Campi di concentramento in Italia: l'internamento di Vittoria Levakovich
Vittoria Levakovich, “zingara” italiana (così vengono chiamati nei documenti ufficiali i rom e i sinti presenti in Italia durante il fascismo), sta scontando il confino sull’isola di Ustica insieme al marito quando l’uomo muore improvvisamente. È il 1940, lo stesso anno in cui l’Italia entra in guerra.
Vittoria è rimasta completamente sola, il suo compagno è morto, parte della sua famiglia sta scontando la pena di “internamento libero” nel comune di Porpetto, in Friuli. Suo figlio Lionello è arruolato nelle file dell’esercito italiano, per prestare servizio in un paese in cui la politica e le istituzioni non intendono considerare gli “zingari” parte del proprio tessuto sociale e della propria storia.
Vittoria viene trasferita in diversi campi di concentramento, prima a Vinchiaturo, in provincia di Campobasso, poi è deportata ad Agnone – nel 1943 – nell’ex convento di San Bernardino. Questo edificio raccoglieva inizialmente ebrei e oppositori politici, poi viene riservato alla detenzione dei soli rom e sinti. Le condizioni di vita in questo campo sono particolarmente dure: non ci sono riscaldamenti né stufette, il vitto è molto scarso, i prigionieri soffrono di malnutrizione e anche le condizioni igienico-sanitarie sono molto precarie.
Durante la prigionia della madre, Lionello è molto preoccupato per le misere condizioni di vita della donna e dal fronte scrive più volte alle istituzioni per chiedere di liberarla. Forse per effetto delle sue preghiere, forse per coincidenza, Vittoria viene scarcerata ma da quel momento di lei non si hanno più notizie nei documenti d’archivio. Si ha testimonianza però delle sorti del figlio, registrato negli elenchi dei deportati nel campo di concentramento nazista di Buchenwald, dove muore a causa di privazioni e sforzi fisici.
La vita di Vittoria Levakovich e della sua famiglia è stata raccontata da Rosa Corbelletto, ricercatrice dell’Università degli Studi di Torino, durante il convegno al Senato che si è tenuto in occasione della Giornata della Memoria: “La deportazione e l’internamento. Storie di donne rom durante il fascismo”.
Durante la ricostruzione della vita di Vittoria, la ricercatrice ha sottolineato l’arbitrarietà dei criteri con cui le istituzioni preposte consideravano la “pericolosità” delle persone deportate, internate e confinate.
Foto di PietrabbondanteBlog