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La comunità rom di Castel Romano scrive alla sindaca Raggi

Gentile sindaca Virginia Raggi,
siamo famiglie che da decenni vivono a Roma. Siamo mamme e papà, cittadini romani nati e cresciuti a Roma, la città che amiamo e sentiamo nostra e nella quale tutti noi abbiamo frequentato le scuole. Molti di noi sono cittadini italiani, i giovani lo diventeranno a breve.

La nostra è una storia di sofferenza e dolore, iniziata con la fuga dalla Jugoslavia e da quel momento condotta prima tra baracche e topi, poi dentro i recinti dei “villaggi” realizzati dall’Amministrazione Comunale.
Le vicende delle nostre vite si intrecciano con le pagine più buie della città di Roma. Nel settembre 1992 la Giunta Carraro ci sgomberò su un terreno fangoso a Tor di Valle. Poi il sindaco Rutelli ci trasferì nel nuovo campo di Tor de’ Cenci. Fu Luigi Lusi, delegato del sindaco, a deportare alcuni di noi nella Bosnia appena uscita dalla guerra ed una decisione della Corte Europea per i Diritti Umani a consentirci il ritorno in Italia in via Laurentina. Non senza disagi e sofferenza. Come pedine siamo stati sgomberati nel 2012 dal sindaco Gianni Alemanno e, dopo aver vissuto per settimane nell’ex Fiera di Roma, grazie ai lavori realizzati da Salvatore Buzzi, abbiamo fatto il nostro ingresso nel “villaggio” di Castel Romano, dove dal 2012 viviamo abbandonati al nostro destino, senza acqua, lontani dalla città, tra cinghiali, topi e cumuli di spazzatura.
Sulle nostre sofferenze tanti politici hanno costruito la loro carriera politica e diverse associazioni hanno visto garantito il loro bilancio.

Forse proprio per questo è utile ancora a molti additarci come criminali, come persone che non vogliono includersi, come soggetti culturalmente diversi.
Eppure noi sappiamo che non è così.
Nelle scorse settimane ci è stato notificato un foglio che ci intima di lasciare i container dove viviamo – l’Area F di Castel Romano – liberi da cose e persone entro il 10 settembre 2020.
Da quel giorno gli operatori della Sala Operativa Sociale ci stanno spingendo a sottoscrivere il Patto di Responsabilità Solidale, ma un aiuto per l’affitto in tempi così stretti e con le regole imposte, su di noi non avrebbe alcun effetto e lo sgombero resterebbe l’unica soluzione che ci ritroveremo davanti. Uno sgombero che metterebbe le nostre famiglie nuovamente sulla strada facendoci anche perdere l’opportunità di accesso alle “case popolari”. Una soluzione che né lei, né noi auspichiamo.

In realtà l’ordine di quel foglio di “lasciare i container dove viviamo” è anche la speranza più forte che nutriamo da anni. Siamo noi i primi a volerlo fare e per questo 30 delle nostre 35 famiglie hanno da tempo fatto domanda di casa popolare e, avendo punteggi molto alti, attendono fiduciosi la risposta. Altre famiglie, prima di loro, hanno già compiuto questo passaggio con successo negli scorsi anni.

Siamo qui per dare forza alla nostra voce da sempre inascoltata. Siamo qui presentarle la nostra proposta alternativa allo sgombero che oggi appare certo. L’idea nasce leggendo con attenzione la Memoria di Giunta n.38 da lei firmata il 9 luglio 2020 dove, parlando di noi, prevede per il nostro sostegno all’abitare la misura della “riserva ERP del 15% degli alloggi”. Trenta delle nostre famiglie hanno già fatto domanda di “casa popolare” e questo strumento, già praticato con successo dalla Giunta leghista di Ferrara quando, lo scorso anno, ha dovuto chiudere un campo rom, consentirebbe semplicemente, senza corsie preferenziali e in maniera assolutamente legale di accelerare il nostro accesso negli alloggi dell’edilizia residenziale pubblica. Molte delle famiglie residenti potrebbe così uscire dall’Area F di Castel Romano da subito, entrando, come è nel loro diritto, in una casa popolare.
Per le famiglie rimaste, 9 persone in tutto, le uniche che in condizione di irregolarità giuridica, non potrebbero avere accesso a questa misura, chiediamo invece una protezione umanitaria “a tempo” in strutture adeguate, senza divisione del nucleo, al fine di avere il tempo di regolarizzare la loro posizione e di reperire autonomamente una soluzione abitativa.

La proposta illustrata, che riprende quanto lei ha scritto, sarebbe una scelta di buon senso e di discontinuità con il passato che finalmente metterebbe fine al nostro “nomadismo forzato”, consegnando finalmente a tutti noi l’opportunità di sentirci pienamente in gioco nella città di Roma.
Vogliamo uscire dai ghetti che le passate Amministrazioni hanno costruito e mantenuto. Vogliamo sentirci parte di questa città, offrire il nostro contributo per la sua crescita e sviluppo. Roma è la nostra città. Una città che amiamo e nella quale vogliamo continuare a vivere e costruire il futuro nostro e dei nostri figli.
Non distrugga la nostra speranza con la stessa violenza con cui le ruspe potrebbero buttare giù le nostre abitazioni. Ci dia, oggi, l’occasione per cambiare finalmente il destino che altri hanno scelto per noi. Noi, ne sia certa, siamo disponibili a fare la nostra parte se anche l’Amministrazione romana sarà capace di fare la sua.

