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Castel Romano: in attesa dello sgombero i primi rom in case popolari. Associazione 21 luglio: «Un precedente importante. Roma imita la giunta leghista di Ferrara»

Roma, 24 marzo 2021 – Secondo l’Ordinanza n.25 del 12 febbraio 2021 a firma di Virginia Raggi, dopo diversi rinvii, per le settanta persone dell’area F del “villaggio” di Castel Romano non restava che lo sgombero imminente come ultima soluzione volta al «ripristino delle condizioni ambientali, igienico sanitarie a tutela della salute pubblica». E invece, accogliendo le proposte lanciate dai residenti e da Associazione 21 luglio, dai giorni scorsi alcune famiglie, per un totale di 15 persone, sono state inserite all’interno di abitazioni dell’edilizia residenziale pubblica. Per altre sono previsti ingressi imminenti.

Secondo le intenzioni del Comune di Roma l’area F di Castel Romano doveva già essere sgomberata il 10 settembre scorso. Per scongiurare tale azione, Associazione 21 luglio, ravvisando un comportamento discriminatorio delle autorità capitoline, si era rivolta alla Commissione Europea e all’Ufficio Nazionale Anti Discriminazioni Razziali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il 31 agosto gli abitanti dell’insediamento, in una manifestazione organizzata in Campidoglio e supportata da Associazione 21 luglio, hanno presentato pubblicamente la loro proposta in una missiva indirizzata alla sindaca Virginia Raggi: «L’idea – veniva riportato nella lettera – nasce leggendo con attenzione la Memoria di Giunta n.38 da lei firmata il 9 luglio 2020 dove, parlando di noi, prevede per il nostro sostegno all’abitare la misura della “riserva ERP del 15% degli alloggi”. Trenta delle nostre famiglie hanno già fatto domanda di “casa popolare” e questo strumento, già praticato con successo dalla Giunta leghista di Ferrara quando, lo scorso anno, ha dovuto chiudere un campo rom, consentirebbe semplicemente, senza corsie preferenziali e in maniera assolutamente legale di accelerare il nostro accesso negli alloggi dell’edilizia residenziale pubblica. Molte delle famiglie residenti potrebbero così uscire dall’Area F di Castel Romano da subito, entrando, come è nel loro diritto, in una casa popolare».

L’esperienza a cui facevano riferimento i manifestanti era quella praticata nella città di Ferrara quando, nel settembre 2019, l’Amministrazione a guida leghista, dovendo sgomberare lo storico campo rom di via delle Bonifiche, ha requisito appartamenti dell’edilizia residenziale pubblica per trasferire alcune famiglie avvalendosi della “riserva” garantita anche all’Amministrazione estense per le particolari fragilità sociali a rischio sgombero.

La Giunta Raggi, accogliendo la proposta delle famiglie dell’area F e replicando su Roma il modello di intervento praticato a Ferrara, ha quindi optato, come previsto dall’art.13 del Regolamento della Regione Lazio n.2 del 20 settembre 2020, attingendo dalle “riserve ERP” a sua disposizione per iniziare il collocamento delle sole famiglie firmatarie del “Patto” e poste in un’area che sarà presto liberata.

Per Associazione 21 luglio, che auspica che il processo di inserimento nelle case popolari possa interessare tutti i residenti, senza scrematura, si tratta comunque di un precedente di estrema importanza. Secondo il presidente Carlo Stasolla «Il tramonto della stagione dei campi rom a Roma sta diventando una realtà. Con buona pace di quanti, dipendenti comunali e volontari di associazioni, si ritrovano ancorati ai vecchi e costosi modelli dettati da un assurdo Piano rom e un Ufficio Speciale Rom che non trova più la sua ragion d’essere. Quello della vicenda dell’area F di Castel Romano è un fatto straordinario soprattutto per il precedente che crea. A Roma da oggi in poi ogni minaccia di sgombero dovrà scontrarsi con una legittima domanda: “Perché non fare come la giunta leghista di Ferrara o come la Raggi con i rom di Castel Romano? La legge lo consente”. Tutto ciò, grazie all’attivismo e all’impegno mostrato dalle famiglie rom nel proporre dialogo e soluzioni di buon senso che questa Amministrazione ha iniziato a recepire».

Nessuno sfratto per la famiglia Costica: Associazione 21 luglio: «Battaglia vinta a metà, ora far uscire famiglie dall’emergenza assistenziale»

Prima negli orfanotrofi, poi per strada. La storia di Costica viene da lontano, dalla povertà e dalla miseria che quarant’anni fa dominavano la Romania.

