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Superare la discriminazione di Rom e Sinti. I toolkit per insegnanti, assistenti sociali e decisori politici

Combattere gli stereotipi e i pregiudizi attraverso la conoscenza della storia, ma anche degli elementi culturali che caratterizzano rom e sinti. È questo il modo in cui è possibile superare le discriminazioni istituzionali verso queste persone.

Per questo Associazione 21 Luglio, Sucar Drom, Università di Firenze e Coalizione Italiana per le Libertà e i Diritti civili hanno lavorato e pubblicato tre toolkit rivolti a insegnanti, assistenti sociali e decisori politici.

La pubblicazione di questi materiali rientra nell’ambito del progetto RemAgainstDisc (Reinforcing historical memory of the Porrajmos to combating discrimination), finanziato dal Citizens, Equality, Rights and Values Programme dell’Unione Europea. Dopo aver proceduto ad una fase di ricerca relativa allo sterminio di rom e sinti e aver fatto confluire questi materiali nel rinnovato museo virtuale “Dall’antiziganismo al genocidio”, con questi toolkit si passa dalla memoria storica all’azione.

INSEGNANTI

Promuovere la comprensione di come il pregiudizio in atto nei confronti di Rom e sinti affondi le sue radici nel trattamento storico riservato loro dalle dittature nazista e fascista, ma anche nei primi anni della Repubblica, attraverso ad esempio l’istituzione delle classi speciali “Lacio Drom” serve ad aumentare la conoscenza di quel periodo per superare i pregiudizi odierni. Promuovere politiche scolastiche che affrontino le discriminazioni istituzionali consente così di favorire il successo scolastico degli studenti.

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ASSISTENTI SOCIALI

Fornire un’adeguata conoscenza di come i pregiudizi attuali derivino dal periodo delle dittature nazi-fasciste, in in particolare sull’inadeguatezza delle madri rom; fare in modo che questa ricostruzione storica, accompagnata da una maggiore conoscenza di alcuni elementi culturali, possa entrare nel merito della valutazione fatta da questi professionisti sul benessere dei bambini rom e sinti.

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DECISORI POLITICI

Sensibilizzare su come i mega-campi presenti in alcune città italiane rispondano ai principi di concentrazione e di esclusione praticati durante il nazifascismo. Offrire soluzioni per promuovere una diversa politica abitativa e garantire il diritto alla casa delle persone rom e sinti.

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‘Oltre il campo’. Superare i campi rom in Italia: dalle sperimentazioni di ieri alle certezze di oggi

Per la prima volta in Italia, amministratori pubblici si confrontano su quanto realizzato negli anni per favorire il superamento dei campi rom. Lunedì, presso la Nuova Aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari della Camera, al convegno ‘Oltre il campo. Superare i campi rom in Italia: dalle sperimentazioni di ieri alle certezze di oggi’. Interverranno i comuni di Moncalieri, Palermo e Sesto Fiorentino mentre saranno presenti delegazioni di altre città italiane, attivisti, associazioni, comunità rom.

Il superamento delle baraccopoli, tema centrale della nostra azione di advocacy da oltre dieci anni e obiettivo principale della Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti, è affrontato nello studio ‘Oltre il campo’ (Edizioni Tau) curato da un’equipe di ricercatori di Associazione 21 luglio coordinata da Antonio Ciniero dell’Università del Salento.

La ricerca mette in luce le esperienze di dieci città italiane (Alghero, Ferrara, Firenze, Messina, Moncalieri, Palermo, Pisa, Roma, Sesto Fiorentino e Torino) e in alcuni casi racconta una bella storia: quella di innovazioni politiche e istituzionali che stanno avendo ricadute benefiche di più ampia portata per tutti i cittadini.

Il lavoro disegna un confine netto tra le azioni in ‘chiusura di un insediamento’, declinata spesso in azioni di sgomberi forzati e in ‘superamento’ che prevede, invece, l’inserimento dei nuclei familiari nel contesto sociale attraverso processi inclusivi.

L’appuntamento, presso la Sala dei gruppi parlamentari della Camera, si inserisce all’interno di un contesto storico-politico di discontinuità rispetto al passato: nelle intenzioni di alcuni amministratori, 15 campi rom, in Italia, saranno superati nei prossimi 18 mesi.

