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Elena Donazzan

"Togliere i figli ai genitori rom per educarli" – la frase shock dell'Assessora Donazzan

«Se si vuole avere qualche speranza che vengano educati, bisogna togliere i bambini dagli 0 ai 6 anni ai genitori rom e sinti».
Queste le parole enunciate dall’Assessora regionale all’istruzione Elena Donazzan durante il Consiglio regionale Veneto riportate da “La Nuova di Venezia e Mestre”, rilanciate dal profillo FB della stessa, dove ha chiesto di togliere il “velo di ipocrisia” e “usare il buonsenso”. La frase shock è stata pronunciata come osservazione a un emendamento del Consigliere Claudio Sinigaglia che aveva avanzato alcune proposte di sostegno in merito all’inserimento scolastico dei minori rom e sinti.
«Si tratta di affermazioni gravissime asserisce Associazione 21 luglio – basate sulla convinzione che a ostacolare il processo di scolarizzazione e inclusione non siano le condizioni socio-economiche ma i genitori rom che, in quanto tali, sarebbero incapaci di occuparsi dei propri figli. Piuttosto che rilasciare affermazioni di un simile tenore, un rappresentante istituzionale dovrebbe invece lavorare per implementare politiche sociali inclusive e garantire a tutti l’accesso ai diritti fondamentali quali l’istruzione e la casa».
In risposta alle gravi dichiarazioni della rappresentante regionale, Associazione 21 luglio ha inviato una segnalazione all’UNAR e alla Garante Nazionale dell’Infanzia e sta predisponendo una lettera di diffida all’Assessora stessa.
Quello della sottrazione dei minori rom è un tema purtroppo ricorrente sui media e trova conferma in diverse ricerche che si sono occupate dell’argomento. Ultime tra esse la ricerca di Associazione 21 luglio, condotta nella città di Roma prendendo in considerazione l’arco temporale 2006-2012 (“Mia madre era rom. Le adozioni dei minori rom in emergenza abitativa nella Regione Lazio 2006-2012”) e pubblicata a ottobre 2013. Dall’analisi emergeva come un minore rom, rispetto a un suo coetaneo non rom, ha 60 probabilità in più di essere segnalato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni e circa 50 probabilità in più che per lui venga aperta una procedura di adottabilità. Tali numeri si traducono nel dato secondo cui un bambino rom ha 40 probabilità in più di essere dichiarato adottabile rispetto a un bambino non rom.
Foto di “La Nuova di Venezia e Mestre

Istruzione.

Un sostegno alla responsabilità genitoriale per favorire l'istruzione

Tra i servizi di orientamento e supporto offerti dallo sportello socio-sanitario di Casa Sar San, spicca il sostegno che viene dato nell’ambito dell’accompagnamento alla scolarizzazione dei minori rom. Difficoltà linguistiche e povertà culturale costituiscono spesso uno scoglio insormontabile per genitori già socialmente ed economicamente vulnerabili. Un approccio mirato alla persona e fortemente improntato all’autonomia facilita la messa in relazione diretta tra scuola e famiglie, restituendo ad ognuna delle due parti il proprio ruolo.
Per quanto riguarda il sostegno alla scolarizzazione lo sportello procede raccogliendo le richieste di aiuto delle famiglie, indicando la documentazione necessaria e accompagnando la famiglia presso l’ufficio didattico dell’istituto scolastico di riferimento per la compilazione della domanda d’iscrizione. Particolare attenzione viene riposta nella modalità dell’intervento, sempre mirato alla costruzione di un rapporto diretto fra scuola e famiglia. Inoltre, al fine di monitorare l’andamento del percorso scolastico dei minori, gli operatori si interfacciano costantemente con i dirigenti scolastici, intervenendo solo qualora appaia necessaria o venga esplicitamente richiesta una mediazione tra la famiglia e gli insegnati.
Negli ultimi due anni lo sportello ha supportato circa 150 minori nell’accesso al sistema educativo e più della metà di questi ora frequentano regolarmente la scuola con successo.

