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Amarò Foro

"Gli invisibili" – lo spettacolo finale dei laboratori Amarò Foro

Abbiamo chiuso questo intenso e lungo anno di Amarò Foro con un bellissimo spettacolo, una coreografia dei più grandi (11-13 anni) presentata in occasione della festa di chiusura attività.
La performance è stato un grande successo, un’esperienza impagabile di bellezza, frutto di un profondo lavoro di auto-narrazione che abbiamo portato avanti in questi ultimi mesi.

Come ci siamo preparati

Abbiamo cominciato a scoprire la “grammatica delle emozioni”, per partire da modelli e codici riconoscibili. Abbiamo studiato la storia e la cultura hip-hop e abbiamo sperimentato diversi modi di praticare break dance e associare loro, grazie all’aiuto dei nostri arteducatori, diversi sentimenti e stati d’animo. Abbiamo costruito nuove pose e nuove mosse di break dance con l’aiuto di “personaggi modello”, come supereroi o altri personaggi dei fumetti. L’esperimento più riuscito è stato quello di improvvisare teatralmente scene di cose impossibili, come diventare invisibili o ottenere dei superpoteri.

La coreografia finale

Da questo lungo percorso abbiamo sviluppato la nostra coreografia finale, costruita nel corso delle settimane su esperienze accumulate durante le attività di auto-narrazione. Anche il nome della crew (il gruppo che ha portato in scena lo spettacolo) è stato il risultato di questo percorso: “gli invisibili”, un chiaro riferimento a quell’invisibilità elencata tra le cose “impossibili” che ci piacerebbe ottenere, ma anche come parola chiave dell’esperienza scolastica da cui spesso ci sentiamo completamente estranei. La base che ha accompagnato la nostra performance, Cara Italia di Ghali, era una delle canzoni utilizzate nell’esercizio di disegno delle emozioni; mentre l’utilizzo delle maschere si ispirava a uno dei video proposti all’inizio dell’attività.

Lo spettacolo

La messa in scena dello spettacolo finale è stata un’ultima sfida per mettere alla prova le nostre capacità individuali e collettive e il successo della performance ci ha riempito di orgoglio, specie per quegli sguardi di innocente fierezza propri di chi si approccia per la prima volta a un pubblico con la consapevolezza di stare per raccontare qualcosa di urgente.
 
 
GUARDA IL VIDEO FINALE DELLA COREOGRAFIA

Amarò Foro

Cos'è per noi la città? Amarò Foro per Confini Al Centro

Negli ultimi mesi abbiamo arricchito il laboratorio di Amarò Foro con nuovi contenuti. In vista della Convention “Confini Al Centro” che si è tenuta a Roma dall’11 al 13 maggio, ci è sembrato importante cominciare a chiederci: cos’è per noi la città? Cosa significa per un bambino o una bambina vivere in periferia e di cosa avrebbe bisogno? Interrogativi fondamentali che vanno di pari passi con gli obiettivi della pedagogia della cittadinanza e del progetto “Amarò Foro”, che in lingua Romanés vuol dire proprio “La nostra città”.

Il laboratorio

Ci siamo confrontati, ne abbiamo discusso insieme e, soprattutto, ci siamo fatti parecchie domande. Alla fine il mezzo migliore per esprimere i nostri pensieri e le sensazioni provate abbiamo scelto il rap. Nel breve testo di una canzone abbiamo racchiuso aspirazioni, paure e speranze per il futuro!
Ecco qual è stato il frutto del nostro lavoro:

La canzone

Le piazze, i parchi, i vicoli nascosti
Dove andrai, troverai qualcosa che non sai
In alcuni posti sirene, clown e mostri
Non solo la scuola mi ha insegnato ogni parola
Questi ragazzi non sanno rappare
Vorrei più spazio tra i palazzi per giocare
Vorrei che il mio banco fosse un foglio bianco
A casa sono stanco e di questo non mi vanto.

La presentazione per Confini Al Centro

L’avventura vissuta in questi mesi è stata documentata e presentata attraverso un video (vedi sotto) a tutti i partecipanti della Convention “Confini Al Centro”, innescando riflessioni e suscitando domande. Un lavoro importante che ha spianato la strada per i lavori che hanno portato all’eleborazione di un documento strategico di contrasto alla povertà urbana e educativa in Italia, con la speranza che possa entrare a fare parte dell’agenda poltica e del contratto di governo degli attuali decision makers.