Associazione 21 luglio al Comune di Roma: con la recente normativa legata al Covid-19 non più possibile a settembre lo sgombero di Castel Romano

La Memoria di Giunta Capitolina n.38 del 9 luglio 2020, che prevede lo sgombero dell’area F del “villaggio” di Castel Romano nel prossimo settembre non tiene conto dell’importante novità rilevata all’art.17bis del Decreto Legge 19 maggio 2020 n.34, convertito con modificazioni in Legge n. 77/2020 e se il Comune di Roma, come comunicato alle famiglie dell’area, «dovesse procedere con le operazioni di sgombero oltre ad agire in violazione di legge, lederebbe gli interessi dei privati dimoranti nell’area sia alla luce dell’assenza di un piano di ricollocazione delle stesse in altre soluzioni abitative idonee, sia poiché lederebbe i diritti costituzionalmente protetti aumentando la loro fragilità in un periodo particolarmente sensibile quale quello segnato dalla emergenza da Covid-19». È la frase-chiave contenuta in una nota inviata oggi da Associazione 21 luglio al sindaco di Roma Virginia Raggi e all’Ufficio Speciale Rom, Sinti e Caminanti di Roma Capitale.

 

L’emergenza Covid-19

Il 17 marzo 2020 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n.18 “Misure di potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”. Al comma 6, art.103 viene disposto: «L’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 30 giugno 2020».

Il suddetto Decreto Legge è stato convertito con modificazioni dalla Legge n.27 del 24 aprile 2020. Nel testo la moratoria degli sgomberi viene estesa al 1° settembre 2020.

 

La Memoria di Giunta

Il 9 luglio 2020 la Giunta Capitolina ha approvato la Memoria n.38 avente per oggetto “Contenimento criticità ambientali e superamento del sistema di accoglienza del Villaggio della Solidarietà di Castel Romano” nella quale da una parte viene affidata ad un’ATI il servizio di promozione di percorsi di inclusione propedeutici alla fuoriuscita dal “villaggio” di Castel Romano, dall’altra viene pianificato, in linea con gli impegni presi con la Regione Lazio, lo sgombero dell’insediamento e le cui attività, afferma la stessa Amministrazione Capitolina «risultano rallentate in funzione dell’emergenza sanitaria da Covid-19 la cui normativa ha introdotto all’art.103 comma 6 del D.L. del 17 marzo 2020 il blocco degli sgomberi fino al 30 giugno 2020, termine successivamente prorogato, in sede di conversione, al 1° settembre 2020». «È intenzione di questa Amministrazione – si legge nella Memoria – procedere, decorsi i termini della moratoria degli sgomberi, alla liberazione di persone e cose dal campo F attualmente occupato da circa 90 persone secondo un programma di ricollocazione delle fragilità».

È quindi contando sul termine della moratoria degli sgomberi entro e non oltre il 1° settembre che il Comune di Roma ha fatto pervenire nelle scorse settimane agli abitanti dell’area F l’ordine di abbandonare lo spazio abitato entro il 10 settembre 2020

 

Estensione della moratoria degli sgomberi

In realtà, come pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 19 maggio 2020 l’art.17bis del Decreto Legge 19 maggio 2020 n.34, convertito con modificazioni in Legge n.77/2020, stabilisce l’ulteriore proroga della sospensione dell’esecuzione degli sgomberi così statuendo: «al comma 6 dell’art. 103 del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27 le parole “1 settembre 2020” sono state sostituite dalle seguenti “31 dicembre 2020». Pertanto ogni sgombero effettuato prima di quella data si porrebbe in piena violazione della legislazione nazionale.

 

La richiesta di Associazione 21 luglio

Nella lettera inviata oggi da Associazione 21 luglio alle autorità capitoline viene presentata istanza di annullamento della Memoria di Giunta Capitolina n.38 del 9 luglio 2020 avente per oggetto “Contenimento criticità ambientali e superamento sistema di accoglienza del Villaggio della Solidarietà di Castel Romano” e conseguentemente viene richiesto di considerare non più valida la parte relativa all’intenzione dell’Amministrazione di procedere nel periodo immediatamente successivo al 1° settembre, giorno della scadenza della moratoria degli sgomberi, alla liberazione dell’area F di Castel Romano.

«Dopo l’esperienza di Camping River, quando l’Amministrazione Comunale in barba alla decisione della Corte Europea di Strasburgo decise di agire con lo sgombero del “villaggio” – ha commentato Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio – ci auguriamo che questa volta la Giunta Raggi si adegui a quanto stabilito dalla normativa nazionale redatta a tutela della salute pubblica. In alternativa sarà la prima cittadina ad assumersi la responsabilità di andare contro la legge mettendo in strada 100 persone in piena emergenza sanitaria da Covid-19. Fino al 31 dicembre 2020 ogni sgombero è interdetto su tutto il territorio nazionale e questo deve valere, senza se e senza ma, anche per spazi dove, per responsabilità istituzionali, la legge è stata storicamente assente, come nel “villaggio” di Castel Romano».

