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L'inclusione dei rom e sinti: giovedì al via il Convegno Italiaromanì

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Dal 3 al 5 aprile, presso l’Aula Magna del Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre – largo Giovanni Battista Marzi 10, Roma – l’Associazione 21 luglio organizza il Convegno nazionale “ITALIA ROMANÌ. L’inclusione dei rom e dei sinti in Italia. Quale strategia?”.

Al Convegno, che sarà inaugurato il 3 aprile alle 14 dalla Presidente della Camera Laura Boldrini, e che ha ricevuto l’adesione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano parteciperanno vari rappresentanti delle istituzioni locali, nazionali e internazionali: la deputata ed ex Ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge, il direttore dell’Ufficio Nazionale Anti Discriminazione razziale (UNAR) Marco De Giorgi, il presidente della Commissione Diritti Umani del Senato Luigi Manconi, i senatori Francesco Palermo e Gianpiero Dalla Zuanna, l’assessore alle Politiche Sociali della Regione Lazio Rita Visini, l’assessore alla Trasformazione Urbana di Roma Capitale Giovanni Caudo, il sindaco di Messina Renato Accorinti, il vice sindaco di Torino Elide Tisi, il presidente del Comitato Europeo dei Diritti Sociali Luis Quimena Quesada.
Interverranno come relatori numerosi rappresentanti delle organizzazioni nazionali e internazionali che si occupano della tutela dei diritti di rom e sinti – tra cui John Dalhuisen, direttore del Segretariato Internazionale di Amnesty International per i programmi in Europa e Asia Centrale – nonché docenti universitari, ricercatori, attivisti rom e sinti ed esperti della materia, tra cui l’attore teatrale Moni Ovadia.
Il Convegno è rivolto a esperti, ricercatori, professionisti, studenti e tutti coloro che vorrebbero avvicinarsi o approfondire il tema delle politiche rivolte alle comunità rom e sinte.
Il convegno “ITALIA ROMANÌ” si concluderà con un’azione urbana dimostrativa a sorpresa, a partire dalle ore 16.30 in piazza del Colosseo (lato metro), organizzata da un gruppo di giovani attivisti rom e sinti per i diritti umani, provenienti da varie città italiane.
Il convegno rientra tra le attività della Campagna dell’Associazione 21 luglio “Stop all’apartheid dei Rom!“, realizzata grazie al sostegno di Bernard Van Leer Foundation, ed è stato organizzato con il patrocinio della rappresentanza italiana della Commissione Europea e dell’UNAR e con il contributo di Fondazione Charlemagne e Fondazione Migrantes.

I rom non scelgono di essere apolidi e senza fissa dimora

L'articolo di Bruno Ferraro su Libero.

L’articolo di Bruno Ferraro su Libero.