Toy Library

È arrivata la Primavera anche nelle nostre Toy Libraries

Sole, bambini e… fantasia! La primavera ha portato tante nuove attività creative nelle toy libraries di Roma e Mazara del Vallo.

Aperture straordinarie e attività all’aperto

Con il Cubo Libro, Associazione partner a Roma e sede della Toy Library di Tor Bella Monaca, abbiamo iniziato le aperture straordinarie e ci siamo incontrati con i bambini dai 2 ai 6 anni che provengono dai centri educativi del territorio, poi – dopo aver formato un bel cerchio per fare spazio alle letture animate – abbiamo fatto vivere attraverso mimi e parole le fantastiche storie raccontate nelle pagine dei libri.
Con l’arrivo delle belle giornate giocare all’aperto è ancora più divertente e la stagione primaverile è ideale anche per iniziare le attività di giardinaggio e orto urbano nei praticelli che circondano Largo Mengaroni.

La campagna “Illuminiamo il futuro”

Intanto tra un laboratorio e l’altro ci prepariamo al 16 maggio, giornata che dedicheremo alla campagna di Save the Children “Illuminiamo il Futuro” per contrastare la povertà educativa, su cui vi terremo aggiornati nelle prossime settimane.

Un open day di karate a Mazara del Vallo

Anche con la Casa di Toy (la Toy library così ribattezzata dai piccoli attendenti) a Mazara del Vallo siamo nel pieno delle attività! Il 18 aprile abbiamo organizzato grazie ai nostri partner e amici dell’Associazione Casa della Comunità della Speranza un open day del Karate, aperto a bambine e bambini dai 4 agli 8 anni, durante il quale il Maestro Randazzo ci ha iniziato alle mosse base di quest’arte marziale.
E per non trascurare i genitori, ci siamo dati appuntamento per un laboratorio manuale a tema primaverile adatto a tutta la famiglia per ritagliare forme e colori di stagione!
 
IL PROGETTO TOY IN EUROPA
IL PROGETTO TOY IN ITALIA

Tor Bella Monaca

Tutti insieme per il "Feet Fantasy" al teatro di Tor Bella Monaca

Questo mese abbiamo provato nuove esperienze insieme a bambini e genitori della nostra scuolina (azione del progetto BAMBINI AL CENTRO), vivendo giornate all’insegna dell’esplorazione del quartiere di Tor Bella Monaca.

Alla scoperta del quartiere

Come prima tappa abbiamo scelto il teatro di Tor Bella Monaca, dove i bambini sono entrati a contatto per la prima volta con uno spazio completamente nuovo e ricco di stimoli. Palcoscenico, sedie pieghevoli, luci e colori: ogni cosa è stata per i più piccoli una nuova scoperta!

I bambini della scuolina al teatro di Tor Bella Monaca

Uno spettacolo al teatro di Tor Bella Monaca

Lo spettacolo in scena – il “Feet Fantasy” – ci ha entusiasmato, catapultandoci in un luogo dove il tempo sembrava essersi fermato. Uno spazio fatto di sensazioni, ascolto e empatia. Qui il corpo esprime e comunica una strada, emette suggestioni e produce stimoli, specialmente nella fantasia dei più piccoli. Come? Piedi e mani, solo loro, l’hanno fatta da padroni! Protagonisti dello show si sono raccontati storie comiche, poetiche e sognanti a ritmo di musica. Divertente e frizzante, i nostri bambini sono usciti con un ampio sorriso sul viso e con grande soddisfazione dei famigliari che hanno partecipato con noi all’attività.

L’incontro con Toy for Inclusion

Ma le avventure non si sono limitate a questo e, nel giorno di apertura straordinaria della Toy Library di Tor Bella Monaca (presso la biblioteca Cubo Libro), i bambini della scuolina hanno preso parte alle simpatiche letture animate facendo incontrare il progetto TOY For Incusion con Bambini al Centro, creando sinergie e ricadute positive su tutto il territorio. (Per tutte le informazioni sugli orari di apertura della Toy Library di Largo Mengaroni consulta QUI la locandina).

I bambini della scuolina nella Toy Library di Tor Bella Monaca

Una mamma ha detto…

Un bellissimo pomeriggio, quello di oggi qui alla TOY Library di largo Mengaroni – ha confidato la mamma di Chanel – porterò presto anche le mie figlie più grandi”.
 
