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Ivan Boccali.

"L'unica soluzione è il NAPALM", Associazione 21 luglio annuncia un esposto per il post FB di Ivan Boccali

Ancora frasi di odio, ancora incitamento alla discriminazione razziale. Questa volta se ne è reso protagonista Ivan Boccali, consigliere comunale di Ciampino per il movimento civico “Gente Libera”.
Dal suo profilo Facebook, lo scorso 26 maggio ha scritto: “Ancora incendio al Campo Rom “La Barbuta” di Ciampino. Ancora roghi tossici. Roma Sud e Castelli Romani ostaggi di questi selvaggi, primitivi, balordi. La politica buonista dell’integrazione ha fallito. Per quel Campo Nomadi l’unica soluzione è il NAPALM.”

Associazione 21 luglio Onlus condanna con forza i contenuti del post e sta prontamente lavorando a un esposto alla Procura della Repubblica.
«L’incitamento all’odio appare in questa occasione formalmente ancora più grave – ha dichiarato Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio – se si considera che proprio nella baraccopoli de “La Barbuta” risiedono numerosi parenti delle tre sorelle vittime del rogo di Centocelle avvenuto poco più di due settimane fa».
L’Osservatorio 21 luglio ha inoltre inviato una segnalazione a Facebook per richiedere la cancellazione del post ma al momento, a circa 18 ore dall’avvenuta comunicazione, le dichiarazioni non sono ancora state eliminate.

Lettera a Renzi del Commissario europeo: «Italia viola obblighi internazionali»

In una lettera inviata al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa Nils Muižnieks si è detto seriamente preoccupato per la continuazione degli sgomberi forzati ai danni delle comunità rom in Italia.
«Voglio ricordare che ogni sgombero effettuato senza le dovute garanzie procedurali e senza l’offerta di soluzioni abitative alternative adeguate rappresenta una seria violazione degli obblighi internazionali da parte dell’Italia. Con dispiacere osservo la continuazione delle politiche del passato», ha scritto al primo ministro italiano il Commissario, che ha citato i dati fornitigli dall’Associazione 21 luglio sull’incremento degli sgomberi forzati a Roma, a partire dal 13 marzo 2015, giorno dell’annuncio del Giubileo della Misericordia nella Capitale (vedi campagna #PeccatoCapitale).
Il Commissario per i Diritti Umani, accompagnato dall’Associazione 21 luglio, aveva visitato alcuni insediamenti rom della Capitale nel luglio 2012. Un anno dopo, a novembre 2013, aveva rivolto una lettera di preoccupazione all’ex sindaco Ignazio Marino.
«Durante la mia visita ho potuto osservare in prima persona le condizioni al di sotto degli standard in cui vivono i rom nei dintorni di Roma, sia negli insediamenti informali che nei “villaggi attrezzati” autorizzati. La segregazione che caratterizza questi ultimi – si legge nella lettera – mina seriamente le possibilità per gli abitanti di ricevere istruzione, avere accesso al lavoro, interagire con persone non rom e integrarsi nella società. Per questo, i “villaggi attrezzati” non possono essere considerati delle alternative abitative adeguate nel contesto degli sgomberi forzati».
Oltre agli sgomberi forzati che continuano ad occorrere nella Capitale, Nils Muižnieks si è soffermato sugli oltre 2 mila rom sgomberati nel 2014 a Milano e sulle ulteriori azioni previste nei primi mesi del 2016.
«In molti casi le azioni di sgombero sono realizzate senza una notifica formale o sufficiente preavviso e, fatto ancora più grave, senza una genuina consultazione con i diretti interessati», ha scritto ancora il Commissario nella lettera che prosegue: «Ho ricevuto notizie di famiglie rom rese senza tetto dato che nessuna soluzione alternativa è stata loro fornita oppure considerato che l’unica alternativa proposta è stata il ricollocamento in centri di raccolta, segregati, per soli rom».
Muižnieks ha quindi ricordato a Matteo Renzi come già nel 2005 e nel 2010 il Comitato Europeo sui Diritti Sociali avesse già ravvisato la violazione, da parte dell’Italia, dell’articolo 31 della Carta Sociale Europea sul diritto all’alloggio e, nel 2010, di altri tre articoli della stessa Carta in relazione alle condizioni di vita di rom e sinti. Violazioni che lo stesso Comitato ha ribadito anche a gennaio 2016.
«Campi segregati e sgomberi forzati sono diametricalmente opposti rispetto allo spirito della Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti che l’Italia ha adottato nel febbraio 2012», ha concluso il Commissario che ha quindi chiesto al Presidente del Consiglio italiano informazioni sulle misure che l’Italia intende attuare per un cambio di marcia.
Alla lettera di Nils Muižnieks è seguita la replica del Ministero degli Esteri italiano, a firma del sottosegretario Benedetto Della Vedova, il quale, tra le altre cose, ha voluto sottolineare come gli sgomberi degli insediamenti informali siano realizzati «nel pieno interesse delle persone coinvolte, nel rispetto delle normative e delle procedure» e con il massimo impegno, da parte della autorità locali, nel «provvedere soluzioni alternative abitative adeguate».
«Oltre che del tutto insoddisfacente per i contenuti espressi nella replica al richiamo del Commissario per i Diritti Umani, la lettera a firma Benedetto Della Vedova contiene informazioni, relative in particolare al rispetto delle procedure in materia di sgomberi forzati, che non trovano alcun riscontro nel modo in cui, in Italia, le autorità competenti attuano le azioni di sgombero, rendendosi pertanto responsabili di gravi violazioni dei diritti umani di uomini, donne e bambini», afferma l’Associazione 21 luglio che ha chiesto un nuovo inontro al Commissario Muižnieks.
SCARICA LA LETTERA DEL COMMISSARIO
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Danilo Giannese
Responsabile Comunicazione e Ufficio stampa
Associazione 21 luglio
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La Barbuta, il Comune di Roma inizia a dare seguito agli ordini dei giudici