Dall’arrivo in Italia, il pellegrinaggio tra i centri di raccolta rom, fino alla richiesta di sfratto: un calvario che Associazione 21 luglio ha seguito fin dall’inizio, dal 2008 quando Costica ha scelto di vivere in Italia per raggiungere la sua famiglia. Una volta in Italia ha conosciuto e sposato una donna, disabile al 100% dalla quale ha avuto tre bambini.

Una vita nei centri di accoglienza

La famiglia Turcanu, questo il suo cognome, ha vissuto dapprima in una roulotte messa a disposizione dalla Comunità di Sant’Egidio, poi nell’ex cartiera di via Salaria (centro di accoglienza), ancora in un centro di raccolta rom in via Amarilli, in un altro a via Toraldo (Torre Angela) e poi via dei Codirossoni.

Da quest’ultima struttura, proteste cittadine e di estrema destra ne ha provocato all’allontanamento disposto dal Comune di Roma. Costica e la sua famiglia vengono accompagnati in un altro centro di via della Primavera, per loro si sprono le porte di uno spazio di circa 16 metri quadri che la stessa ASL dichiarerà mediocre.

La richiesta di “dimissioni” per la famiglia di Costica

Alla fine di febbraio a Costica arriva la richiesta di “dimissioni” da parte dell’Ufficio Speciale Rom, Sinti e Caminanti del Comune di Roma: in altre parole gli viene chiesto di lasciare i locali in cui vive insieme alla sua famiglia entro sabato 7 marzo.

Associazione 21 luglio ha presentato una richiesta di riesame per chiedere di rivalutare la posizione di Costica e della sua famiglia o di trovargli un’altra sistemazione considerata la fragilità del nucleo famigliare.

L’obiettivo far uscire le famiglie dall’emergenza assistenziale

Dopo una intensa battaglia e un lavoro di pressione realizzato insieme a Unione Inquilini, Roma Today, la visita del consigliere comunale Giovanni Zannola e dei deputati Matteo Orfini e Luca Rizzo Nervo, il Comune di Roma sistema quattro famiglie (compresa quella di Costica) in una struttura della Croce Rossa.

«Cercheremo di andare oltre, per fare uscire le famiglie dell’emergenza assistenziale nella quale sono ingabbiati da anni» ha detto Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio.

“Labirinto rom” alla Fondazione Basso a due anni dal piano “superamento campi” della giunta Raggi

“Labirinto rom tra le contraddizioni del piano romano di superamento dei campi”. È questo il titolo della video-inchiesta realizzata da un gruppo di studenti della scuola di giornalismo della Fondazione Basso di Roma. Il documento che raccoglie anche un contributo di Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio, verrà presentato nel pomeriggio di venerdì 7 giugno presso la sala conferenze della Fondazione Basso, in via della Dogana Vecchia – 5. All’evento parteciperanno oltre gli autori della video-inchiesta Sofia Nardacchione, Andrea Bonetti, Edoardo Cuccagna e Brando Ricci, di Associazione 21 luglio Carlo Stasolla, infine Giovanni Zannola consigliere comunale. Modera l’incontro Ginevra Nozzoli, giornalista.

Commissione europea a Roma

Nella giornata di mercoledì 5 giugno, Szabolcs Schimdt, il direttore Generale della Commissione Europea Giustizia, giunto in Italia da Bruxelles, incontra la sindaca di Roma Virginia Raggi e rappresentanti istituzionali per ottenere informazioni in merito all’attuale condizione di famiglie rom che vivono nelle baraccopoli della città. In calendario anche visite in sopralluogo ai campi di La Barbuta e Monachina.

Il bilancio di Associazione 21 luglio a due anni dal “piano rom”

A due anni dal “Piano rom” dell’amministrazione Raggi, Associazione 21 luglio stila un bilancio del programma comunale immaginato nel 2017 per il superamento dei campi e nel pomeriggio di venerdì 7 giugno, presso la Fondazione Basso, presenterà dati e numeri in relazione a quanto acquisito in questi mesi. In attesa dell’evento, l’anticipazione di un dato: nel “Piano rom”, alla voce “scolarizzazione” viene preso l’impegno di “incrementare e qualificare la frequenza scolastica dalla scuola dell’infanzia fino alla conclusione del percorso formativo”.

Nell’ultimo anno scolastico i minori rom iscritti alla scuola dell’obbligo erano 940. L’anno prima della presentazione del Piano, nel 2016, i bambini rom che risultavano iscritti erano 1.990. Più di mille alunni rom si sono persi per strada in tre anni e nessuno è andato a cercarli.