 

REYN – Fuori dal mondo, la storia di Senada

di Hyrmet Dibran (Articolo 34)

Spesso si sente dire che i campi rom permettono di mantenere e “proteggere” la cultura nomade e che sono il modo in cui i rom vogliono vivere, cosa che può anche sembrare generoso da parte di chi fa queste affermazioni. Eppure quasi nessuno presta attenzione ai danni sociali e umani che può creare il vivere in un campo a una persona. Per questo ho voluto fare un’intervista a una madre rom che ha vissuto in un campo gran parte della vita e che poi è riuscita a trasferirsi in una casa in città, per capire che effetto ha avuto questo cambiamento sulla sua vita.
Senada* è una donna, madre di quattro figli di 9, 10, 11 e 15 anni. Ha vissuto in un campo rom da quando è venuta in Italia all’età di 8 anni, ora ne ha 37 e da 6 anni abita in un appartamento procurato dai servizi sociali.
Come era una tua giornata tipo, quando vivevi nel campo?

“Lavavo e pulivo la baracca, non avevo un lavoro né i documenti, vivevamo alla giornata ed era mio marito a occuparsi di portare a casa la cena. Non avevo una routine tranquilla e regolare, in più al campo c’era molto gossip, tutti sapevano tutto di te e tu tutto di loro, ognuno aveva da ridire. I miei figli erano sempre sporchi di fango per via delle pozze di pioggia e della sabbia. Al campo facevo fatica a lavarli e lavare i loro vestiti, poiché mancava l’acqua e l’elettricità, non solo a me ma a tutti gli abitanti del campo. Passavo giorni interi a scaldare l’acqua nel pentolone e a lavarli a mano. I miei figli per 4 anni, quando abitavamo a Tirrenia, non hanno frequentato la scuola, lo scuolabus non passava dal campo. Poi però quando assistenti sociali, educatori o forze dell’ordine venivano a farci visita mi sentivo dire che ero io a non voler mandare i bambini a scuola, e mi hanno anche denunciato, anche se sapevano della mancanza del servizio del bus, che era stato tolto proprio dal Comune. Per questo i bambini non potevano studiare ma nemmeno farsi degli amici italiani.”
Come è la tua giornata tipo nella casa in cui vivi ora ?

“È da sei anni che non vivo più al campo, ora abito in una casa, il proprietario che ci ha accettato per primo è stato molto gentile e comprensivo, sapeva anche che sono rom. Sono riuscita ad avere questa casa grazie all’aiuto dell’Associazione Articolo 34 di Pisa, che mi ha seguita in quel momento difficile e tutt’ora sta seguendo i miei bambini per l’istruzione. Il proprietario mi aveva dato anche un lavoretto, andavo a fare le pulizie a casa sua, anche perchè nel frattempo mi ero separata dal mio ex-marito e avevo bisogno di mantenere i miei bambini, mi piaceva molto l’idea di avere un lavoro, anche se ci andavo poche ore. Non è facile nemmeno ora trovare un lavoro stabile, è quello che mi manca di più. Non avevo mai avuto i documenti ma, piano piano, sono riuscita a metterli a posto, e anche i bimbi hanno fatto i vaccini, hanno il dottore e hanno curato i denti.
Lo scorso anno abbiamo cambiato casa, adesso io e i miei figli abbiamo una routine, ci hanno anche aiutato durante il Covid anche se è stato difficile. I bimbi vanno a scuola tutti i giorni e ora che è estate andranno ai campi solari. In più hanno tanti amici italiani, quasi non frequentano più i bambini rom del campo. Abitare in una casa fuori dal campo mi ha portata a vedere il mondo vero, in tutti i suoi aspetti. Quest’anno ho anche fatto qualche lezione di italiano, per imparare a scrivere e a leggere e mi piacerebbe trovare un lavoro vero e prendere la patente. Io al campo non vorrei proprio tornare, anche quando me lo hanno proposto ho rifiutato.”

Ascoltando Senada, rifletto, chiedendomi se davvero i gagè (persone non rom), quando pensano al campo come una forma di protezione per la cultura rom, sono onesti o lo dicono solo perché temono persone diverse da loro o
addirittura se le preferiscono ai margini, ritenendole un corpo estraneo della società, un pericolo.
Non capisco come le persone possano definire quella che è una forma socialmente accettata di segregazione e ghettizzazione, che permette di lasciare degli individui fuori dal mondo, come una sorta di “protezione culturale”.

