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Poster razzista Forza Nuova

Lettera aperta alle autorità per il poster razzista di Forza Nuova

Associazione 21 luglio Onlus congiuntamente ad altre 33 organizzazioni italiane ed europee, è tra le firmatarie di una lettera aperta dell’ENAR (European Network Against Racism) per chiedere alle autorità destinatarie del documento provvedimenti relativamente alla diffusione di un poster razzista da parte di Forza Nuova.
«Il manifesto istiga all’odio razziale attraverso l’uso dell’immagine stereotipata di un uomo nero che abusa di una donna bianca – si legge nel testo – Riteniamo che il testo, che recita “Proteggila dai nuovi invasori. Potrebbe essere tua madre, tua moglie, tua sorella, tua figlia” – rappresenti una chiara istigazione alla violenza. Lede direttamente i diritti delle persone di discendenza africana, come i diritti dei migranti e delle persone percepite come tali».
Le immagini del poster riproducono dichiaratamente quelle della propaganda fascista, violando in questo modo sia la Decisione quadro dell’Unione Europea sulla lotta contro espressioni di razzismo e xenofobia sia la legislazione italiana che con la Legge Mancino (1993) condanna chiunque diffonda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico.
In diverse occasioni Forza Nuova, così come altri partiti o rappresentanti politici, hanno utilizzato discorsi razzisti contro persone di discendenza africana, rom e migranti. Troppo spesso queste azioni passano sotto silenzio, non si attribuisce loro il giusto peso e non vengono sanzionate dalle autorità. In questo modo si corre il rischio di far passare il messaggio che tali esternazioni oltre ad essere tollerate, sono legittimate ad entrare nel discorso politico corrente. Le istituzioni nazionali ed europee hanno invece il compito di prendere posizione e condannare il messaggio di odio diffuso attraverso questi manifesti.
«È l’ennesimo grave episodio di una lunga serie – ha commentato Associazione 21 luglio – che è colpevole oltre che di istigare all’odio razzista, anche di perpetrare stereotipi machisti e la discriminazione di genere: l’immagine della donna, inerme nelle mani dell’uomo, e il messaggio del testo “potrebbe essere tua madre, tua moglie, tua sorella, tua figlia” come se la donna avesse dignità solo quando ricopre un ruolo domestico e familiare. È fondamentale – conclude Associazione 21 luglio – far sentire la propria voce e schierarsi apertamente contro questo tipo di retorica».
Il razzismo perpetrato dalle forze politiche e da rappresentanti istituzionali ha effetti devastanti sui gruppi che ne sono oggetto e incoraggia ostilità, discriminazione e violenza nei loro confronti. Per questo nella lettera viene chiesto con forza alle autorità italiane di presentare un esposto alla Procura della Repubblica per iniziare un’indagine contro Forza Nuova per istigazione all’odio razziale e apologia del fascismo. Si chiede inoltre a tutte le forze politiche di adottare misure effettive per combattere e sanzionare la retorica razzista e xenofoba usata al loro interno.

questione razziale.

Esiste una "questione razziale" in Europa?