Il Comune di Roma in dieci mesi supera gli sgomberi degli insediamenti rom registrati nello scorso anno

Ammonta a 35 il numero degli sgomberi forzati che si sono registrati nel Comune di Roma dal 1⁰ gennaio al 30 ottobre 2018. In soli dieci mesi è stato già superato il numero totale di sgomberi avvenuti lo scorso anno pari a 33. Dai dati in possesso di Associazione 21 luglio risultano coinvolte nelle operazioni circa 1.100 persone con una stima approssimativa della presenza di minori che si aggira intorno al 50% del totale. I costi che il Comune ha sostenuto per far fronte a operazioni di questo tipo sono stimati in circa 1milione 500mila euro. Per ottenere informazioni e chiarimenti in merito a procedure e alternative relative alle modalità di sgombero forzato, Associazione 21 luglio ha inviato alle rispettive autorità competenti 101 lettere ma ha ricevuto solo 4 risposte da parte delle pubbliche autorità.

35 SGOMBERI IN DIECI MESI

Il primo sgombero dell’anno è avvenuto il 13 febbraio sui territori del Municipio IV, al civico 781 di via Tiburtina. All’interno dello stesso Municipio sono stati registrati fino ad ora tre sgomberi. Il Municipio con il più alto numero di sgomberi è l’XI dove si sono registrati 7 interventi.
Dei 35 sgomberi forzati, due hanno riguardato immobili occupati (il 13 febbraio in via Tiburtina, 781 e l’8 maggio sul lungotevere Gassman), in un caso si è trattato di un «villaggio attrezzato» (il 26 luglio a Camping River), mentre in un altro si è assistito all’allontanamento delle famiglie da un centro di accoglienza comunale (il 23 luglio presso l’ex Fiera di Roma).
Se, prima dell’insediamento del governo nazionale – nel periodo gennaio/giugno 2018 – il numero medio mensile degli sgomberi si attestava a 2,4, successivamente è quasi raddoppiato, arrivando a 4,6.

I DATI RELATIVI A CIASCUNO SGOMBERO DELLA CAPITALE

Municipio I – 1; Municipio II – 4; Municipio III -3; Municipio IV – 3; Municipio V – 3; Municipio VI – 2; Municipio VII – 3; Municipio VIII – 5; Municipio IX – 1; Municipio X – 1; Municipio XI – 7; Municipio XII – 0; Municipio XIII – 1; Municipio XIV – 0; Municipio XV – 1.

AD OGGI NESSUN INSEDIAMENTO RISULTA SUPERATO

«Nel 2017 gli sgomberi forzati registrati nei confronti delle comunità rom erano stati 33 – commenta Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio -. L’anno precedente ne avevamo segnalati 28. Siamo quindi di fronte ad una preoccupante impennata. Sorprende inoltre constatare come, dopo l’insediamento del Governo Conte, il numero medio mensile sia quasi più che doppio, arrivando quasi a 5 sgomberi forzati al mese. Il Piano rom della Giunta Raggi, presentato 17 mesi fa – continua Stasolla – prevedeva il superamento dei “campi” della Capitale. Ad oggi nessun insediamento risulta superato mentre, in compenso più di 1.000 persone sono state spostate da un punto all’altro della città. La chiusura di Camping River, avvenuta nel luglio scorso, ha portato ad avere oggi più di 100 persone per strada. Soggetti che, dopo l’allontanamento dall’insediamento di via Tiberina, già hanno subito ulteriori sgomberi, tutti registrati in assenza delle garanzie procedurali previste dai Comitati delle Nazioni Unite».

ASSOCIAZIONE 21 LUGLIO CHIEDE UNA REVISIONE DEL “PIANO ROM”

Nel constatare tale grave violazione dei diritti umani, Associazione 21 luglio attende risposte concerete dalle autorità locali e chiede alle stesse una revisione significativa del “Piano rom” che, a fronte di spese elevate, di annunci e promesse, non sta registrando significativi impatti sul territorio comunale.

esposto

Associazione 21 luglio presenta esposto all’Ordine dei Giornalisti

Utilità sociale dell’informazione, verità dei fatti esposti, forma civile della esposizione dei fatti e della loro valutazione. Sono queste le tre condizioni del diritto di stampa che per l’Associazione, impegnata in attività di monitoraggio nell’ambito dell’Osservatorio 21 luglio, non sono presenti all’interno dell’articolo oggetto dell’esposto: “I rom sotto accusa? Quelli che vinsero il ricorso anti-sgombero alla Corte europea”. Il testo pubblicato in Cronaca di Roma de Il Messaggero a seguito dei furti avvenuti presso la tendopoli della Croce Rossa di via Ramazzini, è firmato dal giornalista professionista Lorenzo De Cicco.

L’esposto di Associazione 21 luglio

L’Associazione chiama in “causa” la storica sentenza della Corte di Cassazione del 18 ottobre 1984, n. 5259 cd. “decalogo del giornalista”, e presenta un esposto al Consiglio di Disciplina dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio: è a loro che chiede di verificare eventuali illeciti deontologici commessi da De Cicco ma chiede anche di valutare l’omesso controllo da parte del direttore della testata romana, Virman Cusenza.