Qualcuno ha mai pensato se davvero i campi possono essere utili per proteggere la cultura rom? D’altra parte la coerenza non è proprio il massimo quando si parla di rom… infatti ci sono anche sempre pronte delle ruspe a buttare giù delle povere dimore e rigettare per strada, senza nulla, le persone che ci abitano… Ah, forse anche questo fa parte della protezione culturale dei rom, per mantenere viva la cultura nomade. Del resto di recente una becera politica, che prende molti voti grazie alla sua demagogia sulla pelle degli ultimi, ha sostenuto in TV: “Sei nomade? Allora devi nomadare!”
*(nome di fantasia)

 

I rom dell’area F di Castel Romano chiedono alla Raggi di mantenere le promesse. Associazione 21 luglio: «Evitiamo ennesimo flop del Piano rom».

«Questa mattina sono partite le nostre operazioni di sgombero dell’Area F del campo rom di Castel Romano – aveva dichiarato Virginia Raggi il 25 marzo scorso – Abbiamo avviato una collaborazione con tutte le famiglie che hanno sottoscritto il “Patto di Responsabilità Solidale”: si tratta di un sostegno temporaneo nei confronti di coloro che si impegnano a trovare un regolare lavoro, mandare i propri figli a scuola. Per coloro che hanno fragilità, abbiamo avviato il percorso di assistenza così come avviene per chiunque si trovi nelle stesse condizioni».

Questa mattina gli abitanti dell’Area F di Castel Romano hanno manifestato in Campidoglio per ricordare alla prima cittadina le promesse fatte. Sei famiglie sono state effettivamente collocate in co-housing in case popolari che sono parte della “riserva ERP” a disposizione del Comune di Roma per l’emergenza abitativa. Quattro famiglie sono state invece poste all’interno di “Covid Hotel”. Hanno accettato con fiducia questa sistemazione malgrado la difficoltà. Le famiglie sono state infatti poste in quarantena, pur risultano negative ai test alle quali erano state sottoposte, e smembrate, visto che solo ad una persona adulta, insieme ai bambini, è stato consentito l’ingresso. A tre famiglie non è stata offerta alcuna soluzione e sono in attesa di un appuntamento con le assistenti sociali di riferimento per intraprendere il percorso burocratico con la sottoscrizione del “Patto di Solidarietà”.

La promessa dell’Amministrazione Capitolina è pertanto stata realizzata a metà e oggi le famiglie, al grido di “NESSUNO RESTI INDIETRO!” hanno chiesto all’Amministrazione Comunale di promuovere il percorso di inserimento abitativo che era stato verbalmente garantito. «La nostra richiesta – hanno affermato le famiglie – non si fonda su pretese arbitrarie ma su impegni assunti da parte dei referenti istituzionali e per questo chiediamo che alle parole seguano i fatti».

L’appello delle famiglie è stato consegnato alla presidente della Commissione Politiche Sociali di Roma Capitale, Agnese Catini, presente alla manifestazione.

Associazione 21 luglio si è posta da subito a fianco delle famiglie rom affinché venga garantito il diritto a un alloggio dopo la distruzione dei container dove aveva vissuto per 9 anni. Secondo Carlo Stasolla: «Dopo lo sgombero di Camping River, con 300 persone finite per strada, e quello del Foro Italico, che ha visto una ventina di famiglie scappare dalla furia delle ruspe, non vorremmo assistere all’ennesimo flop del Piano rom della Raggi. Alle famiglie dell’area F è stata fata una promessa, quella di avviare un percorso di inclusione attraverso l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Loro hanno concesso fiducia accettando anche di entrare in Covid Hotel pur non comprendendone la ragione. Vigileremo e lotteremo a fianco delle famiglie fino a quando l’impegno assunto da questa Amministrazione non si traduca in realtà».

Regione Piemonte: la proposta del disegno di legge dell’assessore Ricca preoccupa Associazione 21 luglio perché viola i diritti umani

Egr. Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio,

Associazione 21 luglio è un’organizzazione non profit che supporta individui e gruppi in condizione di segregazione estrema tutelandone i diritti e promuovendo il benessere delle bambine e dei bambini. L’Associazione è apartitica, non ha fine di lucro, persegue il fine esclusivo della solidarietà sociale, umana, civile e culturale, in particolare nel rispetto dei principi della Convenzione Internazionale di New York sui diritti dell’infanzia.