È stata pubblicata sul Corriere della Sera l’ordinanza del Tribunale Civile di Roma che il 30 maggio 2015 ha riconosciuto il carattere discriminatorio del “villaggio attrezzato” La Barbuta a Roma, accogliendo così il ricorso presentato da Associazione 21 luglio e ASGI, con il sostegno di Open Society Foundations e il supporto di Amnesty International Italia e del Centro Europeo per i Diritti dei Rom (ERRC). La pubblicazione sul quotidiano nazionale è stata ordinata dallo stesso ordine giudicante.
Accogliendo pienamente la tesi delle due organizzazioni, che hanno sostenuto la natura discriminatoria del “villaggio attrezzato” in quanto soluzione abitativa di grandi dimensioni rivolta a un gruppo etnico specifico, la seconda sezione del Tribunale Civile di Roma ha ordinato al Comune di Roma «la cessazione della suddetta condotta nel suo complesso, quale descritta in motivazione, e la rimozione dei relativi effetti».
In una conferenza stampa al Senato organizzata pochi giorno dopo il pronunciamento del Tribunale, Associazione 21 luglio e ASGI avevano parlato di un risultato storico, perché per la prima volta in Europa un tribunale aveva confermato il carattere discriminatorio di un “campo nomadi”, luogo ormai riconosciuto, anche a livello internazionale, come spazio di segregazione e di discriminazione su base etnica.
Il “villaggio attrezzato” La Barbuta, inaugurato nel 2012 sotto la giunta Alemanno, è uno dei sette insediamenti formali attualmente presenti nella Capitale, all’interno del quale vivono in condizioni igienico-sanitarie precarie circa 600 persone, i cui diritti umani risultano costantemente violati, come si evince dal rapporto Terminal Barbuta pubblicato dall’Associazione 21 luglio nel 2014. In seguito a una visita nel “campo”, anche il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa Nils Muižnieks lo aveva definito «un insediamento segregato su base etnica».
Attraverso la pubblicazione dell’ordinanza sul Corriere della Sera, sottolinea l’Associazione 21 luglio, il Comune di Roma ha iniziato a dare attuazione a quanto comandato dai giudici, un fatto che l’Associazione considera positivo. L’Associazione continuerà tuttavia a monitorare la situazione con grande attenzione e urge le autorità capitoline ad adoperarsi al fine di superare definitivamente il mega-campo, una vergogna tutta romana, e di individuare percorsi virtuosi che conducano le famiglie de La Barbuta verso una reale inclusone abitativa e sociale.
rom La Barbuta