 

Ci si avvicina alla campagna elettorale. Si preannunciano sgomberi di insediamenti formali

Video estratto dal documentario “COVI-Di Roma” di Davide Giorni

 

COMUNICATO STAMPA

Tra 2 mesi le ruspe comunali abbatteranno un’area del campo di Castel Romano. Associazione 21 luglio: «Ci si avvicina alla campagna elettorale: 3.300.000 euro già destinati all’inclusione dei residenti del “villaggio” ma evidentemente è più conveniente optare per lo sgombero»

Roma, 7 luglio 2020 – Porta la firma di Marco Cardilli, vice capo di Gabinetto della sindaca Virginia Raggi con delega in materia di Sicurezza Urbana e direttore ad interim dell’Ufficio Speciale Rom, Sinti e Caminanti del Comune di Roma il documento notificato lo scorso 3 luglio alle 28 famiglie dell’area F del “villaggio” di Castel Romano. «La S.V. – si legge nella missiva – dovrà lasciare il modulo abitativo chi attualmente occupa da cose e persone entro e non oltre il 10 settembre 2020». Per rendere più “accettabile” la decisione, il Comune di Roma offre la possibilità alle famiglie interessate di accedere ai benefici previsti dal “Piano rom” attraverso la sottoscrizione del Patto di Responsabilità Solidale per il quale, come riportato nella missiva, occorre esibire «tutta la documentazione necessaria (permessi di soggiorno, passaporti, carta d’identità, tessera sanitaria, dichiarazione ISEE, certificati iscrizioni scolastiche, stati di famiglie, certificazioni sanitarie)». Documentazione che, secondo il monitoraggio condotto da Associazione 21 luglio, non risulta essere in possesso delle famiglie in questione. «E di questa impossibilità oggettiva – secondo Associazione 21 luglio – il Comune di Roma non può non esserne a conoscenza».

La comunità rom dell’area F
Marginalità, abbandono, assenza di acqua e di fognature, cumuli di rifiuti, moduli abitativi degradati. È questo il quadro che emerge nel visitare l’area F dell’insediamento di Castel Romano, abitato da 98 persone originarie di Vlasenica città martire della guerra civile che dal 1992 al 1995 ha insanguinato la Bosnia-Erzegovina, di cui circa la metà (42) sono rappresentati da minori e di essi 18 con età compresa tra 0 e i 3 anni. Sull’area le famiglie erano state collocate dopo il violento sgombero del campo di Tor de’ Cenci, avvenuto il 28 settembre 2012. L’appalto per la costruzione dell’area F, dal valore di 1,2 milioni di euro, era entrato anche nelle carte del processo dell’inchiesta denominata “Mafia Capitale” perché lo stesso riconducibile alle cooperative gestite da Salvatore Buzzi.
L’area F, insieme all’area K, all’area M e all’area ex Tor Pagnotta, è parte del “villaggio” di Castel Romano, nato nel 2005 nel cuore della Riserva Naturale di Malafede, a 25 km dal centro della città di Roma. Nel censimento effettuato dalla stessa Polizia Locale nel giugno 2019 si rilevava la presenza totale di 542 persone di cui 282 sono rappresentati da minori.

Il bando per il superamento del “villaggio attrezzato” di Castel Romano
Il 7 maggio 2019, il Comune di Roma, con Deliberazione n.80 ha ravvisato l’opportunità di estendere anche all’insediamento di Castel Romano le misure volte al superamento dei “villaggi” introdotte con la Deliberazione della Giunta Capitolina n.70.
Il giorno dopo, l’8 maggio 2019 è stata resa pubblica la Determinazione dirigenziale QE/1426 per l’indizione di una gara per “Procedura aperta per l’affidamento dell’appalto relativo al Progetto di inclusione sociale per le persone rom, sinti e caminanti e superamento del villaggio attrezzato di Castel Romano” con l’obiettivo generale «del raggiungimento dell’autonomia dei soggetti coinvolti» e con i seguenti obiettivi specifici: «mappatura dei profili sociali dei singoli nuclei, delle risorse e del capitale sociale del campo; strutturazione e implementazione di progetti individualizzati di inclusione lavorativa per l’acquisizione della piena autonomia delle famiglie e dei singoli; sostegno all’abitare; il rimpatrio assistito; gestione dei servizi esclusivamente dedicati alla popolazione residente in età minore; accompagnamento e tutoring attivo con monitoraggio continuo».
L’affidamento prevede la durata di 24 mesi con inizio il 1° dicembre 2019 e la fine il 30 novembre 2021 ed un chiaro cronoprogramma che dovrebbe concludersi nel 2021 con «l’accompagnamento degli ospiti in fase di fuoriuscita». L’importo di spesa è pari a 1.826.260 euro. Ad essi va aggiunta la somma da erogare in contributi economici diretti in favore dei singoli nuclei familiari pari a 1.500.000 euro.
Il bando è stato aggiudicato il 21 gennaio 2020 ad una RTI avente come capofila la cooperativa sociale Astrolabio e, in qualità di mandante, Arci Solidarietà Onlus e la cooperativa sociale Speha Fresia.
Per il passaggio dalla baraccopoli all’inclusione abitativa è previsto: il reperimento di abitazioni attraverso il mercato immobiliare privato; il supporto motivazionale e materiale; il reperimento di alloggi attraverso l’associazionismo; i rientri volontari assistiti.
Per l’inclusione lavorativa è prevista: l’organizzazione di corsi di formazione finalizzati alla creazione in autonomia di realtà imprenditoriali; la creazione di relazioni fattive con il tessuto produttivo delle aree immediatamente limitrofe all’insediamento; moduli individuali; l’attivazione di tirocini formativi; l’attivazione di interventi economici che possano sostenere l’avvio di piccole realtà imprenditoriali.
Per la tutela dei minori presenti nel “villaggio” di Castel Romano è previsto l’utilizzo di un ludobus, di laboratori e doposcuola.