L’Associazione 21 luglio, iscritta al Registro UNAR delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni, è membro di: Associazione Carta di Roma, European Roma Information Office, Gruppo CRC (Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza), CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili), ISSA (International Step by Step Association) e Piattaforma per i Diritti Fondamentali (FRP).

A seguito delle attività di monitoraggio abbiamo appreso della proposta di Disegno di legge “Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo” presentata dall’assessore regionale alla Sicurezza Fabrizio Ricca.

Dall’approfondimento inerente alla proposta di Disegno di legge “Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo”, sembrerebbe che lo stesso si concretizzi in una revisione «poco riveduta e corretta» della proposta di Legge Regionale n.122 del 27 marzo 2015 “Interventi a regolamentazione del nomadismo e del contrasto all’abusivismo” già licenziato con voto contrario il 29 giugno 2017.

Ancor prima di entrare nel merito della proposta di Disegno di Legge oggetto della presente appare doverosa una precisazione preliminare in meritò alla cd. volontà dell’assessore proponente di “regolamentare il nomadismo”, accezione questa a parere della scrivente che cela in realtà la volontà di adottare una legge ad hoc per soggetti e gruppi di persone individuate su base etnica e nello specifico con le persone identificate dalle istituzioni come rom.

Invero il cd. “diritto al nomadismo” richiamato dall’assessore Ricca è stato ricondotto dalla dottrina alla libertà di circolazione e soggiorno in ogni parte del territorio nazionale, e pertanto è già implicitamente tutelato nell’ambito di altri diritti fondamentali di cui è titolare ogni persona in base alle norme costituzionali, dell’Unione europea e internazionali.

Passando poi ad una puntuale disamina dell’approfondimento della proposta di Disegno di legge “Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo” presentato nel 2015 dall’assessore regionale alla Sicurezza, si riscontrano le medesime criticità e gli aspetti in contrasto con gli obblighi costituzionali, le norme comunitarie e internazionali già individuati nella proposta di Legge Regionale n. 122 del 27 marzo 2015.

In primis la proposta di Disegno di legge dell’assessore Ricca prevede “l’installazione in dette aree di transito di impianti di video sorveglianza” disposizione questa in aperto contrasto con le norme che riservano allo Stato la materia dell’ordine pubblico e della sicurezza. Si ricorda che l’Autorità garante per la protezione dei dati personali ha stabilito che «un soggetto pubblico può effettuare attività di videosorveglianza solo per funzioni istituzionali di cui sia realmente titolare in base all’ordinamento di riferimento. Diversamente, il trattamento non è lecito».

Sempre in merito all’accesso in tali aree di transito l’assessore ha proposto la regolamentazione degli accessi per il tramite di registri telematici e smart card. Si osserva che tali disposizioni, come peraltro riconosciuto da costante giurisprudenza sul tema, sono in contrasto con il disposto dell’art. 16 della Costituzione che stabilisce che “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e sicurezza. (…)”( cfr.TAR Lazio, sezione I, sentenza del 24 giugno 2009, n. 6352; Consiglio di Stato sezione VI sentenza 6050 del 16 novembre 2011).

Per quanto poi riguarda i requisiti di accesso a tali aree di transito la proposta del Disegno di legge regionale fissa particolari requisiti come la cd. provenienza del reddito e l’idoneità morale dei soggetti richiedenti: appare qui opportuno rilevare che requisiti di tal fatta hanno carattere solo potenzialmente in quanto non annoverabile tra i requisiti di accesso ad altre misure di social housing nella stessa Regione Piemonte.

Quanto poi la previsione della revoca all’autorizzazione a permanere nelle dette aree nei casi in cui il singolo trasgressore si renda protagonista di “incitamento o sfruttamento di terzi” si ravvisa come tale comportamento vada necessariamente accertato dalle competenti sedi giudiziarie e con sentenza passata in giudicato. Infine sempre in merito ai casi di revoca, la revoca della permanenza in detti insediamenti a motivo del reiterato rifiuto di proposte di inserimento lavorativo incide sulla libertà costituzionalmente riconosciuta del soggetto a scegliere la propria attività lavorativa.