[tfg_social_share]L’Associazione 21 luglio condanna le affermazioni sui rom contenute in un articolo del Presidente Aggiunto Onorario della Corte di Cassazione Bruno Ferraro pubblicato quest’oggi sul quotidiano Libero. L’articolo – sostiene l’Associazione – offre un’immagine distorta della realtà dei rom nel nostro Paese e alimenta stereotipi e pregiudizi negativi nei confronti di tali comunità.
Nell’articolo, intitolato “Ius soli, Cie e campi rom, quante bugie ci hanno raccontato”, Bruno Ferraro argomenta prima il suo no all’introduzione del principio dello ius soli in Italia e poi ripercorre la questione dell’immigrazione e dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) per gli immigrati.
Cimentandosi con il tema rom, che definisce «un falso problema», Ferraro scrive: «Un autentico rom è soggetto che sceglie di rimanere apolide, senza patria e senza fissa dimora; soprattutto rinunziando per scelta di vita ad un lavoro sedentario».
Queste parole, sostiene l’Associazione 21 luglio, forniscono ancora una volta l’immagine stereotipata e negativa dei  rom-nomadi diffondendo così nell’opinione pubblica un’idea sbagliata, e che non corrisponde alle ambizioni, i sogni e i desideri di queste comunità, per cui i rom non vorrebbero vivere una vita pienamente inclusa nella società, assieme al resto dei cittadini.
Anche la Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani del Senato, del resto, nel “rapporto conclusivo dell’indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Camminanti in Italia” del febbraio 2011 aveva affermato chiaramente come il concetto di nomadismo fosse ormai ampiamente superato:
« A differenza di quanto comunemente si crede, la stragrande maggioranza dei Rom, Sinti e Camminanti presenti sul territorio italiano non è nomade e ha anzi uno stile di vita sedentario», si legge nel rapporto.
A conclusione dell’articolo, Bruno Ferraro invita poi i rom a continuare «a fare i rom senza disturbare e senza essere disturbati» affermando che «i campi rom non sono luogo di segregazione ma opportunità che i rom sono liberi di accettare o rifiutare…senza protestare».
Per l’Associazione 21 luglio, che nei mesi scorsi ha lanciato un appello nazionale con raccolta firme per chiedere l’abrogazione delle leggi regionali che istituiscono i “campi nomadi”, i “campi rom” sono invece dei veri e propri ghetti, creati e gestiti dalle istituzioni, dove i diritti dei rom, e in particolare dei minori, vengono sistematicamente violati e che rendono impossibile ogni possibilità di inclusione sociale.
Su questo punto, nel 2012, il Comitato sull’Eliminazione della Discriminazione Razziale (CERD) si è pronunciato sull’Italia reiterando la preoccupazione che «le popolazioni Rom, Sinti e Caminanti vivano in una situazione di segregazione de facto dal resto della popolazione in campi che spesso mancano delle strutture per soddisfare i bisogni più elementari», sollecitando quindi lo Stato italiano «ad astenersi dal sistemare i rom in campi fuori dalle aree popolate».
I “campi rom” rappresentano una risposta al problema oramai giudicata del tutto anacronistica e condannata anche dalla Strategia Nazionale d’Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti. Questa infatti afferma: «La politica amministrativa dei “campi nomadi” ha alimentato negli anni il disagio abitativo fino a divenire da conseguenza, essa stessa presupposto e causa della marginalità spaziale e dell’esclusione sociale per coloro che subivano e subiscono una simile modalità abitativa».
 

Presentato in Senato il rapporto "Figli dei campi"

"Figli dei campi", libro bianco sulla condizione dell'infanzia rom in emergenza abitativa in Italia

“Figli dei campi”, libro bianco sulla condizione dell’infanzia rom in emergenza abitativa in Italia

