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Rom sgomberati: l'esito dell'incontro


Le famiglie rom sgomberate il 14 luglio dall’insediamento di Val d’Ala hanno accettato l’accoglienza temporanea all’interno del “centro di raccolta” di via Salaria, in attesa dell’attivazione, da parte del Comune di Roma, di percorsi individuali di inclusione sociale.
Per le famiglie a rischio sgombero forzato nei centri di via San Cipirello, via Toraldo e via Torre Morena, invece, c’è l’impegno, da parte dell’Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Roma, di prorogare la loro permanenza all’interno di queste strutture.
E’ questo l’esito dell’incontro tra le delegazioni di Associazione 21 luglio e Popica Onlus, le famiglie rom e l’Assessorato alle Politiche Sociali che si è svolto in seguito al sit in di solidarietà promosso dalle due organizzazioni davanti all’Assessorato.
L’incontro si è svolto con circa tre ore di ritardo rispetto all’orario previsto (mezzogiorno), una situazione che, viste le temperature che nella Capitale sfioravano i 40 gradi, stava creando forti disagi soprattutto a bambini e anziani.
La sistemazione delle famiglie di Val d’Ala nella struttura di via Salaria non può essere considerata, dall’Associazione 21 luglio, una soluzione adeguata, viste le condizioni di vita precarie all’interno della stessa. L’Associazione 21 luglio auspica tuttavia che l’Amministrazione mantenga fede agli impegni presi relativamente alla temporaneità della soluzione e alla pronta attivazione di percorsi di inclusione sociale per le stesse famiglie.
L’Associazione 21 luglio auspica altresì che venga mantenuta la promessa verbale dell’Assessore Danese rivolta ai rom che vivono nei tre centri di via San Cipirello, via Toraldo e via Torre Morena, scongiurando così il rischio di sgombero forzato dalle strutture.
 

