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Mafia, chiude il Best House. A Roma per i campi rom è l'inizio della fine

L’Associazione 21 luglio esprime profonda soddisfazione per la chiusura, nella Capitale, del Best House Rom, la struttura senza finestre, da due anni oggetto di numerose denunce dell’Associazione, dove negli ultimi mesi 135 persone, di cui oltre la metà minori, vivevano in condizioni drammatiche, al di sotto degli standard minimi di tutela dei diritti umani.
«A Roma è iniziato un processo irreversibile: non soltanto dal 2012 si è impedito la costruzione di nuovi “campi rom”, ma si inizia finalmente a mettere i sigilli su questi ghetti e luoghi di discriminazione istituzionale, che rappresentano un’anomalia italiana nel contesto europeo», afferma il presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla.
La chiusura del Best House Rom, situato in via Visso, nella periferia est della Capitale, è stata predisposta dal Comune di Roma in seguito a una “interdittiva antimafia” nei confronti della Cooperativa Inopera, l’ente gestore della struttura che nel 2014, come documentato dal rapporto dell’Associazione 21 luglio “Centri di raccolta S.p.a.”, è costata 2,8 milioni di euro, di cui quasi 2,6 milioni affidati senza bando pubblico alla stessa Cooperativa Inopera. Alle famiglie che vivevano nella struttura è stata offerta una sistemazione alternativa da loro giudicata adeguata, come hanno potuto constatare rappresentanti dell’Associazione 21 luglio che in questi giorni hanno seguito la vicenda sul posto.
Nato nel 2012, il Best House Rom si è consolidato tra dicembre 2013 e marzo 2014 in seguito al collocamento nella struttura di 137 persone provenienti dallo smantellamento del “villaggio attrezzato” della Cesarina e di altre 64 sgomberate da alcuni insediamenti informali.
L’Associazione 21 luglio, per prima, ha denunciato le condizioni di vita drammatiche all’interno del centro. Nel report “Senza Luce”, pubblicato a marzo 2014, l’Associazione ha puntato i riflettori sulle condizioni strutturali del Best House Rom, caratterizzato da stanze anguste, prive di finestre e punti di areazione naturale; sulla sua incompatibilità con i requisiti previsti dalla normativa regionale che regola il funzionamento di strutture di accoglienza; e sugli altissimi costi della sua gestione, a fronte di stanziamenti nulli per l’inclusione sociale degli uomini, delle donne e dei bambini rom residenti.
Alle numerose denunce dell’Associazione 21 luglio sul Best House Rom, sono seguite l’apertura di un’istruttoria sul centro da parte dell’Autorità Anticorruzione, dopo un esposto presentato dall’area legale dell’Associazione lo scorso febbraio, e varie visite ispettive con rappresentanti delle istituzioni locali, nazionali e internazionali: con il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi, con la Commissione Diritti Umani del Senato, con il presidente del Comitato Europeo dei Diritti Sociali Luis Quimena Quesada, con una delegazione della Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza (ECRI).
La chiusura del Best House Rom va così ad aggiungersi a due importanti battaglie che hanno visto, nei mesi scorsi, l’Associazione 21 luglio in prima linea contro la costruzione di due nuovi “campi per soli rom” nella Capitale: il nuovo “villaggio attrezzato” della Cesarina, che nelle intenzioni dell’allora Assessore alle Politiche Sociali Rita Cutini avrebbe dovuto sostituire quello raso al suolo a dicembre 2013, e il nuovo “villaggio attrezzato” La Barbuta, che sarebbe dovuto essere realizzato dalla multinazionale Leroy Merlin in base a un progetto su cui, come emerso dalle intercettazioni su Mafia Capitale, aveva messo gli occhi anche il cosiddetto “ras delle cooperative” Salvatore Buzzi.
Entrambi i progetti furono bloccati in seguito al lancio di due campagne di mail bombing e mobilitazione on line (“#DiscriminareCosta” e “Leroy Merlin, un campo rom è un ghetto: non costruirlo!”) sul sito dell’Associazione 21 luglio. Lo scorso maggio, per di più, era stato il Tribunale di Roma, con una sentenza storica, in seguito a un’azione legale promossa da Associazione 21 luglio e Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, a riconoscere per la prima volta in Italia e in Europa il carattere discriminatorio dei “campi rom”, con specifico riferimento al “villaggio attrezzato” La Barbuta.
«La chiusura del Best House Rom, sebbene non sia stata accompagnata dall’individuazione di soluzioni che favoriscano l’inclusione sociale delle comunità rom, rappresenta comunque un punto di svolta cruciale per Roma: nella Capitale non si costruiscono più nuovi “campi” e si è iniziato a mettere la parola fine ai ghetti esistenti – conclude il presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla -. Oggi è evidentemente cominciato un percorso dal quale non sarà più possibile tornare indietro: il sistema campi va definitivamente superato e l’inclusione sociale dei rom deve far parte dell’agenda politica della nuova Amministrazione che sarà guidata a governare la città».
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#IpocrisiaCapitale: Buzzi e il progetto Leroy Merlin a La Barbuta