Stralcio dell’articolo di riferimento

All’interno del testo, pubblicato sul quotidiano Il Messaggero nella giornata di mercoledì 28 agosto si legge: «Da “paladini” anti-sgombero alla Corte di Strasburgo alla razzia di vestiti e computer nel centro d’accoglienza dove erano stati portati dal comune dopo lo smantellamento del River. I due Rom appena denunciati per il furto nella tendopoli della Croce Rossa a Monteverde sono gli stessi che il 24 luglio erano riusciti a strappare alle toghe europee la sospensiva dello sfratto forzoso deciso da Virginia Raggi. …. L’azione legale [ndr di fronte alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo] è andata avanti. Tanto che ieri l’Ufficio Rom del Comune ha spedito ai magistrati di Strasburgo una nuova relazione «urgentissima» in cui si parla del «furto aggravato» nella struttura della Croce Rossa, con allegata denuncia presentata dal Direttore della Cri. Una segnalazione è stata spedita anche alla Procura del Tribunale dei minori. I due nomadi denunciati sono mamma e papà di 10 bambini».
L’autore dell’articolo già nel 2015 aveva ricevuto una sanzione di avvertimento da parte del Primo Collegio Territoriale di Disciplina presso l’Ordine dei Giornalisti del Lazio per aver assunto un comportamento deontologicamente scorretto sempre dalle pagine della stessa testata.

La posizione di Associazione 21 luglio

Per i legali impegnati nel monitoraggio dell’Osservatorio sulla discriminazione il «giornalista professionista ha volontariamente reso pubblico che il nucleo famigliare dimesso dal “Better Shelter” è quello che ha presentato lo scorso 23 luglio ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, senza che questo avesse rilevanza alcuna per i fatti di cronaca narrati». Non solo: «il giornalista sembra discostarsi dall’obbligo deontologico di attenersi alla verità accertata dei fatti, sostenendo in più passaggi che i due ricorrenti nella loro persona son stati denunciati nonostante la denuncia sporta dalla Croce Rossa sia contro ignoti [come riportato dalla collega giornalista Bogliolo in un articolo pubblicato nella medesima pagina cartacea del quotidiano] e non contro persone note ed essendo in corso da parte delle competenti autorità le doverose e necessarie indagini volte all’accertamento dei fatti e all’individuazione dei rei e delle responsabilità».

Conferenza stampa

Mercoledì 1 Agosto una conferenza stampa che svela i retroscena dello sgombero River

 

Giovedi 26 luglio, un giorno prima del pronunciamento della Corte Europea per i Diritti Umani, il Comune di Roma sgomberava l’insediamento di Camping River, dove da 13 anni vivevano circa 300 persone.

Già il giorno prima il Ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva preannunciato «Strasburgo non fermerà la legalità!» e, lo stesso giorno dello sgombero la sindaca Virginia Raggi aveva commentato: «Una “terza via” basata su inclusione e rispetto della legalità, tutela dei diritti e rispetto dei doveri è possibile. È per questo che proseguiamo con determinazione ad applicare il nostro modello: garantire l’inclusione e un rigoroso rispetto della legalità potrà mettere fine alla realtà ghettizzante dei campi e dare maggiori tutele ai più piccoli. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ci dà ragione».
A fronte di una narrazione, parziale e strumentale dello sgombero, formulata dal Comune di Roma, e ampiamente ripresa dai media, Associazione 21 luglio, Organizzazione che ha supportato l’azione di 3 ricorrenti presso la Corte di Strasburgo, organizza una conferenza stampa per illustrare i retroscena di un’azione di sgombero fallimentare, dispendiosa, profondamente lesiva dei diritti umani e accompagnata da una narrazione mediatica falsata da informazioni e dati lontani dalla verità.

Vi aspettiamo:

Mercoledì 1 agosto
ore 15:45
Sala Stampa della Camera
via della Missione, 4 – Roma

Per la presentazione di:

“Camping River. Le verità nascoste nelle pieghe della propaganda” a cura di Associazione 21 luglio

INTERVERRANNO:

Carlo Stasolla, Associazione 21 luglio
Riccardo Magi, Parlamentare
Aurora Sordini, Associazione 21 luglio
Giuliano Santoro, Giornalista
Ginevra Nozzoli
, Giornalista

 

Per partecipare è necessario l’accredito. Data la limitata disponibilità di posti verrà data priorità ai giornalisti. La registrazione all’evento è da considerarsi completata solo a seguito di conferma scritta. Per accrediti scrivere a stampa@21luglio.org

Il Piano di Carta – Rapporto sui primi 12 mesi del piano rom del Comune di Roma

Il 31 maggio 2018 ricorre il primo anno dalla presentazione del “Piano Rom” del Comune di Roma. A 12 mesi di distanza, cosa è stato fatto? Quali azioni sono state implementate e qual è stato l’impatto reale sulle famiglie che risiedono all’interno dei “campi”? “Il Piano di Carta” analizza lacune e fragilità attraverso un attento lavoro di analisi documentale ricerca sul campo.
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Camping River

Camping River: il "campo" non chiude. Cambia la forma ma non la sostanza?