A Giugliano un nuovo ghetto per soli rom

Giugliano rom

L’insediamento formale di Masseria del Pozzo a Giugliano


L’Associazione 21 luglio esprime forte preoccupazione per il progetto di costruzione di un “eco-villaggio” nel quale trasferire i circa 250 rom che attualmente vivono nell’insediamento formale di Masseria del Pozzo a Giugliano, in provincia di Napoli.
La misura, frutto di un’intesa tra il Comune di Giugliano, la Regione Campania e il Ministero dell’Interno, avrebbe come conseguenza inevitabile quella di reiterare la segregazione spaziale su base etnica e le violazioni dei diritti umani di persone che già sono state oggetto di una politica discriminatoria che li ha confinati in un’area insalubre, adiacente a una discarica ad alto tasso di inquinamento ambientale per la comprovata presenza di rifiuti tossici e con condizioni abitative al di sotto degli standard.
Il trasferimento dei rom di Masseria del Pozzo nel nuovo cosiddetto “eco-villaggio” evidenzierebbe, ancora una volta, l’approccio meramente emergenziale e l’assenza di una pianificazione di medio e lungo termine, da parte delle autorità locali e nazionali, nell’affrontare la “questione abitativa dei rom”. Le stesse dinamiche si sono infatti registrate nel 2013, quando le autorità di Giugliano hanno collocato nell’insediamento formale di Masseria del Pozzo i rom sgomberati forzatamente da alcuni insediamenti informali limitrofi, escludendo peraltro dal processo decisionale i diretti interessati e spendendo una somma di circa 400 mila euro.
Se, da un lato, l’Associazione 21 luglio considera positivo il superamento del ghetto di Masseria del Pozzo, nell’ottica della Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom approvata dal governo italiano nel 2012, dall’altro la soluzione di trasferire i rom nel nuovo “eco villaggio” porterebbe alla nascita dell’ennesimo “mega-campo” (dato che dalla documentazione si evince la possibilità che il nuovo insediamento potrà in futuro ospitare altri rom), segregante su base etnica, che esclude di fatto uomini, donne e bambini da ogni possibilità di inclusione sociale, come già dimostrato da numerose altre esperienze italiane.
Il progetto avrebbe peraltro costi economici elevatissimi: circa 1,3 milioni di euro che suddivisi per i 44 nuclei familiari coinvolti corrispondono a circa 30 mila euro a famiglia, ammontare che permetterebbe di attingere a un ampio ventaglio di soluzioni abitative rispetto a quella individuata e che permetterebbe di adottare una progettualità di medio-lungo termine, evitando così di mantenere la questione abitativa dei rom entro un binario parallelo rispetto a quello della popolazione generale.
Tra i punti oscuri del progetto, figura anche il carattere di temporaneità con il quale le autorità hanno definito l’intervento di collocamento dei rom nel nuovo “eco villaggio” . Trent’anni di “politica dei campi” in Italia, infatti – sottolinea l’Associazione 21 luglio – hanno ampiamente dimostrato come tali interventi, nati come temporanei, si siano poi tramutati in soluzioni abitative di fatto permanenti, con un contestuale deterioramento delle condizioni abitative.
È il caso, solo per citare un esempio, del “villaggio attrezzato” La Barbuta a Roma, nato come temporaneo nel 2012 e giudicato discriminatorio su base etnica dal Tribunale Civile di Roma nel maggio 2015, in seguito a un’azione legale promossa da Associazione 21 luglio e Asgi.
L’Associazione 21 luglio auspica dunque che Comune di Giugliano, Regione Campania e Ministero dell’Interno, consci dell’insostenibilità dal punto di vista economico e della tutela dei diritti umani del progetto dell’”eco-villaggio”, possano prontamente modificare la decisione assunta e riconvertire gli interventi previsti verso soluzioni che, partendo dall’ineludibile superamento dell’ insediamento di Masseria del Pozzo, promuovano una reale ed efficace inclusione della comunità rom di Giugliano.
Forti dubbi sul progetto sono stati del resto espressi dal Presidente della Commissione Diritti Umani del Senato Luigi Manconi secondo il quale «così come concepito, l’eco-villaggio rischia fortemente di non rappresentare una soluzione ma di porsi nuovamente come un intervento temporaneo destinato a fallire».

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#IpocrisiaCapitale: Buzzi e il progetto Leroy Merlin a La Barbuta

