corso paralegali.

Paralegali in difesa dei diritti umani: al via i corsi al Polo ex Fienile

Il corso per paralegali di Casa Sar San è iniziato, con dieci iscritti e tanto entusiasmo.
Nei primi incontri si è cominciato a conoscersi e a creare fiducia nel gruppo, lasciando spazio alle presentazioni e a brevi giochi di team building. Ma fin da subito i partecipanti sono stati introdotti alle nozioni generali sui diritti umani, cosa sono e quali leggi li tutelano; sono poi passati alla definizione di discriminazione illustrando gli strumenti nazionali e internazionali per combatterla.
“I nostri studenti stanno prendendo autocoscienza delle problematiche connesse ai diritti umani, alla discriminazione o all’apolidia con un atteggiamento proattivo – spiega uno dei formatori – anche perché in molti casi affrontano questioni che ritrovano nella loro vita quotidiana, diventando a propria volta veicolo di diffusione nella loro stessa comunità”.
Poco a poco gli incontri diventeranno sempre più specifici, scendendo nei dettagli pratici per preparare gli iscritti a quelle che saranno le lezioni pratiche sul campo e che li vedranno confrontarsi con pratiche reali: domande per il riconoscimento della cittadinanza, richiesta di documenti e permessi di soggiorno.
Al termine del corso, due persone – tra le più meritevoli – verranno selezionate per un tirocinio durante il quale verrà acquisita esperienza sul campo affiancando un legale nella gestione delle principali pratiche riguardanti il diritto dei migranti.

Amarò Foro

Dai diari Amarò Foro: quello che insegnano i bambini

Florin – giovane attivista per i diritti umani – ha lavorato per tre mesi come tirocinante all’interno del progetto Amarò Foro affiancando l’equipe educativa nei laboratori di arteducazione. Ecco un breve estratto della sua esperienza.
Conoscere i bambini che prendono parte al progetto e vedere i loro grandi sorrisi, mi ha fatto tornare indietro nel passato ricordandomi come ero io alla loro età.
Vedendo l’importanza del lavoro e della relazione con gli educatori durante i laboratori ho capito quanto sia fondamentale essere seguiti da professionisti durante il difficile percorso della crescita.
Ho partecipato per tre mesi sia alle attività dell’educativa di strada sia ai laboratori, e ho potuto osservare che alla fine della giornata i bambini erano esausti ma contentissimi e fieri di loro stessi.
La cosa che più mi è piaciuta è stato il gioco di rito con cui si iniziavano le giornate: in cerchio ognuno apriva le mani come petali di un grande fiore comune e una volta finita l’attività il grande fiore veniva richiuso e portando i pugni al petto dicevamo ai bambini che ciò che avevamo imparato lo portavano via con loro. Trovavo molto bella l’intensità che i bambini vivevano in quel momento, la loro concentrazione.
Tra i bambini con cui ho lavorato c’è una ragazza che mi ha colpito particolarmente e con cui sento di aver creato un rapporto speciale: lei è più grande degli altri ed è affetta dalla sindrome di down. Partecipando alle attività mi sono reso conto che aveva parecchie difficoltà a relazionarsi con gli altri bambini e offrendole la mia attenzione l’ho aiutata ad avvicinarsi a loro e a integrarsi nel gruppo.
Pian piano ho visto come il resto del gruppo ha cominciato a scherzare più frequentemente con lei e a invitarla con maggiore entusiasmo a giocare insieme. La cosa più bella di questa esperienza è stata ricordarmi di come i bambini non conoscano razzismi.
Noi adulti diamo spesso lezioni ai bambini, ma anche loro ne hanno tante per noi. Magari le conosciamo già, ma a volte ci accorgiamo di essercele dimenticate.
Questa esperienza mi ha fatto tanto crescere, i bambini che ho conosciuto mi hanno lasciato un grande bagaglio che porterò con me e sono fiero di aver partecipato a una breve parte della loro vita.
Florin Fota
Attivista per i diritti umani