In merito poi alla revoca dell’autorizzazione a permanere nelle dette aree a seguito di “Abbandono scolastico o assenza per un numero superiore di 20 giorni consecutivi da parte di un minore parte del nucleo familiare o per un totale di 45 giorni nel corso dell’intero anno scolastico, salvo comprovati e certificati motivi di salute” tale disposizione oltre che ad essere in contrasto con la normativa nazionale che prevede la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato pena la perdita dell’anno scolastico salvo eccezionali deroghe è potenzialmente discriminatoria in quanto avente ad oggetto solo nuclei famigliari individuati su base etnica.

Infine, nella proposta del Disegno di legge dell’assessore regionale Ricca viene ripresa nuovamente l’idea della creazione di un “Osservatorio regionale” novellato per il monitoraggio dei flussi e il contrasto all’abusivismo ove è previsto al pari del primo osservatorio che ne facciano parte anche “tre componenti delle Forze dell’ordine, di concerto con le Prefetture”.

Al riguardo, si evidenzia che la Corte Costituzionale ha più volte ribadito (tra le altre, sent. n. 134/2004) che le forme di collaborazione e di coordinamento coinvolgenti compiti ed attribuzioni di organi dello Stato (come la Prefettura) non possono essere disciplinate unilateralmente dall’attività legislativa regionale essendo necessaria la loro previsione da parte della legge statale o da parte di accordi tra i soggetti istituzionali coinvolti.

Pertanto alla luce delle osservazioni di cui sopra Associazione 21 luglio per le motivazioni di cui sopra le chiede di vigilare attentamente sulla proposta di Disegno di legge “Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo” che l’assessore regionale alla Sicurezza ha annunciato di voler presentare ponendosi lo stesso in contrasto con gli obblighi costituzionali, le norme comunitarie e internazionali.

In copertina: Torino, sgombero del campo rom di corso Tazzoli (Foto Repubblica.it)

 

FOTO – Storie Cucite a Mano, Roma

Storie cucite a mano è un progetto che dà voce alle storie delle bambine e dei bambini e offre loro la possibilità di riscriverle. Come? Attraverso laboratori, workshop, spettacoli teatrali e tanto altro.

Ne abbiamo parlato all’Istituto Comprensivo “Giovanni Palombini” di Rebibbia, teatro di gran parte delle nostre attività.

Con noi, oltre i bambini e i loro genitori, anche le associazioni responsabili del progetto a Moncalieri e Lecce.

All’appuntamento ha preso parte Carlo Borgomeo, presidente dell’impresa sociale Con i Bambini.

 

Riformare politiche e programmi per combattere l’antigitanismo

Sono 12 le raccomandazioni contenute all’interno del documento politico stilato da ENAR, Ergo Work e Central Council of German Sinit e Rom e altre realtà. Il testo promuove un approccio globale per combattere l’antigitanismo focalizzando l’attenzione su una serie di raccomandazioni. Associazione 21 luglio ha pubblicato a questo link le prime quattro, e a questo secondo link le seconde quattro per giungere poi all’attuale ultima pubblicazione che completa il quadro.

Raccomandazione 9: porre fine a tutte le forme di antigitanismo

Le istituzioni dell’UE e i governi nazionali dovrebbero affrontare e porre fine a qualsiasi forma di antigitanismo strutturale, comprese tutte le forme di segregazione, sfratti forzati, razzismo ambientale e altre manifestazioni di antigitanismo in istruzione, occupazione, salute e alloggio. Le istituzioni dell’UE dovrebbero, invece, riformare politiche e programmi tradizionali pertinenti, come la garanzia europea per i giovani e l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile, prestando particolare attenzione all’accesso dei rom. Inoltre dovrebbero chiedere ai governi nazionali di mettere in atto strategie concrete per combattere l’antigitanismo in tutti i settori, inclusi l’educazione, la salute, l’edilizia abitativa e il mercato del lavoro, sia da parte dei datori di lavoro che delle agenzie di collocamento.

I governi nazionali dovrebbero affrontare in modo proattivo e porre fine alla segregazione fisica delle comunità rom, educare gli uffici di collocamento nonché i potenziali datori di lavoro sull’antigitanismo storico e presente, in particolare al fine di contrastare il fenomeno durante il processo di assunzione al fine di aumentare la loro consapevolezza e le loro competenze per il trattamento non discriminatorio dei clienti Rom e (potenziali) dipendenti.