L'Autorità Anticorruzione avvia istruttoria sul Best House Rom

L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha avviato un’istruttoria nei confronti del Comune di Roma in merito ai ripetuti affidamenti diretti alla cooperativa sociale Inopera della gestione del centro di raccolta denominato “Best House Rom”.
L’intervento dell’Autorità guidata da Raffaele Cantone giunge come risposta a un esposto presentato alla stessa Autorità il 3 febbraio 2015 dall’Associazione 21 luglio, che ha denunciato sia le condizioni strutturali del centro sia la mancanza di trasparenza nelle modalità di affidamento diretto dal Comune alla cooperativa Inopera.
Il Best House Rom, situato in via Visso 12/14, nella periferia orientale della Capitale, è un capannone industriale classificato, secondo la visura dell’Agenzia del Territorio, nella categoria C/2, la stessa riservata ai locali utilizzati per il deposito delle merci. Non potrebbe, dunque, ospitare delle persone. Vi vivono, in condizioni precarie, alcune centinaia di rom all’interno di spazi angusti, in veri e propri «loculi» – come denunciato dal presidente della Commissione Diritti Umani del Senato Luigi Manconi lo scorso gennaio, in occasione di una visita alla struttura organizzata dall’Associazione 21 luglio – privi di finestre e punti luce per il passaggio dell’aria e della luce naturale.
La struttura è stata inaugurata a luglio 2012 quando, con determinazione dirigenziale n. 3233 del 9 luglio 2012, firmata dall’allora Direttore del Dipartimento Politiche Sociali del Comune di Roma Angelo Scozzafava, arrestato in seguito all’inchiesta su Mafia Capitale, il Comune ha affidato in maniera diretta alla cooperativa Inopera il servizio di accoglienza di circa 300 rom sgomberati dall’insediamento di via del Baiardo e di altri rom provenienti dal campo di Castel Romano.
La gestione del centro, nato con carattere temporaneo, è stata prolungata fino ad oggi mediante una serie di determinazioni dirigenziali che hanno confermato i ripetuti affidamenti diretti, di durata breve, alla stessa cooperativa Inopera. A dicembre 2013, nella struttura sono stati spostati anche i 137 rom provenienti dal “villaggio attrezzato” di via della Cesarina e altre persone vittime di sgomberi forzati.
Nel solo 2014, il Best House Rom è costato circa 2,8 milioni di euro, pari a una spesa di 650 euro al mese per ogni ospite, mentre per una singola famiglia, dalla nascita del centro, il Comune ha speso oltre 150 mila euro. Il 93% delle risorse, inoltre, è usato per la sola gestione della struttura mentre nulla è destinato all’inclusione sociale di uomini, donne e bambini.
Nell’avviare l’istruttoria, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha chiesto al Comune di Roma una giustificazione circa i reiterati affidamenti diretti di breve durata alla cooperativa Inopera nonché circa la mancanza di una opportuna pubblicazione a livello comunitario degli stessi affidamenti, contravvenendo così al principio di trasparenza.
L’Autorità ha quindi domandato al Comune di fornire informazioni dettagliate sui requisiti richiesti alla cooperativa Inopera per la gestione del servizio di accoglienza e sulle autorizzazioni in materia urbanistica, edilizia, di igiene, sicurezza e prevenzione incendi. Infine, ha richiesto un elenco delle verifiche della corretta esecuzione della prestazione da parte della cooperativa.
«L’apertura del fascicolo da parte dell’Autorità Anticorruzione rappresenta l’ennesima scure su un luogo, privo dei requisiti strutturali, dove si violano sistematicamente i diritti umani di uomini, donne e bambini», afferma l’Associazione 21 luglio che auspica l’immediata chiusura e superamento del Best House Rom.
A gennaio 2015 l’Assessore alle Politiche Sociali Francesca Danese aveva definito la struttura «un mostro», promettendone la chiusura entro due mesi. Qualche mese dopo, lo scorso maggio, lo stesso Assessore aveva pubblicamente annunciato che, con la fine della scuola, sarebbe stata individuata una soluzione alternativa per almeno cinque famiglie residenti nel centro di raccolta. A nulla di tutto ciò, ad oggi, è seguito un riscontro nella realtà.
Nel frattempo, il 29 maggio 2015, nell’Ordinanza di applicazione di misure cautelari, che aveva scandito l’inizio dell’azione denominata “Mafia Capitale 2”, la cooperativa Inopera emergeva nelle intercettazioni e nei dialoghi con altre realtà ora indagate nell’inchiesta.
«Il mostro è ancora lì e continua, imperterrito, a nutrirsi dei milioni di euro che vi confluiscono in maniera poco trasparente. Sulla pelle dei rom – afferma Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio -. Non riusciamo a capacitarci del perché, nonostante i proclami dell’Amministrazione, sul Best House Rom non sia ancora stata messa la parola fine. A fronte dell’immobilismo istituzionale non ci resta che confidare nella scure dell’Ufficio guidato da Raffaele Cantone e nell’assestamento del colpo decisivo a questa vergogna capitale».
 

Rom sotto sgombero. La soluzione? Il ricollocamento in un centro coinvolto in Mafia Capitale

Sgombero forzato di 34 rom in corso a Roma. Il Comune intende sgomberare una struttura d’accoglienza a norma, quella di via San Cipirello, per ricollocare gli uomini, le donne e i bambini rom che attualmente vi vivono nel “centro di raccolta rom” di via Salaria: una struttura non a norma, gestita dal Consorzio Casa della Solidarietà – coinvolto in Mafia Capitale – dove i diritti umani sono sistematicamente violati.
Da questa mattina il personale della sala operativa sociale del Comune di Roma si trova nel centro di via San Cipirello, dove è iniziata una trattativa con i nuclei familiari rom, di origine rumena, che vi risiedono dal marzo 2014, dopo essere stati sgomberati dall’insediamento informale di via Belmonte Castello.
La soluzione alternativa proposta alle famiglie è il loro ricollocamento nel “centro di raccolta” di via Salaria, dove vivono oggi 385 persone in condizioni igienico-sanitarie precarie. La struttura di via Salaria, una ex cartiera che non potrebbe fungere da centro di accoglienza, è gestita dal Consorzio Casa della Solidarietà, ente coinvolto nella seconda tranche dell’inchiesta denominata “Mondo di Mezzo” su Mafia Capitale.
Stessa sorte dovrà toccare, secondo quanto affermato dal personale della sala operativa sociale del Comune, alle famiglie rom che vivono nel centro di assistenza abitativa di via Torre Morena, che dovrebbero essere sgomberate il prossimo 30 giugno. Soltanto pochi giorni fa il Comune di Roma aveva fornito rassicurazioni alle famiglie rom del centro di via San Cipirello che, in caso di sgombero, sarebbe stata loro offerta una soluzione abitativa alternativa adeguata.
«Il “centro di raccolta rom” di via Salaria non rappresenta una soluzione adeguata considerate le gravi violazioni dei diritti umani che in esso occorrono e il coinvolgimento dell’ente gestore nell’inchiesta su Mafia Capitale», affermano Associazione 21 luglio e Popica Onlus, presenti nel centro di via San Cipirello da questa mattina per monitorare la situazione.
Il “centro di raccolta” di via Salaria era stato visitato dalla Commissione Diritti Umani del Senato lo scorso 18 maggio. Il senatore Francesco Palermo aveva definito «disumane» le condizioni di vita delle famiglie nella struttura. «Non si possono chiudere gli occhi e far finta che queste persone siano invisibili e continuino a vivere ai margini della società – aveva detto Francesco Palermo – . Non soltanto bisogna adoperarsi per superare i campi a Roma e in Italia, ma anche agire sul piano culturale perché situazioni del genere non devono essere tollerate e accettate neanche dal resto dei cittadini».