L’abbandono istituzionale e lo sgombero
Qualche settimana dopo l’aggiudicazione del bando per il superamento del “villaggio” è iniziato in Italia il lungo lockdown nel corso del quale i residenti dell’insediamento hanno vissuto nel più totale abbandono istituzionale, segnato da forte deprivazione alimentare, da carenza idrica e, talvolta, anche elettrica.
Poi, alla fine dello stesso, agenti della Polizia Locale si sono presentati presso le famiglie dell’area F per notificare lo sgombero dell’area previsto per il 10 settembre.
Secondo Associazione 21 luglio, che dall’inizio del lockdown ha settimanalmente visitato l’insediamento lungo la via Pontina per distribuire “pacchi bebè”, tale notifica appare come un gravissimo atto segnato da inaudita violenza che sembra ripercorrere la storia dello sgombero di Camping River, avvenuto due anni fa quando, al termine della vicenda, quasi 300 persone finirono in strada strada sulla quale, parcellizzati in una miriade di insediamenti informali, molti ancora si trovano. Per tale ragione l’Associazione chiede l’immediata sospensione dell’azione di sgombero non comprendendo l’arbitraria esclusione de facto delle 28 famiglie dalle azioni già previste dal bando per il superamento del “villaggio”.

Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio, sottolinea come «per il “villaggio” di Castel Romano il Comune di Roma si è già impegnato per un percorso di due anni volto alla fuoriuscita graduale delle famiglie verso soluzioni abitative adeguate. Per fare ciò si sono destinati 3,3 milioni di euro di denaro pubblico Questa accelerazione verso lo sgombero potrebbe apparire incomprensibile e, da parte nostra, come Associazione per la tutela dei diritti umani, faremo il possibile per sostenere le famiglie vittime di questa azione istituzionale carica di violenza. Evidentemente – sostiene Stasolla – si sta iniziando la campagna elettorale e, come accaduto nel passato, l’accanimento verso che meno conta, a partire da donne e bambini in condizione di emarginazione sociale e povertà estrema, diventa ancora una volta la formula adottata per strappare facile consenso. Il nostro auspicio è che la battaglia per i diritti delle 28 famiglie non ci veda in condizione di solitudine e per questo ci attendiamo una chiara e ferma presa di posizione in primis da parte delle organizzazioni coinvolte nel percorso del superamento del “villaggio”».

Foto di Davide Giorni

Regione Piemonte: la proposta del disegno di legge dell’assessore Ricca preoccupa Associazione 21 luglio perché viola i diritti umani

Egr. Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio,

Associazione 21 luglio è un’organizzazione non profit che supporta individui e gruppi in condizione di segregazione estrema tutelandone i diritti e promuovendo il benessere delle bambine e dei bambini. L’Associazione è apartitica, non ha fine di lucro, persegue il fine esclusivo della solidarietà sociale, umana, civile e culturale, in particolare nel rispetto dei principi della Convenzione Internazionale di New York sui diritti dell’infanzia.

L’Associazione 21 luglio, iscritta al Registro UNAR delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni, è membro di: Associazione Carta di Roma, European Roma Information Office, Gruppo CRC (Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza), CILD (Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili), ISSA (International Step by Step Association) e Piattaforma per i Diritti Fondamentali (FRP).

A seguito delle attività di monitoraggio abbiamo appreso della proposta di Disegno di legge “Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo” presentata dall’assessore regionale alla Sicurezza Fabrizio Ricca.

Dall’approfondimento inerente alla proposta di Disegno di legge “Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo”, sembrerebbe che lo stesso si concretizzi in una revisione «poco riveduta e corretta» della proposta di Legge Regionale n.122 del 27 marzo 2015 “Interventi a regolamentazione del nomadismo e del contrasto all’abusivismo” già licenziato con voto contrario il 29 giugno 2017.

Ancor prima di entrare nel merito della proposta di Disegno di Legge oggetto della presente appare doverosa una precisazione preliminare in meritò alla cd. volontà dell’assessore proponente di “regolamentare il nomadismo”, accezione questa a parere della scrivente che cela in realtà la volontà di adottare una legge ad hoc per soggetti e gruppi di persone individuate su base etnica e nello specifico con le persone identificate dalle istituzioni come rom.

Invero il cd. “diritto al nomadismo” richiamato dall’assessore Ricca è stato ricondotto dalla dottrina alla libertà di circolazione e soggiorno in ogni parte del territorio nazionale, e pertanto è già implicitamente tutelato nell’ambito di altri diritti fondamentali di cui è titolare ogni persona in base alle norme costituzionali, dell’Unione europea e internazionali.

Passando poi ad una puntuale disamina dell’approfondimento della proposta di Disegno di legge “Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo” presentato nel 2015 dall’assessore regionale alla Sicurezza, si riscontrano le medesime criticità e gli aspetti in contrasto con gli obblighi costituzionali, le norme comunitarie e internazionali già individuati nella proposta di Legge Regionale n. 122 del 27 marzo 2015.

In primis la proposta di Disegno di legge dell’assessore Ricca prevede “l’installazione in dette aree di transito di impianti di video sorveglianza” disposizione questa in aperto contrasto con le norme che riservano allo Stato la materia dell’ordine pubblico e della sicurezza. Si ricorda che l’Autorità garante per la protezione dei dati personali ha stabilito che «un soggetto pubblico può effettuare attività di videosorveglianza solo per funzioni istituzionali di cui sia realmente titolare in base all’ordinamento di riferimento. Diversamente, il trattamento non è lecito».