Il “Piano bufala” del Comune di Roma si è finalmente svelato con una delibera di Giunta: il “campo” Camping River potrebbe cambiare solo il nome senza essere superato. «Associazione 21 luglio: incredibile mistificazione della realtà sulla pelle dei rom».
ROMA – 28/9/2017. Il “Piano per il superamento dei campi rom” della Giunta Raggi è arrivato alla prova dei fatti e i nodi vengono al pettine. Il primo “campo” da chiudere secondo il Piano di Giunta rischia di cambiare solo il nome. Il superamento del Camping River, decretato per il 30 settembre 2017, potrebbe essere solo fittizio e le famiglie rom fino ad ora residenti continueranno probabilmente temporaneamente ad abitarvi.
GLI ANTEFATTI
Da alcuni mesi Associazione 21 luglio ha sollevato ripetutamente l’attenzione sulla poca trasparenza del Comune di Roma nella gestione del superamento di Camping River, dove vivono dal 2005 circa 400 persone di origine rom.  L’insediamento, affidato da 12 anni all’ente gestore secondo la procedura diretta, doveva essere chiuso a seguito della sollecitazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). Il Comune di Roma si era quindi affrettato ad indire un bando di gara per una nuova assegnazione. A chiusura del bando per l’affidamento dei servizi e al momento dell’apertura del plico pervenuto negli uffici del Dipartimento Politiche Sociali di Roma Capitale, l’unica offerta pervenuta risultava essere quella dello stesso ente che dal 2005 gestisce l’accoglienza delle famiglie nel Villaggio River. In questa occasione Associazione 21 luglio aveva inviato un esposto all’ANAC nel quale si segnalava come la gara d’appalto sembrasse essere stata redatta proprio in funzione dell’unico concorrente.
In seguito alla mancata aggiudicazione del bando e dopo la presentazione del “Piano per il superamento dei campi rom”, con la deliberazione n. 146 del 28 giugno 2017 la Giunta Capitolina ha inserito – oltre a “La Monachina” e “La Barbuta” – il “villaggio” rom di Camping River come primo insediamento da chiudere, includendo le misure di sostegno economico per le famiglie beneficiarie previste dal Piano per le famiglie in condizioni di fragilità sociale. In questo documento si parla di «incentivo finalizzato a finanziare la compartecipazione alla spesa per l’utilizzo di moduli abitativi», terminologia sospetta perché differente rispetto a quella utilizzata nella Delibera del Piano in cui si parla invece di «civile abitazione». Paventando l’eventualità che si trattasse di un escamotage, Associazione 21 luglio ha inviato una nuova segnalazione all’ANAC adombrando il sospetto che rientrasse nell’intenzione delle autorità Capitoline quella di collocare le famiglie rom negli stessi moduli abitativi presenti nell’insediamento che in realtà si prevedeva di chiudere.