La struttura di via Salaria, nel solo 2014, è costata alle casse comunali oltre 2 milioni di euro: ogni rom ospitato ha un costo di 450 euro al mese, il 93% delle risorse è utilizzato per la gestione e la sicurezza della struttura, il 6,5% per servizi di scolarizzazione mentre nessuna risorsa è dedicata all’inclusione sociale delle famiglie rom e alla loro fuoriuscita da esso. Le risorse, inoltre, sono state affidate dal Comune di Roma al Consorzio Casa della Solidarietà in via diretta, senza che alcun bando pubblico sia stato indetto.
Associazione 21 luglio e Popica Onlus condannano in maniera ferma quanto sta accadendo nel centro di via San Cipirello: «È del tutto inspiegabile che, nonostante la bufera Mafia Capitale, il Comune decida di sgomberare una struttura d’accoglienza a norma per poi inserire le famiglie rom in un centro gestito da un ente coinvolto nell’inchiesta della magistratura in corso, che peraltro prevede l’esborso di cifre astronomiche per il suo mantenimento».
«Lo sgombero forzato del centro di via San Cipirello e la mancanza dell’offerta alle famiglie di una soluzione alternativa adeguata – concludono le due associazioni – denotano, ancora una volta, una grave violazione dei diritti umani in corso nella Capitale e l’assenza di una visione strategica ed efficace, da parte dell’amministrazione, nell’affrontare la situazione delle famiglie rom presenti sul territorio cittadino».
Associazione 21 luglio e Popica Onlus, insieme a una delegazione delle famiglie rom coinvolte nello sgombero forzato, si stanno ora recando, in segno di protesta, sotto l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Roma.
Aggiornamenti in diretta su Twitter: @Ass21luglio

Nel centro di raccolta rom di via Salaria, ai margini della società

«Sono arrivata in Italia per dare un futuro migliore a mio figlio, ma non si può vivere in un posto come questo: siamo ammassati gli uni agli altri e ci sentiamo esclusi dal resto della società».
Denisa, 32 anni, rumena, racconta come si vive nel centro di via Salaria, uno dei tre “centri di raccolta” per soli rom presenti oggi a Roma. Lo fa davanti a una delegazione della Commissione Diritti Umani del Senato nel corso di una visita alla struttura organizzata dall’Associazione 21 luglio, alla quale ha partecipato anche il consigliere capitolino Riccardo Magi.
Denisa non ha paura di parlare e spera che la visita della Commissione possa servire a fare luce sulle condizioni di vita dei rom all’interno di centri come quello di via Salaria. «Non tutti avranno il coraggio di raccontarvi le cose come stanno, perché temono poi di essere mandati via. Ma io voglio far valere i miei diritti e quelli delle altre persone accanto a me», spiega la donna, che quest’anno ha partecipato a un corso di formazione per attivisti rom e sinti promosso da Associazione 21 luglio, Amnesty International – sezione italiana e dal Centro Europeo per i Diritti dei Rom.
Nel centro di raccolta di via Salaria, nella periferia nord della Capitale, vivono 385 persone, tra cui 169 minori. Tutti rom, in prevalenza provenienti dalla Romania. La struttura, una ex cartiera classificata come edificio industriale, ospita famiglie rom dal novembre 2009, quando fu utilizzata per dare alloggio a 130 rom sgomberati dal Casilino 700; successivamente è stata ampliata e ha continuato ad accogliere le famiglie rom vittime dei continui sgomberi forzati in città.