Raccomandazione 10: consentire la libera circolazione

La Commissione europea e i governi nazionali dovrebbero garantire il diritto alla libera circolazione di tutti i cittadini europei e dovrebbero sostenere qualsiasi forma di antigitanismo che limiti i diritti dei cittadini a vite dignitose. I governi nazionali dovrebbero assicurare che le loro legislazioni nazionali siano in linea con la direttiva UE sulla libera circolazione e che le loro istituzioni rispettino i diritti di mobilità dei rom e adottare le misure necessarie affinché i Rom siano consapevoli dei loro diritti di mobilità.

Raccomandazione 11: Antigitanismo, un terreno per la ricerca di asilo, rifugiati e sfollamenti interni

La Commissione europea e i governi nazionali dovrebbero riconoscere che la catastrofica situazione dei rom sfollati interni e rom rimpatriati nei paesi dei Balcani occidentali contribuisce a peggiorare la situazione, aumentando così la pressione migratoria in un circolo vizioso. I governi dell’UE e i governi nazionali dovrebbero rispettare i diritti dei rifugiati, quali la libertà di religione e di movimento, il diritto al lavoro, l’istruzione e l’accessibilità ai documenti di viaggio; una disposizione chiave della Convenzione dell’UNHCR del 1951 relativa allo status dei rifugiati stabilisce che i rifugiati non dovrebbero essere rimpatriati o respinti in un paese in cui temono persecuzioni.

Raccomandazione 12: rafforzare la leadership, la partecipazione, l’empowerment e l’auto-organizzazione dei rom

Le istituzioni dell’UE e i governi nazionali dovrebbero trattare i rom, i sinti e altri gruppi che vivono antigitanismo come partner alla pari, sostenere l’auto-organizzazione compresa la promozione della leadership e il reclutamento di rom per posizioni di alto livello nelle pubbliche amministrazioni. Le istituzioni dell’UE e i governi nazionali dovrebbero assicurare che Rom, Sinti, Viaggiatori e altri stigmatizzati come “zingari” e le loro organizzazioni guidino la progettazione, l’attuazione, il monitoraggio, la valutazione e il perfezionamento delle politiche e delle misure che li riguardano a livello locale, regionale, nazionale e dell’UE, anche nominando le posizioni ad alto livello nelle amministrazioni pubbliche.

Non solo, assicurare che guidino anche la produzione di conoscenza sui rom, che siano rappresentati tutti i gruppi sociali, in particolare quelli soggetti a discriminazione, abilitare e sostenere l’auto-organizzazione libera, indipendente e diversificata di rom, sinti, viaggiatori e altri, comprese le organizzazioni che mettono in mostra l’arte e la cultura rom. Infine, promuovere programmi educativi e culturali sostenibili per informare il pubblico sulle comunità rom, la portata e la gravità dell’antigitanismo che affrontano nella vita di tutti i giorni, ma anche sulla loro diversità, la loro storia.

Combattere i discorsi d’odio pubblici e sanzionare il crimine: le raccomandazioni dell’Allenza contro l’antigitanismo

La collaborazione tra ENAR, Ergo Work e Central Council of German Sinit e Rom e altre realtà, ha portato alla redazione di un documento politico che promuove un approccio globale per combattere l’antigitanismo focalizzando l’attenzione su una serie di raccomandazioni, 12 per l’esattezza. Associazione 21 luglio ha pubblicato a questo link le prime quattro e continuerà anche nei prossimi giorni un lavoro di condivisione affinché i dettami vengano conosciuti il più possibile.

Condannare e combattere i discorsi d’odio in pubblico e nei media

La raccomandazione n.5 del documento dell’Alleanza contro l’antigitanismo prevede di condannare e combattere i discorsi d’odio in pubblico e nei media. Le istituzioni e i governi nazionali dell’UE dovrebbero contrastare e sanzionare i discorsi pubblici nei media, nel mondo accademico, tra politici, autorità statali e funzionari pubblici, in particolare promuovendo contro-narrazioni per una società inclusiva e garantendo la partecipazione significativa delle strutture di vigilanza rom. Dovrebbero, inoltre, condannare pubblicamente e applicare adeguate sanzioni contro la stigmatizzazione e la retorica razzista da parte di funzionari e politici di alto livello e i parlamenti dovrebbero creare coalizioni tra le parti per combattere il razzismo.