 

Amarò Foro

"Guardaci negli occhi, anche noi ci siamo"

Dai diari di Amarò Foro 2016, ecco il racconto di Dzemila, una delle mediatrici del progetto che da ottobre si tiene all’interno del Polo Ex Fienile di Tor Bella Monaca.
All’inizio dei laboratori di Amarò Foro D. era un vera peste, non sapevo come avvicinarmi a lui, era scontroso e aggressivo. Spesso all’interno delle attività dava fastidio alle bambine con il solo scopo di farsi notare e mettersi in mostra. Con noi operatori si poneva spesso con tono provocatorio e manifestazioni di sfida. Era difficile per me, una donna, conquistare la sua attenzione e dovetti cercare una strategia per avere la sua attenzione e il suo rispetto.
Dato che all’interno del laboratorio anche gli operatori si mettono in gioco e partecipano alle attività gli proposi una “scommessa”, una sorta di sfida permanente tra di noi a suon di passi di break dance. Ad ogni incontro mi riservavo un momento con lui per mostrargli ciò che avevo imparato e per dargli la possibilità di dimostrare i suoi progressi.
Così è iniziato un dialogo tra di noi, un gioco solo nostro, parallelo alle attività; uno spazio che attivavo ogni volta che lo vedevo nervoso e agitato. Mi avvicinavo nei suoi momenti di maggior tensione e lo sfidavo a battermi, a ballare: gli dicevo magari che mi ero esercitata a casa e che lo avrei battuto, o che mi sentivo particolarmente in forma.
Lui aveva modo di sfogarsi nella danza e io di accogliere la sua tensione e mantenere attivo quel dialogo. Settimana dopo settimana lui ci metteva sempre più impegno sentendo di riuscire, sentendosi finalmente bravo in qualcosa.
Nel tempo D. è diventato più tranquillo e affettuoso, non ha mai saltato un incontro, talvolta ha preferito sperimentare la musica piuttosto che la danza, ma la nostra piccola sfida utile è rimasta aperta.
Mi ha colpito molto il suo impegno nei giorni che hanno preceduto lo spettacolo di natale: un misto di eccitazione incontenibile, ansia e voglia di far bene.
Sul palco D. è stato bravissimo, privo di timidezza, aperto e divertito dalla situazione, sicuro di sé. Ho avuto la sensazione che si prendesse una bella rivincita sul mondo cantando a squarcia gola e di fronte al pubblico di un teatro pieno: “Guardaci negli occhi, anche noi ci siamo”.
Dzemila Salkanovic
Mediatrice
Associazione 21 luglio

