LIDL risponde ad Associazione 21 luglio sui gravi fatti di Follonica
E’ balzata su tutte le pagine dei quotidiani, nei telegiornali e ha invaso i social network la notizia dei tre lavoratori della catena di supermercati Lidl di Follonica che hanno rinchiuso in un gabbiotto due donne rom sorprese a rovistare tra la merce di scarto del supermercato (cosa ancora non si è capito) ed hanno ripreso tra le risa la scena con un telefonino mentre una delle due donne urlava chiedendo di essere liberata, diffondendo su una pagina Facebook il video, che in breve ha fatto il giro della rete.
A seguito dell’episodio Associazione 21 Luglio, oltre ad aver espresso profonda preoccupazione per quanto accaduto, ha scritto una lettera a Lidl Italia per conoscere la posizione dei dirigenti in merito ai fatti e se e quali provvedimenti intendessero prendere.
Il 17 Marzo scorso è arrivata la breve risposta che riportiamo integralmente:
“Gentile Dott. Stasolla,
prendiamo le distanze senza riserva alcuna dal contenuto del filmato diffuso in rete, che va contro ogni nostro principio aziendale.
In qualità di impresa multinazionale siamo, infatti, consapevoli della nostra dimensione e rilevanza pubblica e rispettiamo e valorizziamo la multiculturalità e le rispettive tradizioni e valori.
I nostri principi aziendali sono condivisi anche sul sito www.lidl.it, da cui è possibile prendere visione degli stessi e sono inoltre oggetto di formazione per ciascun dipendente.
Al momento l’Azienda sta ancora verificando le circostanze legate al video e si avvarrà di tutti gli strumenti a disposizione, al fine di adottare i provvedimenti necessari nelle sedi più opportune.
Assistenza Clienti LIDL”
Non volendo accentrare l’attenzione e le aspettative sulle sorti lavorative e giudiziarie dei dipendenti coinvolti accogliamo la risposta della Lidl come una ferma e chiara condanna rispetto a quanto accaduto, ed è per questo che la riportiamo pubblicamente, per un valore se non altro simbolico.
Ciò che colpisce maggiormente di tutta la vicenda, forse ancor più della crudezza del video, è la facilità con cui un gesto tanto disumano sia stato banalizzato e normalizzato nei commenti che si sono scatenati a più livelli, da politici a utenti dei social network, a partire da un istante dopo la diffusione della notizia.
Oltre a configurarsi come un grave episodio di razzismo e ad avere le caratteristiche penali di reato di sequestro persona, infatti, il caso di Follonica manifesta ancora una volta la percezione negativa che la società maggioritaria ha del popolo rom e come questa venga alimentata.
Anche in questo caso parte della classe politica non ha esitato a cavalcare la vicenda e, a vari gradi, ha da subito preso le difese dei tre lavoratori, rivendicando la legittimità del loro gesto. In fondo stavano semplicemente trattenendo le solite rom sorprese a rubare, in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine (nonostante sembra che queste non siano mai state chiamate per intervenire).
Si va da Matteo Salvini che ha subito postato il video commentando “Io sto dalla parte dei lavoratori Lidl, li contatterò per offrirgli il nostro sostegno legale, non con le Rom frugatrici. Ma quanto grida questa disgraziata? #Ruspa”; passando per la sindaca leghista del comune di Cascina Susanna Ceccardi che, sempre su Facebook, scrive:” Maschera di carnevale ieri a Cascina! A me fa ridere!!! A carnevale ogni scherzo vale! Se siete tristi e di sinistra, peggio per voi”, pubblicando la foto di un’infelice maschera proposta da una coppia di suoi concittadini durante una sfilata di carnevale che raffigura la donna rom di Follonica chiusa in una gabbia al fianco di un dipendente della Lidl; fino ad arrivare a Giorgia Meloni che, pur non approvando la scelta dei lavoratori di riprendere la scena e pubblicarla su Facebook (ma non condannando il gesto in sé), richiama l’attenzione sul “problema rom” e su come i cittadini siano esasperati, come a dire “ogni tanto è normale che la situazione sfugga di mano”.
Anche la stampa non è da meno e se Libero titola un articolo a firma del suo Direttore Editoriale Vittorio Feltri: “Vittorio Feltri e le zingarelle in gabbia al Lidl. La verità, italiani esasperati”, Giuseppe Cruciani, conduttore del programma radiofonico “La Zanzara”, sostiene in un’intervista su La7 che “non si poteva entrare in quel posto, non è questione di razzismo” e precisa che “quei beni erano a disposizione dei veri poveri”, reiterando lo stereotipo del rom parassita.