Oggi, a seguito della pubblicazione della deliberazione n. 201 del 15 settembre 2017, il sospetto ha trovato conferma: per ovviare alla scadenza dell’assegnazione di gestione all’ente attualmente competente, a partire dal 30 settembre gli attuali residenti avranno la possibilità di «utilizzare le misure di sostegno all’inclusione abitativa anche per l’accesso a strutture ricettive dirette all’ospitalità temporanea […] a decorrere dal 30.09.2017, data prevista per la chiusura del villaggio e fino al 31.03.2018. […] L’Amministrazione capitolina resta esclusa da qualsiasi responsabilità nei confronti della struttura ricettiva, sia in ordine al pagamento delle spese per l’ospitalità, che per la permanenza nella struttura medesima».  Il risultato? I rom potranno reperire nelle prossime 48 ore una struttura ricettiva adeguata o restare nell’attuale camping regolarmente autorizzato. Il “campo” resta ma cambia nome, passando da “villaggio attrezzato” a “struttura ricettiva temporanea”.
L’ESCAMOTAGE
A luglio i circa 420 ospiti della struttura erano stati avvisati dell’imminente “chiusura” (il 30 settembre) e veniva ribadita la possibilità, per le famiglie in condizioni di indigenza, di accedere alle misure di sostegno economico previste dal Piano. Contestualmente i residenti, dietro insistenza dei rappresentanti comunali, apponevano la propria firma a un modulo preposto per l’adesione al Patto di Solidarietà, necessario per accedere agli strumenti di sussidio previsti per la fuoriuscita dal “campo” delle famiglie più fragili. Ma una volta completati gli accertamenti patrimoniali della Guardia di Finanza, i nuclei risultati idonei – stragrande maggioranza sul totale dei residenti – sono stati praticamente abbandonati al loro destino. L’attività di monitoraggio di Associazione 21 luglio ha permesso infatti di constatare che i colloqui tra queste famiglie e gli assistenti sociali dell’Amministrazione Capitolina, non sono stati di alcun supporto né facilitazione per il raggiungimento dell’obiettivo di fuoriuscita entro i limiti di tempo stabiliti. Alle famiglie è stato semplicemente proposto di provvedere autonomamente alla stipula di un contratto di locazione a seguito del quale l’Amministrazione avrebbe provveduto ad elargire un contributo parziale.
Di fronte all’impossibilità oggettiva delle famiglie a reperire tale soluzione alloggiativa, l’Amministrazione ha proposto l’inserimento per 6 mesi in una struttura ricettiva temporanea come potrebbe essere quella del Camping sulla via Tiberina. Le spese risulteranno a carico del Comune di Roma con un contratto stipulato dalle stesse famiglie rom.
QUALE FUTURO?
«Il modo in cui l’Amministrazione Comunale sta aggirando la questione, assume i contorni della mistificazione – ha commentato Carlo Stasolla, presidente di Associazione 21 luglio – nei confronti delle famiglie rom del Camping River in primis, ma anche verso tutti coloro che avevano creduto in un reale superamento del “campo” attraverso un regolare processo di inclusione. “Villaggio attrezzato o “struttura ricettiva temporanea”: cambia il nome ma non la sostanza».
Resta poi un nodo fondamentale da sciogliere: quale sarà il destino di queste famiglie allo scadere dei 6 mesi stabiliti nella Delibera visto che il denaro destinato alla loro inclusione sarà interamente speso per la loro accoglienza?