Era il 1 ottobre 2014. In una conferenza stampa mattutina presso la sede del Cesv, a Roma, e in un convegno pomeridiano tenuto nella sala Rosi dell’Assessorato alle Politiche Sociali di Roma Capitale, l’Associazione 21 luglio presentava il rapporto “Terminal Barbuta”.
Il rapporto, oltre a denunciare le violazioni dei diritti umani nei confronti dei circa 600 rom residenti nel “villaggio attrezzato” La Barbuta – giudicato discriminatorio e segregante da una storica ordinanza del Tribunale Civile di Roma che ha condannato il Comune di Roma solo pochi giorni fa – portava allo scoperto un progetto per la costruzione di un nuovo “campo rom” in zona La Barbuta presentato il 27 gennaio 2014 (in una convocazione congiunta di alcune Commissioni di Roma Capitale presieduta dalla presidente della Commissione Politiche Sociali di Roma Capitale Erica Battaglia), da un’ATI composta dalla multinazionale Leroy Merlin Italia, dalla Comunità Capodarco di Roma e dalla ditta Stradaioli.
Il progetto prevedeva l’abbattimento dell’attuale “campo” La Barbuta, costruito nel 2012 al costo di 10 milioni di euro, per lasciare così spazio alle attività commerciali della multinazionale del bricolage.
In cambio dell’investimento, Leroy Merlin Italia avrebbe ricevuto la concessione gratuita del terreno per 99 anni. La ditta Stradaioli e la Comunità Capodarco di Roma – di quest’ultima è presidente Augusto Battaglia, ex deputato e padre di Erica Battaglia – avrebbero invece ricevuto rispettivamente 11,5 milioni di euro per la costruzione del nuovo “villaggio” e 597.285 euro annui per 15 anni per la gestione dello stesso.
Un progetto che, secondo quanto sta emergendo dalle intercettazioni nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale, avrebbe subito ingolosito il numero uno della cooperativa 29 giugno, ora in carcere, Salvatore Buzzi.
«Ho visto una cosa enorme, sono stato a un incontro con Leroy Merlin», racconta Buzzi al collaboratore Carlo Guarany in data 17 settembre.
«10 milioni sul sociale, sui nomadi o sugli immigrati o sugli asili nido o su quel cazzo che vuoi tu. Sono disposti a fare un’associazione temporanea di imprese. Leroy Merlin, costruttori e noi, che gestiremmo la quota dei 10 milioni», spiega Buzzi al collaboratore Sandro Coltellacci.
Il pomeriggio del 1 ottobre 2014, al convegno dell’Associazione 21 luglio, avrebbe dovuto partecipare anche l’Assessore alle Politiche Sociali di Roma Capitale Rita Cutini, ufficialmente invitata dall’Associazione 21 luglio. Pur svolgendosi il convegno in Assessorato, l’Assessore purtroppo non si presentò.
Dalle intercettazioni, come riporta il quotidiano Il Giornale, emerge che Buzzi avrebbe ricevuto la richiesta da parte dei dirigenti di Leroy Merlin di «stoppare” la partecipazione dell’assessore Cutini a una conferenza stampa di un’associazione contraria al progetto. Secondo quanto riportato dalla stampa, Buzzi avrebbe quindi contattato Mattia Stella, collaboratore del sindaco Ignazio Marino, chiedendogli di fermarla.
«Vedo un attimo di intercettà, tanto quella chi ce parla…Ok, ciao, ciao», dice Stella intercettato.
Poco più di un mese dopo, il 4 novembre 2014, di fronte all’avanzamento del progetto, l’Associazione 21 luglio lanciava una campagna sul web invitando utenti e cittadini a mobilitarsi per convincere Leroy Merlin Italia a fare un passo indietro e a ritirare il progetto.
Leroy Merlin: un campo rom è un ghetto. Non costruirlo!” è il titolo dell’appello che migliaia di cittadini hanno inviato via email ai dirigenti di Leroy Merlin, con in copia il sindaco Ignazio Marino.
A seguito del “mail bombing” e della mobilitazione della società civile, i dirigenti di Leroy Merlin Italia intraprendevano un dialogo sereno e costruttivo con l’Associazione 21 luglio che si concludeva con una nota congiunta nella quale la multinazionale si rendeva disponibile a valutare eventuali modifiche e «realizzare opere di pubblica utilità, nell’ambito di tale progetto, finalizzate, tra l’altro, a cercare soluzioni costruttive ed alternative alla situazione attuale in cui versano i beneficiari finali di tali opere, nel rispetto di tutte le norme di Legge e degli standard internazionali sui Diritti Umani».
Con questa nota l’Associazione 21 luglio concludeva con soddisfazione la propria campagna.
Nella nota congiunta, peraltro, si faceva riferimento a una dichiarazione rilasciata in diretta tv ad Announo da Marino il quale, rispondendo a una domanda precisa della conduttrice Giulia Innocenzi, aveva escluso categoricamente l’ipotesi del nuovo campo.
Dalle intercettazioni pubblicate stamane dalla stampa emerge invece che al sindaco il progetto piaceva «molto, moltissimo…Proprio tanto, tanto».
Di seguito l’intercettazione tra Salvatore Buzzi e Silvia Decina, capo segreteria del sindaco, la quale avrebbe ricevuto da Lionello Cosentino, allora segretario del Pd romano, la documentazione del “Progetto Leroy Merlin” (Secondo quanto emerge dalle intercettazioni Cosentino avrebbe assicurato a Buzzi l’interessamento diretto del sindaco sulla questione).
Buzzi: Pronto
Decina: Salvatore?
B: Sì
D: Salvatore ciao, sono Silvia Decina, il capo segreteria di Ignazio Marino
B: Buongiorno Silvia
D: Ciao
B: Eccomi, buongiorno a te
D: Senti, ti volevo dire questo, che Lionello, mh…
B: Si
D: Mi ha dato tutta la documentazione per Ignazio
B: Sì
D: Sulla questione…Leroy Merlin. Adesso Ignazio l’ha vista e sta facendo convocare una riunione di staff per…te lo volevo dire intanto
B: Ok
D: Ok?
B: Ti ringrazio molto
D: E appena…
B: Gli è piaciuta al sindaco?
D: Molto, moltissimo, appunto…Proprio tanto, tanto…
B: E infatti ho pensato, invece di darlo all’assessore, ho fatto: guarda, ne parlo a lui, infatti
D: Però ha chiesto che la seguissimo noi qui direttamente dal gabinetto, perché se inizia a passare per tutti gli assessorati non ne usciamo vivi con questo
B: Ah, guarda, te ne prego, te ne prego Silvia
D: Eh, no, no, no, per questo ti volevo dire, cioè, ha preferito che la prendessimo noi qui, così almeno velocizziamo il tutto, insomma. Quindi appena adesso io ho novità, ti dico.
Alla luce di tutto ciò, trovano oggi una spiegazione le minacce ricevute dal presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla il 16 luglio 2014 nel corso di una conferenza stampa di presentazione del rapporto “Campi Nomadi s.p.a.”. «Se parli ancora del campo La Barbuta ti mando in coma», le parole rivolte a Stasolla da un “capo” del campo La Barbuta…

