Roma, rom trasferiti dal "campo" al centro di raccolta
- [tfg_social_share]Nonostante l’esortazione di Strasburgo a superare la politica dei “campi nomadi” nella Capitale, il sindaco Marino, con il primo intervento della sua Giunta rivolto a rom e sinti, ripropone la segregazione su base etnica di tali comunità, il “campo” come unico spazio dell’abitare rom e lo spreco di ingenti risorse economiche che potrebbero essere utilizzate per favorire reali percorsi di inclusione sociale.
Da ieri è infatti in corso il trasferimento, condotto dagli operatori del Dipartimento Politiche Sociali, Sussidiarietà e Salute di Roma Capitale, di 180 rom dal «villaggio della solidarietà» de La Cesarina al centro di raccolta rom di via Visso 12: una misura, temporanea nelle intenzioni dell’Amministrazione, in attesa della ristrutturazione, a fronte di elevati costi sociali ed economici, del “villaggio attrezzato” in zona Nomentana.
Il 12 novembre scorso il Commissario europeo per i diritti umani Nils Muižnieks, in una lettera inviata al sindaco Marino, aveva raccomandato l’individuazione di «normali condizioni abitative» per le comunità rom e sinte volte a favorirne l’inclusione sociale.
Il centro di raccolta rom di via Visso, dove già vivono da 18 mesi quasi 200 persone rom, non risponde invece in alcun modo alle raccomandazioni giunte da Strasburgo.
Esso infatti si configura come un luogo caratterizzato dalla segregazione su base etnica – essendo riservato esclusivamente a persone rom in disagio abitativo –; da una apparente temporaneità – dato che nei 3 centri di raccolta rom esistenti a Roma vivono tuttora famiglie rom dal novembre 2009; dalla mancanza di reali percorsi di inclusione sociale.
Il centro di raccolta di via Visso, come del resto quelli di via Salaria e via Amarilli, si caratterizza inoltre per gli altissimi costi di gestione. Nelle tre strutture vivono circa 870 rom il cui costo procapite è stimato in 20 euro al giorno per una spesa complessiva annua di 6.350.000 euro. Per l’Amministrazione comunale si traduce in una spesa mensile a nucleo familiare di circa 2.700 euro.
Tali sono le cifre che il Comune di Roma spende per discriminare e segregare le comunità rom e sinte. Con cifre decisamente minori, come dimostrato fin da subito in un documento congiunto presentato da Associazione 21 luglio e Arci Solidarietà lo scorso 9 settembre, si potrebbero invece promuovere reali percorsi di inclusione.
Nel documento le due organizzazioni avevano infatti proposto una pluralità di soluzioni, da realizzare attraverso consultazioni individuali con rom e sinti, che avrebbero concretamente portato entro 18 mesi alla chiusura definitiva del “villaggio attrezzato” de La Cesarina.
Secondo l’Associazione 21 luglio la chiusura dell’insediamento de La Cesarina, viste le sue condizioni igienico-sanitarie e il fenomeno estorsivo presente al suo interno, è prioritaria e improcrastinabile. Tale chiusura dovrebbe però essere definitiva e avvenire in linea con gli standard internazionali passando attraverso una effettiva consultazione della popolazione residente indirizzata a porre fine ad una segregazione abitativa.
Segregare i 180 rom nel centro di raccolta di via Visso e provvedere alla ristrutturazione del campo de La Cesarina, così come è invece nelle intenzioni dell’Amministrazione comunale, oltre che andare contro le raccomandazioni formulate dal Commissario europeo, si pone in netto contrasto con i principi della Strategia nazionale di Inclusione di Rom, Sinti e Caminanti che l’Amministrazione ha dichiarato di aver adottato.
L’Associazione 21 luglio condanna pertanto la scelta dell’Amministrazione capitolina di optare per una decisione onerosa, lesiva dei diritti umani e che reitera una politica già vista, dagli effetti discriminatori e che ripropone il centro di raccolta rom o il “campo nomade” come unico spazio dell’abitare rom.
L’Associazione 21 luglio invita il Comune di Roma a riconsiderare l’utilizzo delle risorse economiche per dare invece inizio a un nuovo corso che dia l’accesso anche ai rom alle normali e convenzionali soluzioni abitative in assenza di discriminazione.