[tfg_social_share]Nonostante i proclami delle istituzioni, che hanno sottolineato la necessità improcrastinabile di passare da una logica emergenziale ad una logica d’inclusione, l’Italia continua ad attuare nei confronti di rom e sinti una politica discriminatoria che ghettizza tali comunità nei cosiddetti “campi nomadi”. Questa politica ha ripercussioni devastanti soprattutto sui minori i cui diritti umani, dall’alloggio adeguato all’istruzione, dalla salute al gioco sino al diritto alla famiglia, risultano violati in maniera sistematica.
In concomitanza con la Giornata mondiale dei Diritti umani indetta dalle Nazioni Unite, l’Associazione 21 luglio ha presentato davanti alla Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del SenatoFigli dei campi”, libro bianco sulla condizione dell’infanzia rom in emergenza abitativa in Italia.
Il rapporto, finanziato grazie al contributo dell’otto per mille della Chiesa valdese, analizza le condizioni di vita dei minori rom e delle loro famiglie negli insediamenti formali, informali e nei centri di accoglienza riservati a soli rom in 9 città italiane: Roma, Milano, Napoli, Torino, Pisa, Lecce, Cosenza, Palermo, Latina e San Nicolò d’Arcidano, in provincia di Oristano. In questi centri risiedono 18 mila rom e sinti dei circa 40 mila totali che vivono nei “campi” nel nostro Paese.
«I campi sono spazi isolati e sovraffollati che non offrono nessuna seria prospettiva di inclusione sociale, dove le persone, inclusi i minori, vivono in condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza allarmanti, in una situazione di segregazione etnica di fatto», si legge nel rapporto dell’Associazione 21 luglio.
In Italia la politica dei “campi nomadi” ha preso avvio a partire dagli anni Ottanta con l’attuazione di apposite Leggi regionali basate sul presupposto che rom e sinti siano “nomadi” e non stanziali.
Da allora, nonostante questo presupposto sia da considerarsi ormai infondato e superato, come peraltro sottolineato nella Strategia Nazionale di Inclusione di Rom, Sinti e Caminanti adottata dal governo italiano nel 2012,  le amministrazioni locali insistono nell’individuare nel “campo nomadi” il solo luogo possibile dove relegare le comunità rom e sinte, alimentando stereotipi e pregiudizi negativi nei loro confronti.
La violazione del diritto ad un alloggio adeguato, perpetrata anche attraverso ripetuti sgomberi forzati che non rispettano gli standard internazionali, ha un effetto devastante anche sugli altri diritti dei minori.
Negli  insediamenti formali, informali e nei centri di accoglienza per soli rom i bambini rom e sinti cadono vittime delle cosiddette patologie da ghetto (malattie infettive, ansie, fobie e disturbi del sonno) con una frequenza ben maggiore di quanto non avvenga nella società maggioritaria. In questo modo il loro diritto alla salute risulta fortemente compromesso.
Vivere nei “campi” rappresenta un ostacolo importante anche per il pieno godimento del diritto all’istruzione. I minori sono infatti penalizzati dall’ubicazione degli insediamenti formali al di fuori del tessuto urbano, lontano dagli istituti scolastici, e dalla mancanza di spazi adeguati per lo studio all’interno delle abitazioni.
Le politiche predisposte dalle istituzioni per le comunità rom e sinte in emergenza abitativa non contemplano poi né il diritto al gioco dei bambini né tantomeno le attività ricreative, artistiche e culturali, elementi fondamentali per un sano sviluppo intellettivo, affettivo, cognitivo e relazionale dei minori.
Infine, sottolinea il rapporto, i minori rom e sinti che vivono nei “campi” hanno ben 40 probabilità in più di essere dichiarati adottabili rispetto a coetanei non rom, un dato che rivela la violazione del loro diritto alla famiglia.
«La vera emergenza non è quella inventata dal Governo italiano nel 2008, peraltro dichiarata illegittima dalla Cassazione lo scorso aprile, ma l’emergenza rappresentata dalla discriminazione cumulativa che subiscono i minori rom e le loro famiglie», afferma Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio.
«Questa emergenza – continua Stasolla – va affrontata non l’anno prossimo o il prossimo mese, ma oggi, perché ogni giorno che passa è un giorno in più che molti minori rom passano a giocare in mezzo ai rifiuti, in luoghi dove è difficile fare i compiti, dove non si possono invitare amici non rom per la vergogna e dove semplicemente non si può costruire un futuro fatto di diritti».
L’Associazione 21 luglio ha lanciato un appello nazionale con raccolta firme per chiedere a otto Presidenti di Regione di abrogare le Leggi regionali che istituiscono i “campi nomadi” in Italia.
Il rapporto “Figli dei campi” è stato presentato al pubblico mercoledì 11 dicembre all’Auditorium San Fedele di Milano all’interno dell’evento “Container 158”.
SCARICA IL RAPPORTO FIGLI DEI CAMPI

Presentato in Senato il rapporto "Figli dei campi"

"Figli dei campi", libro bianco sulla condizione dell'infanzia rom in emergenza abitativa in Italia

“Figli dei campi”, libro bianco sulla condizione dell’infanzia rom in emergenza abitativa in Italia