Per maggiori informazioni:
Elena Risi
Ufficio stampa e comunicazione
Associazione 21 luglio
Tel. 06.64815620 – 388.4867611
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ANAC

Svelato il mistero del nuovo "campo" a Roma: Associazione 21 luglio invia esposto all'ANAC

Finalmente svelato il “mistero” del nuovo campo rom a Roma: i rom resteranno nel vecchio insediamento grazie a un bando redatto in modo da escludere altri potenziali concorrenti. Associazione 21 luglio invia esposto all’ANAC: «Violate le norme in materia di concorrenza e appalti».

Roma, 3/4/2017 – Il 31 marzo scorso presso il Dipartimento Politiche Sociali di Roma Capitale è stato aperto dalla Commissione nominata l’unico plico pervenuto in risposta alla procedura di gara: “Reperimento di un’area attrezzata Municipio Roma XV o Municipi limitrofi per l’accoglienza e soggiorno di 120 nuclei familiari di etnia Rom e affidamento del servizio di gestione sociale e vigilanza”. E’ stato così finalmente svelato il “mistero” che da mesi accompagna a Roma la vicenda della costruzione di un insediamento destinato, come si legge nel bando «all’accoglienza e al soggiorno temporaneo di 120 nuclei di cui 109 attualmente ospiti presso il “Villaggio River” sito in Roma via Tenuta Piccirilli, 207 (Municipio Roma XV)».
Nei mesi scorsi, a più riprese, di fronte all’accusa di voler costruire un nuovo insediamento per soli rom, le autorità capitoline si erano sempre affrettate a rettificare: «Non si tratta di un nuovo campo».
Effettivamente l’unico plico pervenuto e aperto il 31 marzo scorso è a firma proprio della stessa Cooperativa operante nel settore sociale che dal 2005 gestisce l’accoglienza delle comunità rom nel “Villaggio River” che dal medesimo insediamento dovrebbero invece uscire. Negli ultimi anni, per la gestione dell’insediamento, classificato dal Comune di Roma come uno dei 7 “villaggi attrezzati” della Capitale, le autorità capitoline hanno speso quasi 1.200.000 euro annui per l’accoglienza di circa 500 persone. Il tutto attraverso una procedura negoziata senza bando di gara che negli anni ha visto la firma di dirigenti comunali coinvolti nell’inchiesta denominata “Mafia Capitale”.
Davanti all’impossibilità di proseguire con tale modalità operativa – a seguito di una relazione di analisi delle modalità di affidamento dei servizi dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) nella quale sono state anche segnalate le irregolarità – il Comune di Roma, anziché provvedere ad un ventaglio di soluzioni abitative alternative per le 109 famiglie rom, come raccomandato dalla Strategia Nazionale per l’inclusione dei rom, ha deciso di rendere pubblica, l’8 luglio 2016, la procedura di gara per il reperimento di una nuova area attrezzata per 15 mesi per un importo complessivo a base di gara di 1.549.484,26 euro. Il 21 dicembre 2016 il Dipartimento Politiche Sociali ha disposto la sospensione del bando in autotutela per poi confermare la procedura il 7 marzo 2017.
Il 31 marzo scorso, dopo l’apertura dell’unico plico, Associazione 21 luglio ha inviato un esposto all’ANAC nel quale è segnalato come la gara d’appalto sembrerebbe essere stata redatta in funzione dell’unico concorrente, da anni affidatario del servizio di gestione nel “Villaggio River”, «unico soggetto, questo, avente i requisiti strutturali, la capacità economica e finanziaria e le competenze tecnico-professionali espressamente richieste dal bando di gara».
Nell’esposto viene richiamata «l’esistenza di una forte similitudine tra i requisiti strutturali, le prestazioni e i servizi richiesti e forniti sino ad ora» nel “Villaggio River”, e quelli previsti dal recente bando. In quest’ultimo, le restrizioni territoriali (XV Municipio o Municipi limitrofi), quelle legate alla capacità tecnica (esperienza simile negli ultimi tre anni), quelle relative alla capacità economica (fatturato degli ultimi 3 anni non inferiore al 20% dell’importo a base di gara) sono tali che è possibile affermare – come si legge nell’esposto – che al di fuori della Cooperativa in oggetto «non vi siano altri concorrenti, né nel territorio del XV Municipio né in quelli limitrofi, in possesso né di una struttura rispondente ai requisiti strutturali previsti […], né aventi le capacità tecniche, economiche e finanziarie richieste dal bando oggetto del presente esposto».
«Si paventa il forte sospetto – si conclude nell’esposto presentato da Associazione 21 luglio – che la gara sia stata strutturata in modo tale da permettere la partecipazione della sola realtà appartenente al terzo settore» e pertanto «si ponga in violazione della normativa di settore e in dispregio dei basilari principi di concorrenza, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità in quanto volta a celare dietro il ricorso a procedura aperta, palesi distorsioni del mercato».
«Dopo quanto avvenuto negli anni passati – afferma Carlo Stasolla presidente di Associazione 21 luglio – non ci saremo certo aspettati di incorrere nuovamente in elementi di forte opacità come quelli rilevati nel bando. Auspichiamo pertanto un pronto intervento non solo dell’Ufficio diretto dal dott. Raffaele Cantone ma anche degli organi politici dell’Amministrazione Capitolina volto a riportare chiarezza e trasparenza sull’intera, gravissima vicenda che sembra rievocare, nella città di Roma, i fantasmi del passato».
Per maggiori informazioni:
Elena Risi
Ufficio stampa e comunicazione
Associazione 21 luglio
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superamento campi rom

Associazione 21 luglio sul percorso di superamento dei "campi rom" a Roma: lesivo dei diritti umani e costoso

Presentato il percorso di superamento dei campi rom del Comune di Roma. Associazione 21 luglio: «Programma improvvisato, lesivo dei diritti umani e costoso. Chiediamo immediato cambio di rotta».