Il 26 aprile alle 18 presso l’aula magna della John Cabot University di Roma verrà presentato il libro “Racial cities. Governance and the segregation of Romani people in urban Europe” di Giovanni Picker, ricercatore e docente di sociologia presso la Birmingham University (è consigliato l’accredito scrivendo a rsvpevents@johncabot.edu).
Giovanni ha collaborato nell’ultimo mese e mezzo con Associazione 21 luglio, svolgendo un tirocinio di ricerca presso la nostra organizzazione.
Qual è il tema principale della tua ricerca?
L’oggetto della ricerca sono le dinamiche di segregazione dei rom in quattro paesi europei (Italia, Romania, Francia e Gran Bretagna). La ricerca si è sviluppata a partire dallo studio delle ideologie dietro alla segregazione dei “nativi” nelle città coloniali, in particolare Rabat sotto il dominio francese, Delhi colonizzata dagli inglesi, e Addis Abeba sotto gli italiani. Il libro traccia le corrispondenze principali tra questi contesti coloniali e le dinamiche di segregazione dei rom in Europa nel XXI secolo, e dimostra che il fil rouge principale tra i due periodi è l’ideologia della razza nelle sue varie espressioni in diversi contesti urbani.
Quali sono le dinamiche analizzate che risultano essere comuni?
Con lo sviluppo urbano e il cambiamento dei piani regolatori delle città coloniali, i “nativi”, considerate comunità “inferiori” dai colonizzatori, venivano posti ai margini della città, il più lontano possibile dal centro e dai monumenti simbolo del nuovo potere e della governance. Questo è avvenuto ovviamente con varie modalità a seconda dei paesi e delle ideologie di colonizzazione. Un esempio di corrispondenza tra contesti coloniali e situazione attuale dell’abitare rom è tra il modello coloniale francese e le leggi regionali italiane che hanno istituito i cosiddetti “campi nomadi”, cioè la segregazione e l’isolamento in virtù di una presunta cultura da difendere e preservare (“cultura araba” in Marocco, “cultura nomade” in Italia).
Alla luce delle tue ricerche pensi sia possibile parlare di razzismo in Europa?
Sì, non solo possibile ma doveroso. Vogliamo raccontarci che le ideologie della razza che hanno raggiunto l’apice sotto il Fascismo e il Nazismo siano di colpo svanite, ma non è così. La situazione e le dinamiche di segregazione urbana dei rom dimostrano che non è così. Molte famiglie rom vivono da decenni in condizioni urbane di estrema fragilità, isolamento, precarietà socio-economica e igienico-sanitaria, senza che questo sia mai stato considerato, nei fatti, una priorità per la politica. Questo accade nei quattro paesi europei che ho analizzato. Tale condizione è sostanzialmente accettata soprattutto perché – è la tesi del libro – dopo la Seconda Guerra Mondiale il razzismo è stato troppo timidamente affrontato a livello educativo, giuridico e politico e di movimenti sociali.
Perché hai scelto la 21 luglio per svolgere il tuo tirocinio?
Ho scelto questa associazione perché nel panorama romano è quella più informata e radicata nel territorio oltre che la più attiva nell’ambito delle tematiche che mi interessavano, cioè la questione della precarietà sociale e abitativa in generale (senza un’attenzione specifica alle famiglie rom).

Belpietro e Giordano sanzionati dall'Ordine dei Giornalisti per un articolo riferito ai rom

Il Consiglio di Disciplina Territoriale dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, riunito nella seduta del 18 aprile 2016 in riferimento alla posizione del direttore di “Libero” Maurizio Belpietro e del giornalista Mario Giordano, ha sanzionato entrambi con la censura, misura disciplinare utilizzata quando un giornalista si rende autore di abusi o mancanze di grave entità.
Nel dicembre scorso Associazione 21 luglio e Naga avevano presentato un esposto avente per oggetto l’articolo a firma di Mario Giordano dal titolo “Ci teniamo i killer rom, premiamo i ladri”, apparso sul quotidiano “Libero”, l’8 novembre 2015. Nel corpo dell’articolo l’autore, riportando un evento criminoso scriveva: «massacrate da due rom» per poi aggiungere: «Facciamoci massacrare. Facciamoci ammazzare. Aspettiamo che tocchi a noi. Aspettiamo il nostro turno. Aspettiamo una sera che l’orrore bussa alla porta della nostra casa travestita da rom. Mi raccomando dite rom (…) e non zingari che altrimenti la Boldrini s’indigna. Anche quando vi stanno uccidendo a suon di botte, mentre vi frantumano i denti e le mascelle, mentre vi mandano al creatore per portarvi via la miseria accumulata nel salvadanaio con una vita di sacrifici, ricordatevelo bene: si dice rom».
Nell’esposto, presentato all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, le organizzazioni avevano denunciato l’intento xenofobo dell’articolo nel quale, partendo da un fatto di cronaca nera, si tendeva a criminalizzare un’intera etnia. Si faceva inoltre presente come solo sul quotidiano diretto da Maurizio Belpietro gli autori del reato venivano definiti come “rom”, mentre nelle altre testate che avevano trattato lo stesso episodio, non si era scritto che gli autori del reato appartenessero a tale etnia.
La diffusione di tali articoli – si legge nell’esposto – «ancor più non suffragati da dati certi e inequivocabili, trasmette un’immagine stereotipata e criminosa di un intero gruppo di persone senza distinzioni di sorta ed è lesiva della dignità delle persone rom». Nel testo le organizzazioni avevano fatto riferimento alla giurisprudenza della Corte di Cassazione che aveva disposto le tre condizioni in presenza delle quali il diritto di stampa è da ritenersi legittimo: l’utilità sociale dell’informazione, la verità, la forma civile dell’esposizione dei fatti e della loro valutazione. Proprio su quest’ultimo punto la Corte di Cassazione aveva stabilito che «la forma della critica non è civile, non soltanto quando è eccedente rispetto allo scopo informativo da conseguire o difetta di serenità e di obiettività o, comunque, calpesta quel minimo di dignità cui ogni persona ha sempre diritto, ma anche quando non è improntata a leale chiarezza».
Il Consiglio di Disciplina Territoriale dell’Ordine di Giornalisti, accogliendo pienamente le istanze delle due organizzazioni, nella decisione presa il 20 aprile scorso, ha ravvisato come Mario Giordano abbia elaborato nell’articolo «un pensiero critico che come tale sarebbe del tutto legittimo se non avesse connotazione xenofoba e razzista. Il linguaggio utilizzato molto drammatico, e i toni decisamente forti, enfatizzano ulteriormente la repulsa per quel genere di persone: i rom e gli zingari, gente che vive nel delitto e che non andrebbe tollerata» e, ravvisata la responsabilità del giornalista, ha ritenuto come sanzione adeguata la censura. Anche il direttore del quotidiano “Libero”, per il quale le due organizzazioni avevano chiesto di valutare l’omesso controllo, è stato condannato alla medesima sanzione.
Associazione 21 luglio e Naga esprimono profonda soddisfazione per l’esemplare sanzione che potrebbe rappresentare un precedente importante volto a scoraggiare tra gli addetti alla informazione linguaggi con forti accenti razzisti e xenofobi.