Era il 1 ottobre 2014. In una conferenza stampa mattutina presso la sede del Cesv, a Roma, e in un convegno pomeridiano tenuto nella sala Rosi dell’Assessorato alle Politiche Sociali di Roma Capitale, l’Associazione 21 luglio presentava il rapporto “Terminal Barbuta”.
Il rapporto, oltre a denunciare le violazioni dei diritti umani nei confronti dei circa 600 rom residenti nel “villaggio attrezzato” La Barbuta – giudicato discriminatorio e segregante da una storica ordinanza del Tribunale Civile di Roma che ha condannato il Comune di Roma solo pochi giorni fa – portava allo scoperto un progetto per la costruzione di un nuovo “campo rom” in zona La Barbuta presentato il 27 gennaio 2014 (in una convocazione congiunta di alcune Commissioni di Roma Capitale presieduta dalla presidente della Commissione Politiche Sociali di Roma Capitale Erica Battaglia), da un’ATI composta dalla multinazionale Leroy Merlin Italia, dalla Comunità Capodarco di Roma e dalla ditta Stradaioli.
Il progetto prevedeva l’abbattimento dell’attuale “campo” La Barbuta, costruito nel 2012 al costo di 10 milioni di euro, per lasciare così spazio alle attività commerciali della multinazionale del bricolage.
In cambio dell’investimento, Leroy Merlin Italia avrebbe ricevuto la concessione gratuita del terreno per 99 anni. La ditta Stradaioli e la Comunità Capodarco di Roma – di quest’ultima è presidente Augusto Battaglia, ex deputato e padre di Erica Battaglia – avrebbero invece ricevuto rispettivamente 11,5 milioni di euro per la costruzione del nuovo “villaggio” e 597.285 euro annui per 15 anni per la gestione dello stesso.
Un progetto che, secondo quanto sta emergendo dalle intercettazioni nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale, avrebbe subito ingolosito il numero uno della cooperativa 29 giugno, ora in carcere, Salvatore Buzzi.
«Ho visto una cosa enorme, sono stato a un incontro con Leroy Merlin», racconta Buzzi al collaboratore Carlo Guarany in data 17 settembre.
«10 milioni sul sociale, sui nomadi o sugli immigrati o sugli asili nido o su quel cazzo che vuoi tu. Sono disposti a fare un’associazione temporanea di imprese. Leroy Merlin, costruttori e noi, che gestiremmo la quota dei 10 milioni», spiega Buzzi al collaboratore Sandro Coltellacci.
Il pomeriggio del 1 ottobre 2014, al convegno dell’Associazione 21 luglio, avrebbe dovuto partecipare anche l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Rita Cutini, ufficialmente invitata dall’Associazione 21 luglio. Pur svolgendosi il convegno in Assessorato, l’Assessore purtroppo non si presentò.
Dalle intercettazioni, come riporta il quotidiano Il Giornale, emerge che Buzzi avrebbe ricevuto la richiesta da parte dei dirigenti di Leroy Merlin di «stoppare” la partecipazione dell’assessore Cutini a una conferenza stampa di un’associazione contraria al progetto. Secondo quanto riportato dalla stampa, Buzzi avrebbe quindi contattato Mattia Stella, collaboratore del sindaco Ignazio Marino, chiedendogli di fermarla.
«Vedo un attimo di intercettà, tanto quella chi ce parla…Ok, ciao, ciao», dice Stella intercettato.