I governi nazionali dovrebbero: attuare pienamente la decisione quadro sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia, il codice di condotta dell’UE per contrastare i discorsi sull’odio illegale online, la direttiva sui servizi di media audiovisivi, nonché la raccomandazione generale del comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale (CERD).
Tra le azioni da mettere in campo anche il contrasto all’antigitanismo nei media da parte delle autorità statali e dei funzionari pubblici, nel mondo accademico e in altri settori assicurando la creazione e la revisione (dove necessario) e l’attuazione di specifiche normative nazionali in materia di incitamento all’odio.

Inoltre, assicurare la partecipazione di Rom, Sinti, Caminanti e altri gruppi che sperimentano l’antigitanismo a tutte le istituzioni pertinenti; sostenere e formare in modo educativo giornalisti, assistenti sociali, persone del settore culturale, insegnanti, studenti. Monitorare sistematicamente il discorso sull’antigitanismo, raccogliere dati sull’uguaglianza e riferire sul discorso dell’odio contro i rom; favorire controrivoluzioni nei curricula scolastici, attraverso programmi educativi civici e campagne mediatiche; modificare i quadri legislativi per consentire alla società civile di contestare il discorso sull’antigitanismo.

Sanzionare e punire il crimine

La raccomandazione n.6 del documento indica di sanzionare e punire il crimine, per far questo i governi nazionali dovrebbero applicare tutti gli strumenti e i meccanismi disponibili per prevenire e/o perseguire i reati di odio. I governi nazionali dovrebbero attuare integralmente la decisione quadro relativa alla lotta contro determinate forme di espressione di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale e il rispetto dei diritti fondamentali dell’Unione europea che proibiscono la discriminazione, obbligando così gli Stati membri dell’UE a combattere i crimini motivati da razzismo, xenofobia, intolleranza religiosa o disabilità, orientamento sessuale o identità di genere di una persona.

Inoltre, assicurare che i reati riguardo l’antigitanismo siano riconosciuti dalla polizia, dai pubblici ministeri e dai tribunali e perseguiti come tali; monitorare i crimini di odio per consentire l’analisi delle tendenze da parte delle autorità nazionali, della magistratura e della società civile e dello sviluppo di risposte istituzionali e l’adeguata protezione delle vittime. Formare funzionari statali al fine di riconoscere l’antigitanismo come motivazione di pregiudizio, comprese le intersezioni con nazionalità, lingua, religione, genere, età, disabilità mentale o fisica, orientamento sessuale.

Sostenere le vittime e consentire l’accesso alla giustizia

Sostenere le vittime e consentire l’accesso alla giustizia è quanto prevede invece la settima raccomandazione. I governi nazionali dovrebbero garantire l’accesso alla giustizia per i Rom che affrontano discriminazioni e che i Rom ricevano sostegno e assistenza nel presentare denunce riguardo crimini d’odio e istituire iniziative a sostegno delle vittime di questi reati. E ancora adottare le misure necessarie per impedire che i pubblici ministeri o i tribunali siano notevolmente indulgenti nei confronti di autori non rom che commettono reati e reati contro le vittime rom, o notevolmente severi quando un indagato o un colpevole è rom.

Migliorare e attuare la legislazione sull’antidiscriminazione

Le istituzioni dell’UE e i governi nazionali dovrebbero migliorare la legislazione e le politiche antidiscriminatorie volte a favorire la parità di trattamento dei rom. I Rom sono particolarmente colpiti dalla mancanza di un’efficace attuazione delle sentenze giudiziarie e delle procedure di infrazione. Le istituzioni europee dovrebbero avviare procedure di infrazione contro gli Stati membri che, attraverso la legislazione, le politiche o la pratica violano i diritti dei rom (ad esempio il diritto a un alloggio economico e di qualità, libero dal rischio sfratti forzati e segregazione).

I governi nazionali dovrebbero migliorare e attuare la legislazione in materia di non discriminazione, in particolare la direttiva sull’uguaglianza razziale, la direttiva sulla parità in materia di occupazione, la legislazione che vieta la discriminazione durante i controlli alle frontiere e colmare le lacune al fine di garantire la piena parità di trattamento dei rom. Non solo, assicurare la cooperazione tra le istituzioni nazionali per i diritti umani e garantire che gli uffici antidiscriminazione e le altre istituzioni pertinenti che forniscono consulenza ai Rom raggiungano un livello adeguato di istruzione e di competenza nell’individuare, monitorare e combattere l’antigitanismo.

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