[tfg_social_share]Nonostante i proclami delle istituzioni, che hanno sottolineato la necessità improcrastinabile di passare da una logica emergenziale ad una logica d’inclusione, l’Italia continua ad attuare nei confronti di rom e sinti una politica discriminatoria che ghettizza tali comunità nei cosiddetti “campi nomadi”. Questa politica ha ripercussioni devastanti soprattutto sui minori i cui diritti umani, dall’alloggio adeguato all’istruzione, dalla salute al gioco sino al diritto alla famiglia, risultano violati in maniera sistematica.
In concomitanza con la Giornata mondiale dei Diritti umani indetta dalle Nazioni Unite, l’Associazione 21 luglio ha presentato davanti alla Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del SenatoFigli dei campi”, libro bianco sulla condizione dell’infanzia rom in emergenza abitativa in Italia.
Il rapporto, finanziato grazie al contributo dell’otto per mille della Chiesa valdese, analizza le condizioni di vita dei minori rom e delle loro famiglie negli insediamenti formali, informali e nei centri di accoglienza riservati a soli rom in 9 città italiane: Roma, Milano, Napoli, Torino, Pisa, Lecce, Cosenza, Palermo, Latina e San Nicolò d’Arcidano, in provincia di Oristano. In questi centri risiedono 18 mila rom e sinti dei circa 40 mila totali che vivono nei “campi” nel nostro Paese.
«I campi sono spazi isolati e sovraffollati che non offrono nessuna seria prospettiva di inclusione sociale, dove le persone, inclusi i minori, vivono in condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza allarmanti, in una situazione di segregazione etnica di fatto», si legge nel rapporto dell’Associazione 21 luglio.
In Italia la politica dei “campi nomadi” ha preso avvio a partire dagli anni Ottanta con l’attuazione di apposite Leggi regionali basate sul presupposto che rom e sinti siano “nomadi” e non stanziali.
Da allora, nonostante questo presupposto sia da considerarsi ormai infondato e superato, come peraltro sottolineato nella Strategia Nazionale di Inclusione di Rom, Sinti e Caminanti adottata dal governo italiano nel 2012,  le amministrazioni locali insistono nell’individuare nel “campo nomadi” il solo luogo possibile dove relegare le comunità rom e sinte, alimentando stereotipi e pregiudizi negativi nei loro confronti.
La violazione del diritto ad un alloggio adeguato, perpetrata anche attraverso ripetuti sgomberi forzati che non rispettano gli standard internazionali, ha un effetto devastante anche sugli altri diritti dei minori.
Negli  insediamenti formali, informali e nei centri di accoglienza per soli rom i bambini rom e sinti cadono vittime delle cosiddette patologie da ghetto (malattie infettive, ansie, fobie e disturbi del sonno) con una frequenza ben maggiore di quanto non avvenga nella società maggioritaria. In questo modo il loro diritto alla salute risulta fortemente compromesso.
Vivere nei “campi” rappresenta un ostacolo importante anche per il pieno godimento del diritto all’istruzione. I minori sono infatti penalizzati dall’ubicazione degli insediamenti formali al di fuori del tessuto urbano, lontano dagli istituti scolastici, e dalla mancanza di spazi adeguati per lo studio all’interno delle abitazioni.
Le politiche predisposte dalle istituzioni per le comunità rom e sinte in emergenza abitativa non contemplano poi né il diritto al gioco dei bambini né tantomeno le attività ricreative, artistiche e culturali, elementi fondamentali per un sano sviluppo intellettivo, affettivo, cognitivo e relazionale dei minori.
Infine, sottolinea il rapporto, i minori rom e sinti che vivono nei “campi” hanno ben 40 probabilità in più di essere dichiarati adottabili rispetto a coetanei non rom, un dato che rivela la violazione del loro diritto alla famiglia.
«La vera emergenza non è quella inventata dal Governo italiano nel 2008, peraltro dichiarata illegittima dalla Cassazione lo scorso aprile, ma l’emergenza rappresentata dalla discriminazione cumulativa che subiscono i minori rom e le loro famiglie», afferma Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio.
«Questa emergenza – continua Stasolla – va affrontata non l’anno prossimo o il prossimo mese, ma oggi, perché ogni giorno che passa è un giorno in più che molti minori rom passano a giocare in mezzo ai rifiuti, in luoghi dove è difficile fare i compiti, dove non si possono invitare amici non rom per la vergogna e dove semplicemente non si può costruire un futuro fatto di diritti».
L’Associazione 21 luglio ha lanciato un appello nazionale con raccolta firme per chiedere a otto Presidenti di Regione di abrogare le Leggi regionali che istituiscono i “campi nomadi” in Italia.
Il rapporto “Figli dei campi” è stato presentato al pubblico mercoledì 11 dicembre all’Auditorium San Fedele di Milano all’interno dell’evento “Container 158”.
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Blitz a sorpresa dei senatori nei "campi rom" della Capitale

I senatori Palermo e Donno durante la visita nei "campi rom"

I senatori Palermo e Donno durante la visita nei “campi rom”