Sempre in merito all’accesso in tali aree di transito l’assessore ha proposto la regolamentazione degli accessi per il tramite di registri telematici e smart card. Si osserva che tali disposizioni, come peraltro riconosciuto da costante giurisprudenza sul tema, sono in contrasto con il disposto dell’art. 16 della Costituzione che stabilisce che “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e sicurezza. (…)”( cfr.TAR Lazio, sezione I, sentenza del 24 giugno 2009, n. 6352; Consiglio di Stato sezione VI sentenza 6050 del 16 novembre 2011).

Per quanto poi riguarda i requisiti di accesso a tali aree di transito la proposta del Disegno di legge regionale fissa particolari requisiti come la cd. provenienza del reddito e l’idoneità morale dei soggetti richiedenti: appare qui opportuno rilevare che requisiti di tal fatta hanno carattere solo potenzialmente in quanto non annoverabile tra i requisiti di accesso ad altre misure di social housing nella stessa Regione Piemonte.

Quanto poi la previsione della revoca all’autorizzazione a permanere nelle dette aree nei casi in cui il singolo trasgressore si renda protagonista di “incitamento o sfruttamento di terzi” si ravvisa come tale comportamento vada necessariamente accertato dalle competenti sedi giudiziarie e con sentenza passata in giudicato. Infine sempre in merito ai casi di revoca, la revoca della permanenza in detti insediamenti a motivo del reiterato rifiuto di proposte di inserimento lavorativo incide sulla libertà costituzionalmente riconosciuta del soggetto a scegliere la propria attività lavorativa.

In merito poi alla revoca dell’autorizzazione a permanere nelle dette aree a seguito di “Abbandono scolastico o assenza per un numero superiore di 20 giorni consecutivi da parte di un minore parte del nucleo familiare o per un totale di 45 giorni nel corso dell’intero anno scolastico, salvo comprovati e certificati motivi di salute” tale disposizione oltre che ad essere in contrasto con la normativa nazionale che prevede la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato pena la perdita dell’anno scolastico salvo eccezionali deroghe è potenzialmente discriminatoria in quanto avente ad oggetto solo nuclei famigliari individuati su base etnica.

Infine, nella proposta del Disegno di legge dell’assessore regionale Ricca viene ripresa nuovamente l’idea della creazione di un “Osservatorio regionale” novellato per il monitoraggio dei flussi e il contrasto all’abusivismo ove è previsto al pari del primo osservatorio che ne facciano parte anche “tre componenti delle Forze dell’ordine, di concerto con le Prefetture”.

Al riguardo, si evidenzia che la Corte Costituzionale ha più volte ribadito (tra le altre, sent. n. 134/2004) che le forme di collaborazione e di coordinamento coinvolgenti compiti ed attribuzioni di organi dello Stato (come la Prefettura) non possono essere disciplinate unilateralmente dall’attività legislativa regionale essendo necessaria la loro previsione da parte della legge statale o da parte di accordi tra i soggetti istituzionali coinvolti.

Pertanto alla luce delle osservazioni di cui sopra Associazione 21 luglio per le motivazioni di cui sopra le chiede di vigilare attentamente sulla proposta di Disegno di legge “Norme in materia di regolamentazione del nomadismo e di contrasto all’abusivismo” che l’assessore regionale alla Sicurezza ha annunciato di voler presentare ponendosi lo stesso in contrasto con gli obblighi costituzionali, le norme comunitarie e internazionali.

In copertina: Torino, sgombero del campo rom di corso Tazzoli (Foto Repubblica.it)

 

Giugliano (Napoli): sgomberato campo con 450 persone

Associazione 21 luglio nelle scorse settimane ha seguito con preoccupazione la vicenda del campo rom di Giugliano (in provincia di Napoli) abitato da 450 persone di cui la metà bambini. Nei giorni scorsi l’associazione si era attivata organizzando sopralluoghi nell’insediamento, incontrando i rom e avviando un dialogo con realtà associative e istituzioni locali. Malgrado le rassicurazioni fornite da rappresentanti dell’amministrazione comunale che avevano assicurato che lo sgombero si sarebbe svolto solo a seguito dell’offerta di contributi economici una tantum per il reperimento di soluzioni abitative, nella mattina di oggi l’insediamento è stato sgomberato senza che alle persone venisse offerta nessuna soluzione alternativa.

Alle ore 7.30, una ventina di agenti delle Forze di Polizia si sono presentati nell’insediamento intimando alle persone di allontanarsi dallo stesso al fine di prevenire un’azione imponente delle Forze dell’Ordine nella stessa mattinata di oggi. Le famiglie con i loro furgoni e le roulotte si sono quindi allontanate dal campo portando con loro solo i beni essenziali e in queste ore stanno cercando un posto dove potersi trasferire ma le forze dell’ordine poste al loro seguito impediscono qualsiasi loro stazionamento all’interno del territorio comunale. Dalle numerose testimonianze raccolte emerge come già nei giorni scorsi rappresentanti dell’amministrazione di Giugliano avevano paventato l’ipotesi di cancellare le famiglie dall’anagrafe comunale sollecitando con forza alle stesse un loro trasferimento in altri comuni limitrofi.

«Dopo i fatti di Torre Maura a Roma, la vicenda di Casal Bruciato avvenuta nella Capitale, un altro tassello si aggiunge al pericoloso “quadro emergenziale” che in Italia si sta costruendo attorno alla “questione rom”. Non è più il colore politico a creare distinguo nella gestione della comunità rom in emergenza abitativa ma sempre più trasversalmente giunte diverse politicamente e territorialmente, appaiono unite nel promuovere una politica gravemente lesiva dei diritti umani fondamentali» è il commento di Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio.