Campi rom discriminatori: Tribunale condanna Comune di Roma

Il 30 maggio 2015, con ordinanza della seconda sezione del Tribunale Civile di Roma, il Giudice ha riconosciuto «il carattere discriminatorio di natura indiretta della complessiva condotta di Roma Capitale […] che si concretizza nell’assegnazione degli alloggi del villaggio attrezzato La Barbuta», ordinando di conseguenza al Comune di Roma «la cessazione della suddetta condotta nel suo complesso, quale descritta in motivazione, e la rimozione dei relativi effetti».
In riferimento al «villaggio attrezzato» La Barbuta, realizzato nel 2012 dall’Amministrazione capitolina, nell’aprile dello stesso anno l’Associazione 21 luglio e l’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) avevano promosso un’azione legale contro il Comune di Roma attraverso il sostegno dell’Open Society Foundations e il supporto di Amnesty International e del Centro Europeo per i Diritti dei Rom (ERRC).
Accolta pienamente la tesi espressa nel ricorso dalle due organizzazioni che hanno sostenuto come il “villaggio” La Barbuta debba considerarsi discriminatorio e quindi illegittimo – già per il solo fatto di rappresentare una soluzione abitativa di grandi dimensioni rivolta a un gruppo etnico specifico e comunque priva dei caratteri tipici di un’azione positiva.
«Deve infatti intendersi discriminatoria qualsiasi soluzione abitativa di grandi dimensioni diretta esclusivamente a persone appartenenti a una stessa etnia, tanto più se realizzata, come nel caso dell’insediamento sito in località La Barbuta, in modo da ostacolare l’effettiva convivenza con la popolazione locale, l’accesso in condizione di reale parità ai servizi scolastici e socio-sanitari e situato in uno spazio dove è posta a serio rischio la salute delle persone ospitate al suo interno».
L’ 8 agosto 2012, pronunciandosi sull’istanza cautelare, il Tribunale di Roma aveva ritenuto che le circostanze esposte dalle due organizzazioni «concorrano nel rendere verosimile il carattere discriminatorio delle attività di assegnazione degli alloggi presso il campo denominato Nuova Barbuta». Il Tribunale di Roma, accogliendo la richiesta presentata dall’Associazione 21 luglio e dall’ASGI aveva pertanto ordinato «la sospensione delle procedure di assegnazione degli alloggi all’interno del villaggio attrezzato Nuova Barbuta fino alla definizione del procedimento sommario di cognizione».
Il 13 settembre 2012 lo stesso Tribunale, in diversa composizione, accogliendo il reclamo del Comune di Roma, aveva annullato la precedente sospensiva, consentendo così il trasferimento delle comunità rom forzatamente sgomberate nel nuovo insediamento.
Il 30 maggio 2015 il Tribunale Civile di Roma, definendo in primo grado il procedimento promosso da Associazione 21 luglio e ASGI ha riconosciuto le ragioni delle due organizzazioni e ha confermato, per la prima volta in Europa, il carattere discriminatorio di un “campo nomadi”, luogo ormai riconosciuto, anche a livello internazionale, come spazio di segregazione e di discriminazione su base etnica.
«Con una sentenza di grande pregio il Tribunale di Roma ha confermato l’illegittimità delle politiche abitative adottate dal governo centrale e da alcune amministrazioni locali nei confronti dei cittadini rom, riaffermando la necessità di superare non solo i “campi” ma anche qualsiasi altra politica abitativa finalizzata alla marginalizzazione e ghettizzazione del popolo rom» afferma l’ASGI.
Secondo l’Associazione 21 luglio «la sentenza rappresenta uno spartiacque decisivo, oltre il quale ogni azione del Comune di Roma deve indirizzarsi verso il definitivo superamento dei “campi” della Capitale». I “campi nomadi” vanno superati, «da oggi – aggiunge l’associazione – deve porsi fine all’immobilismo che ha caratterizzato sino ad ora l’Amministrazione Capitolina. In assenza di una repentina azione ci riserviamo ulteriori interventi per dare effetto immediato alla sentenza».