Le condizioni di vita nel centro sono particolarmente precarie: i servizi igienici sono privi di finestre o sistemi di areazione e risulta disponibile un solo bagno per ogni 20 persone, gli spazi dei padiglioni sono suddivisi da divisori mobili per separare le famiglie e ogni nucleo, composto in media da 4-5 persone, dispone di circa dodici metri quadrati di spazio. Inoltre, non vi sono aree coperte per attività collettive o di socializzazione, e agli ospiti non è consentito cucinare all’interno della struttura (i pasti – colazione e cena – sono serviti da un catering esterno e solo dal 2013 sono state allestite delle piccole strutture esterne adibite a cucine di fortuna). A pochi metri, peraltro, da un impianto dell’Ama (Azienda Municipalizzata Ambiente) per il trattamento e la selezione dei rifiuti solidi urbani.
Davanti alla delegazione della Commissione del Senato, i rom di via Salaria hanno potuto esprimere anche gli ultimi motivi del loro malcontento: l’impianto elettrico che non ha funzionato per alcuni giorni e il sistema di riscaldamento che anche al momento della visita non poteva essere spento nonostante le alte temperature registratesi a Roma in questo periodo. Hanno poi raccontato che da alcuni giorni a questa parte sono costretti a firmare la propria presenza quotidiana nella struttura: un fatto del tutto anomalo che va ad aggiungersi all’ impossibilità del ricevere visite di amici e familiari, se non con previa autorizzazione.
Per questa struttura, nel 2014, come emerge dal rapporto “Centri di Raccolta s.p.a.” presentato di recente dall’Associazione 21 luglio, il Comune di Roma ha speso oltre 2 milioni di euro, pari a più di 20 mila euro in un anno a famiglia. Queste risorse, affidate senza bando pubblico al Consorzio Casa della Solidarietà, sono state utilizzate per il 78% per la sola gestione del centro, per il 15,5% per sicurezza e vigilanza, per il 6,5% per i servizi di scolarizzazione, mentre neanche un euro è stato destinato alla messa in atto di percorsi di inclusione sociale volti a favorire la fuoriuscita delle famiglie e la loro indipendenza alloggiativa e lavorativa.
«Come può il Comune spendere così tanti soldi per mantenerci in questo stato, senza darci alcuna possibilità di vivere come tutti gli altri cittadini? – si chiede Camelia, madre di quattro figli, da cinque anni abitante della struttura – Basterebbe che usassero questo denaro per darci una mano a inserirci nella società, a trovare un lavoro normale, a vivere in una casa normale».
Francesco Palermo, senatore della Commissione Diritti Umani, definisce «disumane» le condizioni di vita delle famiglie rom nel centro di via Salaria. «Non si possono chiudere gli occhi e far finta che queste persone siano invisibili e continuino a vivere ai margini della società. Non soltanto bisogna adoperarsi per superare i campi a Roma e in Italia, ma anche agire sul piano culturale perché situazioni del genere non devono essere tollerate e accettate neanche dal resto dei cittadini».
Prima che la visita nella struttura si concluda, Denisa ha il tempo per l’ultima confidenza. «Le maestre di scuola di mio figlio (che ha 9 anni e frequenta la quarta elementare nda) stanno organizzando il camposcuola. Il mio bambino vorrebbe tanto partecipare e anche io lo vorrei, ma mi hanno chiesto la tessera sanitaria. Per avere la tessera sanitaria, però, serve la residenza e anche se viviamo in questa struttura non ci è permesso di avere la residenza qui».