Poco più di un mese dopo, il 4 novembre 2014, di fronte all’avanzamento del progetto, l’Associazione 21 luglio lanciava una campagna sul web invitando utenti e cittadini a mobilitarsi per convincere Leroy Merlin Italia a fare un passo indietro e a ritirare il progetto.
Leroy Merlin: un campo rom è un ghetto. Non costruirlo!” è il titolo dell’appello che migliaia di cittadini hanno inviato via email ai dirigenti di Leroy Merlin, con in copia il sindaco Ignazio Marino.
A seguito del “mail bombing” e della mobilitazione della società civile, i dirigenti di Leroy Merlin Italia intraprendevano un dialogo sereno e costruttivo con l’Associazione 21 luglio che si concludeva con una nota congiunta nella quale la multinazionale si rendeva disponibile a valutare eventuali modifiche e «realizzare opere di pubblica utilità, nell’ambito di tale progetto, finalizzate, tra l’altro, a cercare soluzioni costruttive ed alternative alla situazione attuale in cui versano i beneficiari finali di tali opere, nel rispetto di tutte le norme di Legge e degli standard internazionali sui Diritti Umani».
Con questa nota l’Associazione 21 luglio concludeva con soddisfazione la propria campagna.
Nella nota congiunta, peraltro, si faceva riferimento a una dichiarazione rilasciata in diretta tv ad Announo da Marino il quale, rispondendo a una domanda precisa della conduttrice Giulia Innocenzi, aveva escluso categoricamente l’ipotesi del nuovo campo.
Dalle intercettazioni pubblicate stamane dalla stampa emerge invece che al sindaco il progetto piaceva «molto, moltissimo…Proprio tanto, tanto».
Di seguito l’intercettazione tra Salvatore Buzzi e Silvia Decina, capo segreteria del sindaco, la quale avrebbe ricevuto da Lionello Cosentino, allora segretario del Pd romano, la documentazione del “Progetto Leroy Merlin” (Secondo quanto emerge dalle intercettazioni Cosentino avrebbe assicurato a Buzzi l’interessamento diretto del sindaco sulla questione).
Buzzi: Pronto
Decina: Salvatore?
B: Sì
D: Salvatore ciao, sono Silvia Decina, il capo segreteria di Ignazio Marino
B: Buongiorno Silvia
D: Ciao
B: Eccomi, buongiorno a te
D: Senti, ti volevo dire questo, che Lionello, mh…
B: Si
D: Mi ha dato tutta la documentazione per Ignazio
B: Sì
D: Sulla questione…Leroy Merlin. Adesso Ignazio l’ha vista e sta facendo convocare una riunione di staff per…te lo volevo dire intanto
B: Ok
D: Ok?
B: Ti ringrazio molto
D: E appena…
B: Gli è piaciuta al sindaco?
D: Molto, moltissimo, appunto…Proprio tanto, tanto…
B: E infatti ho pensato, invece di darlo all’assessore, ho fatto: guarda, ne parlo a lui, infatti
D: Però ha chiesto che la seguissimo noi qui direttamente dal gabinetto, perché se inizia a passare per tutti gli assessorati non ne usciamo vivi con questo
B: Ah, guarda, te ne prego, te ne prego Silvia
D: Eh, no, no, no, per questo ti volevo dire, cioè, ha preferito che la prendessimo noi qui, così almeno velocizziamo il tutto, insomma. Quindi appena adesso io ho novità, ti dico.
Alla luce di tutto ciò, trovano oggi una spiegazione le minacce ricevute dal presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla il 16 luglio 2014 nel corso di una conferenza stampa di presentazione del rapporto “Campi Nomadi s.p.a.”. «Se parli ancora del campo La Barbuta ti mando in coma», le parole rivolte a Stasolla da un “capo” del campo La Barbuta…