Primo giorno di scuola: lettera aperta alla ministra Giannini

Prendendo spunto dalle parole di Don Milani in “Lettera ad una professoressa” e da voci e testimonianze dei minori ascoltati per la redazione dei nostri rapporti sulla scolarizzazione, Carlo Stasolla – presidente di Associazione 21 luglio Onlus – scrive una lettera aperta alla ministra dell’Istruzione Stefania Giannini nel giorno di inizio del nuovo anno scolastico.
Cara Ministra,
lei di me non sa neanche il nome, non sa dove abito, non ha idea di come trascorro le giornate. Io invece, oggi, accompagnando mio fratello al suo primo giorno di scuola ho subito pensato a lei, alle maestre, a questo imponente edificio che voi chiamate “scuola”, che oggi rivedo dopo tanti anni e che continua a intimidirmi. La timidezza dei figli delle baraccopoli è l’eredità che ci hanno lasciato i nostri padri. Timidezza e rabbia che crescono ogni giorno nel nostro cuore, come sorelle di una stessa madre.
Ho ripensato al mio primo giorno di scuola. L’ho frequentata fino alla prima media vivendo in una baracca che oggi è diventata un container. Nessuno di voi mi ha chiesto perché avessi lasciato la scuola; pensavate di conoscere già la risposta.
Che i bambini delle baraccopoli non siano fatti per la scuola, infatti, lo pensano in molti. Lei lo certifica nelle “Linee guida” agli insegnanti quando scrive di noi che appaiamo “poco inclini a prestare attenzione al discorso rivolto dall’insegnante all’intera classe e ciò richiede di impostare percorsi di apprendimento specifici e personalizzati”. Non abbiamo nulla da replicarvi perché il coltello dalla parte del manico ce l’avete voi.
Ce l’avete quando, numeri alla mano, ci accusate di evadere la scuola dell’obbligo. Ma la scuola incoraggia i bravi e abbandona chi non ce la fa. Quando ho smesso di frequentare la prima media nessuno è venuto a bussare la porta della mia baracca. Pensate di comprendere i problemi della scuola ma non avete la pazienza di mettere gli occhi sulle statistiche. Allora le cifre si mettono a gridare contro di voi.
A Roma sono quasi 3.000 i figli delle baraccopoli che dovrebbero andare a scuola ma di essi il Comune ne intercetta solo il 40%. Che fine fa il rimanente 60%? Tra quelli avviati alla scuola il 30% rinuncia subito mentre il resto si fa coraggio ed inizia frequentare. La metà di essi frequenterà comunque una classe non conforme all’età anagrafica. A giugno scopriamo che solo 1 bambino frequentante su 10 è riuscito a farlo regolarmente. E’ la “strage” dei figli delle baraccopoli. Ma voi di loro non sapete neanche che esistono.
La vostra scuola dell’obbligo, a Roma, perde 2.880 figli delle baraccopoli ogni anno, bambini che al massimo potranno aspirare a diventare garzoni o manovali. Per cercare le cause a voi basta chiamarli “bambini rom”. La parola “rom” giustifica e risolve tutto. E’ un’etichetta che ci mettete sulla fronte dal primo giorno di scuola. Da quel momento ogni nostra mancanza sarà spiegata in nome di una “cultura” e noi diventiamo un numero che finisce nelle linee guida ministeriali, nei progetti di inclusione scolastica dei Comuni, nei programmi differenziati promossi da vari enti pubblici e privati, nelle strategie pedagogiche programmate su base etnica dagli esperti di settore.
Con quell’etichetta sulla fronte, dal primo giorno di scuola, per la maestra siamo diventati bambini “a parte”.
Ricordo quando alle elementari passavo tra i banchi e i miei compagni si spostavano per evitarmi turandosi il naso. I germi non li ho studiati a scienze. Li ho riconosciuti nel timore che i miei compagni provavano quando mi sfioravano. In prima media le maestre pensavano che a me non importasse nulla e quando mi invitavano a leggere io abbassavo gli occhi. Nessuno me l’aveva insegnato, visto che gli anni precedenti li avevo passati all’ultimo banco a disegnare. A scuola ho capito per la prima volta di non essere uguale, di essere uno “zingaro”.
Dal primo giorno di scuola inizi a sentire puzza di razzismo. E ti accorgi che è la stessa che i nostri genitori non sentono più perché c’hanno fatto l’abitudine.
“I vostri genitori non vengono ai colloqui”, ci rimproverate. Ma per farlo bisogna saper maneggiare l’italiano, avere un vestito adatto e il coraggio di subire la paura e la sorpresa che illumina la faccia degli altri genitori rivelando in classe la presenza di un alunno rom.
Oggi mio fratello inizierà il primo giorno di scuola. Da oggi maturerà la consapevolezza di essere diverso dagli altri e da oggi la rabbia comincerà a crescere insieme alla timidezza. Le due sorelle…
Ma se tutti i bambini nascono uguali e se in seguito non lo sono più, è colpa anche della scuola. La Costituzione, quando parla di mio fratello, che oggi inizia la scuola, dice che è compito della Repubblica “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Ma la scuola di oggi, quella che voi chiamate “buona”, ha più a cuore i programmi scolastici che la Costituzione.
Foto di La Repubblica