Amarò Foro

"Guardaci negli occhi, anche noi ci siamo"

Dai diari di Amarò Foro 2016, ecco il racconto di Dzemila, una delle mediatrici del progetto che da ottobre si tiene all’interno del Polo Ex Fienile di Tor Bella Monaca.
All’inizio dei laboratori di Amarò Foro D. era un vera peste, non sapevo come avvicinarmi a lui, era scontroso e aggressivo. Spesso all’interno delle attività dava fastidio alle bambine con il solo scopo di farsi notare e mettersi in mostra. Con noi operatori si poneva spesso con tono provocatorio e manifestazioni di sfida. Era difficile per me, una donna, conquistare la sua attenzione e dovetti cercare una strategia per avere la sua attenzione e il suo rispetto.
Dato che all’interno del laboratorio anche gli operatori si mettono in gioco e partecipano alle attività gli proposi una “scommessa”, una sorta di sfida permanente tra di noi a suon di passi di break dance. Ad ogni incontro mi riservavo un momento con lui per mostrargli ciò che avevo imparato e per dargli la possibilità di dimostrare i suoi progressi.
Così è iniziato un dialogo tra di noi, un gioco solo nostro, parallelo alle attività; uno spazio che attivavo ogni volta che lo vedevo nervoso e agitato. Mi avvicinavo nei suoi momenti di maggior tensione e lo sfidavo a battermi, a ballare: gli dicevo magari che mi ero esercitata a casa e che lo avrei battuto, o che mi sentivo particolarmente in forma.
Lui aveva modo di sfogarsi nella danza e io di accogliere la sua tensione e mantenere attivo quel dialogo. Settimana dopo settimana lui ci metteva sempre più impegno sentendo di riuscire, sentendosi finalmente bravo in qualcosa.
Nel tempo D. è diventato più tranquillo e affettuoso, non ha mai saltato un incontro, talvolta ha preferito sperimentare la musica piuttosto che la danza, ma la nostra piccola sfida utile è rimasta aperta.
Mi ha colpito molto il suo impegno nei giorni che hanno preceduto lo spettacolo di natale: un misto di eccitazione incontenibile, ansia e voglia di far bene.
Sul palco D. è stato bravissimo, privo di timidezza, aperto e divertito dalla situazione, sicuro di sé. Ho avuto la sensazione che si prendesse una bella rivincita sul mondo cantando a squarcia gola e di fronte al pubblico di un teatro pieno: “Guardaci negli occhi, anche noi ci siamo”.
Dzemila Salkanovic
Mediatrice
Associazione 21 luglio

corso attivisti diritti umani.