Battaglia vinta. Leroy Merlin fa un passo indietro sul nuovo campo a La Barbuta

Leroy Merlin rom[tfg_social_share]L’Associazione 21 luglio accoglie con grande soddisfazione la disponibilità di Leroy Merlin a valutare eventuali modifiche – disposte dal Comune di Roma – al progetto che prevede la costruzione di un nuovo campo per soli rom in sostituzione di quello esistente in località “La Barbuta”. La decisione della multinazionale giunge a pochi giorni dall’annuncio del sindaco Ignazio Marino che nel programma tv Anno Uno aveva escluso l’ipotesi del nuovo campo.
In riferimento al progetto, la multinazionale del bricolage ha confermato «la propria disponibilità a realizzare opere di pubblica utilità, nell’ambito di tale progetto, finalizzate, tra l’altro, a cercare soluzioni costruttive ed alternative alla situazione attuale in cui versano i beneficiari finali di tali opere, nel rispetto di tutte le norme di Legge e degli standard internazionali sui Diritti Umani».
La decisione di Leroy Merlin è stata presa in seguito a un dialogo sereno e costruttivo intercorso nelle scorse settimane tra l’Associazione e i dirigenti della multinazionale del bricolage.
L’Associazione 21 luglio considera pertanto chiusa la CampagnaLeroy Merlin: un campo rom è un ghetto. Non costruirlo!” lanciata lo scorso 4 novembre per chiedere alla multinazionale di non sporcarsi la faccia e di non farsi coinvolgere dal Comune di Roma nella costruzione dell’ennesimo ghetto per soli rom nella Capitale.
«Non abbiamo mai avuto dubbi circa la buona fede e i valori incentrati sulla persona che caratterizzano l’azienda Leroy Merlin. Ma avevamo bisogno di mettere in campo tutti gli strumenti a nostra disposizione, compresa una campagna di pressione pubblica, per convincere la multinazionale ad ascoltare la nostra voce e quella delle centinaia di persone che hanno aderito all’azione», afferma l’Associazione 21 luglio.
Con la Campagna, l’Associazione 21 luglio ha voluto mettere al corrente la pubblica opinione circa le violazioni dei diritti umani, soprattutto dei bambini, che la costruzione di un nuovo campo rom a Roma avrebbe comportato. I campi rom – denuncia da tempo l’Associazione 21 luglio – sono un’anomalia tutta italiana, sono luoghi di segregazione su base etnica, che rendono impossibile l’inclusione sociale, e vanno superati, non costruiti ex novo, come del resto scritto nero su bianco nella Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, approvata in sede europea dal Governo italiano nel febbraio 2012.
In seguito alla decisione di Leroy Merlin che «si augura una pronta risoluzione e comunicazione circa la destinazione di tali opere , ovvero la modificazione dell’intervento, che spetta all’autonoma determinazione del Comune stesso» -, la palla, ora, passa al Comune di Roma.
«Chiediamo al Comune – spiega l’Associazione 21 luglio – di accogliere senza alcuna esitazione la disponibilità di Leroy Merlin di valutare possibili modifiche del progetto e di dare seguito alle parole del sindaco Marino che il 20 novembre, in prima serata su La7, ad Anno Uno, aveva categoricamente escluso l’ipotesi di un nuovo campo rom a La Barbuta affermando l’intenzione dell’amministrazione di mettere in pratica un piano per il superamento dei campi».
«Sarebbe davvero grave se il Comune di Roma continuasse a perseguire la politica dei campi nella Capitale – conclude l’Associazione – specialmente in un periodo di forti tensioni sociali alle quali è opportuno rispondere promuovendo interventi di inclusione e mettendo una volta per tutte la parola fine alla segregazione e alla ghettizzazione che finora hanno caratterizzato le politiche nei confronti dei rom».