Battaglia vinta. Leroy Merlin fa un passo indietro sul nuovo campo a La Barbuta

Leroy Merlin rom[tfg_social_share]L’Associazione 21 luglio accoglie con grande soddisfazione la disponibilità di Leroy Merlin a valutare eventuali modifiche – disposte dal Comune di Roma – al progetto che prevede la costruzione di un nuovo campo per soli rom in sostituzione di quello esistente in località “La Barbuta”. La decisione della multinazionale giunge a pochi giorni dall’annuncio del sindaco Ignazio Marino che nel programma tv Anno Uno aveva escluso l’ipotesi del nuovo campo.
In riferimento al progetto, la multinazionale del bricolage ha confermato «la propria disponibilità a realizzare opere di pubblica utilità, nell’ambito di tale progetto, finalizzate, tra l’altro, a cercare soluzioni costruttive ed alternative alla situazione attuale in cui versano i beneficiari finali di tali opere, nel rispetto di tutte le norme di Legge e degli standard internazionali sui Diritti Umani».
La decisione di Leroy Merlin è stata presa in seguito a un dialogo sereno e costruttivo intercorso nelle scorse settimane tra l’Associazione e i dirigenti della multinazionale del bricolage.
L’Associazione 21 luglio considera pertanto chiusa la CampagnaLeroy Merlin: un campo rom è un ghetto. Non costruirlo!” lanciata lo scorso 4 novembre per chiedere alla multinazionale di non sporcarsi la faccia e di non farsi coinvolgere dal Comune di Roma nella costruzione dell’ennesimo ghetto per soli rom nella Capitale.
«Non abbiamo mai avuto dubbi circa la buona fede e i valori incentrati sulla persona che caratterizzano l’azienda Leroy Merlin. Ma avevamo bisogno di mettere in campo tutti gli strumenti a nostra disposizione, compresa una campagna di pressione pubblica, per convincere la multinazionale ad ascoltare la nostra voce e quella delle centinaia di persone che hanno aderito all’azione», afferma l’Associazione 21 luglio.
Con la Campagna, l’Associazione 21 luglio ha voluto mettere al corrente la pubblica opinione circa le violazioni dei diritti umani, soprattutto dei bambini, che la costruzione di un nuovo campo rom a Roma avrebbe comportato. I campi rom – denuncia da tempo l’Associazione 21 luglio – sono un’anomalia tutta italiana, sono luoghi di segregazione su base etnica, che rendono impossibile l’inclusione sociale, e vanno superati, non costruiti ex novo, come del resto scritto nero su bianco nella Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, approvata in sede europea dal Governo italiano nel febbraio 2012.
In seguito alla decisione di Leroy Merlin che «si augura una pronta risoluzione e comunicazione circa la destinazione di tali opere , ovvero la modificazione dell’intervento, che spetta all’autonoma determinazione del Comune stesso» -, la palla, ora, passa al Comune di Roma.
«Chiediamo al Comune – spiega l’Associazione 21 luglio – di accogliere senza alcuna esitazione la disponibilità di Leroy Merlin di valutare possibili modifiche del progetto e di dare seguito alle parole del sindaco Marino che il 20 novembre, in prima serata su La7, ad Anno Uno, aveva categoricamente escluso l’ipotesi di un nuovo campo rom a La Barbuta affermando l’intenzione dell’amministrazione di mettere in pratica un piano per il superamento dei campi».
«Sarebbe davvero grave se il Comune di Roma continuasse a perseguire la politica dei campi nella Capitale – conclude l’Associazione – specialmente in un periodo di forti tensioni sociali alle quali è opportuno rispondere promuovendo interventi di inclusione e mettendo una volta per tutte la parola fine alla segregazione e alla ghettizzazione che finora hanno caratterizzato le politiche nei confronti dei rom».