Camping River

Camping River. Le verità nascoste nelle pieghe della propaganda

Svelata la propaganda del Comune di Roma sullo sgombero di Camping River. Associazione 21 luglio: «un’azione fallimentare e costosa, raccontata in maniera distorta e con numeri falsi dalla Giunta Raggi».
 «Lo sgombero di Camping River, avvenuto lo scorso 26 luglio, è stato un caso emblematico per mostrare l’utilizzo da parte del Comune di Roma della propaganda mediatica, uno strumento di distrazione di massa, che racconta una verità altra, utile a coprire inefficienze e promesse fatte in campagna elettorale e mai mantenute». È questo il commento di Associazione 21 luglio al termine della Conferenza stampa organizzata oggi presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati e dal titolo: “Camping River. Le verità nascoste nelle pieghe della propaganda”.
Analizzando come, attraverso video, post sui social e dichiarazioni fatte alla stampa, i rappresentanti dell’Amministrazione Capitolina hanno raccontato all’esterno lo sgombero di Camping River, Associazione 21 luglio ha individuato specifici tratti di una propaganda volta a raccontare le azioni che hanno preceduto lo sgombero e, in seguito, a giustificare l’allontanamento delle famiglie rom dall’insediamento posto lungo la via Tiberina.

I numeri sulla spesa

«Ogni anno – ha spesso ripetuto la sindaca Virginia Raggi – si spendono 25 milioni di euro per il sistema campi». Per Associazione 21 luglio si tratta di una dichiarazione volta a convincere i cittadini che il mantenimento dei rom nel “campi” romani ha un costo insostenibile e ingiustificato e soprattutto a rafforzare l’urgenza di chiudere Camping River. In realtà, dopo i tagli effettuati dalla Giunta Marino prima e dal Commissario Tronca dopo, nel 2016 si è spesa la cifra di 1,5 milioni di euro che nel 2017 è diventata di 3,5 milioni di euro. A fronte quindi dei 50 milioni di euro dichiarati dalla prima cittadini nel biennio 2016-2017, la cifra reale si riduce a un decimo.

Le condizioni igienico-sanitarie

«Lo sgombero di Camping River – ha scritto sui social la sindaca Raggi il giorno stesso dell’operazione – è stato fatto per la drammatica situazione igienico sanitaria prodotta, e quindi per tutelare la stessa salute degli abitanti». Nella sua dichiarazione la prima cittadina si è dimenticata di dire che la grave condizione in cui versava il “campo” è stata prodotta dalla decisione dell’Amministrazione capitolina di distruggere 50 moduli abitativi (dal 21 giugno 2018) e poi di sospendere l’erogazione idrica (dal 30 giugno 2018). «Prima si è provocato il degrado – ha sostenuto Associazione 21 luglio – e poi si è invocato lo stesso per tutelare la salute degli abitanti».

Il parere di Stasburgo

Sempre il giorno dello sgombero la sindaca ha esultato: «La Corte per i Diritti Umani ci dà ragione!». In realtà, sostiene Associazione 21 luglio, la Corte di Strasburgo non ha dato alcuna ragione al Comune di Roma. Ha solo potuto rilevare l’avvenuto sgombero il giorno prima del suo pronunciamento. «Sono venute meno le azioni di sospensioni cautelari, ma si sono aperti i termini per il perfezionamento del ricorso di fronte alla Corte per l’accertamento delle violazioni dei diritti umani».
Una vera e propria azione di propaganda mediatica quella organizzata dal Comune di Roma per raccontare ai cittadini e ai media una “verità altra”.
«Dal mio punto di vista – aveva affermato nei giorni la consulente del Comune di Roma, Monica Rossi – il bilancio dello sgombero di Camping River è estremamente positivo».

I dati sul “Piano rom”

«Se volessimo tirare le fila di 13 mesi di lavoro dell’Amministrazione Capitolina per superare il Camping River secondo la Strategia d’Inclusione Rom – risponde Associazione 21 luglio – restano, al di là delle violazioni dei diritti umani, i numeri a commento dell’efficacia delle azioni. A fronte di 359 persone del “campo” ammesse alle azioni del “Piano rom”, alla fine solo il 9% sono rientrate all’interno di tali azioni (rimpatri assistiti e sostegni all’affitto). Il 52% delle famiglie non ha trovato alcuna soluzione ed ora vaga in strada, mentre al 30 luglio 2018 risultano 123 le persone collocate in strutture di emergenza, dove, come da accordi verbali, resteranno solo fino al 30 settembre 2018. Per la loro accoglienza – a carattere meramente emergenziale – il Comune di Roma dovrà spendere, fino al 30 settembre 2018 una cifra stimata vicina ai 400.000 euro».
Di fronte ai fatti che hanno portato ai precipitosi eventi di questo ultimo mese, Associazione 21 luglio ribadisce ancora una volta la necessità di rivedere le azioni del “Piano rom”, per evitare che gli atri due insediamenti compresi all’interno del progetto del Comune (Monachina e Barbuta) finiscano per essere “superati” con lo stesso drammatico epilogo.
Foto di Giovanni Pulice
Per maggiori informazioni:

Elena Risi
Ufficio Stampa e Comunicazione – Associazione 21 luglio
Tel. 06.64815620 – 388.4867611
Email: stampa@21luglio.org
www.21luglio.org
 

Conferenza stampa

Mercoledì 1 Agosto una conferenza stampa che svela i retroscena dello sgombero River

 

Giovedi 26 luglio, un giorno prima del pronunciamento della Corte Europea per i Diritti Umani, il Comune di Roma sgomberava l’insediamento di Camping River, dove da 13 anni vivevano circa 300 persone.