Iscrizioni aperte per la 4a edizione del corso attivisti per i diritti umani

Associazione 21 luglio apre le iscrizioni per la 4° edizione del Corso di Formazione per giovani attivisti italiani e stranieri.
Associazione 21 luglio invita tutti gli interessati a presentare la propria candidatura per la 4° edizione del Corso di formazione per attivisti dei diritti umani italiani e stranieri.
Il Corso di formazione per attivisti dei diritti umani è rivolto a giovani, studenti o attivisti che vivono nel Comune di Roma. Il Corso rappresenta un’eccellente occasione di scambio, confronto di idee ed esperienze, spunti di dibattito e di azione per i partecipanti.
Il Corso avrà una durata complessiva di 20 ore, suddivise in lezioni partecipate che forniranno ai partecipanti le nozioni base, e in laboratori, dove i concetti teorici verranno messi in pratica.
Il programma comprenderà i seguenti argomenti:
1) I diritti umani: concetto, principi e strumenti;
2) Status degli stranieri e diritti umani;
3) Il diritto a un alloggio adeguato e esempi di attivismo;
4) Il diritto al lavoro e esempi di attivismo;
5) Il diritto all’educazione e esempi di attivismo;
6) Il diritto alla salute e l’accesso ai servizi;
7) I discorsi d’odio e i mezzi di contrasto;
8) La comunicazione: strumenti utili per gli attivisti;
9) La discriminazione e le azioni pilota.
Lo scopo principale del Corso è la formazione di giovani che siano attivi e consapevoli, e che possano utilizzare gli strumenti e i meccanismi nazionali, regionali e internazionali per tutelare i loro diritti umani come singoli e quelli delle loro comunità, e lottare contro ogni forma di discriminazione.
Le selezione dei 12 corsisti che seguiranno l’intero percorso formativo avverrà a inizio aprile. I 12 candidati selezionati parteciperanno agli incontri formativi che si terranno da venerdì 14 aprile a venerdì 12 maggio a Roma.
I costi di viaggio per i 12 corsisti selezionati sono totalmente a carico degli organizzatori.
Al termine del corso, i partecipanti riceveranno un attestato di partecipazione potranno decidere se prender parte al secondo modulo di formazione.
Al termine del secondo modulo i più meritevoli avranno la possibilità di svolgere un tirocinio retribuito della durata di 3 mesi presso la sede dell’Associazione 21 luglio a Roma.
Obiettivi del Corso:
Il Corso di formazione per attivisti dei diritti umani fa parte del programma dell’Associazione 21 luglio, per sostenere e promuovere la cittadinanza attiva.
Gli obiettivi primari del corso sono:
• creare consapevolezza nei giovani italiani e stranieri riguardo i loro diritti come individui e come parte della collettività;
• sviluppare le loro conoscenze sugli strumenti di protezione e promozione dei diritti umani e di lotta contro la discriminazione a livello nazionale (legislazione nazionale), regionale (Trattati Europei, altri meccanismi del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea) e internazionale (Trattati e meccanismi delle Nazioni Unite);
• rafforzare le capacità di monitoraggio, denuncia e difesa contro le violazioni dei diritti umani al fine di essere in grado di reagire immediatamente in caso di violazioni dei diritti umani;
• aumentare le abilità di mettere in pratica i concetti appresi all’interno delle organizzazioni e delle comunità;
• promuovere una rete di giovani attivisti dei diritti umani in Italia che possa agire attivamente, sia tramite il rafforzamento dei legami con la società civile e con le organizzazioni, sia attraverso la creazione di azioni che coinvolgano le comunità di riferimento nella lotta per i loro diritti.
Requisiti:
I candidati dovranno:
• possedere una buona conoscenza della lingua italiana orale e scritta (il corso prevede la lettura di documenti e materiale didattico);
• avere un’età compresa tra i 18 e i 35 anni;
• possedere almeno un diploma di scuola media;
• dimostrare di essere individui attivi all’interno delle rispettive comunità;
• essere molto motivati e interessati alle tematiche trattate.
Si consiglia vivamente anche ai candidati che non dovessero soddisfare uno dei requisiti relativi all’età e alla formazione scolastica, ma che fossero molto motivati, di inoltrare la domanda di iscrizione. La loro domanda verrà comunque accettata con riserva e valutata attentamente dal comitato selezionatore.
Procedura per la presentazione delle domande:
I candidati dovranno presentare quanto segue per poter partecipare al Corso:
1. Modulo di iscrizione compilato – Clicca QUI,
2. Curriculum Vitae (MAX 2 Pagg);
3. Lettera di presentazione da parte di un insegnante, professore, presidente o esponente di un’organizzazione, datore di lavoro o leader religioso che sia a conoscenza del lavoro del candidato e del suo impegno nel campo dei diritti. La lettera dovrà spiegare la natura della relazione con il candidato, la durata della conoscenza reciproca ed evidenziare i principali motivi che rendono il candidato adatto a partecipare al Corso di formazione per attivisti.
Tutte le domande di iscrizione, corredate della documentazione di supporto completa, dovranno essere presentate tassativamente entro il 31 marzo 2017. Si invitano cordialmente i candidati a presentare le proprie domande di partecipazione prima di tale scadenza.
Le domande di iscrizione complete dovranno essere inviate per e-mail, come allegato, all’indirizzo info@21luglio.org con oggetto: Corso di formazione attivisti per i diritti umani – Nome Cognome
Oppure consegnate a mano, dopo aver contattato l’Associazione 21 luglio al numero 329 86 97 929, entro le ore 12 del 31 marzo 2017.