Roma, il Comune lascia per strada 123 famiglie

325 persone, tra cui 139 minori e decine di anziani gravemente malati, si ritroveranno improvvisamente per strada, senza un tetto sopra la testa, in seguito alla decisione del Comune di Roma di dimettere tutti gli ospiti accolti nel “centro di raccolta rom” di via Salaria 971, senza concedere loro alcuna alternativa abitativa adeguata.
Secondo quanto riportato nei fogli di dimissioni notificati alle famiglie e firmati dal Dipartimento Politiche Sociali e secondo le informazioni raccolte dall’Associazione 21 luglio, gli ospiti dovranno abbandonare la struttura «entro e non oltre la data del 28 marzo 2016».
L’Associazione 21 luglio esprime profonda preoccupazione per l’intervento che il Comune intende porre in atto perché questo avrebbe come sola conseguenza quella di rendere ulteriormente vulnerabili uomini, donne e bambini e di interrompere inevitabilmente il percorso scolastico di 55 minori che attualmente frequentano regolarmente la scuola.
A destare preoccupazione, in più, sono le motivazioni espresse dal Comune nei fogli di dimissioni. Si fa infatti riferimento al superamento «del tempo di permanenza presso la struttura, in considerazione del carattere di temporaneità dell’accoglienza». Tuttavia, sottolinea l’Associazione 21 luglio, l’entità del periodo di accoglienza nel centro di via Salaria non è presente in alcun regolamento della struttura, né è mai stato comunicato alle famiglie al momento dell’ingresso.
L’altra motivazione addotta dal Comune risulta invece l’infrazione, da parte delle famiglie, di regole fondamentali previste dal regolamento della struttura, quali il divieto di «ospitare irregolarmente persone esterne all’interno del centro». Prescrizioni particolarmente restrittive, tuttavia, che fanno riferimento a un regolamento non trasparente e non acquisibile per consultazione neanche dagli stessi ospiti, secondo l’Associazione 21 luglio.
Più volte, nel corso degli ultimi anni, l’Associazione 21 luglio ha puntato i riflettori sul centro di via Salaria, sottolineando la necessità di superare con urgenza una struttura priva dei requisiti strutturali e organizzativi previsti dalla legge regionale e nazionale e in cui, dal novembre 2009, sono concentrate comunità rom su base etnica e in violazione dei diritti fondamentali. Il centro, peraltro, è gestito dal Consorzio Casa della Solidarietà, che è stato commissariato in virtù degli sviluppi dell’inchiesta su “Mafia Capitale”.
«Superare questa struttura attraverso dimissioni collettive che non prevedono alternative abitative adeguate – afferma l’Associazione 21 luglio – è però la scelta peggiore tra le opzioni possibili. Mettere sulla strada 123 nuclei familiari, interrompere la frequenza scolastica dei bambini, negare l’accoglienza a decine di anziani con invalidità anche gravi: è questa l’interpretazione della Strategia Nazionale per l’inclusione dei Rom che il Comune di Roma intende declinare sul territorio?».
L’Associazione 21 luglio chiede pertanto al Comune di Roma una immediata sospensione della chiusura del “centro di raccolta” di via Salaria e l’apertura di un Tavolo, che veda coinvolti i rom, per la definizione di scelte che vadano verso il superamento del “centro di raccolta” secondo tempi congrui e nel rispetto dei diritti umani delle 325 persone accolte.