 

CENTRI DI RACCOLTA S.P.A. I centri di assistenza abitativa per soli rom. I costi a Roma nel 2014 e i percorsi per il loro superamento (maggio 2015)

A un anno dalla pubblicazione del rapporto “Campi Nomadi s.p.a.”, che aveva svelato l’esistenza di un “sistema campi nomadi” nella Capitale, il nuovo rapporto dell’Associazione 21 luglio completa il quadro dimostrando l’esistenza di un “sistema dell’accoglienza per soli rom” che vale 8 milioni di euro e che produce segregazione e violazione dei diritti umani. Il rapporto analizza i costi dei “centri di raccolta rom” nella Capitale e propone sette punti programmatici per il superamento della politica dei “campi”.
Scarica il rapporto

Roma, il sistema dell'accoglienza per soli rom

Otto milioni di euro, una cifra superiore del 30% rispetto allo scorso anno. È quanto ha speso il Comune di Roma nel 2014 per segregare e violare i diritti umani di 242 famiglie rom nei cosiddetti “centri di raccolta rom”, per una spesa annua a famiglia di circa 33 mila euro.
A un anno dalla pubblicazione del rapporto Campi Nomadi s.p.a., che aveva denunciato l’esistenza a Roma di un “sistema campi nomadi” del valore di oltre 24 milioni di euro, l’Associazione 21 luglio ha presentato oggi in Campidoglio il report Centri di Raccolta s.p.a. che completa il quadro dimostrando la presenza di un “sistema dell’accoglienza per soli rom”, parallelo rispetto all’assistenza alloggiativa prevista per i non rom, che continua a muovere denaro dal pubblico al privato senza che nulla cambi per il benessere della città e dei suoi cittadini, rom e non.
Sono intervenuti alla conferenza stampa anche il Presidente della Commissione Diritti Umani del Senato Luigi Manconi, l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Francesca Danese, il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi e il professore associato di Sociologia presso l’Università Sciences Po di Parigi Tommaso Vitale.
Nella Capitale vi sono attualmente tre “centri di raccolta” propriamente detti: il Centro di via Salaria, il Best House Rom e il Centro di via Amarilli, campi nomadi di ultima generazione, spazi segregati e privi dei requisiti minimi stabiliti dalla normativa regionale (Legge Regionale 41/2003). Circa 900 persone, di cui la metà minori, vi vivono in situazioni spesso drammatiche, caratterizzate da spazi angusti, mancanza di privacy e condizioni igienico-sanitarie precarie, in uno stato di ricatto morale, abituati – e spesso definitivamente assuefatti – a un sistema perverso che li priva della dignità e di ogni opportunità di inclusione sociale, relegandoli ai margini della città. Ai tre centri si aggiungono quattro strutture (via san Cipirello, via Torre Morena, via Toraldo e l’ex Fiera di Roma) nelle quali risiedono circa 300 rom accolti dopo le proteste seguite agli sgomberi forzati dei loro insediamenti.
Per i sette centri l’Amministrazione di Roma Capitale ha speso nel 2014 8.053.544 euro, il 29,8% in più rispetto a quanto stanziato l’anno precedente per i centri di raccolta (6.202.869 euro). Della spesa totale impiegata nel 2014, il 90,6% è stato utilizzato per la sola gestione dei centri; il 4% per sicurezza e vigilanza; il 5,4% per la scolarizzazione, mentre nulla è stato destinato all’inclusione sociale dei rom.
Per la quasi totalità, i fondi sono stati assegnati a enti e cooperative tramite affidamento diretto e senza bando pubblico. Al solo Consorzio Casa della Solidarietà, operante nei centri di via Salaria, via Amarilli, via di Torre Morena e nella ex Fiera di Roma, è andato il 49,2% delle risorse comunali (poco meno di 4 milioni di euro), seguito da Cooperativa Inopera, attiva nel Best House Rom, che ha ricevuto più di 2,5 milioni di euro (pari al 32% del totale).
Tra i centri più esosi per le casse comunali primeggia il Best House Rom – «un mostro che deve essere chiuso», come lo ha definito l’assessore Danese lo scorso 26 gennaio – costato quasi 2,8 milioni di euro nel 2014, cifra più che doppia rispetto al 2013 (+122%), pari a circa 39 mila euro all’anno per una singola famiglia. Il centro, situato in via Visso 14, risulta privo di finestre e punti luce per il passaggio di aria e luce naturale, e presenta stanze in media di 12mq ciascuna, dove vivono mediamente cinque persone. Gli altri due grandi centri di raccolta rom – via Salaria e via Amarilli – sono costati invece rispettivamente circa 2 e 1,4 milioni di euro (-23% e -1% rispetto al 2013). Per mantenere una famiglia rom nel centro di via Salaria il Comune di Roma, dal 2009, da quando cioè la struttura è nata, ha speso 231.970 euro, mentre nel centro di via Amarilli il costo annuo a famiglia, nel 2014, ammonta a 69.723 euro, pari a più di 341 mila euro a famiglia dalla nascita del centro, nel 2010.
«La gestione economica dei centri di raccolta rom rappresenta la cartina di tornasole delle politiche sociali rivolte negli ultimi anni ai rom e ai sinti della Capitale: il centro è concepito per far restare le persone accolte il più a lungo possibile, nessuna risorsa è utilizzata per la fuoriuscita attraverso percorsi virtuosi di inclusione lavorativa e abitativa», afferma il presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla.
«Utilizzando la metafora del “Patto, si potrebbe dire che il sistema è garantito da una sorta di accordo implicito e consolidato nel tempo che potremmo chiamare “Patto dell’Invisibilità” e che si fonda su tre parole chiave: Assistenza, Invisibilità, Profitto – prosegue Stasolla -. Nel “patto” non scritto l’Amministrazione comunale garantirebbe un mero assistenzialismo all’interno delle strutture; la famiglia rom, in cambio di un alloggio sotto-standard, assicurerebbe all’Amministrazione una sorta di invisibilità che si traduce anzitutto nella mancata rivendicazione dei propri diritti; l’ente gestore sarebbe lautamente pagato per garantire l’osservanza del “patto”».
Secondo l’Associazione 21 luglio, Roma ha oggi più che mai il dovere e l’opportunità concreta di cambiare pagina rispetto alle politiche fallimentari e dispendiose che hanno caratterizzato l’operato delle varie Amministrazioni che si sono succedute negli ultimi anni, a partire da una rigorosa e non più rimandabile programmazione di una politica efficace di superamento dei campi rom. In quest’ottica, il rapporto Centri di raccolta s.p.a. si conclude con una lista di sette principi programmatici per costruire nuovi interventi in favore dei rom a Roma, a cura del prof. Tommaso Vitale.
SCARICA IL RAPPORTO