Associazione 21 luglio cambia pelle…ma non il cuore

Nata 7 anni fa con una mission chiara e definita – la tutela e la promozione dei diritti delle comunità rom e sinte in Italia – Associazione 21 luglio, dopo lunghi mesi di attenta riflessione e profonda analisi, cambia pelle.
Lo fa in maniera formale, con un nuovo sito, ma anche in maniera sostanziale, con una mission rinnovata. D’ora in avanti Associazione 21 luglio avrà come obiettivo quello di supportare individui e gruppi in condizione di segregazione estrema e di discriminazione tutelandone i diritti e promuovendo il benessere delle bambine e dei bambini.
Sono duplici i motivi che hanno portato a questa scelta.
Il primo risiede nel voler esplicitare, nella sua battaglia per i diritti delle comunità rom in Italia – attività che resterà intatta rispetto al passato – il suo approccio. Associazione 21 luglio lotterà, e continuerà a lottare, per i diritti delle comunità rom non in quanto tali, ma in quanto segregate e discriminate. Il suo focus saranno quindi quelle famiglie che vivono, come dichiara la nuova mission, la segregazione estrema e la discriminazione; e di queste, lo sappiamo bene, molte sono rom. Nonostante i traguardi sinora raggiunti resta ancora moltissimo da fare e Associazione 21 luglio resterà in prima linea su questo fronte.
Approccio etnico e approccio fondato sui diritti: due dimensioni che soprattutto negli ultimi anni si sono rivelate inconciliabili. Associazione 21 luglio con la nuova mission esplicita la sua volontà di porsi sul solco del secondo approccio, quello radicato nei diritti umani. Associazione rom o associazione pro rom, chiederà qualcuno secondo il linguaggio attualmente in voga? Associazione per i diritti di chi è segregato e discriminato, risponderemo noi. Oggi la gran parte di essi sono rom e su questo continueremo a vigilare come nel passato. Ma sappiamo bene quanto le ultime vicende legate a crisi economiche e fenomeni migratori abbiamo esteso questo fronte sul quale inizieremo a concentrare spazi di attenzione.
Il secondo motivo nasce dalla constatazione che ogni attività educativa, che con quella dei diritti rappresenta uno dei due assi su cui si muove Associazione 21 luglio, non può essere efficace se mantenuta in una dimensione di ghettizzazione etnica e di discriminazione positiva. Essa vive e cresce se capace di creare, dentro e fuori, “contaminazione”. A partire dal 2017 implementeremo le nostre attività rivolte ai bambini, ai ragazzi e alle donne privilegiando la compresenza di persone rom e non rom nella convinzione assoluta che solo insieme si può crescere, condividere, sognare. Ponendo la parità di genere in una dimensione di assoluta centralità.
Nelle prossime settimane inaugureremo la seconda sede operativa di Associazione 21 luglio, il Polo di sviluppo educativo e culturale Ex Fienile, dove la nostra nuova mission sarà pienamente vissuta da dentro e visibile fuori. Come sempre la declineremo con entusiasmo e professionalità e proveremo a raccontarvela con chiarezza e passione. Il Polo sorge a Tor Bella Monaca, nel cuore dell’estrema periferia romana, non lontano dalla baraccopoli di via di Salone. Non è assolutamente una scelta casuale.
Associazione 21 luglio cambia pelle ma non il cuore! Che resta a fianco di chi la periferia la abita, a partire dall’infanzia, dentro una baracca o all’interno di una scatola di cemento, ponendo al centro i diritti fondamentali che appartengono ad ogni individuo. Al di là della sua origine etnica, della sua religione, della sua condizione sociale; mantenendo la piena indipendenza economica che da sempre ha caratterizzato il nostro operato e che rappresenta la cartina di tornasole della nostra libertà.
La stessa che oggi ci consente, dopo 7 anni, di girare una pagina della nostra storia e di aprirne un’altra per iniziarne la scrittura. Senza tentennamenti e con il coraggio di chi è chiamato ad affrontare nuove sfide. Nella speranza che sempre più persone – che oggi abitano i bassifondi delle periferie delle nostre città – possano, anche attraverso Associazione 21 luglio, rivendicare e riscoprire una cittadinanza ancora non pienamente compiuta ma alla quale tutti abbiamo il dovere di aspirare.
Carlo Stasolla