L'Italia verso procedura infrazione Ue. E scatta la Campagna contro Leroy Merlin

newsletter_B[tfg_social_share]L’Italia, “il Paese dei campi”, rischia una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea per via delle politiche abitative segregative che le autorità italiane continuano ad attuare nei confronti dei rom.
È quanto emerge da una lettera inviata dalla Direzione Generale Giustizia della Commissione Europea al Governo italiano. «La Commissione potrà decidere di avviare una procedura di infrazione ai sensi dell’art. 258 del TFUE nei confronti dell’Italia inviando una lettera di messa in mora per violazione della direttiva 2000/43/CE», è la conclusione della lettera.
Nella missiva, avente per oggetto: «Richiesta di informazioni aggiuntive riguardo a questioni di alloggio dei rom in Italia ai fini della direttiva 2000/43/CE sull’uguaglianza razziale», la Commissione Europea punta il dito sulla condizione abitativa dei rom nel nostro Paese richiedendo alle autorità italiane informazioni aggiuntive. Nella lettera, la Commissione si sofferma sul “campo” per soli rom in località La Barbuta, a Roma: «I servizi della Commissione – viene comunicato – condividono le preoccupazioni espresse dal Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa circa questo tipo di “alloggio” fornito ai rom in un sito molto remoto e non accessibile, e dotato di recinti e impianti di sorveglianza. Dispositivi di “alloggio” di questo tipo risultano limitare gravemente i diritti fondamentali degli interessati, isolandoli completamente dal mondo circostante e privandoli di adeguate possibilità di occupazione e istruzione».
Malgrado il rischio di una procedura di infrazione paventato dall’Europa, il Comune di Roma sembra voler continuare con una politica che rafforza il “sistema campi” programmandone la progettazione e la costruzione di nuovi. Proprio nel sito La Barbuta, indicato dall’Europa come lesivo dei diritti fondamentali dei rom, potrebbe vedersi realizzata la costruzione di un nuovo “campo” per soli rom che sostituirebbe quello esistente oggi, che verrebbe così abbattuto.
Per la prima volta nel nostro Paese sarebbe una multinazionale, Leroy Merlin Italia, a farsi carico della realizzazione di un “campo rom”, grazie alla costituzione di un’Associazione temporanea di impresa (ATI) alla quale parteciperebbe anche la Comunità di Capodarco di Roma. In cambio dell’investimento, pari a 11,5 milioni di euro, interamente a carico di Leroy Merlin Italia, la multinazionale francese del bricolage riceverebbe dal Comune la concessione gratuita per 99 anni del terreno su cui oggi sorge il campo La Barbuta, per installarci così le proprie attività commerciali (vedi Rapporto “Terminal Barbuta”).
Per scoraggiare la multinazionale del bricolage dal realizzare l’ennesimo ghetto per soli rom nella Capitale, oggi l’Associazione 21 luglio ha lanciato una campagna di mobilitazione pubblica e di pressione nei confronti di Leroy Merlin Italia.
«Leroy Merlin: un campo rom è un ghetto. Non costruirlo!», è l’appello dell’Associazione 21 luglio che invita cittadini e utenti del web a inviare un’email, con un semplice clic dal sito della campagna, direttamente a Leroy Merlin Italia per chiedere alla multinazionale di non sporcarsi la faccia e di non farsi coinvolgere nella creazione dell’ennesimo ghetto per rom a Roma.
«Diffonderemo la campagna anche all’estero, chiederemo alle persone di condividerla sui social media e di unirsi così alla nostra battaglia per dire basta alla creazione di nuovi ghetti per soli rom», afferma l’Associazione 21 luglio.
«I “campi” sono luoghi di sospensione dei diritti umani, che rendono impossibile l’inclusione sociale, che creano disagi al resto della cittadinanza e che alimentano nella pubblica opinione un clima di ostilità verso le comunità rom. L’unica soluzione percorribile è dunque quella di superare i “campi rom”, come prevede la Strategia Nazionale d’Inclusione dei Rom redatta dal governo italiano nel 2012. Convincere Leroy Merlin Italia a ritirare il progetto sarebbe un passo molto importante in questa direzione», conclude l’Associazione 21 luglio.