L'Italia verso procedura infrazione Ue. E scatta la Campagna contro Leroy Merlin

newsletter_B[tfg_social_share]L’Italia, “il Paese dei campi”, rischia una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea per via delle politiche abitative segregative che le autorità italiane continuano ad attuare nei confronti dei rom.
È quanto emerge da una lettera inviata dalla Direzione Generale Giustizia della Commissione Europea al Governo italiano. «La Commissione potrà decidere di avviare una procedura di infrazione ai sensi dell’art. 258 del TFUE nei confronti dell’Italia inviando una lettera di messa in mora per violazione della direttiva 2000/43/CE», è la conclusione della lettera.
Nella missiva, avente per oggetto: «Richiesta di informazioni aggiuntive riguardo a questioni di alloggio dei rom in Italia ai fini della direttiva 2000/43/CE sull’uguaglianza razziale», la Commissione Europea punta il dito sulla condizione abitativa dei rom nel nostro Paese richiedendo alle autorità italiane informazioni aggiuntive. Nella lettera, la Commissione si sofferma sul “campo” per soli rom in località La Barbuta, a Roma: «I servizi della Commissione – viene comunicato – condividono le preoccupazioni espresse dal Commissario per i diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa circa questo tipo di “alloggio” fornito ai rom in un sito molto remoto e non accessibile, e dotato di recinti e impianti di sorveglianza. Dispositivi di “alloggio” di questo tipo risultano limitare gravemente i diritti fondamentali degli interessati, isolandoli completamente dal mondo circostante e privandoli di adeguate possibilità di occupazione e istruzione».
Malgrado il rischio di una procedura di infrazione paventato dall’Europa, il Comune di Roma sembra voler continuare con una politica che rafforza il “sistema campi” programmandone la progettazione e la costruzione di nuovi. Proprio nel sito La Barbuta, indicato dall’Europa come lesivo dei diritti fondamentali dei rom, potrebbe vedersi realizzata la costruzione di un nuovo “campo” per soli rom che sostituirebbe quello esistente oggi, che verrebbe così abbattuto.
Per la prima volta nel nostro Paese sarebbe una multinazionale, Leroy Merlin Italia, a farsi carico della realizzazione di un “campo rom”, grazie alla costituzione di un’Associazione temporanea di impresa (ATI) alla quale parteciperebbe anche la Comunità di Capodarco di Roma. In cambio dell’investimento, pari a 11,5 milioni di euro, interamente a carico di Leroy Merlin Italia, la multinazionale francese del bricolage riceverebbe dal Comune la concessione gratuita per 99 anni del terreno su cui oggi sorge il campo La Barbuta, per installarci così le proprie attività commerciali (vedi Rapporto “Terminal Barbuta”).
Per scoraggiare la multinazionale del bricolage dal realizzare l’ennesimo ghetto per soli rom nella Capitale, oggi l’Associazione 21 luglio ha lanciato una campagna di mobilitazione pubblica e di pressione nei confronti di Leroy Merlin Italia.
«Leroy Merlin: un campo rom è un ghetto. Non costruirlo!», è l’appello dell’Associazione 21 luglio che invita cittadini e utenti del web a inviare un’email, con un semplice clic dal sito della campagna, direttamente a Leroy Merlin Italia per chiedere alla multinazionale di non sporcarsi la faccia e di non farsi coinvolgere nella creazione dell’ennesimo ghetto per rom a Roma.
«Diffonderemo la campagna anche all’estero, chiederemo alle persone di condividerla sui social media e di unirsi così alla nostra battaglia per dire basta alla creazione di nuovi ghetti per soli rom», afferma l’Associazione 21 luglio.
«I “campi” sono luoghi di sospensione dei diritti umani, che rendono impossibile l’inclusione sociale, che creano disagi al resto della cittadinanza e che alimentano nella pubblica opinione un clima di ostilità verso le comunità rom. L’unica soluzione percorribile è dunque quella di superare i “campi rom”, come prevede la Strategia Nazionale d’Inclusione dei Rom redatta dal governo italiano nel 2012. Convincere Leroy Merlin Italia a ritirare il progetto sarebbe un passo molto importante in questa direzione», conclude l’Associazione 21 luglio.

Rapporto Terminal Barbuta: Leroy Merlin vuole costruire un nuovo ghetto rom a Roma

Leroy Merlin[tfg_social_share]SCARICA IL RAPPORTO
Una cordata guidata dalla multinazionale francese Leroy Merlin Italia vuole costruire l’ennesimo ghetto per soli rom nella Capitale: un nuovo mega insediamento monoetnico in sostituzione del “villaggio della solidarietà” La Barbuta, che sarà abbattuto lasciando così spazio, con una concessione gratuita del terreno per 99 anni, alle attività commerciali della multinazionale del bricolage.
Il progetto, finora tenuto nascosto dal Comune di Roma, è stato divulgato alla stampa stamane dall’Associazione 21 luglio in occasione della presentazione di “Terminal Barbuta”, il rapporto che fa luce sul “campo” La Barbuta, uno dei più controversi di Roma, situato nella periferia sud-est della città.
Se dovesse essere confermata, la proposta progettuale, presa in esame dal Comune di Roma lo scorso gennaio, prevede l’abbattimento dell’attuale “villaggio della solidarietà” La Barbuta, inaugurato nel 2012 e già costato 10 milioni di euro per la sua costruzione e oltre 5 milioni di euro per la sola gestione. Quattrocento dei 580 rom oggi residenti nel “campo”, secondo quanto si legge nel progetto, saranno trasferiti nel nuovo “villaggio”, da costruire su un’area di 57.092 mq a ridosso dell’insediamento attuale per un investimento complessivo, interamente a carico di Leroy Merlin Italia, di oltre 20 milioni di euro per 15 anni.
In cambio della realizzazione del “villaggio” è prevista la concessione gratuita per 99 anni, alla stessa Leroy Merlin Italia, di un diritto di superficie dell’intera area sulla quale sorge oggi La Barbuta, con cambio di destinazione d’uso a commerciale per strutture di grandi dimensioni al fine, per l’appunto, di attuarvi il trasferimento delle proprie attività commerciali.
Oltre a Leroy Merlin Italia, mandataria dell’ATI responsabile del progetto, la realizzazione del nuovo “villaggio della solidarietà” vede altresì il coinvolgimento della ditta Stradaioli, in qualità di costruttore, e della Comunità di Capodarco di Roma, in qualità di gestore del nuovo “campo”.
Queste ultime riceverebbero rispettivamente un compenso di 11,5 milioni di euro per la costruzione del “villaggio” e di 597.285 euro annui per 15 anni per la gestione dello stesso, considerando che la stima del contributo erogato dal Comune di Roma per ognuno dei 400 rom è di 4 euro al giorno.
Il nuovo “villaggio della solidarietà”, che stando al progetto sarà composto da moduli abitativi prefabbricati, dovrebbe servire a «fronteggiare l’emergenza nomadi in maniera costruttiva ed organizzata, nell’ottica di scongiurare ogni rischio igienico-sanitario», secondo i suoi ideatori.
Secondo l’Associazione 21 luglio, invece, «il nuovo “villaggio della solidarietà” La Barbuta non sarebbe altro che l’ennesimo luogo di segregazione, ghettizzazione e sospensione dei diritti umani nella città di Roma. Un ghetto – sottolinea l’Associazione – che non avrebbe alcuna differenza con il “campo” attuale, già definito “un insediamento segregato su base etnica” dal Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa Nils Muižnieks nel novembre 2012, dove i rom soffrono, esprimono un disagio inascoltato e chiedono soluzioni diverse ricordando come lo spazio loro assegnato non sia idoneo a ospitare un insediamento umano».
«La risposta del Comune di Roma al progetto dell’ATI – dichiara il presidente dell’Associazione 21 luglio Carlo Stasolla – può essere una sola: il “campo” monoetnico La Barbuta è una minestra che, nelle sue più diverse salse, non può più essere digerita né dai rom, né dalla città di Roma, né dal vicino Comune di Ciampino con cui il “villaggio” confina».
«Il mega campo, vergogna tutta romana, va chiuso e vanno messi finalmente in atto percorsi di uscita che conducano i rom ad una reale inclusione lavorativa e abitativa. Gli strumenti per farlo non mancano – continua Stasolla – visto che basterebbe riconvertire i quasi 2 milioni di euro spesi ogni anno dal Comune di Roma per la sua gestione o i circa 250 mila euro che la multinazionale d’oltralpe sarebbe disposta a spendere per una famiglia rom per la costruzione e la gestione del nuovo insediamento».
L’Associazione 21 luglio si dice infine fiduciosa che Leroy Merlin Italia, di fronte alle preoccupazioni circa le violazioni dei diritti umani che il nuovo “villaggio” comporterebbe, ritiri quanto prima la proposta del progetto. Qualora questo non dovesse accadere, tuttavia, l’Associazione 21 luglio si dice pronta a opporsi in tutti i modi possibili, anche con azioni dimostrative quali il boicottaggio commerciale, volte a sensibilizzare l’opinione pubblica.
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L'Associazione 21 luglio presenta il rapporto "Terminal Barbuta"