Roma, 20/3/2017 – Mancanza di rispetto dei principi raccomandati dalla Commissione Europea, assenza di finanziamenti certi e di consultazioni adeguate, processo di “scrematura” con probabile ripresa dei cicli di nuove baraccopoli e occupazioni abusive, rafforzamento di perversi e costosi circuiti assistenziali. E’ questo l’allarme lanciato oggi da Associazione 21 luglio all’interno della conferenza stampa nel corso della quale è stato presentato e analizzato il percorso di superamento dei campi rom deciso dal Comune di Roma.
Nel programma elettorale della sindaca Virginia Raggi era scritto: “Per ciò che concerne la gestione dei campi Rom, saranno attuate le misure già previste dalla Comunità Europea, come recepite dal Governo, relativamente al progressivo superamento dei campi stessi”. Oggi, a 9 mesi dall’insediamento, la Giunta Raggi sembra invece andare in una direzione opposta a quella prevista dalla Strategia Nazionale per l’Inclusione dei rom redatta dal Governo italiano in attuazione della Comunicazione della Commissione Europea n. 173/2011.
Dopo la Memoria di Giunta del 21 novembre scorso che fissa il cronoprogramma delle azioni, la Delibera della Giunta Capitolina del 16 dicembre che istituisce il “Tavolo cittadino per l’inclusione delle popolazioni Rom, Sinti e caminanti”, la prima convocazione del Tavolo istituzionale con l’approvazione di una bozza semi-definitiva del “Piano di Roma Capitale per l’Inclusione delle popolazioni rom, sinti e caminanti”, è stato possibile entrare nel dettaglio del percorso previsto dal Comune di Roma visionando la documentazione depositata dall’Avvocatura Capitolina costituitasi in un procedimento pendente dinanzi al Tribunale Civile di Roma.
Tale percorso, rivolto esclusivamente ai circa 4.500 rom presenti negli insediamenti formali, e quindi dimentico dei restanti 3.000 presenti in quelli informali e tollerati, prevede tre tappe: espulsione dai “campi” dei soggetti privi di regolare documentazione, valutazione dei bisogni sociali e inserimento in strutture intermedie per l’accoglienza. Nella bozza semi-definitiva del “Piano” uscita il 31 gennaio 2017 dal Tavolo istituzionale si scende nei dettagli del percorso: viene prevista la chiusura dei servizi sociali e la sospensione, negli insediamenti dove è presente il servizio pubblico, dell’accompagnamento scolastico; tra i nuclei famigliari verranno considerati beneficiari solo quelli con residenza anagrafica e disponibili alla partecipazione a piani individualizzati di inclusione sociale subordinandoli all’adempimento degli obblighi scolastici; non viene prevista nessuna azione per regolarizzare la posizione degli “apolidi di fatto”.
Un passaggio-chiave del percorso riguarda le “strutture intermedie”. Per avviarne la realizzazione il Comune di Roma ha sbloccato nei giorni scorsi la procedura per realizzare un nuovo “campo” nel Municipio XV (o Municipi limitrofi). Un insediamento che costerà alle casse comunali più di 1,5 milioni di euro e che, per costi e caratteristiche di gestione, assomiglierà molto ai “villaggi attrezzati” voluti dall’allora sindaco di Roma Gianni Alemanno, dove, a fronte di una presunta temporaneità, la spesa per l’inclusione sociale è quasi nulla e quindi sono azzerate le possibilità di superamento.
Associazione 21 luglio ha analizzato il percorso introdotto dal Comune di Roma individuando nello stesso l’assenza dei principi cardine della Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom, la mancanza di processi consultivi, la nascita di un nuovo perverso “sistema assistenziale per soli rom”, l’assenza di strumenti abitativi alternativi così come la mancanza di finanziamenti certi.
«Le conseguenze? – si chiede Associazione 21 luglio. Nell’immediato la spesa di 1,5 milioni di euro per realizzare un nuovo “campo rom”. Il percorso è fondato sul principio del merito e non del bisogno per cui vedremo avviarsi un pericoloso processo di scrematura del quale beneficeranno non più di 1.500 rom. Gli altri 6.000 (quelli presenti negli insediamenti formali e informali) resteranno per strada con un evidente moltiplicarsi delle baraccopoli e del ciclo delle occupazioni».
«In realtà – continua Associazione 21 luglio – se il Comune di Roma intende adeguarsi a quanto previsto dall’Europa, così come promesso in campagna elettorale dalla sindaca Virginia Raggi, la Strategia Nazionale redatta dal Governo italiano e non da associazioni per i diritti umani, parla chiaro. Spetta ai Comuni – sostiene la Strategia – valutare un ampio spettro di opzioni abitative quali: edilizia sociale in abitazioni ordinarie pubbliche, sostegno all’acquisto di abitazioni ordinarie private, sostegno all’affitto di abitazioni ordinarie private, autocostruzioni accompagnate da progetti di inserimento sociale, affitto di casolari e cascine di proprietà pubblica in disuso».
Alla luce delle criticità rilevate, Associazione 21 luglio chiede alla Giunta Raggi una rapida marcia indietro e lo fa attraverso tre specifiche richieste: la sospensione di ogni azione così come prevista dal percorso di superamento dei campi rom; la presa di contatto con la Regione Lazio per ripartire, così come previsto dagli schemi di governance riportati nella Strategia, da quanto emerso negli incontri del Tavolo Regionale che nei mesi scorsi hanno visto la partecipazione di comunità rom e associazioni; l’approvazione della Delibera di iniziativa popolare per il superamento dei campi sottoscritta da 6.000 cittadini romani e presentata dalle 9 organizzazioni del Comitato Accogliamoci che il 30 marzo prossimo verrà discussa nell’Assemblea Capitolina. La Delibera, il cui testo era stato fatto proprio anche dall’allora consigliera comunale Virginia Raggi, potrebbe rappresentare un punto di svolta ma anche un momento di verità in cui comprendere fino a dove il Comune di Roma vuole realmente spingersi per superare la vergogna delle baraccopoli nelle periferie romane o se tale impegno resta un proposito privo di qualsiasi concretezza.

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