Rapporto Osce: in Italia 596 crimini d'odio nel 2014

Rapporto Osce sui crimini d'odioL’Osce, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, ha pubblicato il nuovo Rapporto annuale sui crimini d’odio, realizzato grazie alla raccolta di dati provenienti dalle autorità competenti di 43 Stati oltre che da 122 associazioni non-profit. Tra queste, anche l’Associazione 21 luglio ha contribuito al monitoraggio attraverso la segnalazione di crimini a sfondo razzista contro le popolazioni rom e sinte in Italia.
Secondo la definizione dell’Osce, si verifica questo tipo di atto a condizione che costituisca reato secondo il diritto penale e ne sia accertata la motivazione dettata da “pregiudizi, noti anche come reati d’odio o preconcetto, che ledono la sicurezza degli individui, delle comunità e della società nel suo complesso”.
I dati ufficiali relativi al nostro Paese, con riferimento al 2014, riportano 596 crimini d’odio: 413 casi di razzismo e xenofobia, 153 casi di pregiudizi contro cristiani e appartenenti ad altre confessioni religiose, 27 casi di pregiudizi contro persone LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), 3 casi di pregiudizi contro persone con disabilità e altri gruppi. Rispetto ai 472 rilevati nell’anno precedente, si osserva un sensibile aumento dovuto verosimilmente ad un rafforzamento della consapevolezza sia da parte delle vittime che denunciano, sia da parte delle autorità competenti che categorizzano il reato.
Secondo le informazioni raccolte e inviate all’Osce dalle associazioni italiane, sono 21 i casi di pregiudizi ai danni di individui appartenenti alla popolazione rom e sinta in Italia. Tra questi, il rapporto Osce distingue 5 casi di attacchi violenti, 7 casi di minacce e 9 attacchi contro la proprietà.
L’Associazione 21 luglio, in particolare, ha contribuito al rapporto Osce attraverso la segnalazione di 12 episodi di cui sono stati vittime rom e sinti.
Tra questi, uno degli episodi di più evidente matrice razzista si è verificato a Roma – località Acilia – dove alcuni giovani in sella a un motorino hanno sparato contro un insediamento abitato da quaranta persone, tra cui otto minori, urlando “maledetti zingari”.
Come si può leggere sul sito dell’Osce, l’Associazione 21 luglio ha segnalato una serie di assalti contro quattro persone rom, la minaccia di una bomba contro un centro di raccolta che ospita 400 persone e due casi in cui colpi di arma da fuoco sono stati diretti contro le abitazioni di alcune famiglie rom.
Associazione 21 luglio e Lunaria, infine, hanno contestualmente riportato il caso di un incendio doloso in un insediamento rom e due sparatorie contro le abitazioni di famiglie rom.