TERMINAL BARBUTA. Il “villaggio della solidarietà” La Barbuta a Roma. Presente e futuro di un “campo” per soli rom (ottobre 2014)

Terminal Barbuta è un rapporto di ricerca che, ripercorrendo la storia, il presente e le prospettive future di un insediamento formale della Capitale, mostra come sulle vite dei rom e dei sinti si addensino anni di politiche discriminatorie e come queste ultime, oltre a compromettere le fruizione di alcuni diritti umani, pongano rom e sinti in una condizione di svantaggio e di malessere. La ricerca rientra nell’Italian Roma Rights Projects 2, finanziato dall’Open Society Foundations.
Scarica il rapporto

Rapporto Terminal Barbuta: Leroy Merlin vuole costruire un nuovo ghetto rom a Roma

Leroy Merlin[tfg_social_share]SCARICA IL RAPPORTO
Una cordata guidata dalla multinazionale francese Leroy Merlin Italia vuole costruire l’ennesimo ghetto per soli rom nella Capitale: un nuovo mega insediamento monoetnico in sostituzione del “villaggio della solidarietà” La Barbuta, che sarà abbattuto lasciando così spazio, con una concessione gratuita del terreno per 99 anni, alle attività commerciali della multinazionale del bricolage.
Il progetto, finora tenuto nascosto dal Comune di Roma, è stato divulgato alla stampa stamane dall’Associazione 21 luglio in occasione della presentazione di “Terminal Barbuta”, il rapporto che fa luce sul “campo” La Barbuta, uno dei più controversi di Roma, situato nella periferia sud-est della città.
Se dovesse essere confermata, la proposta progettuale, presa in esame dal Comune di Roma lo scorso gennaio, prevede l’abbattimento dell’attuale “villaggio della solidarietà” La Barbuta, inaugurato nel 2012 e già costato 10 milioni di euro per la sua costruzione e oltre 5 milioni di euro per la sola gestione. Quattrocento dei 580 rom oggi residenti nel “campo”, secondo quanto si legge nel progetto, saranno trasferiti nel nuovo “villaggio”, da costruire su un’area di 57.092 mq a ridosso dell’insediamento attuale per un investimento complessivo, interamente a carico di Leroy Merlin Italia, di oltre 20 milioni di euro per 15 anni.
In cambio della realizzazione del “villaggio” è prevista la concessione gratuita per 99 anni, alla stessa Leroy Merlin Italia, di un diritto di superficie dell’intera area sulla quale sorge oggi La Barbuta, con cambio di destinazione d’uso a commerciale per strutture di grandi dimensioni al fine, per l’appunto, di attuarvi il trasferimento delle proprie attività commerciali.
Oltre a Leroy Merlin Italia, mandataria dell’ATI responsabile del progetto, la realizzazione del nuovo “villaggio della solidarietà” vede altresì il coinvolgimento della ditta Stradaioli, in qualità di costruttore, e della Comunità di Capodarco di Roma, in qualità di gestore del nuovo “campo”.
Queste ultime riceverebbero rispettivamente un compenso di 11,5 milioni di euro per la costruzione del “villaggio” e di 597.285 euro annui per 15 anni per la gestione dello stesso, considerando che la stima del contributo erogato dal Comune di Roma per ognuno dei 400 rom è di 4 euro al giorno.
Il nuovo “villaggio della solidarietà”, che stando al progetto sarà composto da moduli abitativi prefabbricati, dovrebbe servire a «fronteggiare l’emergenza nomadi in maniera costruttiva ed organizzata, nell’ottica di scongiurare ogni rischio igienico-sanitario», secondo i suoi ideatori.
Secondo l’Associazione 21 luglio, invece, «il nuovo “villaggio della solidarietà” La Barbuta non sarebbe altro che l’ennesimo luogo di segregazione, ghettizzazione e sospensione dei diritti umani nella città di Roma. Un ghetto – sottolinea l’Associazione – che non avrebbe alcuna differenza con il “campo” attuale, già definito “un insediamento segregato su base etnica” dal Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa Nils Muižnieks nel novembre 2012, dove i rom soffrono, esprimono un disagio inascoltato e chiedono soluzioni diverse ricordando come lo spazio loro assegnato non sia idoneo a ospitare un insediamento umano».
«La risposta del Comune di Roma al progetto dell’ATI – dichiara il presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla – può essere una sola: il “campo” monoetnico La Barbuta è una minestra che, nelle sue più diverse salse, non può più essere digerita né dai rom, né dalla città di Roma, né dal vicino Comune di Ciampino con cui il “villaggio” confina».
«Il mega campo, vergogna tutta romana, va chiuso e vanno messi finalmente in atto percorsi di uscita che conducano i rom ad una reale inclusione lavorativa e abitativa. Gli strumenti per farlo non mancano – continua Stasolla – visto che basterebbe riconvertire i quasi 2 milioni di euro spesi ogni anno dal Comune di Roma per la sua gestione o i circa 250 mila euro che la multinazionale d’oltralpe sarebbe disposta a spendere per una famiglia rom per la costruzione e la gestione del nuovo insediamento».
L’Associazione 21 luglio si dice infine fiduciosa che Leroy Merlin Italia, di fronte alle preoccupazioni circa le violazioni dei diritti umani che il nuovo “villaggio” comporterebbe, ritiri quanto prima la proposta del progetto. Qualora questo non dovesse accadere, tuttavia, l’Associazione 21 luglio si dice pronta a opporsi in tutti i modi possibili, anche con azioni dimostrative quali il boicottaggio commerciale, volte a sensibilizzare l’opinione pubblica.
SCARICA IL RAPPORTO “TERMINAL BARBUTA”

