L’ordine globale di disinformazione: la ricerca dell’Università di Oxford
Una recente ricerca condotta da due professori dell’Università di Oxford ha messo in luce, non solo catalogandola in un determinato contesto geografico ma anche evidenziandone le fasi, l’organizzazione delle campagne di manipolazione dei social media. Ha, in altre parole, spiegato come la comunicazione a mezzo social sia capace di condizionare l’opinione pubblica. A condurre la ricerca, pubblicata quest’anno sotto il titolo di “L’ordine globale di disinformazione”, sono stati Samantha Bradshaw e Philip N.Howard.
La ricerca di Bradshaw e Howard
“Negli ultimi anni abbiamo monitorato l’organizzazione globale della manipolazione dei social media da parte di governi e partiti politici – si legge nella ricerca – In ogni paese esiste almeno un partito politico o un’agenzia governativa che utilizza i social media per modellare gli atteggiamenti pubblici a livello nazionale. Nonostante ci siano più piattaforme di social network che mai, Facebook rimane la piattaforma di scelta eccellenza per la manipolazione”.
Struttura della ricerca
Come si è svolta la ricerca? La metodologia per sviluppare il rapporto dal titolo “L’ordine globale di disinformazione” ha consistito in quattro fasi: un’analisi sistematica del contenuto di articoli giornalistici riferiti sull’attività delle truppe informatiche; una revisione della letteratura secondaria di archivi pubblici e rapporti scientifici; redazione di casi studio nazionali e consultazioni di esperti.
Il ruolo degli “account bot” e le conseguenze
Durante la ricerca condotta dai due studiosi di Oxford, è emerso che esistono account bot utilizzati in 50 dei 70 paesi. Come agiscono? Vengono utilizzati per diffondere propaganda pro-governo o pro-partito; creano “distrattori” che distolgono da questioni importanti; guidano la divisione e la polarizzazione; sopprimono la partecipazione attraverso attacchi personali o molestie.
Durante le elezioni o i referendum questi account sono principalmente attivi ma fermano la loro attività fino alla prossima campagna elettorale. In Italia, questi team sono definibili a bassa capacità e tendono a sperimentare solo alcune strategie, come l’uso di robot per amplificare la disinformazione. Che cosa comporta l’entrata in scena di questi account? L’inquinamento dell’ecosistema dell’informazione digitale e la soppressione della libertà di parola e di stampa.