ULTIMO BANCO. Analisi dei progetti di scolarizzazione rivolti ai minori rom a Roma

Dal 2002 al 2015 il Comune di Roma ha investito nel “Progetto Scolarizzazione Rom” circa 27 milioni di euro, coinvolgendo un numero compreso tra i 500 e i 2000 minori rom residenti negli insediamenti formali della Capitale. Nonostante il forte investimento di risorse e l’estesa durata del “Progetto”, in questi anni non sono mai stati prodotti dati ufficiali relativi alla valutazione dei risultati e alla qualità degli interventi.
La ricerca “Ultimo banco. Analisi dei progetti di scolarizzazione rivolti ai minori rom a Roma” conduce un’analisi qualitativa e quantitativa che approfondisce le politiche di scolarizzazione del Comune di Roma nei confronti dei minori rom residenti negli insediamenti formali della Capitale.
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Rom contrari alla scolarizzazione? Mio figlio va all’università

I figli di Dzemila sono nati in un “campo”. Crescendo, la madre si è battuta perché frequentassero la scuola sin dall’asilo. Voleva che i suoi bambini avessero le stesse opportunità di tutti i loro coetanei. «C’è chi dice che le mamme rom non vogliono mandare i propri bambini a scuola, ma non è vero. Oggi mio figlio è iscritto all’università».
Dzemila è nata in Montenegro ma vive in Italia fin da quando aveva tre anni. È vissuta in diverse parti d’Italia ma poi si è stabilizzata a Roma dove ha vissuto nel grande “campo” Casilino 900. Qui è rimasta per ben 23 anni. Nel frattempo si è sposata e ha avuto dei figli. Suo marito è un non rom e, insieme, hanno deciso di continuare a vivere nel “campo” sia per manifestare solidarietà nei confronti degli altri abitanti, sia per dare una testimonianza agli occhi dei non rom, dimostrando che è possibile vivere in un “campo” lavorando onestamente.
È diffuso il pregiudizio nella società che le famiglie rom non vogliano mandare i figli a scuola per scelta. In realtà le difficoltà relative alla scolarizzazione di alcuni minori sono legate ad una serie di criticità riguardanti le condizioni di vita in cui versano le loro famiglie. Prima fra tutte la questione dell’alloggio. Chi vive in insediamenti informali è soggetto a continui spostamenti a causa degli sgomberi forzati durante i quali –oltretutto – vengono distrutti i pochi effetti personali posseduti, tra cui anche i libri scolastici.
Non è più semplice la situazione di quanti risiedono nei “campi” istituzionali, collocati in luoghi molto distanti dal tessuto urbano e quindi anche dagli istituti scolastici. Alcuni hanno raccontato di raggiungere il proprio istituto scolastico dopo due ore di viaggio già distrutti fisicamente. Dove invece sono predisposti i servizi di navetta, esclusivamente per bambini rom, i pullman sono molto spesso in ritardo e alcuni minori sono costretti a saltare la prima e l’ultima ora di lezione.
La povertà, l’esclusione sociale e la precarietà delle condizioni abitative hanno ripercussioni devastanti non solo sulle condizioni di vita ma anche sullo stato di salute fisica e psichica dei minori rom, influendo negativamente sulle possibilità di accesso all’istruzione e, spesso, sul rendimento scolastico stesso.
Molti dei bambini che barcamenandosi tra i tanti ostacoli continuano a frequentare la scuola, vivono una condizione di esclusione ed emarginazione dovuta alle loro origini o alla situazione di povertà. Un bambino che viene dal “campo” sarà sempre diverso agli occhi di compagni e insegnanti.
«Nonostante tutte le difficoltà i miei figli sono sempre andati a scuola. Tutti i giorni», riferisce Dzemila, e racconta di come successivamente a lei e la sua famiglia sia capitato di ricevere una bellissima opportunità, quella di diventare responsabili di un centro di accoglienza per rifugiati. «Si è aperto un nuovo capitolo della nostra vita», ricorda, «in cui eravamo noi a dare accoglienza piuttosto che essere accolti». Si parlavano cento lingue stando a contatto con altrettante culture diverse, si viveva nella condivisione con le altre persone della struttura in un contesto pieno di stimoli che ha contribuito all’arricchimento reciproco.
Ora uno dei suoi figli frequenta l’università e sta per laurearsi, l’altro vive a Berlino e lavora come attivista per progetti finalizzati alla tutela dei diritti umani. Non vivono più in un centro o in un “campo”, ma in una casa normale come tutti.
Tra le altre cose, oggi Dzemila si occupa dei processi di apprendimento e inserimento scolastico dei minori rom che vivono in condizioni di disagio. «Se alle persone dai un’opportunità, le porte e il futuro si aprono per tutti. Anche per i rom che oggi vivono ai margini».

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