unità di strada socio-sanitaria

L'unità di strada socio-sanitaria per donne e bambini ai margini

Per intervenire sulla facilitazione dell’accesso ai servizi socio-sanitari da parte di donne e bambini in condizione di disagio e marginalità, l’unità di strada del progetto Casa Sar San ha ottenuto importanti risultati nei suoi primi due anni e mezzo di lavoro.
In questo periodo di riferimento ha supportato circa cento persone tra donne, uomini e bambini che hanno avuto accesso ripetuto a visite specialistiche, esami o vaccinazioni e a cui è stato rilasciato il codice ENI.
A partire da febbraio dell’anno prossimo l’unità di strada diventerà uno sportello vero e proprio e sarà una delle attività ospitate dall’Ex Fienile di Tor Bella Monaca, dove continuerà a orientare le famiglie ai servizi medici del territorio, nell’ottica di una riduzione degli accessi ai servizi d’emergenza (come il pronto soccorso) e per indirizzare verso una fruizione dei servizi sanitari su base regolare (visite di routine o specialistiche come ad esempio ginecologo o pediatra).
L’approccio di questo servizio non è mai stato di tipo assistenzialistico, ma è piuttosto finalizzato all’acquisizione di autonomia e indipendenza. Solitamente l’equipe accompagna le donne e i minori ai servizi, trasmettendo loro informazioni utili, mostrando dove andare e cosa è necessario fare così che in un secondo momento possano agire in maniera completamente autonoma.
Nonostante le difficoltà quotidiane, tra pregiudizi da parte di alcuni operatori sanitari e la conseguente scarsa fiducia nei servizi da parte delle famiglie, il progetto ha riscontrato fino ad ora dei risultati molto positivi. Nel corso del tempo, molti destinatari del progetto hanno acquisito una totale autonomia nell’accesso ai servizi e hanno supportato a loro volta altre famiglie, fornendo loro informazioni e accompagnandole nelle strutture. Un risultato quest’ultimo che può essere considerato tra i più incoraggianti e soddisfacenti per gli operatori che quotidianamente operano sul campo.

Amarò Foro

Dai diari Amarò Foro: la "casa del ballo"