Infanzia in Italia: il bilancio del Gruppo CRC

Pubblichiamo di seguito il comunicato stampa, diramato in occasione della Giornata internazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, dal Gruppo CRC, il Gruppo di lavoro per la Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza di cui anche l’Associazione è parte integrante.
Nel 2015 alcuni passi avanti importanti sono stati fatti per la tutela dell’infanzia e adolescenza in Italia e in linea con le raccomandazioni espresse dal Gruppo CRC: negli ultimi mesi, infatti, sono state approvate diverse misure legislative quali la legge di Ratifica del Terzo Protocollo Opzionale alla CRC, relativo alla «procedura di presentazione di comunicazioni» che prevede, per la prima volta, la possibilità di presentare segnalazioni o vere e proprie denunce al Comitato ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, nel caso di violazioni dei diritti; la Legge 173/2015 sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare, con cui nel superiore interesse del minore si garantisce la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l’affidamento con gli affidatari; la legge di Ratifica della Convenzione dell’Aja del 1996 sulla responsabilità genitoriale e la protezione dei minori, firmata già nel 2003. Importanti novità arrivano anche dalla legge di stabilità, ancora in corso di approvazione, in cui sono state previste risorse per il contrasto alla povertà minorile e il rifinanziamento del fondo per le adozioni internazionali. Lo scorso 28 luglio, inoltre, l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza ha approvato la bozza del Quarto Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, ora al vaglio della Commissione Parlamentare Infanzia e della Conferenza Regioni, e che auspichiamo venga adottato definitivamente entro fine anno e che trovi un finanziamento adeguato. Il Piano dovrebbe impegnare il Governo alla realizzazione delle azioni in esso previste per il periodo 2016-2017 secondo quattro direttrici, lotta alla povertà minorile, politiche per servizi socio-educativi per la prima infanzia e scolastici, integrazione scolastica e sociale, sostegno alla genitorialità e del sistema integrato dei servizi e accoglienza.
Segnali positivi che ci fanno ben sperare nella programmazione di un agenda politica che riporti l’attuazione dei diritti dell’infanzia tra le proprie priorità, anche se occorre tener presente che dall’analisi realizzata dal Gruppo CRC emerge la mancanza di una strategia complessiva e una visione di lungo periodo. Anche sul fronte raccolta dati sull’infanzia, si resta un passo indietro. Permane la carenza del sistema italiano di raccolta dati inerenti l’infanzia e l’adolescenza, lacuna che non permette di stimare l’incidenza di importanti fenomeni e costituisce un impedimento per la programmazione e la realizzazione di politiche ed interventi idonei e qualificati.
Negli ultimi quindici anni il Gruppo CRC, un network composto dalle principali associazioni che si occupano attivamente della tutela e promozione dei diritti dell’infanzia in Italia, ha monitorato l’attuazione della Convenzione in Italia, attraverso l’elaborazioni di rapporti di aggiornamento e l’organizzazione di incontri istituzionali di confronto con le istituzioni competenti a livello centrale e locale. Dall’ 8° Rapporto CRC emerge chiaramente che ci sono ancora tanti bambini che fin dalla nascita soffrono di carenze che ne compromettono lo sviluppo fisico, mentale scolastico, relazionale. 1 bambino su 7 nasce e cresce in condizioni di povertà assoluta, 1 su 20 assiste a violenza domestica e 1 su 100 è vittima di maltrattamenti. 1 su 20 vive in aree inquinate e a rischio di mortalità. 1 su 50 soffre di una condizione che comporterà una disabilità significativa all’età dell’ingresso nella scuola primaria, 1 su 500 vive in strutture di accoglienza. Più di 8 bambini su 10 non possono usufruire di servizi socio-educativi nei primi tre anni di vita e 1 su 10 nell’età compresa tra i 3 e i 5 anni. Da questi numeri appare chiaro che occorre realizzare politiche adeguate costruire un qualificato sistema integrato per l’infanzia e l’adolescenza, impegnando adeguati e stabili investimenti finanziari e introducendo un meccanismo permanente di monitoraggio della spesa.
“Oggi in occasione della Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – dichiara Arianna Saulini coordinatrice del Gruppo CRC e responsabile advocacy di Save the Children – chiediamo ai presidenti di Camera e Senato di provvedere alla nomina in scadenza dell’Autorità Garante per l’infanzia e al Parlamento che s’impegni ad adottare gli altri importanti provvedimenti a favore dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in discussione. Così come raccomandato nell’8° Rapporto CRC si ribadisce la necessità di immediata approvazione al Senato della legge sulla cittadinanza che mira a favorire l’acquisizione della cittadinanza per i minorenni di origine straniera nati e cresciuti nel territorio, approvata dalla Camera lo scorso 13 ottobre, la cui adozione definitiva rappresenterebbe un importante passo avanti verso il riconoscimento dei diritti delle seconde generazioni. A questa si affianca alla Camera, la proposta per misure di protezione e accoglienza dei minori stranieri non accompagnati Il nostro auspicio è che il 20 novembre diventi non solo un momento celebrativo, ma l’occasione di un confronto mirato e un momento di riflessione e valutazione delle politiche e azioni attuate per l’infanzia e adolescenza nel nostro Paese e che si passi da un’affermata cultura dell’infanzia anche a politiche e provvedimenti lungimiranti”.
Per ulteriori informazioni:
Ufficio stampa Save the Children Italia
Tel: 06.48.07.0023/81/63
ufficiostampa@savethechildren.org 
oppure il sito dedicato: www.gruppocrc.net
Nota. La CRC e il Gruppo di lavoro per la Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza
Per verificare che i principi sanciti dall’importante documento siano effettivamente rispettati, le Nazioni Unite chiedono a ogni Stato di redigere e presentare ogni 5 anni un rapporto. Inoltre, per dare voce anche al punto di vista della società civile, le organizzazioni non governative e del terzo settore hanno la possibilità di elaborarne un proprio rapporto supplementare: il Governo italiano ha presentato l’ultimo rapporto nel 2009 mentre il Gruppo CRC ha presentato il suo 2° Rapporto Supplementare nel 2010. Nel 2011, una delegazione del Gruppo CRC ha partecipato alla pre-sessione con il Comitato ONU in cui è state esaminata l’Italia. Il prossimo appuntamento con il Comitato ONU è previsto per il 2017.
Il Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) nasce nel 2000: l’anno successivo redige un rapporto sulla condizione dell’infanzia in Italia supplementare a quello che il Governo italiano aveva precedentemente presentato alle Nazioni Unite. Il Gruppo CRC ha quindi deciso di proseguire nell’opera di monitoraggio della CRC in Italia redigendo annualmente un rapporto di aggiornamento che verifica i progressi e le criticità riscontrate in ordine all’applicazione della Convenzione Onu sui Diritti del l’infanzia e dell’adolescenza nel nostro Paese. I vari rapporti di monitoraggio realizzati in questi anni sono stati propedeutici al 2° Rapporto Supplementare, articolato in 8 capitoli, tanti quanti sono i gruppi tematici in cui il Comitato Onu ha suddiviso i diritti della CRC.