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«È peggio di quanto immaginavo. I rom sono buttati lì in un limbo giuridico, lasciati a se stessi, senza alcuna attenzione delle istituzioni: una situazione disperante».
Sono le parole pronunciate ieri da Francesco Palermo, senatore della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, al termine di una visita a sorpresa in due “campi rom” della città di Roma, alla quale ha partecipato assieme a un’altra senatrice della Commissione, Daniela Donno.
Nel corso della visita, alla quale hanno preso parte anche alcuni giornalisti, i due parlamentari sono stati accompagnati da una delegazione dell’Associazione 21 luglio e hanno potuto appurare in prima persona le condizioni di vita di uomini, donne e bambini rom all’interno del centro di raccolta rom di via Salaria 971 e del “villaggio attrezzato” della Cesarina, in zona Nomentana.
L’iniziativa dell’Associazione 21 luglio rientra nella Campagna “Stop all’apartheid dei Rom!”, tra i cui obiettivi vi è quello di informare i rappresentanti politici e istituzionali sulle conseguenze negative che le attuali politiche rivolte in Italia nei confronti di rom e sinti hanno sulla vita quotidiana di queste comunità.
Il centro di raccolta rom
Nel centro di raccolta di via Salaria, dove in un primo momento ai senatori è stata negata l’autorizzazione ad entrare, vivono circa 380 rom, di cui 200 minori.
Nonostante sia stata inaugurata, nel 2009, come struttura transitoria per far fronte a situazioni di emergenza, a quattro anni dalla sua conversione i servizi offerti all’interno di questa ex cartiera sono scarsi e inadeguati a bisogni di lunga accoglienza, di assistenza e di supporto nei diversi percorsi che una struttura di assistenza deve garantire. Inoltre, accogliendo al suo interno quasi esclusivamente persone rom con cittadinanza rumena, si connota come un luogo di discriminazione istituzionalizzata su base etnica, caratterizzata da esclusione sociale, segregazione spaziale e precarietà abitativa dove mancano percorsi finalizzati all’integrazione e al reinserimento sociale delle famiglie accolte.
Il “villaggio attrezzato” della Cesarina
In questo “villaggio attrezzato”, il più piccolo degli otto presenti a Roma, vivono circa 180 rom, di cui la metà sono minori. Tra le principali criticità di questo “campo” vi è il precario stato generale delle condizioni strutturali dell’insediamento e una serie di minacce alla sicurezza rappresentate dall’assenza di sistemi antincendio, dal frequente uso domestico di bombole gpl a causa del basso voltaggio disponibile che non permette di usare stufe elettriche e la presenza di alti alberi con molti rami spezzati che potrebbero cadere da un momento all’altro.
Gli abitanti, inoltre, denunciano di vivere in un clima di costante paura e ricatto a causa della gestione del tutto arbitraria e poco trasparente del gestore del campo: «Il gestore ci obbliga a dargli 50 euro al mese, anche se questo versamento non è previsto nel regolamento del Comune di Roma – hanno raccontato le persone ai senatori -. Per punirci ci stacca di frequente la corrente e in più per avere l’acqua per lavarci o per lavare i vestiti dobbiamo andare all’autobotte fuori dal campo. Qui non ci trattano come essere umani ma come animali. E le conseguenze peggiori sono per i bambini, che non riescono a studiare, a giocare e a vivere una vita degna di tale nome».
La reazione dei senatori
« È chiaro che chiunque viva in queste condizioni poi possa cadere nella disperazione – ha affermato la senatrice Daniela Donno al termine della visita nei “campi” -. Gli accordi internazionali prevedono una normativa che dà la possibilità a queste persone di vivere in modo dignitoso. Il Comune di Roma invece spende tanti soldi ogni giorno per non dare tutti i servizi che occorrono a queste persone, come nell’ultimo campo visitato, (La Cesarina ndr) dove gli stessi ospiti devono pagare a un privato per avere alcuni servizi».
Per il senatore Francesco Palermo serve un intervento del Parlamento: «I Comuni, invece di gestire tutto questo in silenzio, dovrebbero fare rete e fare pressione sul Parlamento affinché ci sia quella base giuridica minima per fare azioni che abbiano un senso. Io ho visto tanti campi rom in giro per l’Europa – dice ancora il senatore – ma nessuno a questo livello. Neanche in Serbia o Romania».
Secondo l’Associazione 21 luglio, «la politica dei campi, che a Roma ha un costo annuo di 20 milioni di euro,  si è dimostrata fallimentare e totalmente inefficace ai fini dell’inclusione sociale dei rom. Essa è stata attuata indistintamente da amministrazioni di centrodestra e di centrosinistra e sta continuando inesorabilmente anche oggi con il preoccupante immobilismo dimostrato finora dalla giunta Marino».
 

PER APPROFONDIRE:

Associazione 21 luglio ETS - Largo Ferruccio Mengaroni, 29, 00133, Roma - Email: info@21luglio.org - C.F. 97598580583 - Privacy Policy - Cookie Policy