Nell’attesa di riprendere – dopo la pausa estiva – i laboratori di musica e break dance con i bimbi del progetto “Amarò Foro“, ecco un nuovo diario che racconta le avventure di bambini e operatori trascorse durante questa prima metà dell’anno appena conclusa.
Era una baracca composta da una manciata di mattoni di cemento e uno strato di lamiera come tetto che copriva un’area di appena quattro metri quadrati. Per entrare, io e Francesco dovemmo abbassare la testa, mentre P. e M. ci accoglievano festanti nella loro “casa del ballo“. Il pavimento era inesistente: lasciavamo le impronte dei piedi su uno strato irregolare di terriccio e ghiaia. “Voi ballate qui?”, domandammo sospettosi ai due ragazzini. “Sì”, rispose P., “Questa casa l’abbiamo costruita noi!”.
Il laboratorio di break dance era iniziato da poche settimane e con l’equipe educativa ci domandavamo se e quale impatto avesse avuto questa attività nella vita di bambini e bambine. P. aveva carattere da vendere ma era discontinuo, M. volenteroso ma fragile. Entrambi, dopo il momento di entusiasmo, vagavano in una zona di indecifrabilità emotiva che rendeva il lavoro di arteducazione molto complesso.
Ma a nostra insaputa, in quello spazio angusto e decentrato, P. e M. avevano iniziato a costruire il proprio mondo. Non importa se riuscissero a ballare agevolmente o che là dentro non ci fosse la musica adatta. Per loro quel mucchio di macerie iniziava ad essere un ambiente di convivialità e creatività, e quel giorno ci avevano invitato a farne parte. E i loro occhi mostravano fierezza. Quella fierezza solare, curiosa, che ti rende orgoglioso di plasmare e condividere il tuo mondo e scoprirne di nuovi.
Tornando a casa pensai che quello che avevo visto era hip-hop. Non erano i quattro passi di break dance che avevo insegnato loro, né l’attitudine cool che assumevano all’interno del cerchio. L’hip-hop era capire che il cerchio rappresentava una metafora della loro casa, che l’attitudine positiva non serviva solo nel ballo ma nella vita di tutti i giorni.
Con Francesco quel giorno abbiamo capito che la danza di strada poteva produrre un reale cambiamento nelle condizioni di vita dei bambini e delle bambine rom e sinti. Partendo dalla costruzione di una piccola baracca all’interno del proprio insediamento, fino a vivere ed esplorare l’intera città come luogo di incontro ed espressione. Trasformando le strade in spazio d’espressione e forse, un giorno, portando un po’ di quella cultura di strada nei palcoscenici.
Giuseppe Gatti
Arteducatore
Associazione 21 luglio

Noi siamo cittadini di tutto quanto il mondo!

Il progetto Amarò Foro è iniziato a gennaio 2015 ed è tutt’ora in corso. A conclusione del primo anno di laboratori, lo scorso dicembre, gli operatori hanno costruito insieme ai bambini uno spettacolo di musica e danza sul tema degli sgomberi forzati. Di seguito proponiamo il diario di uno degli educatori che ricostruisce il percorso di questa esperienza: la sua testimonianza è drammaticamente attuale oggi, perché l’insediamento in cui vivevano questi bambini è stato sgomberato a maggio.
Il primo anno dei laboratori di Amarò Foro si è chiuso in un modo che più festoso non poteva davvero essere. I nostri bambini si sono dedicati alla preparazione di una performance (il loro primo spettacolino) che hanno messo in scena in occasione di due eventi organizzati dall’Associazione 21 luglio: un flash-mob in piazza del Pantheon, a Roma, nell’ambito della campagna “Peccato Capitale”, lanciata per denunciare l’aumento degli sgomberi forzati nella Capitale dall’annuncio del Giubileo della Misericordia, e l’evento “Gitanistan. Lo stato immaginario delle famiglie rom salentine”, che si è tenuto al teatro Vascello di Roma.
Le due esibizioni, oltre a rappresentare dei momenti artistici molto importanti, hanno dato la possibilità ai bambini di riflettere intorno alle tematiche dell’abitare e degli sgomberi forzati, scelti come temi centrali dello spettacolo.
La performance, infatti, simulava un momento di festa e socialità all’interno di un insediamento rom, interrotto dall’arrivo di due spazzini che simbolicamente spazzano via le case, lasciando i bambini e le loro famiglie senza più un tetto sopra la testa. Tutta la comunità, dopo un primo momento di paura e rassegnazione, decide quindi di alzare la testa e di riaffermare attraverso il ballo, la musica e il canto la voglia di uscire dall’invisibilità e di autodeterminare una volta per tutte le proprie vite.
 