Rapporto "Centri di raccolta s.p.a.": presentazione in Campidoglio

A un anno dalla pubblicazione del rapporto “Campi Nomadi s.p.a.”, che ha svelato il fiume incontrollato di denaro pubblico che nel 2013 ha alimentato il cosiddetto “sistema campi” nella Capitale

l’Associazione 21 luglio presenta il nuovo rapporto


Centri di raccolta s.p.a.

I centri di assistenza abitativa per soli rom. I costi a Roma nel 2014 e i percorsi per il loro superamento

6 maggio 2015 – ore 12.30
sala del Carroccio
piazza del Campidoglio, Roma


Intervengono:

Carlo Stasolla – presidente Associazione 21 luglio
Luigi Manconi – presidente Commissione Diritti Umani del Senato
Francesca Danese – Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale
Riccardo Magi – consigliere Roma Capitale
Tommaso Vitale – professore associato di Sociologia, direttore Master “Governing the large metropolis”, Sciences Po, Centre d’Etudes Europennes, Parigi

Modera:

Luca Liverani – giornalista di Avvenire

INGRESSO LIBERO
Ai presenti sarà consegnata copia gratuita del rapporto

Per maggiori informazioni:
Danilo Giannese
Comunicazione e Ufficio Stampa
Associazione 21 luglio
Tel: 388 4867611 – 06 64815620
Email: stampa@21luglio.org

Rapporto "Centri di raccolta s.p.a.": presentazione in Campidoglio

A un anno dalla pubblicazione del rapporto “Campi Nomadi s.p.a.”, che ha svelato il fiume incontrollato di denaro pubblico che nel 2013 ha alimentato il cosiddetto “sistema campi” nella Capitale

l’Associazione 21 luglio presenta il nuovo rapporto


Centri di raccolta s.p.a.

I centri di assistenza abitativa per soli rom. I costi a Roma nel 2014 e i percorsi per il loro superamento

6 maggio 2015 – ore 12.30
sala del Carroccio
piazza del Campidoglio, Roma


Intervengono:

Carlo Stasolla – presidente Associazione 21 luglio
Luigi Manconi – presidente Commissione Diritti Umani del Senato
Francesca Danese – Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale
Riccardo Magi – consigliere Roma Capitale
Tommaso Vitale – professore associato di Sociologia, direttore Master “Governing the large metropolis”, Sciences Po, Centre d’Etudes Europennes, Parigi

Modera:

Luca Liverani – giornalista di Avvenire

INGRESSO LIBERO
Ai presenti sarà consegnata copia gratuita del rapporto

Per maggiori informazioni:
Danilo Giannese
Comunicazione e Ufficio Stampa
Associazione 21 luglio
Tel: 388 4867611 – 06 64815620
Email: stampa@21luglio.org

Best House Rom, a due mesi dall’impegno di Danese «Lo chiuderò in due mesi».