Mercoledì 1 ottobre 2014 alle ore 11, presso la sede dei Centri di Servizio per il Volontariato del Lazio Cesv e Spes – via Liberiana 17, Roma – l’Associazione 21 luglio presenta “Terminal Barbuta“, il nuovo rapporto che fa luce sul «villaggio della solidarietà» La Barbuta, uno degli insediamenti formali più controversi della Capitale.
La ricerca ripercorre la storia, il presente e le prospettive future del “campo”, situato all’estrema periferia sud-orientale di Roma, e mostra come sulle vite dei 580 rom residenti si addensino anni di politiche discriminatorie e come queste ultime, oltre a compromettere le fruizione di alcuni diritti umani, pongano i rom stessi in una condizione di svantaggio e di malessere.
Nato come “campo tollerato” sotto l’Amministrazione di centro-sinistra presieduta da Rutelli (1993 – 2001), l’insediamento prosegue la sua esistenza negli anni successivi fino a che non viene trasformato in «villaggio della solidarietà» sotto l’Amministrazione di centro-destra presieduta dal sindaco Gianni Alemanno (2008 – 2013) mentre oggi, sotto l’Amministrazione di centro-sinistra presieduta da Ignazio Marino, si discute la possibilità, sempre più concreta, di spostarne nuovamente i residenti presso un insediamento da costruire ex novo, chiudendo così il «villaggio della solidarietà» inaugurato nel 2012 e costato all’Amministrazione locale diversi milioni di euro.
Tale progetto, che dovrebbe riguardare 400 dei 580 rom attualmente residenti nel «villaggio della solidarietà» La Barbuta, non è mai sino ad ora stato divulgato e sarà presentato nel corso della conferenza stampa.
Il progetto rappresenta un’assoluta novità visto che per la prima volta in Italia l’onere per la progettazione, la costruzione e la gestione di un nuovo mega insediamento monoetnico dovrebbe essere interamente a carico di un ente privato, Leroy Merlin Italia.
Il rapporto “Terminal Barbuta” sarà inoltre presentato nel corso della stessa giornata – a partire dalle ore 16 presso la sala Rosi dell’Assessorato alle Politiche Sociali di Roma Capitale, in viale Manzoni 16 – all’interno del convegno “Superare i ‘campi’ per soli rom a Roma: una sfida vicina“.
Interverranno al convegno anche alcuni rappresentanti delle istituzioni: il consigliere capitolino Riccardo Magi, il senatore della Commissione Diritti Umani del Senato Francesco Palermo, il presidente della Commissione Politiche Sociali di Roma Capitale Erica Battaglia. L’Assessore al Sostegno Sociale e alla Sussidiarietà di Roma Capitale Rita Cutini è stata invitata.

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Danilo Giannese
Responsabile Comunicazione e Ufficio Stampa
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