Già il giorno prima il Ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva preannunciato «Strasburgo non fermerà la legalità!» e, lo stesso giorno dello sgombero la sindaca Virginia Raggi aveva commentato: «Una “terza via” basata su inclusione e rispetto della legalità, tutela dei diritti e rispetto dei doveri è possibile. È per questo che proseguiamo con determinazione ad applicare il nostro modello: garantire l’inclusione e un rigoroso rispetto della legalità potrà mettere fine alla realtà ghettizzante dei campi e dare maggiori tutele ai più piccoli. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ci dà ragione».
A fronte di una narrazione, parziale e strumentale dello sgombero, formulata dal Comune di Roma, e ampiamente ripresa dai media, Associazione 21 luglio, Organizzazione che ha supportato l’azione di 3 ricorrenti presso la Corte di Strasburgo, organizza una conferenza stampa per illustrare i retroscena di un’azione di sgombero fallimentare, dispendiosa, profondamente lesiva dei diritti umani e accompagnata da una narrazione mediatica falsata da informazioni e dati lontani dalla verità.

Vi aspettiamo:

Mercoledì 1 agosto
ore 15:45
Sala Stampa della Camera
via della Missione, 4 – Roma

Per la presentazione di:

“Camping River. Le verità nascoste nelle pieghe della propaganda” a cura di Associazione 21 luglio

INTERVERRANNO:

Carlo Stasolla, Associazione 21 luglio
Riccardo Magi, Parlamentare
Aurora Sordini, Associazione 21 luglio
Giuliano Santoro, Giornalista
Ginevra Nozzoli
, Giornalista

 

Per partecipare è necessario l’accredito. Data la limitata disponibilità di posti verrà data priorità ai giornalisti. La registrazione all’evento è da considerarsi completata solo a seguito di conferma scritta. Per accrediti scrivere a stampa@21luglio.org

Firme

Consegnate in Campidoglio oltre 600 firme per fermare lo sgombero del Camping River

Una delegazione di Associazione 21 luglio ha consegnato ieri, presso l’ufficio del Protocollo del Comune di Roma in Campidoglio, le 630 firme raccolte nella petizione on line “Stop allo sgombero forzato del Camping River” lanciata il 18 luglio scorso. Si è trattato di una grande e importante mobilitazione digitale, che ha raccolto il sostegno di tantissime persone e Organizzazioni in brevissimo tempo e per la quale ringraziamo di cuore dell’impegno e della vicinanza di ognuno.
Lo sgombero, inizialmente previsto per la giornata di ieri, è stato sospeso temporaneamente dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in seguito al ricorso di tre abitanti del “campo” sostenuti dalla legale di Associazione 21 luglio. Fondamentale anche l’apporto della petizione, e di tutti gli aderenti, che ha contribuito a creare una consistente pressione mediatica sul caso del Camping River e ha acceso un faro sulla grave situazione di violazione dei diritti umani che rischia di essere perpetrato in caso di sgombero.
Ringraziamo ancora una volta tutte le persone che hanno sottoscritto la petizione e le Organizzazioni aderenti: Associazione Radicali Roma, Unione Inquilini, Associazione A Buon Diritto, Associazione di promozione sociale Lunaria, Un Mondo di Mondi, Alleanza Romanì, Associazione Articolo 34, Associazione Da Sud, Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili, Reyn Italia, Nessuno Fuorigioco, Movimento per la Cooperazione internazionale, Arci Nazionale, Associazione Terra! Onlus, AssociazioneTorpiùBella, C.S.O.A. Angelina Cartella, Naga, Amnesty International Italia.

Un appello urgente per la sospensione dello sgombero al Camping River


Il Comune di Roma decide lo sgombero di 350 persone da Camping River. Associazione 21 luglio: «Su di loro il prezzo per il fallimento del Piano Rom». E lancia un appello urgente.
Roma, 18/7/2018 – Associazione 21 luglio denuncia: «A Roma le famiglie rom di Camping River vengono colpevolizzate per il fallimento del “Piano rom” e per questo rese vittime di sgombero forzato».
L’Organizzazione ha lanciato oggi un appello urgente di mobilitazione on line con una lettera rivolta alla sindaca Virginia Raggi, in risposta all’Ordinanza n.122 del 13 luglio 2018 firmata della prima cittadina, che dispone lo sgombero dell’insediamento rom di Camping River, abitato da 350 persone.
Nell’Ordinanza la sindaca ha ordinato «l’allontanamento dall’area […] di tutte le persone presenti, a qualsiasi titolo, entro il termine perentorio di quarantotto (48) ore dalla notifica della presente ordinanza, per scongiurare i rischi sulla loro salute».

Il superamento di Camping River

Con Deliberazione n. 146 del 28 giugno 2017, l’Amministrazione Capitolina aveva deciso, a partire dal 1° luglio 2017, di estendere le misure previste dal “Piano rom” anche all’insediamento di Camping River, uno dei 7 “villaggi attrezzati” della Capitale.
A seguito delle indagini patrimoniali condotte dalla guarda di Finanza, la quasi totalità delle famiglie presenti nel “campo” sono risultate indigenti, e quindi beneficiarie delle azioni del “Piano”. Per accedere al sostegno economico previsto – un contributo massimo di 800 euro al mese in 2 anni – l’Amministrazione chiedeva alle famiglie uno dei seguenti documenti: un contratto preliminare di locazione di immobile per civile abitazione, un contratto di locazione di immobile di civile abitazione o un contratto di prenotazione di struttura ricettiva. Considerata però l’assenza di reddito, tutti i nuclei familiari si sono ritrovati nell’impossibilità oggettiva di produrre la documentazione richiesta.
Dal 1° ottobre, al termine della convenzione con l’ente gestore, lo spazio è passato dall’essere considerato un “villaggio attrezzato” ad un’area privata occupata.
Il 17 aprile 2018, con Deliberazione di giunta n.70, sono state adottate nuove misure di uscita dall’insediamento «da attuarsi entro il 30 giugno 2018».
La mancanza di un dialogo efficace, la proposta di soluzioni abitative insostenibili e l’estrema ristrettezza dei tempi hanno condotto al fallimento delle azioni inclusive previste dal “Piano rom” per gli abitanti dell’insediamento Camping River.

