L’impatto devastante della chiusura dei “nasoni” a Roma
Tutti a Roma li conoscono come i “nasoni”. Sono le storiche fontanelle che erogano acqua pubblica in tutta la città dal centro alla periferia, circa 2.500 è il numero complessivo.
In questi giorni di caldo africano e siccità, le fontanelle della Capitale sono entrate nel dibattito istituzionale: “Ho apprezzato l’ordinanza della sindaca – ha detto il Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti in riferimento all’ordinanza comunale emessa nei giorni scorsi per limitare l’uso superfluo di acqua – ma sarebbe anche un bel segnale, ad esempio, interrompere l’erogazione dei nasoni, almeno per qualche giorno”.
Certo, interrompere l’erogazione di acqua potrebbe comportare una riduzione degli sprechi, ma quali altre conseguenze potrebbero verificarsi, e sopratutto chi ne pagherebbe le spese?
Secondo un’indagine sulla condizione delle persone che vivono in povertà estrema realizzata tre anni fa – a seguito di una convenzione tra Istat, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora e Caritas Italiana – sono 7.700 a Roma le persone senza fissa dimora che utilizzano i servizi mensa o accoglienza notturna della Caritas. Ma il numero non è certo esaustivo e ad essi andrebbero aggiunti i transitanti (minori e non) e le famiglie rom in emergenza abitativa che vivono in insediamenti informali. Per tutte queste persone i “nasoni” costituiscono l’unica fonte di approviggionamento di acqua per bere, cucinare e lavarsi.
Secondo Associazione 21 luglio, bloccare l’acqua delle fontanelle significherebbe negarne l’accesso ai circa 10 mila indigenti che vivono nella Capitale, persone “invisibili” di cui tendiamo a dimenticare l’esistenza e i bisogni ma che continuano a esistere, nonostante tutto. L’interruzione dell’erogazione dell’acqua dalle fontanelle della Capitale – così come auspicato dal ministro Galletti – avrebbe un effetto devastante sulla vita giornaliera di migliaia di persone – tra cui anche bambini e neonati.
Ben più a monte dei “nasoni”, gli sprechi d’acqua in Italia iniziano da una rete idrica obsoleta, per cui la perdita tra la fase di erogazione e quella di effettiva ricezione è pari a ben il 27%.
Evitare gli sprechi è senz’altro un dovere, ma è bene interrogarsi sulle conseguenze, dirette e indirette, che ogni azione può avere anche in contesti apparentemente lontani.