Il 26 gennaio scorso, l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Francesca Danese, in seguito a una visita al centro di raccolta rom “Best House Rom”, organizzata dall’Associazione 21 luglio e dalla Commissione Diritti Umani del Senato, dichiarò che avrebbe chiuso «questo mostro in due mesi».
A due mesi esatti di distanza dalle parole pronunciate pubblicamente davanti ai microfoni dei numerosi giornalisti presenti, l’Associazione 21 luglio auspica che l’Assessore tenga fede all’impegno assunto e provveda con urgenza e risposte adeguate alla chiusura di una struttura in cui, ancora oggi, 320 uomini, donne e bambini rom continuano a vivere in condizioni di vita precarie e in cui i loro diritti umani continuano a essere violati in maniera sistematica.
Il “Best House Rom”, situato in via Visso 12, nella periferia est della Capitale, è uno dei quattro centri di raccolta, riservati a soli rom, gestiti dal Comune di Roma. La struttura è stata inaugurata nel 2012 per accogliere le famiglie rom sgomberate dagli insediamenti informali, e nel dicembre 2013 è stato ampliatA per consentire l’ingresso dei 150 rom sgomberati dall’ex “villaggio attrezzato” di via della Cesarina. Il centro presenta spazi angusti e inadeguati, non ci sono finestre né punti luce per il passaggio dell’aria e della luce naturale all’interno di stanze dove vivono in media cinque persone. Il Comune di Roma ha speso nel 2014 per questa struttura quasi 3 milioni di euro.
«Nel centro di accoglienza “Best House Rom” – dichiararono in una nota alla stampa il 26 gennaio scorso il presidente della Commissione Diritti Umani Luigi Manconi e la senatrice Manuela Serra, subito dopo la visita alla struttura – è in atto una sistematica violazione dei diritti umani. Circa 300 rom, di cui più della metà minori, vivono in una condizione di segregazione abitativa e sociale. La struttura, priva di finestre e punti luce, va chiusa così come vanno superati i “campi rom” attraverso l’individuazione dei percorsi di inclusione sociale previsti dalla Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Camminanti in Italia».
L’Assessore Danese, in seguito alla visita al “Best House Rom”, alla quale prese parte anche il consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi, non esitò a definire la struttura «un mostro».
«Questo mostro deve essere chiuso. Lo farò in due mesi, il tempo necessario per trovare una sistemazione dignitosa a queste famiglie», affermò l’Assessore.
«Un eventuale mantenimento della struttura al di là dei due mesi previsti, – ha scritto l’Associazione 21 luglio in una lettera inviata nei giorni scorsi all’Assessore Danese, alla quale non è seguita alcuna risposta – oltre ad abbassare il livello di credibilità nei confronti degli amministratori capitolini, potrebbe essere letto – agli occhi della comunità rom e dell’intera cittadinanza – come l’incapacità degli stessi, a fronte dei grandi interessi economici che si muovono attorno al sistema assistenziale che a Roma riguarda i rom, di fornire risposte».
Sul “Best House Rom”, anche il sindaco Ignazio Marino aveva assunto un impegno concreto. L’8 dicembre 2014, in risposta a uno sciopero della fame intrapreso dal consigliere comunale Riccardo Magi e dal presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla, Marino dichiarò: «Al più presto intendo visitare il centro per rendermi conto personalmente, come sindaco e come medico, della situazione. A voi voglio ribadire il mio impegno a trovare una soluzione alternativa per le donne, gli uomini e i bambini che oggi vivono in condizioni non dignitose. Ringrazio sinceramente per aver sollevato il caso emblematico della struttura Best House Rom e chiedo di sospendere lo sciopero della fame».
Anche a tale impegno, ad oggi, non è seguita alcuna azione concreta da parte del primo cittadino.
Foto: Roma Capitale News

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