Blitz a sorpresa dei senatori nei "campi rom" della Capitale
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«È peggio di quanto immaginavo. I rom sono buttati lì in un limbo giuridico, lasciati a se stessi, senza alcuna attenzione delle istituzioni: una situazione disperante».
Sono le parole pronunciate ieri da Francesco Palermo, senatore della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, al termine di una visita a sorpresa in due “campi rom” della città di Roma, alla quale ha partecipato assieme a un’altra senatrice della Commissione, Daniela Donno.
Nel corso della visita, alla quale hanno preso parte anche alcuni giornalisti, i due parlamentari sono stati accompagnati da una delegazione dell’Associazione 21 luglio e hanno potuto appurare in prima persona le condizioni di vita di uomini, donne e bambini rom all’interno del centro di raccolta rom di via Salaria 971 e del “villaggio attrezzato” della Cesarina, in zona Nomentana.
L’iniziativa dell’Associazione 21 luglio rientra nella Campagna “Stop all’apartheid dei Rom!”, tra i cui obiettivi vi è quello di informare i rappresentanti politici e istituzionali sulle conseguenze negative che le attuali politiche rivolte in Italia nei confronti di rom e sinti hanno sulla vita quotidiana di queste comunità.
Il centro di raccolta rom
Nel centro di raccolta di via Salaria, dove in un primo momento ai senatori è stata negata l’autorizzazione ad entrare, vivono circa 380 rom, di cui 200 minori.
Nonostante sia stata inaugurata, nel 2009, come struttura transitoria per far fronte a situazioni di emergenza, a quattro anni dalla sua conversione i servizi offerti all’interno di questa ex cartiera sono scarsi e inadeguati a bisogni di lunga accoglienza, di assistenza e di supporto nei diversi percorsi che una struttura di assistenza deve garantire. Inoltre, accogliendo al suo interno quasi esclusivamente persone rom con cittadinanza rumena, si connota come un luogo di discriminazione istituzionalizzata su base etnica, caratterizzata da esclusione sociale, segregazione spaziale e precarietà abitativa dove mancano percorsi finalizzati all’integrazione e al reinserimento sociale delle famiglie accolte.
Il “villaggio attrezzato” della Cesarina
In questo “villaggio attrezzato”, il più piccolo degli otto presenti a Roma, vivono circa 180 rom, di cui la metà sono minori. Tra le principali criticità di questo “campo” vi è il precario stato generale delle condizioni strutturali dell’insediamento e una serie di minacce alla sicurezza rappresentate dall’assenza di sistemi antincendio, dal frequente uso domestico di bombole gpl a causa del basso voltaggio disponibile che non permette di usare stufe elettriche e la presenza di alti alberi con molti rami spezzati che potrebbero cadere da un momento all’altro.
Gli abitanti, inoltre, denunciano di vivere in un clima di costante paura e ricatto a causa della gestione del tutto arbitraria e poco trasparente del gestore del campo: «Il gestore ci obbliga a dargli 50 euro al mese, anche se questo versamento non è previsto nel regolamento del Comune di Roma – hanno raccontato le persone ai senatori -. Per punirci ci stacca di frequente la corrente e in più per avere l’acqua per lavarci o per lavare i vestiti dobbiamo andare all’autobotte fuori dal campo. Qui non ci trattano come essere umani ma come animali. E le conseguenze peggiori sono per i bambini, che non riescono a studiare, a giocare e a vivere una vita degna di tale nome».
La reazione dei senatori
« È chiaro che chiunque viva in queste condizioni poi possa cadere nella disperazione – ha affermato la senatrice Daniela Donno al termine della visita nei “campi” -. Gli accordi internazionali prevedono una normativa che dà la possibilità a queste persone di vivere in modo dignitoso. Il Comune di Roma invece spende tanti soldi ogni giorno per non dare tutti i servizi che occorrono a queste persone, come nell’ultimo campo visitato, (La Cesarina ndr) dove gli stessi ospiti devono pagare a un privato per avere alcuni servizi».
Per il senatore Francesco Palermo serve un intervento del Parlamento: «I Comuni, invece di gestire tutto questo in silenzio, dovrebbero fare rete e fare pressione sul Parlamento affinché ci sia quella base giuridica minima per fare azioni che abbiano un senso. Io ho visto tanti campi rom in giro per l’Europa – dice ancora il senatore – ma nessuno a questo livello. Neanche in Serbia o Romania».
Secondo l’Associazione 21 luglio, «la politica dei campi, che a Roma ha un costo annuo di 20 milioni di euro, si è dimostrata fallimentare e totalmente inefficace ai fini dell’inclusione sociale dei rom. Essa è stata attuata indistintamente da amministrazioni di centrodestra e di centrosinistra e sta continuando inesorabilmente anche oggi con il preoccupante immobilismo dimostrato finora dalla giunta Marino».