Giornata Infanzia: in Italia 17 mila minori rom in condizioni di grave disagio

Nel nostro Paese, circa 17 mila bambini e adolescenti rom continuano a vivere in condizioni di grave disagio abitativo, igienico e sanitario, vittime di discriminazione ed emarginazione.
Lo denuncia l’Associazione 21 luglio in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, che si celebra domani per ricordare l’adozione, il 20 novembre 1989, della Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
La questione abitativa dei rom in Italia, che continua ad essere affrontata dalle istituzioni attraverso approcci discriminatori e basati su una visione emergenziale, è alla radice del profondo disagio che caratterizza il presente e il futuro dei bambini e adolescenti rom. Oggi, infatti, nel nostro Paese circa 11 mila minori rom vivono nei quasi 200 insediamenti formali, ovvero creati e gestiti dalle istituzioni, mentre più di 6.000 risiedono in insediamenti informali costituiti da tende e baracche. Un numero in costante aumento per effetto di politiche non lungimiranti e inefficaci, che tendono non a risolvere ma ad aggravare la problematica, reiterando le ormai consolidate dinamiche dell’esclusione sociale.
Una delle conseguenze più evidenti delle condizioni abitative in cui vivono i minori rom è quella legata alle “malattie della povertà” che si declina, nella vita del bambino o dell’adolescente, nelle cosiddette “patologie da ghetto”. La vita nel ghetto incide fortemente sull’aspettativa di vita dei rom, che risulta mediamente più bassa di circa 10 anni rispetto al resto della popolazione.
La condizione abitativa ha inoltre un impatto negativo sul percorso scolastico dei minori rom, caratterizzato dall’abbandono e da una frequenza discontinua. Chi vive nei cosiddetti “campi nomadi” avrà possibilità prossime allo 0 di accedere ad un percorso universitario, mentre quelle di poter frequentare le scuole superiori non supereranno l’1%. In 1 caso su 5, del resto, il minore rom abitante del “campo” non inizierà mai il percorso scolastico.
Ad incidere sul disagio dei bambini e degli adolescenti rom vi è infine la questione degli sgomberi forzati degli insediamenti informali, che hanno conseguenze drammatiche sulla vita dei minori e rendono ancora più vulnerabili le loro famiglie, spostandole da una parte all’altra della città.
Particolare preoccupazione suscita l’impennata di sgomberi forzati registratisi nella Capitale in seguito all’annuncio del Giubileo della Misericordia da parte di Papa Francesco: sistematiche violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale che l’Associazione 21 luglio ha voluto portare all’attenzione della pubblica opinione attraverso il lancio della campagna #PeccatoCapitale, una raccolta firme per chiedere alle autorità capitoline una moratoria sugli sgomberi forzati alla quale hanno già aderito 25 associazioni e personaggi noti come Roberto Saviano, Gad Lerner, Ascanio Celestini, Piotta, Sabina Guzzanti e Padre Alex Zanotelli.
Malgrado lo sgombero forzato di un insediamento, così come l’allontanamento di un minore rom dalla famiglia naturale, venga giustificato dal “superiore interesse del minore”, spesso si rileva dietro queste azioni un carattere di sproporzionalità che porta a compromettere, talvolta in maniera irrimediabile, una condizione familiare e sociale già difficile dalla nascita.
«Nonostante il drammatico quadro – afferma l’Associazione 21 luglio – le amministrazioni locali e nazionali sembrano muoversi in una direzione contraria alla risoluzione della problematica del disagio dei bambini e degli adolescenti rom in Italia. Anche nella Giornata che verrà celebrata domani, sembra essere l’amnesia la vera protagonista delle politiche che si continuano a mettere in atto. Costruzione di nuovi “campi”, azioni di sgombero, politiche scolastiche differenziate, discorsi d’odio e di discriminazione: questo è il leitmotiv che anche oggi condiziona il futuro dei minori rom. Bambini e giovani che rappresentano la cartina di tornasole della civiltà e del livello di democrazia del nostro Paese che predilige nascondere le problematiche sotto il tappeto ed affrontare all’insegna dell’emergenza una questione che meriterebbe riflessione e programmazione nel lungo periodo».
Per approfondire:
Rapporto Terminal Barbuta: presente e futuro dei minori nel campo “La Barbuta” a Roma
Rapporto “Figli dei campi”: libro bianco sull’infanzia rom in emergenza abitativa in Italia
Rapporto “Mia Madre era rom”. Le adozioni dei minori rom nel Lazio
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Contatti:

