Chef per i diritti umani
Sabrina è una giovane attivista rom, vive in Sardegna e sogna di diventare chef. “La mia più grande passione è la cucina. Ho studiato per diventare cuoca e cerco di combattere gli stereotipi sul mio popolo”.
Mentre controlla la cottura della pasta e mescola la salsa, Sabrina racconta la sua storia. Ha frequentato un corso per chef che l’ha arricchita di conoscenze, ha scoperto trucchi e segreti degli alimenti che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni ma di cui spesso ignoriamo i composti. “È divertente”, confida Sabrina, “ora ad esempio so come è fatto il lievito”.
La passione per la cucina ce l’ha fin da piccola e le è stata trasmessa dalla madre. Ha imparato osservandola giorno dopo giorno, guardando con l’occhio e lavorando con la mente perché la fantasia, ricorda, è un ingrediente fondamentale quando si prepara qualunque tipo di pietanza. Piano piano ha cominciato anche a mettersi alla prova e a sperimentare, poi crescendo ha deciso di farne il suo mestiere.
Al termine del corso ha praticato l’apprendistato in una struttura di Roma convenzionata con la scuola e a conclusione del suo percorso ha superato l’esame finale. Racconta tutto con molto entusiasmo e la considera un’esperienza unica, estremamente formativa sia dal punto di vista professionale sia umano.
Accanto alla passione per la cucina, per Sabrina c’è anche la dedizione all’attivismo in difesa dei diritti umani. In particolare si dedica all’abbattimento degli stereotipi e delle discriminazioni nei confronti del suo popolo. “Sono rom e sono italiana, come tutti gli altri sono stanca di sentire tutti i pregiudizi che vengono diffusi su di noi”.
Con una sua amica assistente sociale Sabrina ha collaborato con le scuole per portare la sua testimonianza, perché “la conoscenza è fondamentale per abbattere i pregiudizi e nelle scuole c’è il futuro del nostro Paese” spiega. “I bambini e i ragazzi mi facevano domande da cui si capiva che nel proprio immaginario le persone vedono i rom come un popolo completamente diverso, lontano, e invece non è così. Si stupivano anche solo per il fatto che ero vestita come tutti gli altri”.
Racconta che uscendo da questi incontri aveva sempre il sorriso stampato in viso perché sentiva di aver dato il proprio contributo lasciando un messaggio importante.