Per permettere ai bambini di dare un senso alla creazione artistica di cui erano protagonisti, si è scelto di dedicare un momento specifico alla discussione collettiva rispetto al tema degli sgomberi forzati, invitando i bambini a condividere le proprie esperienze e ad esternare le proprie emozioni.
Nonostante la giovane età, tutti si sono dimostrati consapevoli di cosa fosse uno sgombero forzato e la maggior parte di loro ha raccontato di aver avuto esperienze dirette, vissute in prima persona o che hanno coinvolto membri della loro famiglia.
È stato un momento di condivisione, rispetto e ascolto reciproco. Tutti riuniti in cerchio, i bambini hanno dato vita ad una riflessione collettiva molto partecipata e estremamente rispettosa del tempo e delle emozioni di ciascuno. Sono così emerse paure e ansie rispetto alla possibilità di subire uno sgombero forzato, ma anche una forte voglia di migliorare la propria condizione e il desiderio di avere una vera casa per poter, ad esempio, invitare a giocare i propri compagni di scuola senza vergogna.
Negli sguardi e nei comportamenti dei bambini si è manifestata la forza derivante dal condividere con tutto il gruppo le proprie emozioni e i propri sogni e dal realizzare di vivere una condizione comune da trasformare tutti insieme. Avere una casa sufficientemente spaziosa e in un ambiente salubre, dove diritti quali lo studio, il gioco e la salute siano pienamente soddisfatti, è il primo passo per permettere ai bambini rom di sviluppare le proprie capacità fisiche e mentali e di uscire dalla condizione di marginalità in cui vivono.
È perciò importante che i bambini vengano stimolati a riflettere e prendere coscienza del mondo che li circonda, trovando strategie per interagire con esso in una posizione attiva e immaginando i percorsi da compiere per poter raggiungere l’espressione di una piena cittadinanza.
Il Progetto Amarò Foro è esattamente questo. Ed è qui che subentra l’arte che, stimolando mancanze e desideri e rafforzando l’identità dei bambini, permette loro di sviluppare tutto il proprio potenziale di trasformazione della realtà.

Francesco Garberini
Operatore Educazione
Associazione 21 luglio

Ginevra e Maia: gemelline rom nel campo di Salone

Com’è la vita di un minore all’interno di un “campo rom” e quale futuro lo aspetta?
Attraverso l’esperienza di Ginevra e Maia, gemelline di due anni nate nel “campo” di via di Salone a Roma, la mamma Miriana racconta una storia di disagi, aspettative, paure e sogni per i suoi figli.

Quel pregiudizio che mi rende triste

Sulta è la matriarca della sua famiglia, ha 8 figli e 37 nipoti sparsi per il mondo. Si rattrista per l’atteggiamento discriminatorio che percepisce nei suoi confronti camminando per la strada: «Quando entro in un negozio vedo la gente mettere subito la mano al portafoglio: vorrei dire loro che non sono lì per rubare!». 
Sulta porta i segni degli anni sul volto, molti dei quali vissuti in Italia. Quando è arrivata, nel’75, all’epoca esisteva ancora la Jugoslavia, suo Paese di origine. Aveva già partorito tre figli e appena giunta qui è nata la quarta. Non sapeva ancora parlare la lingua e si è fatta tatuare sul polso l’anno di nascita della sua bambina.
Racconta che ad oggi solo quattro dei suoi otto figli sono rimasti in Italia, gli altri sono emigrati in Paesi diversi. Ha quasi perso il conto di tutti i suoi nipoti, che si moltiplicano considerando i figli di fratelli e sorelle, ma è un sollievo pensare che stanno tutti bene.
Della guerra in Jugoslavia sa poco o niente, l’ha vissuta da lontano e preferisce pensare alle persone che vivono in pace.
Guardando indietro verso il passato ricorda: «Tante volte siamo andati a dormire senza mangiare. Se andavo a chiedere l’elemosina mangiavamo, altrimenti no».
Eppure sente sempre gli sguardi addosso quando cammina per le strade della città, di occhi che la guardano con diffidenza e con la lente del pregiudizio: «Quando entro in un negozio vedo la gente mettere subito mano al portafoglio. Mi piacerebbe dire loro che non sono lì per rubare».

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