Il passaggio a un approccio sicuritario

Dalla Primavera 2018 l’atteggiamento dell’Amministrazione Capitolina è profondamente cambiato e ha avviato una serie di azioni di pressione sugli abitanti del Camping River:
–    Il 26 aprile la Polizia Municipale ha disposto un presidio permanente delle Forze dell’ordine all’ingresso dell’insediamento;
–    il 21 giugno gli operatori del Comune di Roma, supportati dalle Forze dell’ordine, hanno iniziato la distruzione di 50 moduli abitativi di proprietà dell’Amministrazione Comunale, obbligando gli abitanti a collocarsi in tende o in rifugi provvisori interni all’insediamento;
–    il 30 giugno 2018 l’Amministrazione ha sospeso il funzionamento degli impianti idrici.
Questo “braccio di ferro” si è concluso il 13 luglio 2018, quando, con Ordinanza n.122, la sindaca Raggi ha disposto lo sgombero dell’area al fine di «adottare le necessarie misure volte a salvaguardare, nell’immediatezza, le condizioni igienico-sanitarie dell’area e la salute delle persone ancora presenti».

L’appello urgente

In risposta all’ordinanza della Sindaca, Associazione 21 luglio ha lanciato oggi un appello urgente di mobilitazione on line. Nella lettera, indirizzata alla sindaca Raggi, si legge: «Nelle azioni organizzate dal Comune di Roma per il superamento dell’insediamento, si sono segnalate diverse criticità che hanno reso fallimentare l’intervento delle istituzioni. Appare profondamente ingiusto che la responsabilità di tale fallimento venga interamente addossata alle famiglie rom che per questo vengono duramente colpite da un’azione di sgombero forzato».
Nel testo, ogni firmatario dell’appello chiede alla prima cittadina «l’immediata sospensione delle azioni di sgombero previste […] per attivare un rinnovato e genuino dialogo con le famiglie rom, fondato sulla trasparenza, la sostenibilità, la fiducia».

La preoccupazione di Associazione 21 luglio

Associazione 21 luglio, che già nelle scorse settimane aveva denunciato come il “Piano rom” violasse i diritti fondamentali, esprime profonda preoccupazione per il destino delle famiglie che oggi abitano l’insediamento di Camping River e chiede che venga offerta un’alternativa adeguata alle famiglie presenti.
Lancia inoltre l’allarme per la deriva sicuritaria presa dall’Amministrazione Capitolina, soprattutto dopo la nomina del nuovo Governo nazionale, che colpisce le  categorie più fragili presenti sul territorio cittadino.
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Per maggiori informazioni:
Elena Risi
Ufficio stampa e comunicazione
Associazione 21 luglio
Tel. 06.64815620 – 388.4867611
Email: stampa@21luglio.org
www.21luglio.org

Sgombero Camping River: un aggiornamento sulla situazione del "campo"

Associazione 21 luglio sta continuando a monitorare gli sviluppi relativi all’insediamento Camping River, “campo” inserito all’interno del “Piano rom” del Comune di Roma e di cui il 21 giugno scorso è iniziato il progressivo sgombero forzato da parte delle autorità locali.

La situazione dei moduli abitativi

In seguito a un sopralluogo effettuato la scorsa settimana da una delegazione di Associazione 21 luglio, abbiamo potuto constatare che attualmente 49 moduli abitativi di proprietà del Comune di Roma sono stati sequestrati e ne è impedito l’accesso agli ex residenti (pena una pesante sanzione), 37 sono stati distrutti o gravemente danneggiati, 12 sono stati rimossi e stoccati in appositi contenitori predisposti all’entrata dell’insediamento.

Le famiglie del Camping River

La maggior parte delle famiglie continua a vivere all’interno di Camping River ma in condizioni molto dure, improvvisando accampamenti di fortuna, in tende o gazebi – dormendo all’aperto – o in furgoni e automobili, senza accesso ai servizi primari.

La denuncia della nostra organizzazione

La nostra organizzazione ha denunciato fin dall’inizio l’inefficacia del “Piano” dell’Amministrazione e, alla luce degli ultimi gravi eventi che si sono succeduti, ha denunciato quanto il Piano si stia dimostrando addirittura lesivo dei diritti umani (per accendere i riflettori su questa vicenda, il 28 giugno abbiamo anche organizzato un flash mob in Campidoglio).
Associazione 21 luglio ha scritto una lettera di aggiornamento presentando queste informazioni ad autorità locali, nazionali e internazionali (il Comune di Roma, l’UNAR e alcuni enti di monitoraggio dei diritti umani come il DG JUSTICE della Commissione Europea), sottolineando la gravità dello stato di cose attuale e la ferma intenzione della nostra organizzazione a proseguire il monitoraggio di questa preoccupante situazione.

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