Non stupisce dunque che a seguito dell’accaduto anche il popolo dei social network si sia scatenato e si sia sentito in diritto, nel peggiore dei casi, di inondare il web di odio e frasi irripetibili nei confronti della rom, nella migliore delle ipotesi, di ridurre la vicenda ad una “goliardata” producendo una serie di parodie, foto e video che avevano tutte ad oggetto le immagini e le grida della donna.
Il video originale è stato postato dai lavoratori sulla pagina Facebook “Welcome to favelas”, nota per ospitare video, meme e commenti riguardanti un generico concetto di degrado (umano) e l’ignoranza come attitudine di vita, in cui centinaia di migliaia di utenti fanno a gara a chi posta il contenuto più sessista, omofobo o razzista.
Dalla pagina in questione il video si è diffuso attraverso pagine simili (come, ad esempio, “Sesso, droga e pastorizia”) e, sempre attraverso gli stessi canali, ha fatto il giro del web lasciando dietro di sé commenti d’odio e “ironia spicciola”.
Sull’impatto che ha un tale utilizzo dei social network nel diffondere una subcultura fatta di stereotipi e odio e sul modo di arginare tale fenomeno il dibattito è oggi più attuale che mai e sorge spontaneo chiedersi se i lavoratori non abbiano rinchiuso e filmato la donna rom proprio con l’intento di diffonderlo in rete, per guadagnarsi il loro soddisfacente quantitativo di “like” e commenti.
I lavoratori, infatti, non erano nuovi a tali comportamenti e, come riportato in alcune interviste rilasciate dai colleghi, due giorni prima dell’accaduto avevano postato, in un gruppo chiuso legato alla stessa pagina Facebook e sempre dallo stesso profilo, un video che riprendeva la donna rom con in mano un cartello della Lidl raffigurante un tricolore e la scritta “Italiamo. Passione italiana”. Nelle immagini si vede la donna che viene esortata ad augurare buon compleanno a qualcuno, in un clima di apparente divertimento reciproco.
Il video, portato a riprova di come i dipendenti e la donna rom fossero soliti scherzare, ci riporta in realtà l’immagine di una persona ridotta a macchietta. Per quale motivo tale video è stato postato su un gruppo chiuso legato alla suddetta pagina Facebook? Forse, in maniera maliziosa, si potrebbe suppore che l’intento degli autori fosse quello di suscitare l’ironia del web giocando sulla contrapposizione donna rom/ “italianità”. E forse, altrettanto maliziosamente, si potrebbe arrivare a pensare che gli autori, compiaciuti dal successo avuto in rete dal video, abbiano deciso di replicare e diffondere sul web un nuovo video da far diventare virale? Forse.
Ma al di là di tali interrogativi quel che è certo è che si può rintracciare una matrice comune in tutta la vicenda, il radicato e diffuso sentimento di antiziganismo presente in Italia, fomentato, come successo anche in questo caso, dalla retorica di alcuni politici e dalla narrazione proposta da una parte degli organi d’informazione, che contribuiscono quotidianamente a diffondere immagini stereotipate e stigmatizzanti nei confronti dei rom, incitando spesso alla discriminazione e all’odio etnico nei loro confronti.
Tale substrato “culturale” risulta funzionale a giustificare le politiche discriminatorie in ambito abitativo, lavorativo, scolastico e nell’accesso ai servizi che da decenni relegano le comunità rom ai margini della nostra società. Allo stesso tempo proprio tali politiche contribuiscono a rinforzare la cultura dell’odio, in un circolo vizioso estremamente pericoloso che contribuisce ad esasperare la tensione sociale nel nostro paese.
Così, soprattutto in tempi di austerità economica, con il progressivo smantellamento delle seppur deboli forme di welfare, la disoccupazione diffusa e l’abbandono progressivo delle periferie da parte delle istituzioni, rom e migranti, restano i capri espiatori verso i quali sfogare la propria rabbia e nei cui confronti sono sdoganati comportamenti di ogni tipo. Come quanto successo a Follonica o, portato all’estremo, come il gravissimo episodio di aggressione avvenuto a Rimini pochi giorni fa, quando un ragazzo nigeriano, richiedente asilo, è stato violentemente aggredito senza alcun motivo da un uomo italiano.