La tragedia di Roma e il rischio etnicizzazione del reato

La notizia della tragedia avvenuta ieri a Roma in prossimità della fermata metro Battistini, nella quale una donna di 44 anni ha perso la vita e otto persone sono state ferite, travolte da un’auto che viaggiava a folle velocità, addolora e sconvolge.
Con l’auspicio che il corso delle indagini conduca all’individuazione dei responsabili di tale gesto, l’Associazione 21 luglio non può non constatare, tuttavia, che la notizia, come è stata riportata da molti media locali e nazionali, rischia di sfociare in una pericolosa deriva etnica dei fatti accaduti, in quanto ad essere sottolineata con forza è la presunta origine etnica dell’autista dell’autovettura che ha provocato la strage.
Le colpe di un gesto di tale gravità non possono e non debbono ricadere sull’insieme di persone appartenenti alla stessa comunità degli autori della strage, a Roma e nel resto d’Italia. E gli organi di informazione dovrebbero prendere tutte le opportune precauzioni perché questo non accada, evitando per esempio titoli, articoli e servizi che diano rilevanza maggiore all’origine etnica dei responsabili piuttosto che al fatto – gravissimo – in sé.
L’etnicizzazione delle notizie, infatti, rischia di esacerbare il già esasperato clima di ostilità e odio diffuso nell’opinione pubblica nei confronti di rom e sinti. Simili trattamenti delle notizie portarono già, ad esempio, a derive fortemente violente, in passato, a Ponticelli (Napoli) nel 2008 e a Torino nel 2011, quando contro i “campi rom” si svilupparono, in seguito alla diffusione di notizie poi rivelatesi infondate, veri e propri raid incendiari.
Per chi sarà chiamato ad indagare e per i giudici, nella ricostruzione dei fatti e nella successiva auspicabile condanna, poco importa l’origine etnica della persona colpevole, o la sua cittadinanza o il colore della sua pelle. Alla guida di quella macchina c’era una persona che va perseguita. Questo basta e avanza.
Se dovesse scoprirsi che dietro quel volante omicida c’era una persona di origini islamiche dovremmo tornare a invocare le misure del post 11 settembre 2001? O se c’era una persona di origini campane o venete dovremmo aprire una discussione sulla presenza di tali comunità nella nostra città?
L’isteria mediatica, declinata in una “etnicizzazione del reato” fa danni. Così come lo fa il razzismo. E razzismo è anche ricondurre il DNA di un popolo al crimine di un individuo.
Foto: La Repubblica – Roma

Diritti umani: un riconoscimento internazionale per l'Associazione 21 luglio

Hrant Dink Foundation

Nella foto il giornalista turco di origine armena Hrant Dink, assassinato a Istanbul nel 2007.


[tfg_social_share]«Cari rappresentanti dell’Associazione 21 luglio, vogliamo esprimervi la nostra gratitudine per la vostra ambizione e persistenza nel dimostrarci ancora una volta che spesso i piccoli passi intrapresi per un mondo più giusto e più libero possono essere molto preziosi. Siamo molto felici di avervi tra le nostre “Ispirazioni” nel 2014».
Con queste parole la Hrant Dink Foundation, fondazione internazionale turca impegnata nella promozione dei diritti umani e nella lotta contro le discriminazioni in Turchia e nel mondo, ci ha comunicato la presenza, quest’anno, dell’Associazione 21 luglio tra le “Ispirazioni” del 2014 nell’ambito della International Hrant Dink Award Ceremony, che si celebrerà il prossimo 15 settembre a Istanbul.
Un riconoscimento, questo, che la Fondazione, intitolata al giornalista turco di origine armena Hrant Dink, assassinato a Istanbul nel 2007 e distintosi per la sua battaglia in favore dei diritti delle minoranze, dedica ogni anno a quelle persone, associazioni, iniziative e progetti che si distinguono per il loro impegno per un mondo libero dalle discriminazioni, dal razzismo e dalla violenza e in grado di ispirare e incoraggiare gli altri.
Essere riconosciuti come ispiratori per la costruzione di una società dove razzismo ed esclusione non abbiano più ragion d’essere è per l’Associazione 21 luglio motivo di enorme gratificazione e, soprattutto, una ulteriore iniezione di entusiasmo per continuare la nostra buona battaglia per la promozione dei diritti umani dei rom e, in generale, delle minoranze.
Dedichiamo questo riconoscimento a tutte le persone, rom e non rom, che, con la loro passione e impegno civile, ogni giorno ci seguono e ci accompagnano su questa strada impervia ma che è fondamentale percorrere tutti insieme. Perché i diritti dei rom sono i diritti di tutti.
Dedichiamo altresì questo riconoscimento agli enti, nonché ai privati cittadini che, con il loro sostegno finanziario, ci permettono di proseguire le nostre attività.
La cerimonia internazionale di assegnazione dei premi della Hrant Dink Foundation sarà trasmessa in diretta streaming da Istanbul su www.hrantdink.org e www.hrantdinkaward.org lunedì 15 settembre 2014 a partire dalle ore 19 italiane.
Foto: XQW News

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