L'Associazione 21 luglio presenta il rapporto "Terminal Barbuta"

Mercoledì 1 ottobre 2014 alle ore 11, presso la sede dei Centri di Servizio per il Volontariato del Lazio Cesv e Spes – via Liberiana 17, Roma – l’Associazione 21 luglio presenta “Terminal Barbuta“, il nuovo rapporto che fa luce sul «villaggio della solidarietà» La Barbuta, uno degli insediamenti formali più controversi della Capitale.
La ricerca ripercorre la storia, il presente e le prospettive future del “campo”, situato all’estrema periferia sud-orientale di Roma, e mostra come sulle vite dei 580 rom residenti si addensino anni di politiche discriminatorie e come queste ultime, oltre a compromettere le fruizione di alcuni diritti umani, pongano i rom stessi in una condizione di svantaggio e di malessere.
Nato come “campo tollerato” sotto l’Amministrazione di centro-sinistra presieduta da Rutelli (1993 – 2001), l’insediamento prosegue la sua esistenza negli anni successivi fino a che non viene trasformato in «villaggio della solidarietà» sotto l’Amministrazione di centro-destra presieduta dal sindaco Gianni Alemanno (2008 – 2013) mentre oggi, sotto l’Amministrazione di centro-sinistra presieduta da Ignazio Marino, si discute la possibilità, sempre più concreta, di spostarne nuovamente i residenti presso un insediamento da costruire ex novo, chiudendo così il «villaggio della solidarietà» inaugurato nel 2012 e costato all’Amministrazione locale diversi milioni di euro.
Tale progetto, che dovrebbe riguardare 400 dei 580 rom attualmente residenti nel «villaggio della solidarietà» La Barbuta, non è mai sino ad ora stato divulgato e sarà presentato nel corso della conferenza stampa.
Il progetto rappresenta un’assoluta novità visto che per la prima volta in Italia l’onere per la progettazione, la costruzione e la gestione di un nuovo mega insediamento monoetnico dovrebbe essere interamente a carico di un ente privato, Leroy Merlin Italia.
Il rapporto “Terminal Barbuta” sarà inoltre presentato nel corso della stessa giornata – a partire dalle ore 16 presso la sala Rosi dell’Assessorato alle Politiche Sociali di Roma Capitale, in viale Manzoni 16 – all’interno del convegno “Superare i ‘campi’ per soli rom a Roma: una sfida vicina“.
Interverranno al convegno anche alcuni rappresentanti delle istituzioni: il consigliere capitolino Riccardo Magi, il senatore della Commissione Diritti Umani del Senato Francesco Palermo, il presidente della Commissione Politiche Sociali di Roma Capitale Erica Battaglia. L’Assessore al Sostegno Sociale e alla Sussidiarietà di Roma Capitale Rita Cutini è stata invitata.

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Per maggiori informazioni
Danilo Giannese
Responsabile Comunicazione e Ufficio Stampa
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