento accurato su di una realtà complessa ed eterogenea, quale quella delle comunità rom e sinte che vivono negli insediamenti formali e informali della Capitale. Una realtà molto spesso caratterizzata da indigenza, quotidiana discriminazione e violazioni dei diritti umani, che difficilmente riesce ad arrivare sulle pagine dei giornali, se non filtrata attraverso la lente del pregiudizio e dello stereotipo.
Effettivamente i dati su rom e sinti parlano di un’emergenza; non, tuttavia, quella riguardante l’assedio profilato da inchieste come quelle realizzate dal quotidiano da Lei diretto, ma l’emergenza rappresentata dalla discriminazione cumulativa che subiscono i minori rom e le loro famiglie in Italia:

  • un minore rom ha 60 volte la probabilità di un minore non rom di entrare nel sistema italiano di protezione dei minori;
  • circa 15.000 persone rom sono a rischio apolidia, ovvero prive di documenti nonostante risiedano permanentemente e spesso dalla nascita sul territorio;
  • nell’anno scolastico 2013/2014 gli alunni rom e sinti sono diminuiti, attestandosi a 11.481 iscritti, il numero più basso degli ultimi sei anni, mentre il 63% delle persone rom rispondenti a un sondaggio dell’UE del 2011 ha dichiarato di aver lasciato la scuola prima dei 16 anni (il 21% ha dichiarato di non aver mai iniziato un percorso scolastico);
  • il 66% delle persone rom intervistate nel 2011 in Italia per conto dell’UE ha dichiarato di essersi sentita discriminata a causa della sua etnia nel corso dell’anno precedente;
  • l’Italia è l’unico paese europeo che mantiene e gestisce un sistema abitativo parallelo e segregante riservato a soli rom: i c.d. “campi nomadi”;
  • in Europa le persone rom hanno un’aspettativa di vita mediamente più bassa di circa 10 anni rispetto al resto della popolazione.

Non possiamo poi dimenticare che nel nostro Paese 4/5 dei rom vivono lontano dalla marginalità sociale dei “campi nomadi”, in abitazioni ordinarie, conducendo una regolare attività lavorativa.
Dare visibilità ai dati di cui sopra e descrivere la condizione di rom e sinti nella sua interezza non è un gesto di bontà ma un indice della volontà e capacità di produrre un’informazione di qualità in maniera professionale, responsabile e al servizio dei cittadini.
Cordiali saluti,
Associazione 21 luglio
VIDEO: LE NOTIZIE SUGLI “ZINGARI” LETTE DA TRE DONNE ROM

Associazione 21 luglio ETS - Largo Ferruccio Mengaroni, 29, 00133, Roma - Email: info@21luglio.org - C.F. 97598580583 - Privacy Policy - Cookie Policy