Danilo Giannese
Comunicazione e Ufficio Stampa
Associazione 21 luglio
Tel: 388 4867611 – 06 64815620
Email: stampa@21luglio.org
www.21luglio.org

Rom contrari alla scolarizzazione? Mio figlio va all’università

I figli di Dzemila sono nati in un “campo”. Crescendo, la madre si è battuta perché frequentassero la scuola sin dall’asilo. Voleva che i suoi bambini avessero le stesse opportunità di tutti i loro coetanei. «C’è chi dice che le mamme rom non vogliono mandare i propri bambini a scuola, ma non è vero. Oggi mio figlio è iscritto all’università».
Dzemila è nata in Montenegro ma vive in Italia fin da quando aveva tre anni. È vissuta in diverse parti d’Italia ma poi si è stabilizzata a Roma dove ha vissuto nel grande “campo” Casilino 900. Qui è rimasta per ben 23 anni. Nel frattempo si è sposata e ha avuto dei figli. Suo marito è un non rom e, insieme, hanno deciso di continuare a vivere nel “campo” sia per manifestare solidarietà nei confronti degli altri abitanti, sia per dare una testimonianza agli occhi dei non rom, dimostrando che è possibile vivere in un “campo” lavorando onestamente.
È diffuso il pregiudizio nella società che le famiglie rom non vogliano mandare i figli a scuola per scelta. In realtà le difficoltà relative alla scolarizzazione di alcuni minori sono legate ad una serie di criticità riguardanti le condizioni di vita in cui versano le loro famiglie. Prima fra tutte la questione dell’alloggio. Chi vive in insediamenti informali è soggetto a continui spostamenti a causa degli sgomberi forzati durante i quali –oltretutto – vengono distrutti i pochi effetti personali posseduti, tra cui anche i libri scolastici.
Non è più semplice la situazione di quanti risiedono nei “campi” istituzionali, collocati in luoghi molto distanti dal tessuto urbano e quindi anche dagli istituti scolastici. Alcuni hanno raccontato di raggiungere il proprio istituto scolastico dopo due ore di viaggio già distrutti fisicamente. Dove invece sono predisposti i servizi di navetta, esclusivamente per bambini rom, i pullman sono molto spesso in ritardo e alcuni minori sono costretti a saltare la prima e l’ultima ora di lezione.
La povertà, l’esclusione sociale e la precarietà delle condizioni abitative hanno ripercussioni devastanti non solo sulle condizioni di vita ma anche sullo stato di salute fisica e psichica dei minori rom, influendo negativamente sulle possibilità di accesso all’istruzione e, spesso, sul rendimento scolastico stesso.
Molti dei bambini che barcamenandosi tra i tanti ostacoli continuano a frequentare la scuola, vivono una condizione di esclusione ed emarginazione dovuta alle loro origini o alla situazione di povertà. Un bambino che viene dal “campo” sarà sempre diverso agli occhi di compagni e insegnanti.
«Nonostante tutte le difficoltà i miei figli sono sempre andati a scuola. Tutti i giorni», riferisce Dzemila, e racconta di come successivamente a lei e la sua famiglia sia capitato di ricevere una bellissima opportunità, quella di diventare responsabili di un centro di accoglienza per rifugiati. «Si è aperto un nuovo capitolo della nostra vita», ricorda, «in cui eravamo noi a dare accoglienza piuttosto che essere accolti». Si parlavano cento lingue stando a contatto con altrettante culture diverse, si viveva nella condivisione con le altre persone della struttura in un contesto pieno di stimoli che ha contribuito all’arricchimento reciproco.
Ora uno dei suoi figli frequenta l’università e sta per laurearsi, l’altro vive a Berlino e lavora come attivista per progetti finalizzati alla tutela dei diritti umani. Non vivono più in un centro o in un “campo”, ma in una casa normale come tutti.
Tra le altre cose, oggi Dzemila si occupa dei processi di apprendimento e inserimento scolastico dei minori rom che vivono in condizioni di disagio. «Se alle persone dai un’opportunità, le porte e il futuro si aprono per tutti. Anche per i rom che oggi vivono ai margini».

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